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martedì 29 agosto 2023

ANARCHICI & ANARCHIA 9

 

A N A R C H I C I & A N A R C H I A 

 GALLO, Vincenzo 

Nasce a Cinquefrondi (Rc) il 1° settembre 1891 da Francesco e Teresa Roselli, falegname-gestore di un negozio di calzature. Nel 1908 emigra in Argentina e nel 1911 viene segnalato perché svolge attività settaria. Dopo essere tornato in Italia per adempiere agli obblighi di leva, nel febbraio 1913 riparte nuovamente alla volta di Buenos Aires, dove frequenta connazionali della corrente socialista massimalista. Dopo un lungo periodo di stasi, le autorità tornano a interessarsi di lui e, ritenendolo ancora potenzialmente pericoloso, nel 1935 ne chiedono l’iscrizione in «Rubrica di frontiera» per il provvedimento di perquisizione e segnalazione. In seguito continua a professare idee libertarie senza però svolgere particolare attività politica. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2257, f. 52613, cc. 42, 1911, 1913-1914, 1931 e 1934-1941.

Bibliografia: O. Greco, Anarchici calabresi in Sudamerica, in Calabresi sovversivi nel mondo: l’esodo, l’impegno politico, le lotte degli emigrati in terra straniera (1880-1940), a cura di A. Paparazzo, Soveria Mannelli 2004, p. 134n; K. Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero, Cosenza 2003, p. 23.

 

GALLUZZI, Luigi  

Nasce a Langhirano (PR) il 21 luglio 1883 da Ettore e Rosa Savina, calzolaio, facchino. Detto “Gigiotto”. Risiede nell’Oltretorrente, quartiere popolare di Parma, quando la questura di Parma inizia a sorvegliarlo perché anarchico. Il giovane calzolaio frequenta i principali esponenti del movimento anarchico locale, che negli anni Dieci sono soliti ritrovarsi in una bottega “di Mattei” situata nei borghi stretti del quartiere popolare, e nelle numerose osterie che affollano le vie del quartiere, e partecipa a tutte le principali conferenze e riunione anarchiche cittadine. Egli viaggia soprattutto in cerca di un lavoro stabile. Va a Parigi (1910), a Montecchio Emilia (1911), due anni a Genova (1912-14) e nel 1915 si trova a Langhirano quando viene arrestato per misure di pubblica sicurezza. Nel 1918 è condannato all’ergastolo e alla confisca di metà dei suoi beni per diserzione, da parte del Tribunale di guerra competente; l’amnistia gli permette di uscire dal carcere. Nel 1921 sottoscrive la candidatura di Guido Picelli al Parlamento, candidato nelle fila del PSI, che culminerà con l’elezione del futuro leader degli Arditi del popolo di Parma. Dopo l’avvento del fascismo la Questura continua a ritenerlo pericoloso e lo inserisce nell’elenco delle persone da arrestare in determinate contingenze. Numerosi saranno gli arresti tra il 1930 e il 1934, ogni qual volta le autorità locali lo ritengano necessario, prima della cancellazione dall’elenco. L’ultimo decennio del regime, pur conservando le sue idee anarchiche non svolge attività politica attiva. Muore a Parma il 21 agosto 1961. (M. Minardi)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio di Stato Parma, Gabinetto Questura, cat. A8, ad nomen.

 

GALMOZZI, Giovanni Battista

Nasce a Pavia il 13 giugno 1888 da Carlo e Teresa Sommariva, operaio, detto “Lo zoppo”, frequenta le scuole fino alla 2a elementare. “Ricoverato come discolo alla casa di correzione la Generale di Torino”, viene dimesso su richiesta della madre. La polizia pavese lo classifica come “squilibrato di mente”. Conosce Angelo Ambrosoli quando questi, trasferitosi a Pavia, cerca di costituire nell’agosto 1906 un circolo anarchico e, dopo essere stato licenziato dallo stabilimento Pacchetti per propaganda anarchica e diffusione di opuscoli sovversivi, lo raggiunge a Milano. Il 4 marzo 1909 sostituisce Ambrosoli, arrestato, come gerente de «La Protesta umana» (quotidiano) e, dopo una nuova parentesi di Ambrosoli (dal 24 aprile), riprende la gerenza dal 6 maggio alla fine di ottobre, lasciando poi l’incarico a Pietro Bruzzi. Tipico marginale, G. non ha fissa dimora e “alloggia or nell’uno or nell’altro di quei dormitori popolari”. Nell’agosto 1909 assume anche la gerenza de «L’Alba», settimanale di Biella, stampato a Milano, ma poco dopo si allontana temendo l’arresto per i vari processi pendenti a suo carico. Nel settembre è a Marsiglia, ma nel novembre rientra in Italia e viene rimpatriato con foglio di via a Pavia. L’anno seguente riesce tuttavia a riparare all’estero, in Canton Ticino, evitando così il carcere per due condanne per reati di stampa: la prima a cinque mesi, la seconda a un anno, sei mesi e sei giorni più un’ammenda. Nel marzo 1911, sorpreso a Pavia, è arrestato, ma una provvidenziale amnistia gli apre le porte del carcere. In seguito si sposta frequentemente tra Como e Lugano, lavorando come sguattero in alberghi e ristoranti. Sposatosi nel 1912 con una cittadina svizzera, fissa la sua dimora a Lugano. Nell’aprile 1914 però viene condannato all’espulsione dalla Confederazione per cinque anni per maltrattamenti. Allo scoppio del conflitto europeo è ripetutamente fermato e poi condannato a quattro mesi per partecipazione a dimostrazioni contro la guerra. Il 12 settembre 1917 è registrato il suo decesso, anche se non sono chiare le circostanze della morte. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.

 


GAMBA, Giovanni Santo Pasquale
Nasce a Colognola al Piano (BG) il 1° novembre 1890 da Serafino e Maria Angela Donghi, operaio meccanico. Nel 1908 risiede a Bergamo in via Pignolo 60, nello stesso caseggiato dell’anarchico Bernardo Ghibesi e di altri libertari bergamaschi, che nel 1914 daranno luogo al Gruppo Libertario Bergamasco. Nel 1916 vive e lavora a Sampierdarena, il 9 dicembre 1921 si trasferisce a Breganze (VI) e agli inizi del 1923 torna a Bergamo. Dalle fonti di polizia è definito come un “accanito anarchico”. Abbonato al giornale «Fede!», sottoscrive a favore della stampa anarchica e di perseguitati politici, frequenta spesso gli anarchici Luigi Caglioni, Gaetano Ghirardi, Egidio Corti, Luigi Marcassoli. Il 10 febbraio 1926 è arrestato perché sospetto complice del tipografo Caglioni, accusato di detenzione di esplosivi e per questo datosi alla fuga. Nel luglio 1928 dirige un’officina meccanica di sua proprietà, poi a metà degli anni Trenta trova lavoro allo stabilimento FIAT di Milano. Negli anni seguenti cambia lavoro e residenza varie volte tra le province di Bergamo e di Como. S’ignorano data e luogo di morte. (G. Mangini)

Fonti

Fonti: Archivio di Stato Bergamo, Fondo Questura, Sovversivi, b. 44, ad nomen.
GAMBA, Lorenzo

Nasce a Sassello (sv) il 21 novembre 1892 da Giovanni Battista e Caterina Zunino, panettiere. La famiglia, di estrazione proletaria, si trasferisce a Savona quando G. è ancora bambino. Nella città ligure frequenta le prime classi elementari e poi per necessità familiari lascia la scuola e inizia a lavorare come pastore e sguattero. In seguito diventa panettiere e inizia a frequentare gli ambienti sovversivi della città abbracciando gli ideali libertari. La Prefettura di Genova, nel compilare la sua scheda biografica il 26 gennaio 1912 lo descrive come persona che «riscuote cattiva fama nell’opinione pubblica», di «carattere violento ed irascibile» ma con «discreta intelligenza», autodidatta, come anarchico si associa al Gruppo “P. Gori”, ed è iscritto alla Lega dei panettieri aderente alla locale cdl. G. risulta assiduo lettore della stampa libertaria e in particolare de «L’Avvenire anarchico» di Pisa ed è in corrispondenza con Virgilio S. Mazzoni, oratore forbito, livornese d’origine ma pisano d’adozione, amico di Gori e uno dei principali animatori e redattori del periodico libertario. G. invita Mazzoni il 6 marzo 1911 a Savona per commemorare la Comune di Parigi al noto Teatro Chiabrera. Pochi giorni dopo, sempre con Mazzoni, organizza la commemorazione di Pietro Gori scomparso l’8 gennaio dello stesso anno. Fin dai primi anni della militanza aderisce alla corrente libertaria socialista e federalista, che promuove la necessità dell’organizzazione e di un intervento costante nel mondo del lavoro e nei sindacati. Alla fine del 1914 si imbarca come fornaio sul veliero danese Viking, nave scuola dei cadetti danesi, ritornato a Savona l’anno successivo viene richiamato alle armi e arruolato nel 43° Reggimento “Forlì” di fanteria di stanza a Tortona. Nei duri tre anni di guerra combatte come fante semplice su vari fronti rimanendo ferito sulla linea di fuoco nei pressi di Gorizia.

Tornato in Liguria viene subito coinvolto nelle agitazioni operaie che scoppiano al termine del conflitto ed è arrestato a Savona nell’agosto del 1920, al termine di un comizio nel quale si verificano gravi incidenti tra dimostranti e forza pubblica. Per questo episodio verrà condannato a quattro anni di carcere. Alla fine del 1924, riconquistata la libertà, torna a Savona ma sempre attentamente vigilato dalle forze dell’ordine, che lo considerano pericoloso per l’ordine pubblico. Quell’anno sposa Libera Giovanna Oddera, anche lei anarchica e appena liberata dal carcere nel quale era stata rinchiusa con le stesse motivazioni di G. In tali anni il clima politico in Italia è decisamente cambiato, soprattutto dopo l’omicidio del deputato socialista Giacomo Matteotti e il varo delle Leggi eccezionali che colpiscono tutta l’opposizione, rendendo ancor più difficile la vita agli anarchici. G., come molti altri suoi amici e militanti, alla fine del 1926 è assegnato per tre anni al confino di polizia ma riesce a far perdere le sue tracce e espatriare in Francia stabilendosi a Marsiglia. Nel porto francese trova lavoro come scaricatore, ma ben presto la polizia è nuovamente sulle sue tracce e G., coinvolto in un furto, viene condannato a quattro mesi di reclusione e successivamente è espulso dal territorio transalpino. In questi anni ha modo di conoscere e frequentare vari antifascisti liguri presenti in Francia tra i quali Sandro Pertini che alcuni decenni dopo si ricorderà dell’amico, che con lui condivise «i sacrifici dell’esilio» (Lettera di S. Pertini a L. Gamba, Roma 20 ottobre 1955 – copia conservata in bfs-gaap). Trasferitosi in Belgio, a Charleroi, si impiega come minatore nelle miniere di carbone. L’anno successivo cambia residenza stabilendosi a Seraing-sur-Meuse dove riallaccia i contatti con il movimento libertario partecipando alle attività del locale gruppo anarchico di emigrati italiani, diffondendo il periodico anarchico di Bruxelles «Bandiera nera» ed entrando in relazione con i libertari Gigi Damiani, Giuseppe Bifolchi e Gelindo Zanasi. La polizia italiana continua a braccarlo e a segnalarlo come anarchico “estremamente pericoloso” e per questo è iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel «Bollettino delle ricerche». Nei primi anni Trenta rientra in Francia, con una falsa identità per evitare il decreto di espulsione, stabilendosi a Troyes, poi a Fontanay-sous-Bois e successivamente a Parigi, dove è nuovamente arrestato per infrazione al decreto di espulsione e condannato a quattro mesi di carcere. Riacquistata la libertà riprende i contatti con i principali esponenti dell’emigrazione libertaria italiana in Francia, tra i quali Camillo Berneri e Umberto Marzocchi, e partecipa nel novembre del 1933 al Convegno anarchico dei profughi italiani dove viene deliberata la pubblicazione del periodico «Lotte sociali», che sarà affidato alla direzione prima di Leonida Mastrodicasa e poi di Virgilio Gozzoli. Nel 1935 lascia la moglie, rimasta in Italia, e si accompagna sentimentalmente con Jeanne Mignon, anche lei anarchica, che gli sarà accanto sino alla morte. Allo scoppio della Seconda guerra mondiale G. è internato, insieme a molti altri profughi politici, nel campo di Vernet d’Ariège, dove è impiegato come boscaiolo e dove è trattenuto fino al dicembre 1941, quando è affidato alle Autorità di polizia italiane che lo arrestano e lo condannano a cinque anni di confino.

Come molti altri inizia la sua peregrinazione tra diverse località italiane: prima è inviato a Ustica, poi a Corropoli e, infine alla caduta del fascismo, insieme a molti altri confinati anarchici e ai prigionieri d’origine slava, nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari nei pressi di Arezzo. Nei primi giorni di settembre, quando ancora le autorità d’occupazione tedesche non hanno preso il controllo del campo, una rivolta degli internati permette a G., come a molti altri, di fuggire. Il militante libertario riesce a tornare a Savona e a guerra finita a ricongiungersi con Jeanne a Parigi, dove riprende in pieno la propria attività politica divenendo ben presto uno dei militanti più fidati per le relazioni tra il movimento libertario italiano e quello francese. Quando in Italia, dopo il Terzo congresso nazionale della fai (Livorno, 1949), si delineano due correnti contrastanti tra chi intende costruire una fai movimento e chi invece ritiene centrale una scelta più decisamente organizzatrice, G. si schiera con i secondi. È uno di quei militanti formatisi prima dell’avvento del fascismo che aderiscono al Gruppo d’iniziativa per un movimento “orientato e federato”. Invia la propria adesione già alla Prima conferenza na­zionale (Genova-Pontedecimo, 1951). Il militante ligure ricopre per i gaap il ruolo di “emissario” che mantiene le relazioni con la Fédération anarchiste che, in quegli anni, grazie alle attività del gruppo guidato da Georges Fontenis, sta evolvendo verso posizioni decisamente comuniste libertarie. G. è sempre presente alle Conferenze nazionali dei gaap, Firenze (1952), Livorno (1953), Bologna (1954), e collabora attivamente alla diffusione del periodico «L’Impulso», al quale è abbonato, soprattutto tra gli italiani immigrati in Francia. Nell’organizzazione G. rappresenta efficacemente la “tradizione” anarchica malatestiana, Masini così lo descrive in una lettera a Fontenis l’8 gennaio 1955: «è un compagno generoso […] e che a differenza dei “generici”, non turba mai la regolarità del nostro lavoro con sfasamenti o iniziative irresponsabili. Il suo attaccamento alla tradizione è comprensibile […] dato il mondo in cui è vissuto». Nei primi giorni del giugno 1954, G. partecipa, in qualità di osservatore, alla Conferenza internazionale di Parigi che dà vita all’icl. Negli anni 1955 e 1956 quando i gaap accentuano la spinta organizzativa e si orientano sempre più decisamente verso il tentativo di coniugare le istanze ideali comuniste libertarie con quelle marxiste – anche con una politica di alleanze e collaborazione con altri gruppi della sinistra rivoluzionaria – G. esprime le proprie critiche e perplessità. Partecipa ancora alla Quinta conferenza nazionale (Pisa, 1955) nella quale vengono approvati i nuovi statuti. Qualche tempo dopo, a fronte dell’annuncio della fcl francese di partecipare alle elezioni politiche, G. accentua le sue critiche con molte lettere alla segreteria del cn/gaap nelle quali mette in discussione le scelte politiche dell’organizzazione che, nella sostanza, approvano quelle dell’organizzazione consorella francese, ren­dendo pubblico il proprio dissenso nei confronti della fcl francese, ribadendo i suoi principi astensionisti, tramite una lettera inviata alla redazione de «Il Libertario» (Non vi è posto per gli anarchici nella Fed. Comunista-Libertaria francese. Una lettera del compagno Lorenzo Gamba, 3 dicembre 1955, p. 3). La presa di distanza di G. dalle scelte della fcl francese, viene ribadita anche da una successiva lettera, sempre pubblicata da «Il Libertario» nella quale denuncia l’«op­­por­tunismo e autoritarismo» del militante francese e la sua abiura dei principi libertari con l’adesione al parlamentarismo di matrice bolscevica (Lettera aperta a Fontenis di uno che ci credeva, 17 marzo 1956, p. 4). È, ancora, presente alla Sesta conferenza nazionale (Milano, 1956) nella quale è deciso il cambiamento del nome dell’organizzazione in Federazione comunista libertaria. G. esprime ancora una volta tutte le proprie riserve sulle nuove linee politiche dell’organizzazione, chiede che sia mantenuto il vecchio nome dei gaap, dichiarando l’incompatibilità tra i principi comunisti libertari e quelli autoritari. Ormai la divaricazione tra G. e il gruppo di militanti con cui ha condiviso l’esperienza dei gaap è diventata inconciliabile ed egli matura l’idea di abbandonare l’organizzazione.

