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lunedì 24 ottobre 2016

Eustachio Fasano (Matera, ... – Montescaglioso, 1862) Brigante

Eustachio Fasano

Eustachio Fasano (Matera, ... – Montescaglioso, 1862).

Biografia

Salnitraio (illegalmente), bracciante e poi brigante, fu tra i fautori dell'eccidio Gattini, per il quale fu incarcerato a Matera. L'eccidio del conte Francesco Gattini e del francese Francesco Laurent, suo segretario ed organista del Duomo di Matera, avvenuto l'8 agosto 1860 a Matera, fu un episodio precursore del brigantaggio postunitario. Il Fasano a capo dei contadini, con i quali chiedeva la divisione delle terre demaniali di cui il conte ritardava l'assegnazione, prelevarono con la forza il possidente ed il segretario dal suo palazzo e li portarono nella piazza del Sedile di Matera, uccidendoli a colpi di falce su di una scalinata che guardava alla piazza, con l'accusa di essersi impossessati delle terre del demanio destinate alla popolazione.
Imprigionato e successivamente evaso dal carcere, si diede alla macchia formando una sua banda, raccogliendo altri ribelli (contadini materani renitenti alla leva, pastori , bovilani, legnaiuoli, disertori, in tutto una quindicina) ed operando sulle murge e nel materano tra la Rifeccia, Timmari, Miglionico, Montescaglioso e Pomarico. Fu però considerato poco affidabile, tanto che i "ribelli" di Grottole non fecero più affidamento su di lui per un'insurrezione programmata nell'aprile dell'anno successivo. Successivamente passò nella banda di Carmine Crocco. Con la sua banda sotto il comando di Crocco nel 1861, in uno scontro contro una compagnia del 30° di Linea alla Rifeccia, ottennero un buon successo, con poche perdite ed una sola tra le sue file. Dopo questo periodo di brigantaggio, tra 1861 ed il 1862 fu catturato e giustiziato mediante fucilazione a Bosco S. Andrea.

 

Arresto

"Quand'ecco, quand'ecco
Colà sulla Murgia
L'infame Fasan
Sen viene a fucilar",

dove "Sen viene" per "se ne viene" sta a significare, nella opinione del popolo, la fatuità dell'uomo che incappò molto scioccamente e con intenzioni quasi suicide, nella forza pubblica. (Il Fasano era ammogliato con prole al seguito e molto temuto in città per il suo girare armato di tutto punto, nessuno mai l'importunava, sin al punto da crearsi una fama popolare quasi legendaria  attorno a lui, motivo per cui sin troppo sicuro tornava in città per la sua famiglia). La strofetta è attribuita a tale Antonio Battista, divenuto poi "massaro" (la figura del massaro sino alla riforma agraria è satata paragonabile nel mezzogiorno, a quella del caporale nel caporalato) di un latifondista locale. Arrestato dal tenente della Guardia Nazionale Giuseppe Padula e dal sergente Serafino Turi fu, rinchiuso nel carcere della città ch'era situato nella Piazza del Municipio, attuale Piazza del Sedile; ma di li fuggì. Catturato poi da un nucleo della Guardia Nazionale, fu avviato senza regolare processo, alla zona dei cappuccini per esservi fucilato quale "brigante"; ma poiché egli tentò di fuggire dinnanzi al plotone di esecuzione, costituito dalla Guardia Nazionale, gli fu sparato contro e fu poi ucciso dal comandante del plotone. Si racconta ch'egli usasse portare sempre con sè una bandiera bianca (bianca era la bandiera borbonica), per la quale subì anche un processo.
Dalla lotta per le terre all'appoggio borbonico per i briganti del materano fu un passo naturale[i borboni davano loro le terre?], infine che in città seppur nascosti, vi fossero alcuni gruppi di nostalgici borbonici nati a causa delle mancate promesse del nuovo regno nei loro confronti e che sostenessero e proteggessero (con tutti i loro limiti) i briganti figli della politica del nuovo regno. Lo si evince dalle lettere del Passarelli (possidente tutelato dal nuovo regno italiano) al fratello, in cui si lamenta sì delle bande di briganti ma soprattutto del mancato scovo di detti gruppi da parte dalle guardie nazionali.
Può essere considerato, il primo brigante postunitario lucano ed italiano.

