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mercoledì 8 giugno 2016

Giuseppe Musolino

Giuseppe Musolino

Giuseppe Musolino, conosciuto come U 're i l'Asprumunti ("il Re dell'Aspromonte"), o meglio ancora come il Brigante Musolino (Santo Stefano in Aspromonte, 24 settembre 1876 – Reggio Calabria, 22 gennaio 1956), è stato un brigante italiano.

Biografia

Il fatto

Taglialegna di mestiere, la sua storia inizia il 28 ottobre 1897 quando scoppia una rissa rusticana nell'osteria della Frasca, a Santo Stefano in Aspromonte per una partita di nocciole: da un lato Musolino e Antonio Filastò, dall'altro i fratelli Vincenzo e Stefano Zoccali, oltre un loro compagno. Una rissa come tante: ma il giorno dopo, in una stalla (dove viene trovato il berretto di Musolino), qualcuno spara a Vincenzo Zoccali, che rimane ferito. Intervengono i carabinieri che arrestano il Filastò ed un tale Nicola Travia. Bussano alla casa di Musolino, ma non lo trovano, perché è scappato. Di lì a sei mesi Musolino è arrestato dalla guardia municipale Alessio Chirico, e tradotto a Reggio Calabria è processato per tentato omicidio.

Primo processo

Il 24 settembre 1898 al processo davanti alla Corte d'Assise di Reggio Calabria, nonostante le prove portate da Musolino, non furono smentite le false testimonianze di Rocco Zoccali e Stefano Crea, che affermarono di averlo sentito adirato per il bersaglio fallito. Il 28 settembre la sentenza fu di 21 anni di carcere.
Sempre proclamatosi innocente, giura vendetta in caso di evasione, cantando il motivo della canzone del brigante Nino Martino:
(Reggino) « Nd'ebbiru alligrizza chiddu jornu
quandu i giurati cundannatu m'hannu…
ma si per casu a lu paisi tornu
chidd'occhi chi arridiru ciangirannu »
(IT) « N'ebbero allegrezza quel giorno
quando i giurati condannato m'hanno
ma se per caso al paese torno
quegli occhi che risero piangeranno. »
Inoltre a Zoccali avrebbe giurato che «avrebbe letteralmente mangiato il fegato» o che «ne avrebbe venduto la carne come animali da macello».

Carcere e latitanza

Viene condotto e recluso nel carcere di Gerace Marina, l'odierna Locri. Alle ore 3:30 del 9 gennaio 1899 riesce a fuggire e inizia la sua vendetta. Si racconta che durante la galera Musolino avesse sognato San Giuseppe che gli avrebbe indicato il punto in cui avrebbe dovuto scavare nella cella, e con facilità scappare insieme ai suoi compagni di carcere: Giuseppe Surace, Antonio Filastò e Antonio Saraceno.
Commette una serie di omicidi contro tutti quelli che l'hanno accusato e tradito, nascondendosi poi tra le montagne, nei boschi, e persino nei cimiteri (come a Roccaforte del Greco), godendo dell'appoggio della gente del posto, sia contadini, caprari e gente benestante, che lo vede come simbolo dell'ingiustizia in cui la Calabria allora versava. Nei primi 8 mesi dalla fuga commette 5 omicidi e 4 tentati omicidi, e tentativo di distruzione con dinamite della casa di Zoccali.
Iniziata la caccia al brigante, viene posta una taglia di 5.000 lire su di lui, ma Musolino sfugge sempre alla sua cattura. Una volta si tenta, tramite un certo Antonio Princi di farlo addormentare drogando con l'oppio la pasta ma il tentativo fallisce, Musolino ferisce il Princi e uccide il carabiniere che stava nascosto dietro la siepe in attesa di arrestarlo. Un'altra volta si cerca di fargli credere che potesse emigrare con una nave attraccata a Capo Bruzzano ma egli non si reca all'appuntamento e successivamente scopre che non c'era nessuna nave e svela quindi l'inganno.
La sua notorietà in poco tempo si sparge in tutta Italia grazie alla stampa italiana e pure i giornali stranieri (Times, Le Figaro) iniziano a interessarsi della vicenda. La sua figura così diventa una sorta di leggenda, e le sue gesta diventano uno spunto per molte canzoni popolari (si ritrova nelle canzoni di Otello Profazio, Dino Murolo e Natino Rappocciolo, Enzo Laface e in altri cantanti folcloristici calabresi...).
Nel 1901 Musolino decide di lasciare la Calabria per andare a chiedere la grazia al nuovo re Vittorio Emanuele III e perché comunque la situazione diventava difficile per lui, pur coi suoi appoggi nell'area calabrese.