Infatti, dopo la conferenza “unitaria” di Milano (16 dicembre 1956) dei gruppi della sinistra rivoluzionaria (fcl, pcint, gcr e gac) presenta le dimissioni dall’organizzazione. (Lettera di L. Gamba al cn/fcl, 20 dicembre 1956). Questa amara delusione, però, non lo porta ad abbandonare il proprio impegno politico, tanto che nei primi anni Sessanta rientrato stabilmente in Italia riprende il suo posto di militante all’interno della fai. È presente al Settimo Congresso della fai (Rosignano Solvay, 1-4 giugno 1961), e interviene più volte sul «Bollettino interno della fai» ribadendo le sue posizioni di sempre socialiste e federaliste. In questi anni milita nel gruppo anarchico “E. Malatesta” di Pegli e durante il periodo della contestazione giovanile è uno dei “compagni della vecchia guardia” che non rinunciano al dialogo con le nuove generazioni di militanti. Nel 1968 partecipa al Congresso internazionale delle Federazioni anarchiche (Carrara, 31 agosto-4 settembre). Fedele alle proprie concezioni libertarie e organizzatrici, nonostante l’età, nel 1971 pubblica a proprie spese, alcuni scritti di Luigi Fabbri, L’organizzazione anarchica: rapporto presentato al Congresso Anarchico Italiano di Roma (16-20 giugno 1907) ed al Congresso Anarchico Internazionale di Amsterdam (24-31 agosto 1907) (Genova, [s.n.t.], 1971). Nel 1973 è colpito da ictus che ne compromette gravemente l’attività e che gradualmente lo porta alla morte che sopraggiunge ad Albisola (sv) il 12 maggio 1977.
(F. Bertolucci).

Fonti

Fonti: Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari Riservati, Categorie annuali, 1957-1960, b. 73, f. 103; Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione Generale di Pubblica sicurezza, Divisione Affari Generali e Riservati, Casellario Politico Centrale, ad nomen; Archivio A. Cervetto, Savona; Archivio Biblioteca Franco Serantini, Carte GAAP, Comitato nazionale dei GAAP; U. Marzocchi, Lorenzo Gamba, «un», 19 mag. 1977.


Bibliografia: Federazione Anarchica Italiana, Congressi e convegni (1944-1962), a cura di U. Fedeli, Genova, Libreria della FAI, 1963; A. Cervetto, Dopoguerra rosso a Savona (1918-1921), «Movimento Operaio e Socialista in Liguria», n. 2-3, 1959; G. Bianco, L’attività degli anarchici nel biennio rosso (1919-1920), ivi, n. 2, 1961; Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 2. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero (1872-1971), Firenze 1976, ad indicem; G. Barroero, Lorenzo Gamba, dbai, 2003, t. 1, pp. 662-63; Pier Carlo Masini: impegno civile e ricerca storica tra anarchismo, socialismo e democrazia, a cura di F. Bertolucci e G. Mangini, Pisa, BFS, 2008, pp. 30-46; G. La Barbera, Lotta comunista: il gruppo originario 1943-1952, Milano, Lotta comunista, 2012, ad indicem; P. Iuso, Gli anarchici nell’età repubblicana: dalla Resistenza agli anni della Contestazione 1943-1968, Pisa, BFS, 2014, p. 136; G. La Barbera, Lotta comunista: verso il partito strategia 1953-1965, Milano, Lotta comunista, 2015, ad indicem; A. Cervetto,  Opere 23. Carteggio 1948-53, Milano, Lotta comunista, 2018, ad indicem; A. Cervetto, Opere 24. Carteggio 1954-58, Milano, Lotta comunista, 2019, ad indicem; A. Cervetto, Opere 25. Carteggio 1959-65, Milano, Lotta comunista, 2019, ad indicem.

 

Pisa, ottobre-novembre 1955
Pier Carlo Masini (primo a sinistra) con
Giulio Seniga e Lorenzo Gamba (a fianco)
e un'altra persona non identificata
(Archivio privato famiglia Masini,
Cerbaia val di Pesa - Fi)

 

GAMBARINI, Carlo
Nasce a Bergamo il 10 luglio 1872 da Benedetto e Caterina Grasselli, medico. Per allontanarlo dall’ambiente studentesco socialista di Bergamo, dove ha frequentato il liceo classico P. Sarpi, il padre, sindaco moderato del paese di Mornico al Serio (BG), lo manda a studiare medicina all’Università di Roma, dove dal 1896 G. frequenta il Circolo socialista di studi sociali di Piazza S. Ignazio. Allontanatosi dai socialisti, si avvicina all’anarchismo diventando amico di G. Ciancabilla, con il quale, dopo la partenza di quest’ultimo per Paterson (USA), si mantiene in assiduo contatto epistolare almeno a tutto il maggio 1900. Nella notte tra il 13 e il 14 marzo 1900 è sorpreso insieme agli anarchici romani Adolfo Berardelli e Ugo Gai ad affiggere manifesti contro il re, ma non verrà condannato per intervenuta amnistia. Il successivo 1° maggio, sempre a Roma, interviene alla festa campestre fuori Porta Cavalleggeri, contrada Rocca del Drago, con repubblicani, socialisti, anarchici. Da Roma mantiene i contatti con alcuni compagni di liceo. Medico condotto a Roma, dal 1902 esercita la professione a Civitavecchia. Nel 1907 risulta riavvicinato al psi, del quale partecipa ad alcune manifestazioni pubbliche a Civitavecchia. Iscritto alla massoneria, è volontario nella Prima Guerra mondiale. Nel 1928 è medico delle Ferrovie dello Stato e risulta appartato dalla vita politica. La Questura di Roma lo radia dal novero dei sovversivi nel dicembre 1931. Iscritto al PNF, nel luglio 1933 viene radiato dal novero dei sovversivi anche dalla Questura di Bergamo. S’ignorano data e luogo di morte. (G. Mangini)

Fonti

Fonti: Archivio di Stato Bergamo, Fondo Questura, Sovversivi, b. 44, ad nomen.
   GAMBELLI, Otello
 Nasce a S. Giovanni d'Asso (SI) il 3 marzo 1919, membro della Federazione comunista libertaria ligure e delle squadre d'azione partecipa alla lotta clandestina contro i nazi-fascisti. Arrestato dalle Brigate nere è rinchiuso nel carcere di Genova-Marassi. Gambelli nella notte tra il 2 e il 3 dicembre 1944 è prelevato dai nazi-fascisti dalla IV sezione insieme ad altri 21 antifascisti tra cui gli anarchici Causa, De Palo, Sciutto e Turco e trasportati in località Olivetta nei pressi di Portofino. I ventidue antifascisti sono caricati su delle barche e portati al largo dove vengono assassinati dai nazi-fascisti per rappresaglia e i loro corpi gettati nel Mar Ligure zavorrati con pesanti massi di pietre affinché non riemergano. Il corpo di Gambelli, come quelli degli altri martiri antifascisti, non è mai stato ritrovato. (red. DBAI)

Fonti
    G. Barroero, Anarchismo e Resistenza in Liguria, «Rivista storica dell'anarchismo», luglio-dicembre 1998, pp. 61-118.

GAMBELLI, Romeo
Nasce a Senigallia (AN) il 30 novembre 1844 da Agostino e Teresa Mancinelli, calzolaio. Sin dalla fine dell’Ottocento è fra i personaggi più attivi nel movimento anarchico della sua città. Legato a Cesare Agostinelli da un rapporto epistolare, serra i contatti con gli altri aderenti al gruppo libertario locale, in special misura con Ernesto Santoni e Augusto Governatori. Nel maggio 1898 è fra i sottoscrittori della protesta de «L’Agitazione» per il processo di Ancona; qualche settimana prima aveva inviato a Gori, per conto dei gruppi senigalliesi, un telegramma in cui si era detto offeso per le pesanti condanne richieste dal pubblico ministero. Nel luglio 1900 fa pubblica ammissione di anarchia su «L’Agitazione», in solidarietà con i processati anconitani per associazione sediziosa. Dopo la morte di Santoni, diviene “il vero capo degli anarchici di Seni-gallia” (pref. di Ancona, 21 feb. 1901). Nel 1902 entra a far parte del direttivo della Federazione socialista-anarchica locale e nel marzo 1905 è fra i fondatori – con Romeo Ciocci e Alessandro Zoppini – del gruppo “XVIII Marzo”, che nel 1910 prenderà la denominazione di Fascio s.a. “Francisco Ferrer”. Nel 1908 assume la gerenza dell’effimero settimanale «Il Risveglio del fascio socialista-anarchico senigalliese». Muore a Senigallia il 26 marzo 1910. (R. Giulianelli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
Bibliografia: Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972, ad indicem.


​GAMBELLI, Romeo
 
Nasce a Senigallia (AN) il 30 novembre 1844 da Agostino e Teresa Mancinelli, calzolaio. Sin dalla fine dell’Ottocento è fra i personaggi più attivi nel movimento anarchico della sua città. Legato a Cesare Agostinelli da un rapporto epistolare, serra i contatti con gli altri aderenti al gruppo libertario locale, in special misura con Ernesto Santoni e Augusto Governatori. Nel maggio 1898 è fra i sottoscrittori della protesta de «L’Agitazione» per il processo di Ancona; qualche settimana prima aveva inviato a Gori, per conto dei gruppi senigalliesi, un telegramma in cui si era detto offeso per le pesanti condanne richieste dal pubblico ministero. Nel luglio 1900 fa pubblica ammissione di anarchia su «L’Agitazione», in solidarietà con i processati anconitani per associazione sediziosa. Dopo la morte di Santoni, diviene “il vero capo degli anarchici di Senigallia” (pref. di Ancona, 21 feb. 1901). Nel 1902 entra a far parte del direttivo della Federazione socialista-anarchica locale e nel marzo 1905 è fra i fondatori – con Romeo Ciocci e Alessandro Zoppini – del gruppo “XVIII Marzo”, che nel 1910 prenderà la denominazione di Fascio s.a. “Francisco Ferrer”. Nel 1908 assume la gerenza dell’effimero settimanale «Il Risveglio del fascio socialista-anarchico senigalliese». Muore a Senigallia il 26 marzo 1910. (R. Giulianelli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
Bibliografia: Bibliografia dell’anarchismo, vol. 1 t. 1. Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972, ad indicem.
 
GAMBETTI, Sabatino
Nasce a Siena il 27 dicembre 1877 da Lorenzo e Zelinda Lucchetti, operaio. Dipendente dell’officina ferroviaria, aderisce al movimento anarchico e frequenta Ferruccio e Guglielmo Boldrini, Luigi Montelatici, Vittorio Vagheggini e altri compagni di fede. Membro del Circolo libertario “Germinal”, esercita una certa influenza nell’ambiente sovversivo, fa propaganda tra i ferrovieri e si mostra sprezzante nei confronti delle autorità. Nel settembre 1907 partecipa ai tumulti contro il caroviveri e viene denunciato per oltraggio e violenze ai carabinieri. Schedato nel 1908 e condannato per le proteste di settembre, beneficia di un’amnistia. Trasferito a Rimini, è vigilato per la sua assiduità alle manifestazioni sovversive e arrestato per la pericolosità politica. Occupato, negli anni successivi, nelle officine ferroviarie di Foggia, Torino, Taranto e Caltanissetta, prende attivamente parte alla campagna per la liberazione di Augusto Masetti e, il 1° giu-gno 1914, presenta, a Taranto, il maggiore esponente anarchico italiano, E. Malatesta, invitato a parlare su L’attuale momento politico. Contrario all’intervento, G. è chiamato alle armi alla fine del 1915 e mandato in Albania. Condannato per diserzione, lascia il carcere militare il 23 ot-tobre 1919, grazie all’amnistia di Nitti, e torna a lavorare in ferrovia. Spostatosi a Firenze nel 1920, emigra clandestinamente, nell’aprile 1924, a Marsiglia, dove aderisce al movimento “garibaldino” e fa opera di proselitismo perché altri compagni si iscrivano alle “legioni”. Segnalato per i legami con Attilio Sighieri, Dino Baldacci, Ranieri Arrighi e altri anarchici emigrati, è arrestato a Ventimiglia il 21 ottobre 1924 e perquisito attentamente, perché ritenuto “elemento pericolosissimo”. Tradotto a Firenze e sottoposto a “rigorosissima vigilanza”, viene fermato il 29 aprile 1925, alla vigilia di una visita di Vittorio Emanuele III nel capoluogo toscano, e rilasciato il 3 maggio. Tornato a Marsiglia, dopo aver eluso la sorveglianza, prende parte alle proteste contro le condanne a morte di Sacco e Vanzetti e ad altre manifestazioni rivoluzionarie, insieme a Giulio Bacconi, Adarco Giannini, Paris Pampana e altri compagni, poi, al principio del 1927, lavora a La Ciotat. Segnalato a La Seyne-sur-Mer, a Port-de-Bouc e a Marsiglia, è colpito da decreto di espulsione nel 1932 e l’anno seguente è incluso nella prima categoria dei nemici del fascismo, gli attentatori residenti all’estero, perché è elemento esaltato e assai temibile, legato, per di più, al “pericolosissimo anarchico” sarzanese Ugo Boccardi. Nell’autunno 1936 parte per la Spagna e il 25 ottobre giunge a Perpignano, insieme a Giovanni Dettori, Amelia Melli Prati, Camillo Lanzillotta, Lucette Bled, la compagna di Ernesto Bonomini,a Karl Ernst Teuffel e altri antifascisti. Arruolatosi nella Colonna “Ascaso” CNT-FAIb, Gruppo “Angiolillo”, G. prende parte ai sanguinosi combattimenti di Tardienta, Almudévar e Carrascal de Huesca e rimane in Spagna fino agli ultimi giorni di aprile 1937. Tornato in Francia, è fermato a Perpignan e condannato dal Tribunale di Céret a 12 mesi di carcere per violazione del decreto di espulsione (ridotti in appello a quattro mesi). Trasferitosi a Tunisi il 27 maggio 1938, G. è sospettato di voler tornare in Italia per compiere un attentato contro Mussolini, in collaborazione con Giovanni Antonio Puggioni, Vincenzo Mazzone (ex miliziano di Spagna), Luigi Damiani, Guglielmo Contucci e altri anarchici italiani, residenti nella colonia francese. Fermato dalla polizia e invitato a lasciare immediatamente Tunisi, G. prende una decisione estrema: invece di tornare a Marsiglia, si imbarca su una nave diretta in Italia e rifiuta di scenderne, quando alcuni anarchici, informati della sua scelta, si accostano al bastimento con un altro natante e lo supplicano di gettarsi in mare per riportarlo a Tunisi. Arrestato a Palermo il 28 maggio e tradotto a Siena, G. nega, negli interrogatori, ai quali è sottoposto il 4 giugno e il 6 luglio, di aver fatto parte dell’esercito “rosso” spagnolo e dichiara, in risposta a un articolo, apparso su «Il Risveglio anarchico», che l’accenno “circa la mia qualità di miliziano è falso. Ripeto che giammai mi sono recato nelle file dei rossi”. Ammette, invece, di aver fatto, in Spagna, il fabbro ferraio, ma nega di aver incontrato altri antifascisti e ripete di non conoscere Elena Melli, pur avendo scritto, nel 1932, una lettera al suo defunto compagno E. Malatesta. L’ispettore dell’OVRA commenta che G. si è mantenuto “ostinatamente reticente circa l’attività politica svolta all’estero ed i contatti avuti con gli elementi anarchici e fuorusciti in genere ed a nulla sono valsi tutti gli allettamenti, le contestazioni e lo speciale trattamento usatogli, in considerazione della sua età di 61 anni e delle sue malferme condizioni di salu-te”. Assegnato al confino per cinque anni e deportato a Ventotene, G. sbarca nell’isola il 22 agosto e non dà segni di cedimento, confermando immediatamente di essere un “accanito sovversivo” e “associandosi agli elementi più pericolosi”. Arrestato il 14 maggio 1939 per resistenza e violazione del regolamento della colonia e condannato il 7 giugno a tre mesi di arresti, continua a frequentare, nel 1940, gli antifascisti più temibili di Ventotene e nel 1942 è ancora un accanito avversario del regime di Mussolini. Il 10 luglio 1943 il direttore della colonia fascista, Marcello Guida, scrive che G. è da ritenersi ancora “capace di svolgere con profitto propaganda sovversiva” e propone che “alla scadenza rimanga come internato [nell’]isola per tutta la durata della guerra”. Mussolini cade due settimane dopo la lettera di Guida, ma G. non viene liberato ed è, invece, trasferito nel campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (AR), dal quale evade l’8 settembre 1943. Tornato a Firenze, vi risiede ancora il 17 novembre 1945, quando la Prefettura del capoluogo toscano scrive al Ministero dell’Interno che le sue “condizioni sono misere” e che “vive col ricavato del lavoro”. S’ignorano data e luogo di morte. (F. Bucci – C. Gregori – M. Lenzerini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Confino Politico, f. personali, ad nomen; ivi, H2, b.27; Da Tunisi, «Il Risveglio anarchico», 18 giu. 1938.
 
