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mercoledì 15 giugno 2016

Il brigante galantuomo “malucore” o “bonucore”

Il brigante galantuomo “malucore” o “bonucore”
 
Lo chiamavano “Malucore” i ricchi ed i notabili del nostro paese, mentre i poveri contadini, “i tamarri” lo chiamavano “bonucore”, perché il brigante li aiutava e li difendeva dai soprusi dei padroni.
E molto spesso i padroni, i signorotti pagavano amaramente le loro malefatte ai danni della povera gente! Una volta, un ricco possidente di Castelsilano, proprietario di una grossa mandria di pecore e di vacche, scontò amaramente i soprusi contro la povera gente. I vaccari ed i pecorai che servivano i possidenti, erano costretti a dormire negli affumicati pagliai (capanne di frasche a forma di cono) sopra un pagliericcio (un sacco di paglia), avendo come unico vantaggio, quello di scaldarsi i piedi accanto al fuoco; tuttavia, durante la transumanza i poveri vaccari e pecorai erano sottoposti a indicibili fatiche. Due o tre volte l’anno, essi potevano fare ritorno alle loro misere case per portare in famiglia “l’annata” (poche lire, qualche pezzo di formaggio, della lana, alcune ricotte e del grano). Solo in quell’occasione potevano fare all’amore con la propria donna, che provvedeva per quella occasione, a mettere “u spruvieri”, un apparato di lana, appeso al soffitto, che, oltre a riparare dal freddo, aveva come scopo principale quello di nascondere il letto dallo sguardo dei figli, dal momento che la famiglia possedeva un solo vano, di solito un seminterrato “catuoju”. Si racconta che, una sera d’ottobre, un anziano vaccaro, ritornò al pagliaio infreddolito e febbricitante, e accostandosi al focolare con il suo pagliericcio, vi si buttò sopra, coprendosi con un vecchio mantello; durante la notte la febbre aumentò e comparvero dolori atroci. Allo spuntare dell’alba, l’anziano vaccaro, stremato dalle forze, pregò il capo mandria “caporale” di dispensarlo dal lavoro. Il caporale, per tutta risposta, rifiutò la richiesta del vaccaro, mandandolo al pascolo. Durante il giorno la febbre continuò a divorarlo, tanto da non riuscire a mangiare il tozzo di pane di segale che aveva portato con sé. Anticipando il ritorno al pagliaio, attirò contro di sé le ire del caporale, che, appena lo vede arrivare, gli tirò alcune sferzate con la cinghia di cuoio, la cui fibbia di ferro gli ferì l’orecchio. Il povero vaccaro, accasciatosi al suolo, con il volto tra le mani cercò di fermare l’emorragia, piangendo dal dolore.
La febbre continuò a tormentare il povero uomo per tutta la notte; il mattino seguente, il caporale, vista la sua incapacità di condurre la mandria al pascolo, afferratolo per un braccio, lo mandò via. Intrapreso un sentiero sconosciuto, il vaccaro si trascinò il più lontano possibile da quel luogo e venne trovato a sera tarda dalla banda del brigante “bonucore”, il quale lo ospitò nella sua grotta, facendolo riposare, nonostante tutto la febbre aumentò ed egli dopo due giorni morì.
Il brigante “bonocore” , pieno di rabbia e di compassione, il giorno successivo si recò con la sua banda dal caporale, il quale era intento alla lavorazione del formaggio, e il recipiente del latte “caccavu” era ancora caldo. Il caporale, appena vide “malucore”, tutto premuroso gli offrì del formaggio, ma il brigante con tono serioso si rivolse a questi chiedendo del povero vaccaro ammalato, con chiara aria di sfida. Il caporale rispose che era partito per Casino, ma il brigante gli disse che non aveva detto la verità perché lui stesso lo aveva trovato morente. Il caporale negò tutto, ma il brigante propose di ascoltare lo sguattero Luiciuzzu, infatti un vecchio proverbio recita: “Si vò sapire e cose d’ù pagliaru, addimmanna ‘ù quatraru”. Lo sguattero, davanti al caporale confermò tutto e fu rassicurato dalla protezione del brigante, poiché d’ora in avanti non avrebbe più subito le angherie del caporale. Il caporale, che aveva ormai capito le intenzioni del brigante, cominciò a tremare, e rivolgendosi al brigante lo implorò di risparmiargli la vita. Ma le sue implorazioni servirono a poco; l’indomani il caporale venne trovato nel recipiente “caccavu” morto stecchito. L’azione punitiva del brigante non si fermò al caporale, poiché anche il padrone, alcuni giorni dopo, venne trovato con un occhio nero, la faccia gonfia e un braccio rotto, ma non fu ucciso perché al brigante serviva di più vivo. Dopo alcuni giorni, il padrone ricevette la visita del parroco del paese, il quale, gli chiese cinquemila ducati per la dote della figlia del vaccaro, e gli consigliò di assumere il fidanzato della ragazza al posto del defunto caporale.

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