La cattura

Ad Acqualagna in provincia di Pesaro Urbino però, viene per caso catturato da due carabinieri ignari della sua identità, che riescono a raggiungerlo perché è inciampato in un fil di ferro. I loro nomi erano: appuntato Amerigo Feliziani da Baschi e Antonio La Serra da San Ferdinando di Puglia, comandati dal brigadiere Antonio Mattei (padre di Enrico Mattei). Musolino stava percorrendo un viottolo di campagna nella località di Farneta, nelle vicinanze di Acqualagna; alla vista dei due carabinieri, che si trovavano nella zona alla ricerca di alcuni banditi del luogo, improvvisamente comincia a correre pensando che cercassero lui. Inciampando però su un filo di ferro di un filare di viti, cade ed è fermato.
Divenne famosa la frase: «Chiddu chi non potti n'esercitu, potti nu filu» ("Quello che non poté un esercito, poté un filo").
Il 17-18 ottobre del 1901 i giornali rendono pubblico l'evento. Dopo che Musolino viene arrestato, il mattino del 22 ottobre 1901 è interrogato e quindi il 24 ottobre trasferito nel carcere di Catanzaro con un treno speciale, sotto la scorta di Alessandro Doria, Ispettore Generale delle Carceri Italiane.
Per la sua cattura si stima che il governo abbia speso un milione di lire, come viene riportato sul giornale:
« Si presume che le spese complessive, per la dislocazione delle truppe negli Abruzzi - che come è noto nell'inverno scorso raggiungevano quasi due reggimenti - abbiano toccato le 500.000 lire, e a queste aggiungendo le altre spese ingenti per lo spionaggio, per gli arresti numerosi e per tutte le misure di P.S., si verrebbe a raggiungere e forse a sorpassare la somma tonda di un milione.
Nessun galantuomo ha mai costato tanto al Governo! »
(Da La Tribuna Illustrata del 27 ottobre 1901)

Secondo processo

Il processo inizia il 14 aprile del 1902 alla Corte d'Assise di Lucca. Musolino chiede di essere difeso dai due migliori avvocati d'Italia del tempo (Corriere della Sera - 22/23 gennaio 1902). Si rifiuta anche, per non dare una cattiva idea di sé all'opinione pubblica, di indossare gli abiti da carcerato. Avrebbe detto, secondo Indagine su un bandito di Altobelli: «Ho un abito di sedici lire il metro, e lo voglio indossare! Io sono un uomo storico e non un delinquente qualunque bisogna perciò usarmi riguardo», ma successivamente gli avvocati lo convincono del contrario. L'avvocato del brigante era un certo Dal Poggetto.
A causa della presenza di numerosi testimoni calabresi, molti dei quali in difficoltà nell'esprimersi in un italiano fluente, si rese necessaria la presenza di un vero e proprio interprete che traducesse dal loro dialetto. A svolgere tale compito venne chiamato l'esperto Francesco Limarzi, noto all'epoca per aver dato alle stampe la traduzione in calabrese dell'intero Paradiso della Divina Commedia.
Musolino pronuncia questa autodifesa: «Se mi assolveste, il popolo sarà contento della mia libertà. Se mi condannaste, fareste una seconda ingiustizia come pigliare un altro Cristo e metterlo nel tempio. Eppoi, vedete, io non sono calabrese, ma di sangue nobile di un principe di Francia. Chi condannate? Un cadavere, perché io posso avere cinque o sei mesi di vita al più». Parole che diverranno celebri ma che comunque non gli evitano l'ergastolo al carcere di Portolongone e otto anni in segregazione cellulare. La sentenza viene emanata l'11 luglio 1902 alle 20:50.
Durante il processo vende alla stampa alcune sue poesie.

Dopo il processo

Resta in carcere fino al 1946, quando gli verrà riconosciuta l'infermità mentale, e poi portato al manicomio di Reggio Calabria, dove muore dieci anni dopo alle 10:30 del 22 gennaio 1956.