Bibliografia: Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad indicem.
 
Carlo Gambuzzi (Napoli, 26 agosto 1837 – Napoli, 30 aprile 1902) è stato un anarchico italiano avviato da Bakunin all'Internazionalismo. 

Biografia

Carlo Gambuzzi nasce a Napoli il 26 agosto 1837 da Pasquale (avvo­cato) e Maria Carolina Landolfi. Fa le prime esperienze tra i liberali che preparano l'impresa di Sapri e in gior­nali clandestini come «Il Piccolo Corriere», che gli costa tre mesi di carcere. Nel 1861 guida il Comitato Elettorale che oppone i repubblicani al pro­gramma ca­vouriano. Segretario del Comitato di Provvedi­mento per Roma e Venezia e re­dattore de «Il Popolo d'Italia», nel 1862 dirige il Tiro Nazionale, che ad­de­stra i giovani alle armi, ed è a capo del gruppo insurrezionale “Roma o Morte”. Garibaldino ad Aspromonte, guida poi il Comi­tato Unitario Centrale, che intende armare i ribelli in Veneto e Trentino.

Iscritto alla Massoneria, nel 1864 partecipa all'XI congresso delle So­cietà Affratel­late e a giu­gno del 1865 incontra Bakunin, che si è stabilito a Napoli. Diversi per espe­rienza e cultura, ma uniti dal comune sentire ri­vo­luziona­rio e da un patrimonio ideale che fanno di Gambuzzi un allievo attento alla le­zione dell'esule russo, i due diventano amici, anche se Gambuzzi, educato ai principi di Mazzini e Catta­neo e giunto a Proudhon mediante Pisacane, sogna l'unità na­zionale e segue Garibaldi nella guerra con l'Austria. È Bakunin ad avviarlo all'internazionalismo anar­chico assieme ai mili­tanti che nel 1867 fondano il circolo “Li­bertà e giu­sti­zia”, di cui Gambuzzi è segretario. Responsabile della società operaia “Amore e soccorso”, nel 1867 collabora col periodico «Li­bertà e giustizia» e parte­cipa a Gine­vra al Primo Congresso della Lega per la Pace e la Libertà, di cui è dirigente, sostenendo la necessità di abbat­tere «le chiese uffi­ciali e sala­riate, e lo Stato con la plutocrazia». Il pas­sag­gio dalla “rivoluzione nazio­nale” all'internazionalismo non è tuttavia con­cluso e, quando Garibaldi punta su Roma, Gambuzzi esita. Sa che, per riuscire, un moto per Roma deve es­sere moto so­ciale: il popolo è affamato e nauseato dalla politica. L'intervento della Francia però gli fa sperare che l'impresa, nata con scopi “unitari”, evolva in senso anti-­francese e risvegli l'istinto ri­voluzionario delle masse. Senza badare al contrasto tra il suo nascente internazionalismo e un'azione volta a com­pletare l'edificio dello Stato, Gambuzzi segue così Garibaldi contro il parere di Bakunin. Mentana però non consente più dubbi: la “rivoluzione nazionale” è estranea alla questione so­ciale. Nel febbraio 1868 Gambuzzi ormai insiste sulle penose condizioni de­gli ope­rai e invita i giovani a volgersi al socialismo. Il 21 settembre, a Berna, al II congresso della Lega per la Pace e la Libertà, sostiene la necessità della ri­volu­zione so­ciale e le tesi sui rapporti di classe presentate da Bakunin e, quando l'esule russo rompe con la Lega e fonda l'Alleanza per la Democrazia So­ciali­sta, Gambuzzi lo segue, en­trando nel Comitato Centrale dell'organizzazione; quando poi torna a Napoli con le di­sposi­zioni di Bakunin per i compagni, Gambuzzi collabora con «L'Egalité», ha stretti le­gami con i socialisti europei ed è all'avanguardia tra i militanti della sinistra extraparla­mentare. Non a caso un con­fi­dente lo descrive come «gio­vane d'ingegno svegliatissimo, solerte e instancabile», che ha «estese relazioni», note­vole in­fluenza sui soci del cir­colo “Libertà e giustizia” e che potrebbe di­ventare «un rivoluzionario perni­cioso all'ordine pub­blico». Un giudizio confermato da Bakunin, che lo reputa diri­gente fidato, che sa promuovere «l'organizzazione e i programmi dell'Alleanza per la democra­zia socialista». A gennaio del 1869 la sezione internazionalista napoletana, che ha in Gambuzzi un punto di riferimento e con i suoi tremila iscritti è il maggior centro dell'internazionalismo in Italia, inizia l'attività pubblica. Re­dattore de «L'Eguaglianza», il giornale della sezione napole­tana che si occupa esclusivamente degli interessi dei lavoratori, presidente della Sezione Cen­trale della Lega Ita­liana dell'Internazionale, Gambuzzi ha ormai un ruolo di primo piano ed è strettamente vigilato da confi­denti che in­viano rapporti quotidiani al questore. Per nulla in­timidito, par­tecipa all'Anticoncilio, che inizia a Napoli il 9 dicembre ed il 10 è sciolto dalla polizia, e spinge la sezione dell'Internazionale a ri­spon­dere con lo sciopero al li­cenzia­mento di alcuni conciatori. È l'occasione attesa dal prefetto: Gambuzzi, ispi­ratore dello sciopero, è arrestato con alcuni operai, men­tre la se­zione dell'Internazionale è sciolta. Scarcerato, de­nuncia alla stampa l'arbitraria procedura seguita dalla questura, cerca di estendere l'influenza di Bakunin nel Paese e riesce a tenere in vita la se­zione dell'Internazionale, della quale è presidente. Nella primavera del 1871 incontra Bakunin a Firenze e, dopo la Comune, collabora con Cafiero, inviato a Napoli da En­gels, costituendo con Fa­nelli, Palladino e Dramis un Comitato Sociali­sta, che at­tacca i mazziniani “ingannatori del po­polo” e tenta di conquistare all'anarchismo i repub­blicani de­lusi. Presto la sezione napoletana inten­sifica la propa­ganda, organiz­za corsi di formazione politica per i soci ed istituisce una scuola per i loro figli. Ai primi di agosto Gambuzzi, ritenuto ormai “peri­coloso”, incontra Bakunin a Lo­carno e riceve disposizioni per il lavoro da svol­gere in Ita­lia. È appena tornato, quando il 20 agosto la sezione dell'Internazionale è sciolta.

A gen­naio del 1872 Gambuzzi costituisce con Malatesta, Cafiero e Palla­dino la Federa­zione Operaia Napole­tana, che pub­blica «La Campana», di cui è redattore. Di lì a poco acquista banchi e sedie per dotare la Fede­razione di una scuola per i figli degli iscritti, dà un forte impulso all'organizzazione, che conta un migliaio di soci, poi parte per Londra, dove incontra nu­merosi inter­na­zionalisti. Tornato a Napoli a gennaio del 1873, tenta di promuovere la na­scita di nuove sezioni dell'Internazionale, poi il suo impegno si fa discontinuo. Ai primi del 1877 guida con Tommaso Schettino uno dei gruppi in cui si è divisa a Napoli l'Internazionale e a no­vembre, per impedire l'unione di repubbli­cani e internazionalisti proposta da Bovio, stampa un ironico mani­fe­sto clande­stino e abban­do­na «La Spira», un foglio che ha inizialmente finanziato. Nel giugno 1879, per favorire la nascita di co­operative di pro­duzione basate sulla ri­partizione integrale del pro­dotto del lavoro, fonda un'Associazione Eman­cipatrice dei Lavoratori che suscita forti critiche tra gli anarchici di ogni scuola. Ai primi del 1880, tenta di radunare bande armate destinate ad ac­cendere la rivolta in Puglia, poi, per sanare i dissensi che lacerano il movimento, forma un Co­mitato segreto di Corrispondenza con Merlino e Giusti­niani ed entra nella commis­sione dirigente del Cir­colo di Studi So­ciali, in cui confluiscono i gruppi anarchici napoletani. A maggio è a Milano con Merlino per difendere le idee degli anar­chici intransigenti in un congresso convocato dai “legalitari” Gnocchi, Viani e Bignami, ma le adesioni sono scarse e i promotori, temendo il confronto, spostano il convegno a otto­bre. Nell'autunno del 1882 si pronun­cia per il suffragio universale e si can­dida, rompendo con l'astensionismo di Merlino, che intende uti­lizzare le elezioni ai fini esclusivi della propa­ganda. Sposata la ve­dova di Bakunin, Antonia Kwiato­wska, si allontana dalla politica. Nel 1898 si ricordano di lui gli anarchici de «La Li­bertà», per un articolo sulle origini del movimento operaio italiano. Muore a Napoli il 30 aprile 1902.

Bibliografia

Scritti di Gambuzzi

  • Sulla tomba di Giuseppe Fanelli, parole di Carlo Gambuzzi, Napoli, 6 gen. 1877

Scritti su Gambuzzi

  • In memoria di Carlo Gambuzzi nel trigesimo della morte, Napoli, numero unico, 30 mag. 1902
  • M. Nettlau, Errico Malatesta. Vita e pensiero, New York 1922, pp. 39-40
  • N. Rosselli, Mazzini e Bakunin, Torino 1927
  • M. Nettlau, Bakunin e l'Internazionale in Italia dal 1864 al 1872, Ginevra 1928
  • P. C. Masini, M. Bakunin, Scritti napoletani (1865-1867), Bergamo 1963, p. 104 sgg.
  • C. del Bo, La corrispondenza di Marx ed Engels, Milano 1964
  • A. Romano, Storia del movimento socialista in Italia, Bari 1966
  • P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969
  • G. D. H. Cole, Storia del pensiero socialista, Marxismo e Anarchismo, 1850-1890, Bari 1972, p. 205
  • A. Scirocco, Democrazia e socia­lismo a Napoli dopo l'Unità (1861-1878), Napoli 1973
  • F. Della Peruta, Democrazia e socialismo nel Risorgimento, Roma 1973, p. 424
  • N. Dell'Erba, Le origini del socialismo a Napoli (1870-1892), Milano 1979, pp. 8, 13, 23, 25, 40
  • M. Toda, Errico Malatesta. Da Mazzini a Bakunin, Napoli 1988
  • G. Berti, Francesco Sa­verio Merlino. Dall'anarchismo socialista al socialismo liberali (1856-1930), Mi­lano 1993
  • F. Della Peruta, La “banda del Matese”, in Movimenti sociali e lotte politiche nell'Italia liberale. Il moto anarchico del Matese, a cura di L. Parente, Milano 2001, p. 22
 
 

GARAVINI, Nello   
 Nasce a Castel Bolognese (RA) il 28 gennaio 1899, da Pietro e Rosina Gamberini, commerciante. Frequenta le elementari e i primi anni di una scuola tecnica, ma poi interrompe gli studi. Appartiene a una famiglia di noti anarchici castellani della prima generazione. Il padre Pietro, oltre a essere un militante con una certa influenza in ambito locale, gestisce un’osteria che per molti anni, in mancanza di una vera sede politica, è il luogo di ritrovo dei libertari castellani.  Crescendo nell’ambiente dell’osteria del padre, a contatto con le continue discussioni politiche che vi si tengono, G. aderisce all’anarchismo in giovanissima età. Assiste anche a conferenze di oratori anarchici di passaggio, tra cui E. Malatesta che lo influenza in modo decisivo. Legge in modo appassionato testi sociali e politici (libri, riviste, giornali) formandosi da autodidatta una discreta cultura in questi ambiti. Conosce Augusto Masetti, trasferito nel manicomio di Imola, e ne diviene amico. Nel giugno 1914 è testimone degli avvenimenti della Settimana rossa, nel corso della quale a Castel Bolognese una folla di dimostranti assale e distrugge la Stazione ferroviaria. L’inizio dell’impegno politico attivo, per lui come per molti altri giovani libertari della sua generazione, si ha con lo scoppio della Prima Guerra mondiale. Nonostante la giovanissima età è uno dei più attivi e decisi oppositori dell’intervento, e prosegue la sua lotta antimilitarista e internazionalista anche dopo l’ingresso dell’Italia nel conflitto, con notevoli rischi personali. Nel 1916, insieme a un gruppo di giovani anarchici suoi coetanei (tra cui Giovanni Caglia, Pietro Costa, Bindo Lama, Aurelio Lolli, Giuseppe Santandrea, il bolognese Giovanni Picciuti e altri), fonda il Gruppo anarchico giovanile e la Biblioteca Libertaria di Castel Bolognese, che nell’immediato dopoguerra trovano una sede nei locali dell’appena costituito Circolo Anarchico in Borgo Carducci. Tra i simpatizzanti che ruotano attorno al gruppo e che occasionalmente collaborano vi è anche il fratello maggiore di G., Simone detto “Cino” (che trascorrerà un anno di confino a Rossano Calabro (CS) come antifascista tra il giugno 1939 e il luglio 1940). G. emerge rapidamente come l’animatore e l’esponente di maggior rilievo tra i giovani anarchici castellani della generazione nata negli anni a cavallo del secolo. Organizza contestazioni di manifestazioni interventistiche e patriottiche, diffonde clandestinamente nelle tradotte militari stampati sovversivi che incitano alla diserzione, e soprattutto fornisce un prezioso aiuto al movimento dei disertori, diffuso in molte zone dell’Emilia-Romagna e particolarmente numeroso e attivo nelle vicine campagne imolesi. Riceve incarichi di responsabilità dal leader dei disertori imolesi Diego Domenico Guadagnini (“Romagnolo Ribelle”), e fraternizza con altri disertori anarchici, in particolare Tommaso Baroncini (“Chetone”) e Romeo Golinelli (“Ferruccio”). Collabora inoltre con i disertori anarchici castellani: Antonio Pattuelli (“Franco”), Domenico Pattuelli (“Fringuel”), Ernesto Grazioli (“Ristino”) e altri. Prende parte ad alcuni Convegni anarchici emiliano-romagnoli organizzati dai disertori, e vi conosce Giuseppe Sartini, Primo Bassi e il faentino Vincenzo Castellari. Nel dopoguerra si impegna a fondo nelle agitazioni del Biennio rosso, svolgendo un’attività frenetica sia sul piano pubblico che nella preparazione rivoluzionaria clandestina. Grazie al relativo benessere economico della famiglia può disporre di molto tempo libero che utilizza per mantenere i contatti con gli anarchici di altre località, in particolare Imola dove si reca molto spesso e dove rafforza i legami stabiliti durante la guerra. Il “Cenno biografico al giorno 26 febbraio 1919”, afferma che G. “è il capo dei giovani anarchici di Castel Bolognese ed esercita su costoro grande influenza. Ciò lo addimostra il sopra nome di Lenin che il partito anarchico locale gli ha attribuito”. Si aggiunge che “ha qualche influenza anche fuori” del paese e che “fa molta e proficua propaganda tra elementi giovanili, di qualsiasi ceto sociale”. Di tendenza organizzatrice malatestiana, è in relazione con esponenti del movimento di rilievo nazionale, come L. Fabbri, presso il quale conosce Aldo Venturini dando vita a un rapporto d’amicizia che durerà tutta la vita, e il concittadino A. Borghi, all’epoca segretario nazionale dell’USI. Prende parte molto attiva nei moti popolari contro il carovita che si verificano a Castel Bolognese il 2 e 3 luglio 1919, come in numerose altre località italiane. Pochi giorni dopo convoca in casa sua parecchi birocciai e li convince a iscriversi all’USI, fondando in questo modo anche a Castel Bolognese una sezione di tale sindacato, che opererà come sede distaccata dell’USI di Imola raccogliendo le adesioni anche di tutti i facchini e di molti lavoratori della terra (segretario ne sarà l’imolese Giovanni Penazzi). Va segnalato tuttavia che questo interesse per le questioni sindacali rappresenta un episodio del tutto marginale nell’attività politica di G., che condivide interamente anche in questo campo le opinioni di Malatesta e preferisce dedicare le proprie energie al movimento anarchico specifico. Si occupa segretamente della “preparazione materiale” rivoluzionaria, procurando armi ai compagni castellani e di altre località, con viaggi a Brescia e nel Valdarno. Rappresenta il Gruppo anarchico giovanile di Castel Bolognese ai numerosi Convegni romagnoli ed emiliano-romagnoli del periodo (tra gli altri: Cesena, 7 set. 1919; Bologna, 14 set. 1919). Partecipa al II Congresso nazionale dell’UAI (Bologna, 1-4 lug. 1920), insieme a Arnaldo Cavallazzi, e al successivo III Congresso (Ancona, 1-4 nov. 1921). Nel 1921 conosce Emma Neri, una giovane maestra elementare nata a Cesena da una famiglia di tradizioni socialiste, che ben presto diviene la sua inseparabile compagna nella vita e negli ideali. È tra i più decisi oppositori dello squadrismo fascista, esponendosi più volte in scontri a mano armata a Castel Bolognese e a Imola, e per due volte è aggredito da squadristi in gruppo e duramente picchiato. Dal gennaio 1922 per circa un anno svolge il servizio militare, presso il 18° Reggimento di artiglieria a L’Aquila. Il 4 giugno 1923 si sposa con Emma Neri con rito civile. Nel 1924, dopo il delitto Matteotti, si trasferisce a Milano per sottrarsi meglio alla sorveglianza e alle persecuzioni. Qui apre un’azienda di vini e il 19 ottobre 1924 nasce Giordana, l’unica figlia. Per due anni, insieme alla moglie, frequenta l’ambiente dei libertari milanesi, e stringe un’intima amicizia in particolare con Carlo Molaschi e con la sua compagna Maria Rossi. Conosce Angelo Damonti, Mario Mantovani, Fioravante Meniconi, Leda Rafanelli, Ettore Molinari, Nella Giacomelli, Giuseppe Monanni, Umberto Mincigrucci e altri. Frequenta inoltre alcuni anarchici romagnoli che come lui sono stati costretti ad allontanarsi dai luoghi di origine per le persecuzioni politiche, in particolare Diego D. Guadagnini e la sua compagna Ermenegilda Villa, e i castellani Pietro Costa e Bindo Lama. Nel 1926, poco prima che entrino in vigore le nuove leggi che rendono più difficili gli espatri e permettono di mandare al confino gli oppositori del fascismo, emigra in Brasile con la moglie e la figlia. Si stabilisce a Rio de Janeiro dove può contare, almeno inizialmente, sull’appoggio dello zio Antonio. Inizia un esilio che durerà più di venti anni e che perlomeno nei primi tempi sarà caratterizzato da difficoltà economiche e da disagi di vario genere. Nei primi anni G. trova impiego come fattorino e poi cameriere presso l’Hotel Gloria, uno dei migliori alberghi di Rio. La moglie perde dopo pochi anni il posto d’insegnante alla scuola gestita dalla Società Dante Alighieri, a causa del suo antifascismo. Nonostante i pericoli – il Brasile in quegli anni è quasi ininterrottamente governato da feroci dittature – i Garavini continuano pur con certe cautele la loro attività politica, rivolta soprattutto alla lotta contro il fascismo italiano. Frequentano gli ambienti antifascisti, conoscono anarchici di tutto il mondo e mantengono i contatti con alcuni compagni italiani esuli in altri Paesi. Partecipano alle attività della Liga Anticlerical, fondata da José Oiticica, esponente di rilievo dell’anarchismo brasiliano. Un’amicizia particolarmente stretta, di cui resta testimonianza in un carteggio, lega G. a L. Fabbri fino alla sua morte a Montevideo nel 1935, e a sua figlia Luce. Un’altra amicizia profonda è quella con Libero Battistelli, avvocato bolognese repubblicano aderente a GL, e con sua moglie Enrichetta, esuli anch’essi in Brasile (Battistelli morirà combattendo nel 1937 sul fronte di Huesca in Spagna, dove era accorso dopo l’inizio della Guerra civile). G. è inoltre in corrispondenza con Malatesta e, dopo la sua morte, con Elena Melli. Dal 1933 al 1942 i Garavini gestiscono in una zona centrale di Rio una libreria (la Minha Livraria) che diventa un luogo di ritrovo e d’incontri informali per i militanti e i simpatizzanti delle varie tendenze della sinistra, sia brasiliani che immigrati. G. avvia anche un’attività come rappresentante di una ditta d’inchiostri, e gradatamente raggiunge una certa stabilità economica. Per qualche tempo alla libreria affianca anche una piccola attività editoriale, con la pubblicazione di libri di cultura politica, sociale e letteraria. Per le edizioni Minha Livraria pubblica in lingua portoghese Comunismo libertario di Malatesta (si tratta del classico opuscolo L’Anarchia, con il titolo modificato), e una decina di opere di vari altri autori tra i quali M. Gorki, O. Wilde, E. Haeckel, U. Sinclair, F. Nietzsche, R. Rolland. Nei primi mesi del 1946 invita e ospita a Rio per alcune settimane Luce Fabbri, ma durante una visita nella selva a una piccola fazenda di sua proprietà entrambi si ammalano di malaria e si teme seriamente per la loro vita. Il viaggio in Brasile rafforza, in ogni caso, i legami tra Luce e la famiglia Garavini. Nel 1947 i Garavini rientrano definitivamente in Italia, a Castel Bolognese. Riallacciano i rapporti con i vecchi compagni sopravvissuti e riprendono la loro attività all’interno del gruppo anarchico locale, ricostituito subito dopo la fine della guerra. Per almeno trent’anni rappresentano un sicuro punto di riferimento per i libertari castellani e romagnoli. Aderiscono subito alla fai, a cui resteranno poi sempre legati, e partecipano a numerosi Congressi e Convegni della Federazione fino agli anni Settanta. Prendono parte anche al Congresso organizzato dalla CRIFA a Carrara nell’estate del 1968, al Convegno di Rimini del 1972 per il centenario di fondazione dell’Internazionale in Italia, al Convegno di studi su Bakunin a Venezia nel 1976. Con la rinascita libertaria seguita agli avvenimenti del 1968 la loro casa diviene luogo di incontro e di discussione per decine di giovani, alcuni dei quali riceveranno dalla loro frequen-tazione un’impronta fondamentale per la propria formazione umana, culturale e politica. Nel 1973, grazie soprattutto all’impulso di G. e alla disponibilità di Aurelio Lolli, viene aperta la Casa A. Borghi come sede politica per i  gruppi anarchici castellani, e negli stessi locali viene riattivata la Biblioteca Libertaria. Negli stessi anni G. porta a termine un’opera autobiografica, rimasta inedita, che intitola Testimonianze. Il 2 febbraio 1978 muore Emma, dopo una malattia protrattasi per alcuni mesi. La scomparsa della compagna della sua vita prostra G., che si rinchiude sempre più in se stesso, anche per il peggioramento delle condizioni generali di salute. Muore a Castel Bolognese il 14 febbraio 1985. (G. Landi)