Banda Fasano

Componenti della banda Fasano all'aprile del 1861:

  • Acito Michele da Matera, armiere.
  • Altieri Domenico da Grottole, legnaiuolo.
  • Andrisano Donato Mattia da Matera, contadino.
  • Carasiello Feliciano da Matera, armiere.
  • De Angelis Michele da Matera, bovilaio.
  • Fasano Eustachio da Matera, salnitraio.
  • Festa Giuseppe da Matera, contadino.
  • Losignore Giovanni da Matera, armiere.
  • Mafaro Francesco Paolo da Matera, contadino.
  • Maragno Gaetano da Matera, contadino.
  • Martemucci Giuseppe da Matera, pastore.
  • Montemurro Francesco Paolo da Matera, armiere.
  • Tarasco Giuseppe da Matera, contadino.
  • Tralli Eustachio da Matera, contadino.
  • Tralli Vito da Matera, contadino.
  • Venezia Giuseppe da Matera, contadino.

La Rivolta Contadina e L’eccidio del Conte Francesco Gattini: la prima scintilla del fenomeno che innescherà il brigantaggio

La vicenda dell’eccidio del Conte Francesco Gattini,è da ascrivere al periodo della vita della città di Matera,fatalmente legato a quanto accadeva su tutto il territorio nazionale con la lotta per l’Unità d’Italia. A tal proposito, bisogna soffermarsi brevemente sugli eventi che si svilupparono in Lucania durante la Seconda Guerra d’Indipendenza, per comprendere quali siano stati i reali contorni delle agitazioni che portarono a questo delitto. In Lucania uno dei principali protagonisti della lotta per l’Unità d’Italia, fu Giacinto Albini, nato a Napoli nel 1821 da genitori lucani (di Moliterno), spinto all’azione politica dalle sue idee liberali e dalla forte amicizia con Giuseppe Mazzini. Albini, lamentando il fatto che la Lucanianon fosse preparata all’insurrezione, e supportato nella sua opera dal fratello Nicola,da Giacomo Racioppi,Carmine Senisi e Michele Lacava,dal 1848 riuscì a creare più di cento Comitati de l’Unità d’Italia,dislocati in alcuni paesi del salernitano, in diverse zone pugliesi e soprattutto in Lucania (il Comitato Centrale Lucano fu instaurato a Corleto Perticara), tutti collegati al Comitato Centrale di Napoli. Il 5 maggio del 1860 Giuseppe Garibaldi diede il via alla spedizione dei Mille per l'occupazione della Sicilia, mentre Giacinto Albini preparava i Comitati all’insurrezione. Il 16 agosto, cinque giorni prima che Garibaldi oltrepassasse lo Stretto di Messina, iniziarono le prime insurrezioni di alcuni Comitati lucani;Il 18 agosto insorse anche la città di Potenza, dove le forze militari borboniche provarono a resistere prima di disperdersi per le campagne. Fu così proclamato il Governo Pro-Dittatoriale composto da Giacinto Albini e Nicola Mignogna. L’insurrezione dei lucani permise a Garibaldi di giungere a Napoli, il 7 settembre, passando per la Lucania senza incontrare troppe difficoltà; il giorno seguente, l’8settembre, Garibaldi nominò Giacinto Albini Governatore della Basilicata con poteri illimitati. Il 21 settembre del 1860 ebbe luogo il plebiscito per l’annessione del Regno di Napoli al Regno d’Italia. Ma Matera nel1860, come tutto il meridione d’Italia, era spaccata in due tra una corrente di stampo borbonico-leggittimista sostenuta prevalentemente dai nobili, ed una fazione prettamente liberale alla quale aderivano i borghesi intellettuali, fautori del Moto Unitario eseguaci del Comitato Cittadino de l’Unità d’Italia, Comitato, come già detto, fondato da GiacintoAlbini; a quest’ultimo movimento si associava il Conte Francesco Gattini con il suo segretario ed organista del Duomo, il francese Francesco Laurent. La questione che scatenò l’eccidio del Conte Francesco Gattini,non fu però di carattere politico, bensì, di natura meramente economica, poiché il popolo contadino, totalmente privo di ideali politici ed assillato dalla miseria, si attendeva solamente alla risoluzione dell’annoso problema agrario. Tra i fautori del Moto Unitario, assieme al Conte Gattini, compariva anche un certo Giovanni Corazza, vecchio carbonaro che già nel 1827 era stato detenuto in carcere per reati politici.Il Corazza, aspirando alla carica di Sindaco della città di Matera, con l’intento di accrescere la sua popolarità, cercò di attirare la massa contadina ad appoggiare il Moto Unitario, insinuando nei contadini l’idea che il problema economico si poteva risolvere solamente con una rivoluzione, unica soluzione in grado di portare finalmente alla spartizione delle terre, e quindi si alimentò il malcontento della massa al fine di spingerla ad un’immediata rivolta nei confronti del maggiore esponente dei liberali, il Conte Francesco Gattini, ricco possidente, esponente di un’antica famiglia