Omicidi e tentati omicidi

  • Angeloni - ferito
  • Alessio Chirico (guardia comunale) - omicidio
  • Stefano Crea - tentato omicidio
  • Carmine D'Agostino - omicidio
  • Francesco Fava (Sindaco di Bovalino) - tentato omicidio
  • Francesco Marte - Omicidio
  • Francesca Morabito - omicidio
  • Gregorio Musolino - tentato omicidio
  • Antonio Princi - omicidio
  • Carabiniere Pietro Ritrovato - omicidio
  • Stefano Romeo - tentato omicidio
  • Pasquale Saraceno - omicidio
  • Francesca Sigari (amante di Stefano Crea) - omicidio per errore
  • Stefano Zirilli (Consigliere comunale di Bovalino) - tentato omicidio
  • Stefano Zoccali (fratello di Vincenzo) - omicidio
  • Vincenzo Zoccali - tentato omicidio

Brigante o no?

« Chi era stato davvero Musolino? Un sanguinario vendicatore degli emarginati del sud, uno spaccone di paese visionario e smargiasso, il portabandiera anarchico delle lotte pre-socialiste, un paranoide sbandato e irresponsabile, una vittima del disadattamento »
(Enzo Magrì)
Da un lato il suo comportamento è tipico di questa figura: egli si oppone allo Stato, commette omicidi non credendo più nella giustizia statale essendone diventato una vittima. Non uccide però per un "ideale rivoluzionario" ma unicamente per il suo desiderio di vendetta nei confronti di coloro che lo accusarono e contro chi si oppone a questo. Dieci anni dopo i professori di psichiatria Annibale Puca e Giacomo Cascella, del manicomio di Aversa compirono uno studio dove affermarono la pazzia latente di Giuseppe Musolino che si scatenò quando subì il primo torto dalla società nel condannarlo a 21 anni di carcere. I sintomi di tale pazzia erano: la convinzione di essere lui la legge, l'inesauribile sete di vendetta, l'essere sospetto e la credulità. Sostengono quindi che anche al secondo processo lo Stato sbagliò nuovamente nel giudicarlo, poiché avrebbe dovuto essere portato in manicomio direttamente e non avrebbe dovuto subire la pena dell'ergastolo.

Musolino e la malavita

Musolino ebbe sicuramente contatti con alcune famiglie della malavita organizzata durante la sua vita. Fu grazie al loro aiuto che riuscì ad evadere dal carcere di Gerace, e sicuramente grazie alla loro collaborazione riuscì anche a ricevere aiuti durante la sua latitanza. È certo però che lui non facesse parte di organizzazioni criminose o avesse mai partecipato ad attività legate ad esse come si può riscontrare da sue testimonianze dell'epoca.[senza fonte]

Musolino e le forze dell'ordine

Musolino ammise sempre di aver rispetto per le forze dell'ordine che facevano il loro mestiere come si evince dalle sue deposizioni al processo, nel quale ripetutamente racconta di vicende in cui risparmiò la vita ai poliziotti che lo inseguivano. Affermò ciò anche in 2 pubblicazioni nel 1900 dal giornale La Tribuna e dall'Avanti!. Furono entrambe scritte da Domenico Nucera Abenavoli, la prima era una lettera in risposta all'immagine negativa diffusasi su di lui dopo l'omicidio del Carabiniere Pietro Ritrovato, la seconda fu in una intervista dove continuava ad esprimere il suo concetto di giustizia e che quindi non era in lotta contro le forze dell'ordine.

Musolino e la stampa

Musolino ebbe eco su tutta la stampa italiana (Corriere della Sera, Avanti!, Il Mattino, Il Secolo) e in parte anche in quella straniera (Times, Le Figaro). La sua epopea venne anche definita "Musolineide". In ogni giornale si cercò di descrivere la vicenda del bandito, talvolta come esempio negativo, talvolta circondandolo di un'aura leggendaria, talvolta additando la colpa degli omicidi a una condizione di degrado e miseria della Calabria.
Alcune dichiarazioni di alcuni giornalisti al riguardo del brigante:
« Un delinquente che, a parte la tristezza che può ispirare ogni forma morbosa della natura umana, né per il suo carattere né per i suoi precedenti né per i suoi atti può realmente appassionare e interessare la pubblica opinione e la pubblica coscienza. »
(Da "Rastignac, La Tribuna" del 1-2 maggio del 1902)
« un volgarissimo birbante sudicio e puzzolente, … un assassino feroce, rozzo, senza nessuna educazione, che a mala pena sa scombiccherare qualche lettera mezza in italiano e mezza in dialetto di spropositi »
(Nicola Misasi - Un'altra vittima di Musolino, dal Corriere di Napoli dell'2 ottobre 1901)
« Musolino non è un brigante come Carlo Moor, come Ernani come il mio Ettore di Serralta, ribelli alla legge, ai pregiudizi, alle prepotenze; anime assetate di libertà ed i giustizia che sorgevano per difendere i deboli contro i forti, gli oppressi contro gli oppressori … Musolino è un volgare omicida, assetato di sangue quanto volete, ma che trova la sua ragione di essere nel terrore dei suoi compaesani, nella inettitudine della Pubblica Sicurezza, nella pigrizia della Benemerita, e nell'insipienza del prefetto di Reggio »
(Dal Corriere di Napoli del 1º aprile 1901)
Il brigante vendette anche al Corriere della Sera alcuni suoi componimenti poetici, pubblicati nell'articolo: Una lettera di Musolino del 22-23 gennaio 1902.