Fonti
    Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Biblioteca Libertaria A. Borghi, Fondo Nello Garavini; ivi, N. Garavini, Testimonianze; ivi, Fondo Anarchici Castellani; G. Landi, Nello Garavini: un uomo, «Il Castello» (Castel Bolognese), mar. 1985; Nello Garavini, «Umanità nova», 17 mar. 1985.
     
    Bibliografia: [G. Landi], Biografia di Emma, «La Questione Sociale», Forlì, mar. 1978; A. Taracchini, L’associazionismo anarchico a Castelbolognese, in Associazioni e personaggi nella storia di Castelbolognese, Imola 1980; Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945). Mostra storico-documentaria, Castel Bolognese 6-17 giugno 1984, Castel Bolognese 1984; Castelbolognese nelle immagini del passato, Imola 1983; L. Fabbri, Luigi Fabbri. Storia d’un uomo libero, Pisa 1996; G. Landi, Emma Neri Garavini, «Bollettino Archivio G. Pinelli», gen. 1999; M. Rago, Entre a história e a liberdade. Luce Fabbri e o anarquismo contemporâneo, Sâo Paulo 2001.




 
GARBELLINI, Antonio detto Raisa
Nasce a Don Cavegos (Brasile) il 12 giugno 1899 da padre ignoto e Cherubina Garbellini. Secondo un cenno biografico della questura di Rovigo, relativo agli anni fino al 1928 è stato “Uno dei più violenti sovversivi del periodo bolscevico, organizzatore di rappresaglie contro i fascisti e con i suoi modi violenti ha seminato il terrore fra gli abitanti della frazione di Garofolo. Fu guardia rossa e portava, come distintivo, una fascia rossa al braccio. Emigrato in Francia nel 1922 visto che il suo partito veniva sopraffatto da quello fascista. È pericoloso per l’ordine nazionale” ed è per questo che viene chiesta l’iscrizione nella “Rubrica di frontiera”. Nel 1929 l’ambasciata italiana a Parigi comunica che vive nella capitale francese, lavorando come muratore-cementista. Frequenta sempre riunioni di comunisti ed è un fervente antifascista. Nell’agosto 1930 viene espulso dalla Francia, riparando in Belgio. La prefettura rodigina esprime parere negativo alla concessione del passaporto come richiesto dal Consolato d’Italia a Liegi. Nella breve permanenza nel bacino industriale belga, si sarebbe fatto notare per “l’attività sovversiva e il continuo incitamento dei compagni all’odio di classe”. Nel settembre 1932 viene arrestato a Parigi per infrazione al decreto di espulsione e condannato a due mesi di reclusione. Nel novembre 1935 l’ambasciata italiana a Parigi comunica che secondo “fonte fiduciaria” sarebbe complice dell’anarchico Raniero Cecili nella fabbricazione e nello spaccio di monete false. Cecili viene condannato a sette anni di reclusione dalla Corte d’Assise della Senna, Garbellini si è nel frattempo reso latitante. Ricercato dalla polizia parigina emigra clandestinamente in Spagna a Barcellona dove è in contatto con gli anarchici locali. Una “fonte fiduciaria” riferisce che si sarebbe arruolato nelle milizie rosse spagnole e che (giugno 1939) sarebbe riuscito a fuggire alle autorità spagnole facendosi credere cittadino francese, facendo ritorno a Tolosa. Le ricerche della polizia italiana continuano, senza risultato, fino al 1943. S'ignorano luogo e data di morte. (V. Zaghi)

Fonti

Fonti: Archivio di Stato Rovigo, Questura, Casellario Politico, b.13B, ad nomen.
Italo Garinei (Pisa, 18 dicembre 1886 - Treviso, 6 novembre 1970), è stato un anarchico e sindacalista italiano. Il suo nome è legato al suo impegno durante le occupazioni delle fabbriche (1920) e alla militanza nel secondo dopoguerra nella Federazione Anarchica Pisana. 

Biografia

Italo Garinei nasce a Pisa nel 1886. Da giovane, e sino al 1915, si avvicina alle correnti libertarie del marxismo e al sindacalismo rivoluzionario, militando nella Federazione Giovanile Socialista. Durante questo periodo, a partire dal 1906, collabora con la stampa socialista-rivoluzionaria: «Sempre Avanti», «La guerra sociale», «L'internazionale», «La bandiera proletaria» e «Il Martello».

Nel periodo antecedente alla Prima guerra mondiale è attivissimo nel movimento antimilitarista e nell'ala classista e intransigente del PSI (in opposizione all'ala riformista). Quando, per motivi di studio, si trasferisce a Torino, vi trova un attivo movimento anarchico locale che influenzerà le sue scelte politiche definitive. In Piemonte prosegue la sua attività giornalistica, si laurea nel 1916 e poi è chiamato a partire per la guerra. Alla fine del terribile conflitto mondiale aderisce al Gruppo Giovanile Sindacalista Anarchico, divenendone un importante militante e partecipando a diverse iniziative.

Durante il biennio rosso si fa portavoce del movimento consiliarista, divenendo un elemento di raccordo tra il gruppo degli anarchici consiliaristi (Maurizio Garino, Pietro Ferrero ecc.) e quello di Ordine Nuovo di Antonio Gramsci.

Il 24 ottobre 1920 viene arrestato a Padova, insieme a Giovanni Diodà (delegato del gruppo anarchico di Padova), mentre partecipa ad un convegno organizzato dagli anarchici veneti. Durante gli anni bui del fascismo la sua attività è molto limitata per via dei rigidi controlli cui è sottoposto, soprattutto perché è sospettato di avere contatti con gli antifascisti esteri. Nonostante le difficoltà, nel 1944 a Torino pubblica con Fioravanti Meniconi e Dante Armanetti alcuni numeri clandestini del giornale «Era nuova» .

Alla fine della guerra, Garinei ricomincia a collaborare con la stampa libertaria, dal 1951 al 1968 pubblica insieme a Dante Armanetti «Seme anarchico», un mensile anarchico. A metà degli "anni 60" ritorna in Toscana, proprio nel periodo in cui, dopo il congresso della Federazione Anarchica Italiana del novembre 1965, la Federazione Anarchica Pisana diviene una delle principali organizzazioni che si oppongono ad una nuova “strutturazione” nazionale considerata eccessivamente accentratrice e burocratica: con Aurelio Chessa, Pio Turroni, gli anarchici toscani ed altri compagni promuove la costituzione dei GIA (Gruppi di Iniziativa Anarchica) che avviene a Pisa durante il convegno del 19 dicembre 1965.

Proprio a Garinei si devono la pubblicazione di alcuni numeri unici di polemica politica dal titolo «Iniziativa anarchica» e, nella primavera del 1966, la ripresa delle pubblicazioni del «Seme anarchico», interrotte per un breve periodo. A Pisa, Garinei è per lungo tempo uno dei principali motori dell'anarchismo toscano, insieme tra gli altri a Renzo Vanni. Muore a Treviso il 6 novembre 1970.

 


​GARINO, Antonio
Nasce a Cassine (AL) l’11 maggio 1901 da Michele e Nicoletta Chiglioni, fratello del più noto Maurizio, tornitore; comunemente chiamato “Nino”. Partecipa giovanissimo ai moti del 1917 contro la guerra e viene condannato dal Tribunale militare a cinque anni di reclusione per “attacco e resistenza a forza armata”; è amnistiato nel 1919. Stabilitosi a Torino, vive intensamente le lotte operaie del Biennio rosso. Dopo l’ascesa al potere del fascismo sembra allontanarsi dalla politica attiva, ma nel 1937 è arrestato assieme ai fratelli Ilio e Giuseppe Baroni, Eugenio Botto e Mario Neggia, è condannato per attività antifascista e propaganda anarchica a quattro anni di confino (San Buono). È uno dei redattori di «Era Nuova» clandestina e partecipa alla resistenza nella X Brigata sap “A. Gramsci”. Nel dopoguerra è nella lista dei rappresentanti libertari per la commissione interna alla samma e militante della Federazione Anarchica Piemontese. Muore nel 1958. (T. Imperato)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Confino Politico, ad nomen; [Necrologio], «Umanità nova», 11 mag., 1958.
 
Bibliografia: A. Dal Pont, S. Carolini, L’Italia al confino, Milano 1983, ad indicem; T. Imperato, Anarchici a Torino: Dario Cagno e Ilio Baroni, «Rivista Storica dell’Anarchismo», lug.-dic. 1995; G. Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell’Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell’Italia del Novecento, Ragusa, 2002, ad indicem.

Maurizio Garino (Ploaghe, Sassari, 31 ottobre 1892 - Torino, aprile 1977) è stato un anarchico e un sindacalista protagonista durante gli eventi del biennio rosso. 

Biografia

Maurizio Garino, in Sardegna, a Ploaghe, in provincia di Sassari, il 31 ottobre 1892. Tre anni dopo in cerca di migliori condizioni economiche, la famiglia si trasferisce a Torino, l'anno seguente si trasferirà Cassine in provincia di Alessandria. Dopo le scuole elementari e una breve permanenza in un collegio religioso, Garino inizia a lavorare come apprendista falegname, diventando poi modellista meccanico. Ritornata la sua famiglia nel 1906 a Torino, nel 1908 Maurizio milita per due anni (1908-1910) nella gioventù socialista, prima di aderire all'anarchismo.

Il Circolo di Studi Sociali e l'attivismo anarchico-sindacale

Nel 1910 è tra i principali fondatori del Circolo di Studi Sociali della Barriera di Milano  che successivamente, in ricordo di Francisco Ferrer y Guardia (fucilato il 12-10-1909), assumerà la denominazione di Scuola Moderna "F. Ferrer". Garino diviene direttore della scuola (nel 1911 ne sarà segretario l'amico Pietro Ferrero), in cui operai, lavoratori e anarchici in genere, discutevano e affrontavano gli argomenti più disparati (filosofia, architettura, astronomia, scienze, biologia ecc.). Attivissimo in campo sindacale nell'ambito della minoranza anarchica della FIOM, è tra i primi ad indire uno sciopero nelle officine di Savigliano contro lo sfruttamento delle donne e dei soldati. Si oppone tenacemente alla firma della convenzione tra la FIOM e il Consorzio automobilistico torinese (gen. 1912) che, in cambio del «sabato inglese», abolisce le tolleranze e introduce la trattenuta sindacale obbligatoria. Per questo Garino aderisce al nuovo Sindacato Unico Metallurgico (SUM), fondato dai sindacalisti rivoluzionari, partecipando allo sciopero proclamato dallo stesso e risoltosi con una grave sconfitta dopo due mesi di lotta. Quest'esperienza negativa, causata dalla divisione sindacale, lo porta a farsi portavoce con Pietro Ferrero nell'ambito del Fascio Libertario Torinese della scelta unitaria a favore della FIOM, anche dopo la costituzione dell'USI (novembre 1912). Il suo attivismo politico e sindacale lo costringerà spesso a dover cambiare luogo di lavoro (Fonderie Subalpine, Acciaierie Fiat, Officine Savigliano ecc.). 