di usurpatori del pubblico demanio; avendo la voce fondamenti di verità, poiché già nel 1819, l’allora Sindaco di Matera Angelo Longo, aveva denunciato la famiglia Gattini come usurpatrice di una parte delle terre demaniali situate sulla Murgia Materana. Il malcontento dei contadini, oramai sempre più inveleniti, indusse il Conte Gattini ad asserragliarsi nel suo Palazzo, mentre altri proprietari terrieri fuggirono precipitosamente dalla città. Il Conte, con l’intento di placare l’animo dei contadini, Il 30 luglio del 1860, rivolgendosi alla folla adunata in Piazza del Duomo, antistante al Palazzo, lesse una sua dichiarazione diretta al Sindaco e ai cittadini, con cui si impegnavaa rilasciare la parte della masseria Iazzo Gattini e dei terreni situati sulla Murgia che, dopo i giusti controlli, fossero risultati eccedenti rispetto a quelli regolarmente acquistati dalla sua famiglia. Il popolo in fermento, pretese che anche gli altri possidenti rilasciassero la stessa dichiarazione; fu così chei contadini irruppero nell’abitazione dell’Arcivescovo che, sorpreso seminudo in bagno, fu costretto a rivestirsi e a seguire il popolo in Piazza. Giamo Albini, fondatore del Comitato Cittadino del’Unità d’Italia, per non indebolire il Moto Unitario e per far placare i disordini, inviò in città un tale di nome Giambattista Matera, illustre membro del Comitato di Corleto Perticara; quest’ultimo, il 6 agosto dello stesso anno, nominò un agrimensore che si sarebbe dovuto occupare della verifica dei possedimenti del Conte Gattini, per rilevare se, a tutti gli effetti, alcuni terreni erano stati usurpati illecitamente dal demanio. Ma si disse che l’agrimensore era venuto per fare gli interessi del Conte e non quelli del popolo; il 7 agosto dunque, giorno successivo alla nomina dell’agrimensore, il popolo cercò di incendiare il Palazzo Gattini, ma fu respinto. L’indomani, l'8 agosto 1860, il popolo si raccolse tumultuosamente sotto il Palazzo del Conte, reclamando gli atti notarili comprovanti le usurpazioni. Il Conte, innervosito dalla situazione, commise il grave errore di affacciarsi al balcone del suo Palazzo e lanciare sulla folla inferocita delle manciate di ducati gridando: “Mangiate, facchini!”, per poi sparare un colpo con il suo fucile. La massa, furiosa, dapprima rispose sparando verso il Palazzo, e poi, dopo aver scardinato il portone d’ingresso, irruppe nel Palazzo invadendone tutte le stanze. Il Conte, solo in casa poiché consorte e i figli si erano allontanati dalla città qualche giorno prima, nel tentativo disfuggire alla folla che lo inseguiva, saltò da una finestra nel vicino fienile della Famiglia Malvezzi, ma con il salto si ruppe le gambe. Un suo fattore di fiducia, tale Michele Rondinone,cercò di aiutarlo, ma, raggiunti entrambi dalla massa in tumulto,capeggiata da un certo Eustachio Fasano, furono catturati e trascinati assieme al segretario del Conte, Francesco Laurent, in Piazza del Sedile, dove su di una scalinata furono uccisi a colpi di pugnale. Il giorno seguente giunse a Matera una folta squadra di soldatic he catturò molti dei facinorosi; alcuni popolani furono condannati all’ergastolo, altri ad altre pene. Intanto, per sedare la ferocia ed il malcontento della gente, tra l’11 ed il 13 agosto furono spartiti circa 2400 ettari di terreno di proprietà comunale. Nel frattempo l’Arcivescovo, intimorito dalle agitazioni, era fuggito a Napoli. Il 6 settembre dello stesso anno fu inviato a Matera il Commissario Civile Carmine Ferri, accompagnato da 450 Guardie nazionali, mentre la città era già rientrata nell’ordine. Si può dunque facilmente evincere che l’eccidio del Conte Francesco Gattini non fu assolutamente di natura politica, come qualcuno ha erroneamente affermato ma di popolo che reclamava solamente degli alleggerimenti dai pesi fiscali e la spartizione delle terre demaniali. È questo un episodio precursore del brigantaggio, fenomeno di ribellione post-unitaria che interessa anche l'area materana in particolare con le bande di  Rocco Chirichigno di Montescaglioso, Vincenzo Mastronardi di Ferrandina, Eustachio Fasano di Matera, evaso dal carcere dove era detenuto per i moti contadini dell'agosto 1860, ed infine circa trent'anni più tardi con Eustachio Chita, detto "Chitaridd", considerato l'ultimo brigante sebbene operasse in maniera isolata e non facesse parte di quel brigantaggio post-unitario ormai definitivamente sconfitto. 

Conte Gattini

MATERA

Matera -  Piazza Sedile 

 Una vista di Montescaglioso

 

 

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