Le interviste

Ebbe coinvolgimenti diretti, come detto nel precedente paragrafo, tramite il giornalista Domenico Nucera Abenavoli, il quale pubblicò una sua lettera ne La Tribuna e una sua intervista dall'Avanti!. L'ultima sua intervista venne rilasciata a Gaetano Ruffo per Il Secolo il 18 e 19 luglio del 1901.
Tramite questi contatti con la stampa cercò sempre di difendere il suo operato con la tesi della vendetta personale per il reato non commesso, inoltre affermava o di essere vittima dell'ingiustizia della società, oppure di essere un brigante ma in accezione positiva.

Musolino nel cinema, nella musica e nella letteratura

Cinema

  • Nel 1950 viene fatto un film ispirato alla sua storia dal titolo Il Brigante Musolino di Mario Camerini. Fino al 1950 la storia di Musolino non era mai stata rappresentata per l'assonanza del nome con Benito Mussolini.

Letteratura

  • Quando Musolino fu arrestato, Giovanni Pascoli gli dedica un'ode dal titolo: Musolino incompiuta, edita da S. Bottari e ripubblicata da G. Villaroel Musolino. Lirica inedita di Giovanni Pascoli
« Nel monastero ove coi morti frati
dormono gravi salmodie sepolte,
curvo passò tra uno squillar d'armati.
Intorno ai lombi le catene avvolte,
come serpi di ferro: era per quelle
tratto a mano: le mani erano molte.
Eran perete agli occhi del ribelle
umane terga. Era decreto umano
che ormai la notte fosse senza stelle
per lui,che azzurro fosse il cielo invano
per lui,che a lui di tutto ciò che luce
sol giungesse il baglior dell'uragano.
Quando tra tutti i neri omeri truce
vide levando gli occhi e non la fronte
ciò che vietato gli era ormai: la luce.
E vide i monti: non i suoi: te, monte
Nerone, te, gibbo del Catria. O torre
d'Asdrubale! o lontano Ermo di fonte
Avellana! o fragor d'acqua che scorre
buia, e che gemeva ai piedi d'un errante
piccolo e solo, mentre per forre
silenziose, sotto rupi infrante,
lungo gli abissi
saliva ai monti, a dare pace o… »
(Musolino di Giovanni Pascoli)
  • Totò lo menziona nella poesia a mundana
  • Lu Briganti Musolino. Poema, Raffaele Zurzolo, Laruffa Editore
  • Pitigrilli nel 1989 gli dedicò un saggio
  • Michele Fera racconta la storia di Musolino in dialetto calabrese
  • Norman Douglas dedica un capitolo al brigante nel suo libro Vecchia Calabria (Old Calabria)
  • Ippolita Musolino. Sorella del brigante Musolino, Pietro A. Romeo, Laruffa Editore, Reggio Calabria, 2007.

Musica

  • Otello Profazio produce 2 album cantando la sua storia: Peppi Musolino, U briganti d'asprumunti e Il brigante Musolino.
  • Dino Murolo e Natino Rappocciolo scrivono l'album: La vera storia di Peppe Musolinu (CDR casa discografica)
  • Orazio Strano gli dedica l'album Peppi Musolinu.
  • Il gruppo musicale Kalamu nell'album Bevo alla vita gli dedica la canzone Brigante Musolino.
  • La prima canzone dell'album Malavita di Enzo Laface e Demetrio Aroi s'intitola La vera storia di Musolino.
  • Il cantante italiano Erz (Salvatore Passaro) gli dedica la canzone Il Brigante contenuta nell'album Erz (1994).

Oggi

Tuttora integro resta in Calabria il mito di Giuseppe Musolino, che rivive oggi anche attraverso il ricordo dei nonni e degli attuali cantanti folcloristici.

 Giuseppe Musolino


  1. il brigante

    • 3 mesi fa
    • 293 visualizzazioni
    Una delle più famose canzoni di Erz, 'il brigante' , dall'album Erz, 1994.


 

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