Si attiva ed è in prima fila durante gli eventi della settimana rossa (7-14 giugno 1914): arrestato per «violenza privata, minaccia e porto d'arma», è tuttavia prosciolto. Dichiarato abile per la guerra, nonostante fosse stato riformato alla visita di leva, ottiene l'esonero come «operaio specialista» e allo scoppio della guerra assume nette posizioni anti interventiste, partecipando nell'agosto 1917 alle dimostrazioni contro la guerra. Nel 1919 Garino è, come rappresentante degli anarchici torinesi, tra i fondatori dell'Unione Comunista Anarchica Italiana (Congresso di Firenze, 12 14 aprile), dove viene anche designato membro del Consiglio generale. 

Le occupazioni delle fabbriche

Protagonista di clamorosi scioperi (come quello contro la decisione unilaterale della FIAT di spostare l'orario di lavoro dall'ora solare a quella legale), lo si ricorda soprattutto per la sua partecipazione a tutti gli eventi che porteranno alle occupazioni e alla costituzione dei consigli di fabbrica del 1919-20: il 1° novembre l'assemblea della Sezione torinese della FIOM approva l'ordine del giorno "Boero-Garino" «a grande maggioranza» che porta alla «costituzione dei Consigli operai di fabbrica, mediante l'elezione dei Commissari di reparto». Si costituisce un nuovo consiglio direttivo, provvisorio, in cui Pietro Ferrero assume le funzioni di segretario, dopo che la carica era stata declinate dallo stesso Garino. Sempre con Ferrero, partecipa alla costituzione delle Commissione di studio sui consigli, spesso riunendosi presso i locali de «L'Ordine Nuovo», nuovo giornale comunista di Antonio Gramsci. Nasce così una collaborazione tra gli anarchici facenti capo a Ferrero e Garino e i comunisti de «L'Ordine Nuovo» , collaborazione che partorirà la nascita di un manifesto apparso ne «L'Ordine nuovo» del 27 marzo 1920.

Al Convegno straordinario della FIOM di Firenze (9 novembre-10 novembre 1919), Boero e Garino ottengono che i vertici federali permettano l'«esperimento dei Consigli di fabbrica» intesi come «la continuazione dell'opera delle Commissioni interne coordinata con quella dell'organizzazione». Nel dicembre dello stesso anno partecipa al Congresso straordinario della CdL di Torino e presenta una mozione a favore dei Consigli, ritenuti «ai fini dei principi comunisti-antiautoritari, organi assolutamente antistatali e possibili cellule della futura gestione della produzione agricola e industriale». Instancabile, porta avanti tenacemente la sua linea durante il Convegno nazionale della FIOM (Genova, maggio 1920) e al Congresso anarchico piemontese (giugno 1920), nonché anche al Congresso bolognese che sancisce la nascita dell'UAI (1°-4 luglio 1920). Nel settembre 1920 inizia l'occupazione delle fabbriche e Maurizio Garino è naturalmente in prima fila. Alla fine dell'esperienza, conclusasi negativamente per il tradimento dei sindacati riformisti, accusa i dirigenti nazionali sindacali di avere in qualche modo illuso «la massa operaia che non distingue se il movimento fosse sindacale o politico, aveva creduto che voi sareste andati fino in fondo, che voi l'avreste condotta al gran gesto rivoluzionario». 

In età avanzata, a chi gli chiederà cosa avesse significato per lui e per l'anarchismo quel biennio (1919-20), Garino risponderà:

«Siamo sempre stati considerati dei sognatori, degli utopisti; noi siamo certi di non esserlo, ed anche l'esperienza del biennio rosso conferma le nostre tesi: l'unica via rivoluzionaria aperta di fronte alla classe operaia è quella della rivoluzione libertaria, dell'autogestione».

Il fascismo e la resistenza

Nel 1921 entra a lavorare in una cooperativa, di cui poi diventerà dirigente, che verrà trasformata in seguito in società per azioni per evitare che fosse fascistizzata. Durante il ventennio fascista rimane a Torino, patendo continui arresti e persecuzioni (l'amico Pietro Ferrero fu ucciso selvaggiamente dai fascisti il 18 dicembre 1922). Dopo l'8 settembre 1943 prende parte attiva alla resistenza: è arrestato nell'ottobre 1944 e poi rilasciato grazie a uno scambio di prigionieri.

L'attività nel secondo dopoguerra

Finita la guerra, continua ancora a portare avanti il suo pensiero partecipando alla riorganizzazione del movimento anarchico libertario piemontese e ricostituendo la Scuola Moderna, che pur svolgendo una intensa attività culturale con l'organizzazione di diverse conferenze sui più svariati temi, non avrà più quel carattere formativo dei militanti che aveva avuto in passato. Dirigente dell'ANPPIA  sino alla fine, Garino muore a Torino nell'aprile del 1977.

Garino e Gramsci

Ambedue sardi, condividono insieme le esperienze delle occupazioni delle fabbriche; Gramsci esprime giudizi più che lusinghieri nei confronti degli anarchici  e di Garino soprattutto: «... poiché concepiamo il Consiglio di fabbrica come l'inizio storico di un processo che necessariamente deve condurre alla fondazione dello Stato operaio, l'atteggiamento del compagno Garino, libertario, sindacalista, era una riprova della profonda persuasione sempre nutrita che nel processo reale rivoluzionario tutta la classe operaia spontaneamente trova la sua unità pratica e teorica, che ogni operaio, in quanto sincero rivoluzionario, non può che essere portato a collaborare con tutta la classe allo svolgimento di un compito che è immanente nella società capitalistica è non è affatto un fine che viene proposto liberamente dalla coscienza e dalla volontà individuale».

Bibliografia

Scritti di Maurizio Garino

  • L'occupazione delle fabbriche nel 1920, «Era nuova», 1° apr. 1950;
  • L'incendio della Camera del Lavoro di Torino (1922), in Dall'antifascismo alla resistenza. Trenta anni di storia italiana, Torino 1961.

Scritti su Maurizio Garino

  • Pier Carlo Masini, Anarchici e comunisti nel movimento dei Consigli a Torino, Torino 1951;
  • G. Lattarulo – R. Ambrosoli, I consigli operai. Un'intervista con il compagno Maurizio Garino, «A», apr. 1971;
  • M. Antonioli, B. Bezza, La Fiom dalle origini al fascismo, 1901-1924, Bari 1978;
  • M. Revelli, Maurizio Garino: storia di un anarchico, «Mezzosecolo», n. 4, 1980/82.

 

GARUTI, Pietro

Nasce a Mantova il 15 aprile 1886 da Gaetano e Prima Molinari, muratore. A 18 anni viene condannato per “furto qualificato”, dopodiché espatria, facendo spola, per alcuni anni, tra Mantova e Svizzera e Germania. In questo ultimo stato riporta, nel 1908, una condanna per rapina. Rientrato in patria presta servizio militare in fanteria dal 1916 al 1919. Nel dopoguerra partecipa attivamente alle Giornate rosse di Mantova del 3-4-5 dicembre del ’19. Nella relazione sui fatti, la questura indica nel G. uno dei più risoluti e attivi nel dare l’assalto alle carceri. Al processo del 8 ottobre 1920, G. viene condannato, per procurata evasione, danneggiamento, lesioni, violenza privata, porto abusivo d’armi, alla pena di sette anni e tre mesi e a un’ammenda. Successivamente riesce a espatriare. Ottiene già un’espulsione dalla Germania nel 1921. Rientra in Italia per ripartire nel marzo 1926, dove si porta in Svizzera rimanendovi sette anni. Nel 1933 rientra quindi a Mantova ma, l’anno successivo, il 1934, si allontana espatriando clandestinamente in Svizzera. Nel 1936, da Parigi, si arruola nelle milizie spagnole, e precisamente nella Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb. È arrestato al rimpatrio, nel ’41, e condannato a due anni di confino, internato e successivamente liberato nel settembre del 1943. Muore a Mantova il 20 settembre del 1944. (G. Cattini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
Bibliografia: K1B45 lombardi e ticinesi per la libertà di Spagna, Milano 1976; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen; G.C. Cattini, Ricerche su alcune figure di antifascisti italiani nella Guerra Civile spagnola. Sovversivi ed esuli della provincia di Mantova, Tesi di laurea, Univ. di Bologna, aa.1997-98.
 
​GASLINI, Ettore Guido 
 
Nasce a Milano il 14 marzo 1868 da Carlo e Giuseppina Monti. Verniciatore, appartiene alla propria Lega di mestiere e frequenta assiduamente la Camera del lavoro, soprattutto le conferenze di Gnocchi Viani, Croce e Casati. Fa parte del gruppo di 63 anarchici sorpresi, nel novembre 1893, durante una riunione per ripubblicare «L’Amico del popolo». È in rapporti con Mauro Fraschini, Carlo Crivelli e P. Gori, col quale si incontra anche a Lugano, nell’ottobre 1894, quando emigra in cerca di lavoro. Ritornato a Milano sul finire dell’anno, “pur continuando a professare le teorie anarchiche, non dà luogo a speciali rimarchi”. Muore a Milano il 23 novembre 1935. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen 
 
GASPERI, Alberto
Nasce a Massa Marittima (GR) il 29 gennaio 1892 da Leopoldo e Petronilla Borghigiani, minatore, operaio metallurgico. Nel settembre 1905 comincia a spezzare il minerale di rame alle bocche dei pozzi, poi, seguendo l’esempio del fratello Giuseppe, aderisce al gruppo anarchico massetano, i cui esponenti più attivi e conosciuti sono Enrico Bianciardi, Adamo Severini e Ivemero Giani. Contrario alla guerra, è richiamato alle armi nel 1915 e incorporato in un reparto di fanteria, in cui rimane sino alla conclusione del conflitto. Tornato a Massa Marittima, si trasferisce a Genova, dopo la caduta della Maremma grossetana nelle mani degli squadristi, e viene assunto in uno stabilimento siderurgico. Anarchico “pericoloso nel campo dell’azione e della propaganda”, “da vigilarsi attentamente”, ed è incluso, nel 1931, nella terza categoria degli oppositori, quelli da arrestare in determinate circostanze, e dal 20 ottobre all’8 novembre 1932 è trattenuto in carcere come oppositore del regime. Nel 1933 è segnalato perché frequenta “individui di cattiva condotta” politica ed è uno dei 21 militanti libertari (sui 395 residenti nella provincia ligure) “capaci di attività anarchiche in atto” e nel 1935 perché continua a mostrarsi ostile al fascismo, evitando qualunque partecipazione alle manifestazioni dei patrioti e degli “schiavisti”. Il 28 ottobre viene fermato poco prima delle celebrazioni del xiii anniversario della marcia su Roma e il 21 agosto 1937 finisce di nuovo in carcere nelle ore che precedono l’arrivo di alcuni gerarchi a Genova. Il 15 settembre, la Prefettura del capoluogo ligure sottolinea che è individuo da vigilare attentamente per le sue radicate convinzioni libertarie e perché ha svolto in passato un’attiva propaganda fra i compagni di fede; al momento – viene precisato – fa il manovale nello stabilimento siderurgico Vittoria Ansaldo e abita a Genova Rivarolo. Il 3 maggio 1938, qualche giorno prima di una visita del duce in città, G. è arrestato e trattenuto in carcere fino al 17 maggio. Sorvegliato sino alla caduta del regime fascista, riprende, dopo la guerra, il suo posto nel movimento libertario e fa parte della Commissione interna dello stabilimento Ansaldo di Sampierdarena. La polizia della Repubblica italiana lo sorveglia, come faceva quella fascista, e la Prefettura di Genova si occupa ripetutamente di lui, segnalando il 2 settembre 1950 che fa l’operaio e ripetendo, nel 1954, che è ancora vigilato. Sempre legato al movimento anarchico, G. sostiene, al principio del ’60, «Umanità nova» di Roma e «Il Libertario» di Milano, inviando ai due giornali delle piccole somme, insieme al fratello Giuseppe. Muore a Massa Marittima il 6 settembre 1975. (F. Bucci)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio Comunale Massa Marittima, b. 844: Registro dei libretti che vengono spediti dall’Uffizio comunale ai fanciulli degli opifizi, delle cave o miniere

GASPERINI, Francesco
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Nasce a Castiglione dei Pepoli (bo) il 18 settembre 1900 da Luigi e Elisabetta Marchettini, bracciante. Militante anarchico, viene condannato a due mesi di carcere dal Tribunale militare di Fi-renze, il 15 novembre 1917, per “diserzione dal lavoro”, poi, verso la fine del 1921, è denunciato per un omicidio e due mancati omicidi, dopo uno scontro a fuoco con alcuni fascisti, che ha avuto luogo a Baragazza il 29 agosto dello stesso anno. Per sfuggire all’arresto, emigra clandestinamente, ma, il 3 marzo 1923, viene condannato dai giudici di Bologna a 20 anni di reclusione in contumacia. Verso la fine del 1927 è in Belgio, quando l’uccisione, in ottobre, di un fascista italiano a Chokier provoca il suo arresto e quelli dell’anarchico Enrico Guadagnini e di altri antifascisti. Detenuto a Liegi, viene accanitamente difeso dagli esuli italiani che si oppongono alla sua estradizione in Italia deliberata dalla locale  Corte di appello. Annullata l’estradizione, perché i reati, per i quali G. è stato condannato dalla magistratura bolognese risultano di natura politica, G. viene rilasciato il 19 novembre 1929, dopo due anni di carcere, e portato alla frontiera del Lussemburgo. Fermatosi per qualche mese a Differdange, è segnalato, nell’estate del 1930, nella città francese di Drancy, dove viene ospitato dal fratello Guido fino all’estate del 1936, allorché parte per la Spagna e, a Barcellona, si arruola nella Sezione Italiana della Colonna “Ascaso” cnt-faib, combattendo successivamente a Monte Pelato, Tardienta, Almudévar e Carrascal de Huesca. Scioltasi la Sezione Italiana nell’aprile 1937, G. lascia la Spagna, dopo i sanguinosi fatti di Barcellona del maggio seguente e torna a Drancy, dove è ancora presente nel maggio 1939, quando il fratello Guido – alludendo trasparentemente a lui – chiede alla sorella Iole di informarsi sulle misure restrittive, che le autorità italiane intendono adottare a carico degli antifascisti, che hanno combattuto nelle file repubblicane spagnole. Rientrato in Italia dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, G. riprende il suo posto nel movimento anarchico e muore a Bologna, all’Ospedale di S. Orsola, il 20 febbraio 1980. (F. Bucci – S. Carolini ­– M. Lenzerini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Comitato anarchico italiano Pro Spagna, Parigi, «Il Risveglio», Ginevra, 10 lug. 1937; Lutti nostri. Francesco Gasperini, «L’Internazionale», apr. 1980.
 
Bibliografia: L. Arbizzani, Antifascisti emiliani e romagnoli in Spagna e nella Resistenza, Milano, 1980, ad nomen; Antifascisti nel casellario politico centrale, 18 voll., Roma 1988-1995, ad nomen; La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad indicem.
 
​GASPERINI, Maria Paola
Nasce a Poggiovalle di Borgocollofegato oggi Borgorose (RI) il 5 giugno 1866 da Silvino e Anna Antonia De Lorenzo, affittacamere. Trasferitasi a Roma, abbraccia le idee anarchiche e il 17 maggio 1908 prende parte a una festa campestre, organizzata dal Circolo giovanile repubblicano “Annita Garibaldi”. Il 4 ottobre 1909 la Prefettura romana annota che è compagna del militante libertario Alfredo Vincenzoni e che gode di cattiva fama nel pubblico: “Ascritta al partito anarchico, al quale ha anche precedentemente appartenuto”, fa propaganda delle teorie libertarie e tiene contegno sprezzante verso le autorità. Madre di quattro figli, viene condannata a 75 giorni di reclusione e 84 lire di multa dalla Pretura di Roma l’11 settembre 1906. Ancora vigilata, muore nella capitale il 6 dicembre 1919. (S. Carolini – G. Ciao Pointer)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
GATELLARO, Domenico
Nasce a Samo (Rc) il 18 giugno 1907 da Francesco e Filomena Marrapodi, contadino. Fratello dell’anarchico Salvatore, manifestò spesso da ragazzo idee libertarie. Nel 1925 è denunciato per complicità in omicidio volontario; ricercato dalla polizia per tale accusa, riusce a espatriare clandestinamente in Francia, da dove, nonostante fosse stato revocato il mandato di cattura, viene estradato l’8 maggio 1927 per essere tradotto a Reggio Calabria e rimpatriato con foglio di via obbligatorio nel proprio paese d’origine, dove viene successivamente arrestato per renitenza alla leva. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2308, f. 40230, cc. 11, 1927-1933 e 1936-1941.
GATELLARO, Salvatore
Nasce a Caraffa del Bianco (Rc) il 24 dicembre 1897 da Francesco e Filomena Marrapodi, contadino. Fratello dell’anarchico Domenico, nel 1919 comincia a svolgere propaganda delle proprie idee politiche. Prende parte a tutte le manifestazioni sovversive che si svolgono nel suo paese e in quelli limitrofi, alle quali partecipa sventolando sempre la bandiera rossa. Nel settembre 1921 emigra nell’America del Sud, facendo ritorno in paese nel giugno 1925. A circa un mese di distanza, nel luglio di quell’anno, viene accusato di omicidio qualificato, mancato omicidio e lesioni. Datosi alla latitanza, riesce a fuggire in Francia, dove vive per qualche tempo. Intanto, durante una perquisizione domiciliare eseguita nella sua abitazione nell’ottobre successivo, erano stati rinvenuti e sequestrati diversi opuscoli, giornali sovversivi e una fotografia che lo ritraeva con la rivoltella in pugno vicino alla scritta: «Viva l’anarchia. Nell’anarchia c’é la libertà». Arrestato a Nizza nel 1926 e tradotto nel carcere giudiziario di Gerace (Rc), viene prima ricoverato nel manicomio criminale di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) e poi, a seguito della sentenza emessa dalla Corte di Assise di Gerace il 24 ottobre 1929 che lo condanna a dodici anni di reclusione, trasferito nelle locali carceri giudiziarie e poi nelle case penali di Fossombrone (PU), Castidias (CA) e Padova, da dove viene dimesso per indulto il 20 gennaio 1933. Successivamente non dà luogo a rilievi di natura politica. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2308, f. 45314, cc. 57, 1926-1942.
 
GATTAI, Francesco
Nasce a Firenze il 22 agosto 1856 da Giovanni e Adelaide Bardi, elettricista e meccanico. Lavora a Firenze, Milano e La Spezia prima di lasciare l’Italia il 10 marzo 1891, insieme alla moglie, Argia Fagnoni e a cinque figli, per raggiungere la colonia “Cecilia” di G. Rossi a Palmeira (Stato di Paraná, in Brasile). Vi resta tre mesi, prima di stabilirsi a Curitiba; nel 1892 è ricercato dalla polizia locale per una sordida storia di furto nella quale è stato involontariamente implicato. Si stabilisce poi a San Paolo dove collabora a tutti i periodici anarchici in italiano, non in quanto redattore ma in quanto sottoscrittore e organizzatore di manifestazioni culturali per la propaganda anarchica: è per esempio il tesoriere di una commissione incaricata di organizzare feste campestre o serve d’intermediario per i compagni qui desiderano fotografie di P. Gori. G. appartiene anche al gruppo fondatore del periodico anarchico «Guerra sociale» nel settembre 1915 e al Comitato della Scuola Moderna di San Paolo. È sorvegliato dalla polizia come anarchico pericoloso a partire dal 1902 come partecipante a un presunto complotto di regicidi insieme a altre trenta persone. Viene interrogato dalla polizia di Genova e di Firenze in occasione di un suo viaggio in Italia nel 1902. Muore a San Paolo in data imprecisata. (I. Felici)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ASME, PI, b. 47; G. Damiani, Le colonie sperimentali. La colonia Cecilia di Giovanni Rossi, «Umanità nova», 8 feb. 1948.
 
Bibliografia: E. Rodriques, Os anarquistas. Trabalha-dores italianos no Brasil, São Paulo 1984, p. 165; . Z. Gattai, Anarquistas, graças a Deus, Rio de Janeiro 1979; I. Felici, Anarchistes italiens au Brésil. Le parcours emblématique de Francesco Gattai, «Dialoghi», n. 5, Rio de Janeiro, 2002.
 
​GATTI, Bruno
Nasce a Boston il 7 agosto 1894 da Bartolomeo e Corradina Galli, lustratore di marmi. Nel 1897 viene portato dai genitori a Carrara, dove frequenta le scuole elementari, prima di andare a lavorare nelle cave di marmo. Il 27 ottobre 1911 è condannato a due giorni di arresti per grida sediziose e il 17 febbraio 1912 è segnalato fra i componenti del Circolo giovanile anarchico “Germinal” di Carrara. Cinque giorni più tardi è schedato dalla Prefettura di Massa, che lo descrive “violento” e “turbolento”; è iscritto alla cdl di Carrara e alla Lega Unione Marmisti e prende parte – secondo quanto recita il “cenno biografico” – alle manifestazioni sovversive: entusiasta delle idee anarchiche, svolge un’attiva propaganda fra i compagni di fede e fa il portabandiera ai comizi e ai cortei. Tornato in USA il 15 maggio 1916, G. risiede a Boston nel 1929, quando i fascisti italiani lo iscrivono nella “Rubrica di frontiera” per le misure di perquisizione e segnalazione. Nel 1931 vive sempre a Boston, mostrando qualche simpatia per i principi socialisti, nel 1935 non fa mistero delle sue “idee avanzate”, anche se non svolge propaganda politica, nel 1939 è ancora contrario al regime fascista, pur non frequentando gli ambienti sovversivi, e nel 1942 continua ad abitare a Boston, dove fa lo scalpellino. S’ignorano data e luogo di morte. (C. Gregori – M. Lenzerini)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
GATTI, Ercole
Nasce a Carrara (MS) il 3 gennaio 1867 da Bernardo e Carolina Trivelli, lustratore di marmi. Dopo aver frequentato le elementari, va a lavorare nelle cave e si accosta alle idee mazziniane, aderendo, poi, al Circolo repubblicano educativo. Passato nelle file libertarie, fa parte del Club anarchico di Cafaggio e Carrara, riceve la “stampa del partito”ed è legato a Primo Di Ghio, Ezio Puntoni e altri compagni di fede. Sospettato di essersi fatto mandare un manifesto, a firma: “I socialisti anarchici lunigiani”, stampato per il secondo anniversario dei moti di Lunigiana, subisce, il 27 gennaio 1896, una perquisizione domiciliare, che porta al sequestro del giornale anticlericale «L’89», di Genova, del 10 aprile 1888, dell’opuscolo La dottrina anarchica e di una copia del periodico socialista «La Martinella», di Colle Val d’Elsa. Il 21 novembre 1896 è arrestato per “associazione a delinquere”, dopo lo scoppio, il 19, di una bomba a Carrara. Il 25 aprile 1897 vengono sequestrati nell’abitazione di Bernardo Gatti molti opuscoli e giornali sovversivi, appartenenti al figlio. Il 21 giugno 1900 G. è schedato dalla Prefettura di Massa, che ne segnala la cat-tiva fama e lo descrive come “individuo di carattere ardito e prepotente”. Nel 1911 G. è ritenuto pericoloso, perché membro del Circolo “Primo Maggio”, e perché milita “con ardore” nel movimento libertario ed esercita una notevole influenza sui compagni di fede. Nel 1912 è socio del Club anarchico di Carrara e nel 1913 è iscritto al Fascio anarchico. Nel 1915 professa ancora le idee libertarie ed è vigilato. Il 12 marzo 1919 si spegne nella città natale. (C. Gregori – A. Tozzi)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio di Stato Massa, Questura, Sovversivi deceduti, b. 53, f. 22, ad nomen.
 
GAVAZZI, Silvio

Nasce a San Giovanni Valdarno (AR) il 4 aprile 1875 da Federico e Maria Bacci. La sua è una tipica famiglia operaia valdarnese inurbata a seguito degli insediamenti industriali ottocenteschi. Fin da ragazzo svolge l’attività di lavorante in ferraglie. Influenzato dagli ambienti del primo internazionalismo, molto attivi in paese e nella zona, risulta già schedato come anarchico diffusore di opuscoli e giornali sovversivi prima dell’entrata in vigore delle leggi eccezionali crispine. Già dal 1892-’93 il movimento locale, per niente scalfito dalla nascita del nuovo partito dei lavoratori a Genova, raggiunge un buon numero di aderenti, mantenendo anche contatti epistolari con altri gruppi in Italia. Fra i giovani valdarnesi G. è considerato, insieme a Eligio Polverini, Annibale Forconi, Italo Papi e Adolfo Giampieri, come uno degli esponenti più in vista. “Il 21 maggio 1893 in San Giovanni turba, insieme ad altri anarchici, una processione religiosa facendo cadere le candele di mano ai fedeli”. Per l’anno successivo il Casellario Politico Centrale registra la sua partecipazione ad una pubblica manifestazione con grida sediziose inneggianti al Primo maggio e alla Comune di Parigi. L’eco dei fatti di Lunigiana e della Sicilia funge da detonatore sociale e politico anche in luoghi lontani dagli eventi. A San Giovanni Valdarno un nutrito corteo sfila per le vie del centro con “un fanale bandiera rosso nero” alla testa, inneggiando a De Felice e Molinari; per questo tredici persone, fra cui G., sono processate per direttissima e condannate. G. è anche accusato, ma poi sarà prosciolto, di complicità nell’attentato fallito al vice ispettore di PS. Con ordinanza 30 novembre 1894 della Commissione provinciale di Arezzo è condannato a due anni di domicilio coatto per aver perseguito finalità di sovversione degli ordinamenti sociali costituiti. Ottiene però la sospensione del provvedimento essendo detenuto per altra causa. Nel settembre 1905 promuove una conferenza con P. Gori a San Giovanni. Rappresenta gli anarchici nel Comitato cittadino anticlericale, organismo cui partecipano anche socialisti e repubblicani, fin dalla sua costituzione nel dicembre 1906. Partecipa attivamente a questo movimento, alle manifestazioni contro le processioni religiose, agli scontri di piazza con i clericali all’epoca della campagna pro-Ferrer; è anche denunziato per rissa e per le percosse inflitte a un sacerdote e a un frate. È tra i promotori del convegno anarchico della provincia di Arezzo che si tiene a San Giovanni nel-l’ottobre 1912 (principali punti all’odg: organizzazione politica ed organizzazione economica). In vista delle elezioni politiche del 1913, le prime a suffragio universale maschile, si pronuncia a fa-vore del voto socialista. Per questo viene espulso, insieme ad altri cinque militanti, dall’Unione Anarchica Valdarnese. Contestualmente pubblica su «Il Valdarno» – giornale di tendenza radicale e massonica vicino all’Associazione “Luzzatto” (Arturo Luzzatto è il padrone della Ferriera) – una lettera nella quale annuncia “di abbandonare il movimento anarchico per motivi di famiglia”. Da operaio diventa così usciere nella stessa fabbrica siderurgica sangiovannese. Interventista e fondatore del Fascio cittadino G. è allo stes-so tempo esponente dei luzzattiani, quest’ultimo movimento rimarrà in rapporto dialettico, e talvolta in contrasto, con il PNF salvo essere da questo riassorbito alla fine degli anni Venti. G. è comunque radiato dal Casellario Politico Centrale dei sovversivi nel 1923. S’ignorano data e luogo e di morte. (G. Sacchetti) 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Gabinetto Finzi, ordine pubblico (1922-1924), b.3; Archivio di Stato Arezzo, Processi Penali, 1911, n. 36, procedimento c/ Gambassi Alfredo ed altri; «L’Appennino», Arezzo, 15 lug. 1892, 8 apr. 1893, 12 mag. 1894, ago.-gen. 1895; «La Provincia di Arezzo, 1° ott. 1893, 12 mag. 1894; «L’Unità cattolica», gen.-feb. 1894, «Sorgiamo!», Arezzo, 15 dic. 1906; «Il LIbertario», La Spezia, 30 mag. 1907, 26 set. 1912, «L’Avvenire anarchico», Pisa, 11 ott. 1912, 29 nov. 1912, 3 apr. 1913, 18 set. 1913, 18 dic. 1913; «Il Valdarno», Montevarchi, 12 apr. 1913.

Bibliografia: G. Sacchetti, Sovversivi in Toscana (1900-1919), Todi 1983; Id., Controllo sociale e domicilio coatto nell’Italia crispina, «Rivista Storica dell’Anarchismo», gen.-giu., 1996; Id., Presenze anarchiche nell’Aretino dal xix  al xx secolo, Pescara 1999.

 
GAVILLI, Omero Giovanni Tommaso Maria
Nasce a Firenze il 7 marzo 1855 da Antonio e Giulia Dori, noto come Giovanni. Una congiuntivite infettiva contratta all’età di quattro anni lo priva totalmente della vista e G. cresce all’Istituto dei ciechi di Firenze, dove compie studi classici, laureandosi poi in lettere e conseguendo il diploma di professore di violoncello. Diventa anarchico in età matura, all’inizio degli anni Novanta, dopo essere stato prima monarchico e poi repubblicano, nonché massone. Testimonianza della sua fede repubblicana sono i versi in morte di Garibaldi, Di lutto universali dolenti note (Firenze 1882), mentre la sua vena poetica più intima si esprime, qualche anno dopo, in Pianti, confessioni, quisquilie (Firenze 1886).

A partire dal 1891, secondo la polizia G. “dedica tutto se stesso alla propaganda attiva delle teorie anarchiche”. “Dotato di pronto ingegno e di svegliata intelligenza”, buon conoscitore di francese, inglese e tedesco, riesce in breve ad affermarsi come “uno dei caporioni più stimati e temibili” in ambito anarchico. In relazione con P. Gori e Giovanni Do-manico, viene segnalato come collaboratore della rivista pubblicata da quest’ultimo a Prato, nell’ottobre 1892, «La Questione sociale» (della quale, stando a Max Nettlau, uscì un solo numero, cfr. Bibliographie de l’anarchie, Bruxelles-Paris 1897, p. 135). Carattere irruento e irascibile, G. è concordemente descritto come aspro polemista, animato da una passionalità incontenibile e incapace di mediazioni, sempre al limite – quando non oltre – dell’aggressione verbale.

Ugo Fedeli, nella biografia di G., attribuisce con notevole magnanimità gran parte di quella che chiama “acidità” ai contraccolpi psicologici della infermità e al grave complesso di inferiorità da cui era affetto. Analisi probabilmente corretta, che però sorvola con eccessiva eleganza il considerevole contributo dato da G. e dai suoi amici alle spinte dissolventi presenti nel movimento anarchico in una sorta di spirale polemica senza fine. “Autoritario e violento”, come lo descrive Edmondo Mazzuccato, che fu il suo aiuto redattore a «Il Grido della folla» (in Da anarchico a sansepolcrista, Milano 1934), concretizzava la sua aspirazione alla rivolta in comportamenti di esasperata intransigenza sempre sul filo della provocazione, che P. Gori ebbe a tacciare di “semplicismo apocalittico, fatto di miopia storica e logica”, “guaiti innocuamente terribili”, “bombe frasaiuole” (Lettera in «Il Grido della folla », 23 gen. 1904). Oratore appassionato, nel settembre 1893, dopo un discorso dai toni violentissimi ai venditori ambulanti, dà luogo, con un gruppo di compagni, a una fitta sassaiola contro una stazione dei carabinieri, finendo in prigione. Al processo, ingiuria un brigadiere e colleziona complessivamente quasi dieci mesi di carcere. Scontata la pena, in considerazione della sua “audacia, intelligenza e attività” viene assegnato al domicilio coatto per cinque anni, che sconterà interamente senza beneficiare di alcun condono. Tradotto a Tremiti, è coinvolto nello scontro tra coatti e guardie che, il 1° marzo 1896, costa la vita ad Argante Salucci e viene ricordato aggirarsi, brancolando, tra i feriti, incurante delle pallottole che gli fischiavano accanto (Amos [A. Mandelli], 1° marzo 1896, ivi, 12 mar. 1903).

Viene poi trasferito a Ustica, Lampedusa e infine a Pantelleria. Da qui invia al numero unico «I Morti», redatto dai coatti politici e pubblicato ad Ancona il 2 novembre 1899, una vibrante lettera aperta a Oddino Morgari che, dalle colonne dell’«Avanti!», lo aveva proposto come candidato protesta alle elezioni: “gli antiparlamentaristi della mia specie non possono, né debbono essere eletti. [...] Fareste badessa il diavolo?”. Nel maggio 1900 può lasciare il domicilio coatto e stabilirsi a Napoli, presso il fratello Felice, ferroviere, anch’egli “affiliato a sette sovversive”. Nella città partenopea entra a far parte del sottocomitato per l’agitazione contro il domicilio coatto, riuscendo a collezionare un nuovo arresto e una nuova condanna. Nel luglio 1901 G. è a Roma, dove la sua frenetica attività di conferenziere viene interrotta dalla polizia, che lo rimpatria a Firenze. Da qui a Empoli, Pisa, Viareggio, La Spezia, Sampierdarena, Livorno, Bologna, Milano, Pavia, Alessandria, Biella e di nuovo Viareggio, Carrara, La Spezia, Bologna, accompagnato e ospitato da compagni in una sorta di vortice di conferenze, che si conclude con i consueti fogli di via e un fitto elenco di multe e piccole condanne.

Nell’aprile 1902 si trasferisce a Imola e batte la Romagna e l’Emilia, tra un circolo, una società operaia, una Camera del lavoro, illustrando il programma anarchico, attaccando il governo, il domicilio coatto e il ministerialismo socialista. Nel maggio dello stesso anno si stabilisce a Milano, “ospite ora dell’uno ora dell’altro correligionario”, e assume la redazione de «Il Grido della folla», di cui, come riconosceranno Ettore Molinari e Nella Giacomelli (Epifane [E. Molinari] - Ireos [N. Giacomelli], Un triste caso di libellismo anarchico (Risposta ad un turpe libello di Paolo Schicchi), Milano 1909), era stato l’ideatore. Si tratta di una breve esperienza, interrotta dall’immancabile rimpatrio. G., da Cascine del Riccio (frazione del comune di Galluzzo, alla periferia di Firenze) dove risiede, riprende la vita randagia del conferenziere, pur collaborando intensamente al giornale milanese, spesso sotto gli pseudonimi di “Lavinio Vingagli”, “Gianni l’intransigente”, “Diavolindo”, “il catastrofico”, “l’apocalittico”, “John”, “il giacobino di guardia”, “il cane di guardia”, “il mastino di guardia”. In questa fase G. è sicuramente il propagandista anarchico più attivo.

Si spinge in Svizzera e in Lussemburgo. Parla nelle città (Milano, Pavia, Firenze, La Spezia, Carrara, Pisa, Lucca, Messina ecc.) ma anche nei piccoli comuni e nelle frazioni delle diverse province. La polizia registra puntigliosamente i temi delle sue conferenze, che vanno da Utilità delle disgrazie a La sapienza delle bestie e la bestialità dei sapienti, da argomenti di attualità come gli eccidi di Berra, Candela, Giarrattana, Torre Annunziata alla campagna per uno sciopero delle pigioni in tutta Italia (e mano ignota di questurino scrisse a fianco, nel fascicolo del casellario politico, “speriamo!”).

Tra il 1904 e il 1905 G. risiede quasi stabilmente a Pistoia, dove ha una relazione con Aida Latini, da cui nasce Diavolindo. Molti dei suoi tours di conferenze hanno l’obiettivo dichiarato di raccogliere fondi per «Il Grido della folla». Nel 1906 G. si stabilisce a Milano e assume nuovamente la redazione de «Il Grido della folla», appropriandosi anche legalmente della testata e destando scandalo nell’ambiente libertario. La sua disinvolta amministrazione (che la polizia definisce “indelicatezza” e i compagni distrazione di fondi a uso personale) e il suo comportamento autoritario provocano una spaccatura in seno alla compagine redazionale. Ettore Molinari, Nella Giacomelli, Giuseppe Manfredi e Ricciotti Longhi, sostenuti dalla maggioranza degli anarchici milanesi danno vita a «La Protesta umana» e in tal modo, come registra la Questura, “sentenziano la morte” de «Il Grido della folla», che, privo di “sussidi e sottoscrizioni”, sospende le pubblicazioni. G. convive con Attilia Pizzorno, “socialista anarchica” torinese, “studentessa in clinica” e ormai stabile guida del propagandista cieco.

Nel 1907, nell’infuriare della polemica con durissimi scambi accuse (“avventuriero” e “succhione” da una parte, “spie” dall’altra), e poiché “in Milano intanto ha perduto ogni prestigio”, G. si sposta in Liguria, a Genova e dintorni, dove “continua la sua vita randagia”, senza fissa dimora, ospite di compagni o di “osterie di infimo ordine, ove chiede gratuita ospitalità”. All’inizio del 1908 cerca di raccogliere fondi per un nuovo giornale da contrapporre a «La Pietra infernale» di Domenico Zavattero, con cui entra in contrasto e a cui rivolge “triviali insulti” nei comizi in cui interviene, provocando “continui disordini”, nonostante tenga conferenze dal sarcastico titolo Contro la violenza.

All’inizio del 1909 G. lascia Genova, non godendo più “della stima dei correligionari” stanchi di “lasciarsi spillare denaro, non solo, ma altresì dei suoi metodi di propaganda”. A Torino, sul finire dell’anno, la storia si ripete. Nonostante le continue diffide e i ripetuti attacchi sui giornali anarchici, G. riesce comunque a trovare nelle varie località italiane (dall’Emilia alle Marche, al Veneto, alla Lombardia) piccoli gruppi di sostenitori, che gli organizzano conferenze a pagamento, anche se appare chiaro che queste sono un mezzo di sopravvivenza più che una raccolta fondi per il nuovo giornale.

La Guerra di Libia ridà fiato alla propaganda antimilitarista di G. che, nel 1913, si trasferisce a Novi Ligure, dove riesce a pubblicare il periodico «Gli Scamiciati», in cui, sotto lo pseudonimo di “Il Reprobo”, esalta i comportamenti e i gesti estremi, come quelli della banda Bonnot. Proprio l’attribuzione della qualifica di anarchici ai membri della “banda tragica” provoca la reazione di E. Malatesta dalle colonne di «Volontà», dando inizio a una polemica che vede G. annoverare “il venerato maestro, il glorioso compagno dei comunisti d’Italia” tra gli “uomini grandi autoritaristi” (In risposta ad Enrico [sic] Malatesta, «Gli Scamiciati», 8 ago. 1913; La fuga di Enrico Malatesta, ivi, 22 ago. 1913). E ben presto «Gli Scamiciati» diventano palestra di attacchi, da parte di G. e di altri, a «Volontà», «Il Libertario», «L’Avvenire anarchico», a Malatesta, Paquale Binazzi, Virgilio Mazzoni, ai cosiddetti “tesserati anarchici”. Con la sospensione de «Gli Scamiciati», nel giugno 1914, G. è ridotto al silenzio. Di lì a pochi mesi la guerra gli impedirà qualsiasi attività di propaganda. Dopo anni di stenti e di difficoltà, muore a Multedo di Pegli il 12 dicembre 1918. Così lo descrisse Giovanni Rolando, uno dei suoi fedelissimi: “Irriducibile. Irreconciliabile. Strozzatore di patriarchi. Spezzatore di idoli”. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Archivio di Stato Milano, Gabinetto Prefettura, Pratiche individuali; C.C., Giovanni Gavilli, «Il Risveglio Anarchico», 25 gen. 1919; G. Rolando, Giovanni Gavilli, «Iconoclasta!», 24 ott. 1919.
 
Bibliografia:
scritti di G: Profili e speranze, Mantova 1904; Preghiera di un ribelle, La Spezia 1904; Girella, ode in risposta ad Anarchico, di Lorenzo Stecchetti, Milano 1906; Abbasso le armi, Novi Ligure 1914.
 
scritti su G.: O. Morgari, Gavilli, «Avanti!», 27 ago. 1899; Id., Un cieco, ivi, 29 ago. 1899; Id., Un’isola e un uomo, ivi, 6 set. 1899; T. Eschini, Cenni biografici, in Girella, Firenze 1948; U. Fedeli, Giovanni Gavilli. 1855-1918, Firenze 1959; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani nell’epoca degli attentati, Milano, 1981, ad indicem.
 


GAVIOLI, Luigi
Nasce a Mirandola (MO) il 17 febbraio 1902 da Geremia e Brigida Quarri, rappresentante di commercio. Nel 1918 si trasferisce a Gonzaga (MN), trovando lavoro come garzone di pasticceria, e aderisce al gruppo anarchico locale. Partecipa alle agitazioni del Biennio rosso e nell’agosto del 1921 subisce un’aggressione fascista nei pressi di Reggiolo (RE). Poco tempo dopo i fascisti tentano di incendiare la sua casa. Nel 1930 si trasferisce a Verona, poi nel 1933 giunge definitivamente a Roma, vivendo anni di relativa tranquillità. Dopo l’occupazione tedesca dell’Italia entra nel movimento clandestino antifascista. Nel 1944 è attivo nei GAP romani, nella zona del quartiere Italia. Nel suo appartamento trovano rifugio ebrei ed ex prigionieri alleati, nell’attesa di passare il fronte a Sud. A causa di una delazione è arrestato con la moglie e il figlio all’inizio del marzo 1944. Portato in via Tasso, è torturato a lungo, per essere poi trasferito il 22 marzo nel carcere di Regina Coeli. Qui il 24 marzo è prelevato e portato con altri 334 uomini nelle cave in disuso sulla via Ardeatina, e ucciso dai tedeschi per rappresaglia per l’attacco partigiano di via Rasella. Riposa nel sarcofago n. 102 del Sacrario nazionale delle Fosse Ardeatine. (C. Silingardi)

Fonti

Bibliografia: N. Gavioli, Luigi Gavioli, «Rassegna annuale dell’Istituto storico della Resistenza in Modena e provincia», 7, 1966; C. Silingardi, Note, riflessioni e documenti per una storia dell’anarchismo a Modena, «Rassegna di storia», n. 1, 1982; A. Portelli, L’ordine è già stato eseguito. Roma, le Fosse Ardeatine, la memoria, Roma 1999; A. Pirondini, Anarchici a Modena. Dizionario biografico. Milano, Zero in condotta, 2012.
 
GELOSA, Carlo
Nasce a Milano il 12 febbraio 1882 da Pietro e Rachele Bonomi. Dopo le scuole elementari inizia a lavorare come elettricista. La sua presenza nel milieu anarchico inizia a essere notata nel 1904. Nell’agosto 1905 sostituisce Greppi – e per un numero solo, causa interruzione delle pubblicazioni – alla gerenza de «Il Grido della folla». Pochi giorni dopo è arrestato e condannato a un mese per violenza e oltraggio agli agenti. Nonostante la sua scarsa cultura, è considerato “efficace nella propaganda delle teorie che professa, specie fra la classe operaia che ha occasione di frequentare giornalmente”. Il 10 maggio 1906, durante lo sciopero generale per l’eccidio avvenuto a Torino, si trova, con Angelo Galli, Enrico Recalcati e altri (tra cui Giovanni Baggi) davanti allo stabilimento Macchi e Passoni ed è coinvolto nella rissa che provoca la morte di Galli. Gravemente ferito da due coltellate, viene condannato nel novembre, insieme con Recalcati, a 20 mesi di carcere. Così lo descrive «La Protesta umana» (X.Y.Z., Un episodio della lotta di classe, 17 nov. 1906): “Carlo Gelosa, un ventenne dalla faccia larga, rimasto bambino malgrado lo sviluppo delle membra; un ingenuo, un semplice dell’anarchismo: non nato né all’eroismo né all’eleganza”. Di Enrico Recalcati, nato a Milano il 26 maggio 1884 da Angelo e Teresa Del Como, meccanico, nello stesso articolo si legge: “alto, valido, con un profilo energico da cammeo, ha di poco varcato i vent’anni ma ha l’andatura, il fare, il gesto virile di un attempato”. Approfittando della libertà provvisoria, G. e R. lasciano Milano alla volta di Parigi, dove sono segnalati nel febbraio 1907 in compagnia di Giovanni Baggi. In seguito all’amnistia del febbraio 1909, G. ritorna a Milano. R. invece rimane in Francia, a Neully-sur-Seine, dove nel 1910 lavora come meccanico e “non risulta che frequenti i compagni sovversivi”. Costantemente vigilato, nel 1912 G. si presta come gerente de «Il Giornale anarchico», redatto da Augusto Norsa, e viene condannato in contumacia a nove mesi per la pubblicazione di un articolo su Masetti. Nel frattempo G. è ancora una volta riparato a Parigi. Resterà in Francia, lavorando come meccanico-elettircista a Saint-Denis fino al settembre 1914, quando a causa della guerra rientrerà in Italia. Nel gennaio 1915 si rende irreperibile e solo nel novembre è rintracciato a Torino. Trasferitosi di nuovo a Milano nel 1917, non viene arruolato per zoppia. Dopo una breve parentesi lavorativa, nel 1921, alle Officine Meccaniche Italiane a Reggio Emilia, dove si mette in contatto con gli anarchici più noti della città, fa ritorno a Milano. Nel 1923, nuovamente irreperibile, mette in allarme la polizia. Viene rintracciato solo nel 1926 a Legnano, alternando periodi di disoccupazione a occupazioni saltuarie presso i garage locali. Muore a Legnano il 19 luglio 1941. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.; Archivio di Stato Milano, Gabinetto Prefettura, Pratiche individuali (nella stessa busta si trovano notizie anche su E. Recalcati). 

GENNARI, Guglielmo
Nasce a Viareggio (LU) il 1° ottobre 1900 da Augusto e Maria Torcigliani, artista di varietà. Con la famiglia, ancora bambino, si trasferisce prima alla Spezia e poi a Padova. Impiegato presso la libreria Treves di Padova negli anni 1919-26 è schedato come aderente al PRI. Alla fine del 1930 viene licenziato e si trasferisce a Milano in cerca di lavoro ma non riuscendo a trovare un impiego decide di emigrare clandestinamente in Svizzera da dove dopo alcuni mesi raggiunge la Francia. A Parigi inizia a frequentare gli ambienti dei fuoriusciti stringendo amicizia con Giopp Giobbe e Giuliano Viezzoli e avvicinandosi all’ambiente libertario. Il 12 e 13 aprile 1936 partecipa a Parigi a un convegno dell’Azione Repubblicana Socialista dove sono presenti diversi elementi antifascisti tra i quali Ferdinando Schiavetti. Il 16 dicembre al Ministero dell’Interno giunge la notizia dell’arruolamento di G. nelle “milizie rosse” e successivamente viene indicato come miliziano nella 12° Brigata “Garibaldi”. Ma una lettera di G. intercettata dai servizi segreti italiani del gennaio 1937 oltre a riconfermare la sua scel-ta di campo motivata da “un sentimento di do-vere personale verso la causa rivoluzionaria” dà come recapito l’indirizzo della Sezione italiana, avenida Buenaventura Durruti 32-34, della Colonna “Ascaso” della CNT-FAIb. Sempre gli stessi fiduciari del Ministero dell’Interno riferiscono nel giugno del 1937 che G. sarebbe stato ferito a una gamba durante un combattimento e alla fine della guerra altre informazioni raccolte dal Ministero, anche se molto poco circostanziate e non confermate da altre fonti, sostengono che G. sarebbe stato “giustiziato” dall’“esercito rosso” in rotta perché sorpreso in “flagrante delitto di rapina”. Il consolato di Montepellier, invece, segnala che G. sarebbe stato condannato dal Tribunale locale a sei mesi di prigione per “ingresso illegale” in Francia dalla Spagna, adducendo come prova anche quanto riportato dalla stampa locale (Telespresso del Ministero degli Affari esteri al Ministero dell’Interno, 15 apr. 1939). Di G. non si hanno altre notizie né tantomeno conferme o smentite circa la sua morte per mano comunista in terra di Spagna. (F. Bertolucci)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
Bibliografia: La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939, Tre anni di storia da non dimenticare, Roma 1996, ad nomen.
 
GENOVESE, Antonio
Nasce a Cetraro (Cs) il 18 aprile 1883 da Luigi e Carmela Gerardi, tipografo. Ai primi del Novecento emigra insieme ai genitori in Argentina e si stabilisce a Buenos Aires, dove viene subito a contatto con elementi anarchici. Il 26 maggio 1928 viene arrestato perché sospettato di complicità nell’attentato terrorista perpetrato il 23 dello stesso mese ai danni della sede del Consolato italiano, venendo liberato in settembre per mancanza di prove. Nel 1934 è iscritto in «Rubrica di frontiera» per il provvedimento di arresto, modificato nel 1939 in quello di perquisizione e segnalazione. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2333, f. 17466, cc. 22, 1928-1931, 1934 e 1939.

Bibliografia: K. Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero, Cosenza 2003, p. 24; A. Pagliaro, Il gruppo libertario cetrarese, Cosenza 2008, pp. 19, 26, 84-90.
 
GENOVESE, Gaetano
Nasce a Pizzo Calabro (Vv) il 26 aprile 1879 da Gaetano e Maddalena Belsito, pittore. Nel 1899 si imbarca come marinaio sui piroscafi destinati al trasporto di passeggeri e merci da Genova in America. Il 26 febbraio 1910 - periodo durante il quale abitava a Buenos Aires assieme al fratello Giorgio - viene arrestato per incitamento allo sciopero e per disordini provocati in un comizio pubblico, venendo quindi segnalato come anarchico e agitatore della classe operaia. Successivamente le autorità ne perdono le tracce; nel 1935 è iscritto in «Rubrica di frontiera» per il provvedimento di perquisizione e segnalazione. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2333, f. 53249, cc. 10, 1910, 1935, 1937 e 1939.
 
GENTILE, Antonio Federico
Nasce a Paola (Cs) il 7 febbraio 1888 da padre ignoto e Francesca Gentile, muratore. Dopo aver vissuto per un lungo periodo in America, nel marzo 1910 si stabilisce a San Lucido (Cs), dove si fa notare spesso assieme ai compagni di fede Ferdinando e Francesco Alò. In quell’anno, mentre era militare a Treviso, scrive all’anarchico Amedeo Altoviti, fuoruscito in Francia, chiedendogli di inviargli il denaro necessario per disertare. Riformato il 17 dicembre successivo, torna a San Lucido e nel 1911 il suo nome compare in un elenco di sottoscrittori a favore del giornale libertario «Il Proletario», al quale era abbonato. Intorno al 1926 emigra in Brasile e si stabilisce a San Paolo. Nel 1934 viene in «Rubrica di frontiera», ma nel 1939 l’inserzione è revocata non avendo G. più dato luogo a rilievi di natura politica. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2334, f. 52585, cc. 16, 1910-1911 , 1934 e 1939-1940.
Bibliografia: O. Greco, Anarchici calabresi in Sudamerica, in Calabresi sovversivi nel mondo: l’esodo, l’impegno politico, le lotte degli emigrati in terra straniera (1880-1940), a cura di A. Paparazzo, Soveria Mannelli 2004, p. 147n; K. Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero, Cosenza 2003, p. 44n.
 
GENTILE, Luca Paolo Abele
Nasce a Pizzo Calabro (Vv) il 5 marzo 1871 da Teodosio e Anna Gasparri, pittore decoratore. Fino al 1886 risiede a Monteleone Calabro (oggi Vibo Valentia). Dal 1909 comincia ad essere segnalato dalle autorità consolari italiane a Londra – dove risiedeva - per essersi messo in evidenza a causa dei suoi legami con gli anarchici della città. Nel 1911 lo stesso Consolato italiano comunica al Ministero dell’Interno: «Nei giorni scorsi si è qui costituito un “Gruppo anarchico di studi sociali”, allo scopo di intensificare la propaganda anarchica internazionale, del quale fanno parte per ora anche gli anarchici italiani […] Gentile Abele e Corio Silvio». Successivamente si perdono le sue tracce. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2335, f. 53487, cc. 29, 1909-1911, 1935 e 1939.
 
​GERLI, Pietro 
Nasce a Milano il 7 febbraio 1878 da Ermenegildo e Francesca Albrighi, compositore tipografo, gasista e viaggiatore di commercio. Frequenta solo le prime classi elementari ma, persi entrambi i genitori in tenera età, è costretto ben presto a “lavorare per vivere” e, senza fissa dimora, passa da una locanda all’altra, conducendo “vita randagia e misteriosa”. Anarchico a 15 anni, sembra riscuotere la simpatia dei suoi compagni “pel fervore suo e per l’audacia sia nella propaganda sia nelle violenze allorquando qualche disordine veniva a verificarsi”. Descritto dalle autorità come “sprezzante, provocatore, riottoso”, è sempre presente ad ogni manifestazione. Nel giugno 1893 è arrestato in occasione dei disordini verificatosi al Comizio per gli spezzati d’argento or-ganizzato dalla Federazione esercenti, quando G. lancia sedie contro la presidenza, incita gli astanti contro “la sbirraglia”, a cui oppone “fierissima resistenza”. Nel settembre 1894, temendo l’assegnazione al domicilio coatto, sulla scia di Gori e di molti altri, ripara in Svizzera, prima a Lugano, poi a Bellinzona. Rientrato però poco dopo, viene arrestato a tradotto a Porto Ercole, per scontare l’anno di coatto assegnatogli. Liberato condizionalmente nell’aprile 1895, è sottoposto a vigilanza speciale, della quale disattende gli obblighi e viene così internato a Tremiti fino al marzo 1897. Ritornato a Milano si occupa come garzone gasista presso Giuseppe Mamoli, un ex anarchico, che da operaio era diventato proprietario di una piccola officina. Nonostante mantenga ancora rapporti con alcuni compagni (in particolare Mauro Fraschini), abbandona l’attività militante. Nel 1929 fa il viaggiatore di commercio e viene proposto per la radiazione dallo schedario dei sovversivi. S’ignorano data e luogo di morte. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen.
 
 
GERMANÒ, Francesco
 
Nasce a Fiumara di Muro (oggi Fiumara, RC) l’8 febbraio 1894 da Francesco e Marianna Licari, contadino. Emigrato in America, torna in Italia nel dicembre 1919 per adempiere agli obblighi militari, venendo congedato nel 1921 con il grado di caporale. Tornato a Fiumara, nel 1923 espatria nuovamente, rientrando nella seconda metà del 1927 e ripartendo dopo pochi mesi. Nel 1928 il suo nominativo compare in un elenco di anarchici individualisti residenti nell’America del Nord e nell’America Centrale e in contatto con i centri libertari di Parigi e Ginevra, elenco pervenuto alle autorità da fonte confidenziale e dal quale risulta che G. in quel periodo viveva nello Ohio. Nel 1929 viene infatti rintracciato a Youngstown, dove abitava da circa un anno dopo essere stato a New York assieme al fratello. Nel gennaio 1931 torna a Fiumara e nel febbraio 1933 si iscrive al PNF, venendo quindi radiato dal novero dei sovversivi. Si ignorano luogo e data di morte. (K. Massara)
 

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Divisione generale di pubblica sicurezza, Divisione affari generali e riservati, Casellario politico centrale, b. 2344, f. 21193, cc. 19, 1928-1930, 1933 e 1935.

Bibliografia: E. Bruno, Alcune note sull’“emigrazione di ritorno” in Calabria, in Calabresi sovversivi nel mondo..., cit., pp. 149-164, p. 162; K. Massara, L’emigrazione “sovversiva”. Storie di anarchici calabresi all’estero, Cosenza 2003, p. 57.
 
 
GERONZI, Giovanni
Nasce a Fossombrone (PU) il 17 aprile 1871, da Pietro e Lucia Scopa, medico. Aderisce fin da giovane all’idea anarchica fino a diventarne uno dei principali esponenti nella provincia; è tra i fondatori del Centro Studi Sociali di Fossombrone. Collabora con il periodico anarchico fanese «In marcia», (prima serie 1885-86), giornale collegato alla Federazione socialista anarchica di Pesaro-Urbino, costituita a Fossombrone nell’agosto del 1885; suoi articoli appaiono anche in «La Montagna» (1887), «La Rivendicazione» (1886-1888, a firma “Refrattario”). Studia medicina a Roma, dove entra in contatto con figure di primo piano del socialismo e dell’anarchismo, e a Perugia (1888) dove subisce tre mesi di carcere per resistenza e oltraggio ad agenti di PS. I guai con la giustizia di G. erano, comunque, iniziati nel 1886 per violazione della legge sulla stampa. Dopo la laurea, torna dalle sue parti per esplicare l’attività di medico (autore anche di numerose pubblicazioni scientifiche, mediche e igieniche) e di propagandista politico. Diventa medico condotto a Cantiano (1893-1903): in questo periodo intesse rapporti con esponenti del movimento anarchico italiano ed estero, fra cui Malatesta, Molinari e Cipriani; riceve numerose testate libertarie, cui collabora inviando anche poesie e versetti (raccolte in volumetti nel 1886, 1888 e 1908). Proprio per aver firmato con le proprie generalità la poesia All’atomo, che sarebbe dovuta comparire su «La Protesta umana» di Macerata (1897), G. – insieme al responsabile del giornale, Oreste Morresi e L. Fabbri – viene processato per incitamento al regicidio e, grazie alla difesa di P. Gori, infine assolto. Nel 1896 è proposto per il domicilio coatto: il Tribunale d’appello gli infligge due anni, pena poi commutata in libertà con-dizionale sotto vigilanza speciale. Una delle sue principali riflessioni teoriche, tese ad ancorare su basi materialistico-fisiologiche la prospettiva di “una novella società senza sfruttati e sfruttatori”, viene pubblicata da «La Questione sociale» di Paterson il 30 marzo 1898. Nel 1901 è invitato da V.S. Mazzoni ad approfondire le sue idee su «Il Pensiero libertario» di Pisa. Nel 1903 è medico condotto a Fossombrone e rinnova in maniera più intensa la sua attività politica, partecipando a manifestazioni e promuovendo iniziative con il Circolo anarchico (tra cui la pubblicazione di diversi numeri unici). Dopo il 1906 dirada gradatamente il suo impegno diretto, rimanendo tuttavia sostenitore della causa anarchica e non rinunciando alle sue pungenti poesie. Risulta ancora abbonato nel 1924 a «Pensiero e volontà». La sua vecchiaia è scossa dallo squadrismo fascista, in particolare nelle drammatiche giornate di Fos-sombrone dell’ottobre 1922. Durante uno scontro a fuoco muoiono due camicie nere, almeno una certamente colpita dagli spari dei suoi stessi compagni. G. si rifiuta di falsificare il certificato di morte ed è fatto oggetto di pesanti manganellate. Riceve in seguito percosse e perquisizioni domiciliari; il regime cerca di applicare nei suoi confronti la legge che consente la dispensa dal servizio per i dipendenti pubblici di dubbia fe-deltà al governo. Nei suoi appunti personali, comunque, non rinuncia mai alla critica e all’ironia. Negli ultimi anni si dedica a studi di numismatica e all’archeologia. Muore a Fano il 14 agosto 1935. (F. Sora)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; Biblioteca comunale di Fossombrone (PU), Fondo Geronzi; S. Giulietti, Giovanni Geronzi: fra poesia e anarchia, relazione presentata al Convegno “Fossombrone Ingegni e Congegni” Fossombrone, 1992.
 
Bibliografia: S. Giulietti, Lotte sociali e gruppi politici a Fossombrone e dintorni, 1900-1915, Fossombrone 1981, pp. 53-57; Id., Fascio, fascisti e antifascisti. Fossombrone 1919-1929, in La provincia di Pesaro e Urbino nel regime fascista, a cura di P. Giannotti, Ancona 1986, pp. 60-61; Bibliografia della stampa operaia e democratica nelle Marche 1860-1926, Periodici e numeri unici di Pesaro-Urbino”, a cura di E. Torrico, Ancona 1988, p. 44-45, 106-107,112; I. Garinei, Giovanni Geronzi: il poeta dell’atomo, «Seme anarchico», nov. 1954.
 
GERVASIO, Gaetano
 
Nasce a Monteverde (AV) il 2 gennaio 1886 da Vincenzo ed Elena Gervasio. Frequenta fino alla terza elementare e lavora nei campi con i genitori. Nel 1897 si trasferisce a Melfi come apprendista falegname e nel 1899 a Cerignola, dove ri-siederà fino al 1902, lavorando sempre in una fa-legnameria. È possibile, come racconta la figlia in una sua preziosa ma spesso imprecisa biografia, che abbia conosciuto Giuseppe Di Vittorio, più difficile che G. e “Peppino” (che nel 1902 aveva appena 10 anni) aderissero “al gruppo pugliese dei sindacalisti rivoluzionari”, peraltro allora inesistente. Dopo un soggiorno a Venezia, dove “impara il mestiere di ebanista e apprende le arti dell’intaglio e dell’intarsio”, G. approda a Milano. Considerato dalla polizia “socialista”, partecipa attivamente alla vita della propria Lega di mestiere e della cdl milanese, tanto da essere eletto, nel novembre 1911, proboviro per le industrie del legno (funzione difficilmente accettata da un anarchico). La lacunosità delle fonti di polizia non permette di seguire i suoi movimenti. Secondo la figlia (pur se con qualche problema di datazione), dopo una prima temporanea emigrazione in Svizzera (Zurigo, Ginevra, Lugano), G. emigra negli Stati Uniti, da cui ritorna a Milano nel 1913, profondamente deluso dalla società americana. Nella primavera-estate del 1913, certamente vicino agli anarchici, G. partecipa alle agitazioni promosse dall’Unione Sindacale Milano. Nel dicembre dello stesso anno interviene al Secondo Congresso nazionale dell’USI, schierandosi, con Borghi, Nencini e Sacconi, a favore dei Sindacati nazionali d’industria (cfr. «L’Internazionale», 13 dic. 1913). Secondo la versione della polizia, nel 1914 G. emigra in Francia, rientrando poi allo scoppio della guerra per prestare servizio militare fino alla smobilitazione del 1919 ed emigrare nuovamente in Francia. Per la figlia risiederebbe a Torino dal 1915 al 1920, lavorando come motorista meccanico e svolgendo le funzioni di segretario amministrativo della sezione USI, in rapporto con Gramsci e vicino all’esperienza consiliare. E solo il fallimento dell’occupazione delle fabbriche (erroneamente datata 1919) e la perdita del lavoro lo indurrebbero a ritornare in Francia, dalla quale viene sicuramente espulso, non nel 1923 ma più probabilmente nel 1922, visto che il 6 gennaio 1923 il prefetto di Milano lo indica come membro del Comitato esecutivo nonché se-gretario amministrativo provvisorio dell’USI. Più volte arrestato, G. partecipa al Convegno nazionale dell’USI tenuto clandestinamente a Genova il 28-29 giugno 1925. In questo periodo, G. gestisce a Gorla un’officina, “diventata il refugium peccatorum dei compagni perseguitati e impossibilitati a trovare lavoro altrove” (tra i quali Nicola Modugno, Alfiero Guerri, Michele Veglia, Leonida Mastrodicasa) e nota ai fascisti e ai carabinieri come “l’officina rossa” (Grifo, Fra la cronaca e la storia. Uomini e cose dell’USI, «Guerra di classe», 1° mag. 1930). Il suo antifascismo gli costa più volte fermi e arresti. Nel giugno 1933, tuttavia, il prefetto di Milano dichiara priva di rilievi la sua condotta successiva al gennaio 1931 e si deve considerare erronea la segnalazione di «Guerra di classe» nel marzo 1932 secondo la quale “in prigione si trovano anche Gervasio, Comastri, Guerriero e molti altri organizzatori e militanti”. Fallita la sua officina nel 1935, G. svolge diversi lavori, da ultimo quello di operaio in una fabbrica per la produzione di tappi di bottiglia. Dopo l’8 settembre è in contatto con numerosi antifascisti e partecipa agli scioperi del marzo 1944. Arrestato, riesce a fuggire prima di essere inviato a Dachau e rimane nascosto a Pavia fino alla fine della guerra. Nell’immediato dopoguerra G. diventa uno delle figure di spicco del riorganizzato movimento anarchico e della corrente anarchica all’interno della CGIL. Nel giugno 1945, al primo convegno della FCLAI, G. tiene la relazione sull’organizzazione sindacale e la posizione degli anarchici. Nel settembre dello stesso, in occasione delle elezioni FIOM, fa parte della lista presentata dalla FCLI a Milano che ottiene il 4% dei suffragi (17.216 voti). Nel maggio 1946, in occasione del primo convegno dei Comitati di Difesa Sindacale, G. è eletto nel Comitato Nazionale, con Marcello Bianconi, Umberto Marzocchi, Alberto Meschi, Stefano Vatteroni, e altri. Fautore dell’unità sindacale all’interno della CGIL, G. è membro del Comitato direttivo della Confederazione e nel marzo 1947 entra nel direttivo provinciale della FIOM, in rappresentanza dei lavoratori della FISEM, azienda in cui continua a lavorare come operaio. Nel frattempo collabora intensamente a «Il Libertario». Anche nel periodo delle scissioni, G., spesso in polemica con gli orientamenti prevalenti all’interno della FAI, continua a sostenere la necessità per gli anarchici di non staccarsi dalla CGIL e soprattutto a difendere – al Secondo Congresso nazionale della CGIL dell’ottobre 1949 – la natura “classista” e unitaria del sindacato, a dispetto del proliferare delle correnti. Tra i protagonisti del convegno di studi tenuto a Milano (ago. 1949) sui rapporti tra movimento anarchico e movimento dei lavoratori, si distingue per la posizione favorevole all’assunzione di cariche all’interno degli organismi confederali. Eletto nel direttivo confederale sia nel 1949 che nel 1952, al fianco di Attilio Sassi, G. continuerà a battersi, anche nella fase di declino dell’esperienza della corrente di Difesa Sindacale, per l’impegno degli anarchici nella CGIL. Negli ultimi anni, vissuti a Torino e a Napoli, dopo essersi ritirato dal lavoro a 72 anni, è ancora attivo nel Sindacato Pensionati. Muore a Napoli il 25 novembre 1964. (M. Antonioli)

Fonti

Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; A. B., È morto Gaetano Gervasio, «Umanità nova», 29 nov. 1964; I funerali di Gervasio a Napoli, ivi, 6 dic. 1964; I. Garinei, Gaetano Gervasio, «Il Seme anarchico», nov.-dic 1964; G. Gervasio Carbonaro, Gaetano Gervasio, mio padre, «Bollettino Archivio G. Pinelli», lug. 2001; V. Galassi, Mi ricordo quella volta con Gervasio..., ivi; L’anarchismo e i lavoratori. Un convegno di studi sui rapporti fra movimento anarchico e movimento dei lavoratori, Milano 1949
 
Bibliografia: A. Borghi, Mezzo secolo di anarchia (1898-1945), Napoli 1954; P. Feri, Il movimento anarchico in Italia (1944-1950), Roma 1978; Rossi, ad indicem; A. Dadà, L’anarchismo in Italia: tra movimento e partito, Milano 1984; M. Antonioli, Azione diretta e organizzazione operaia. Sindacalismo rivoluzionario e anarchismo tra la fine dell’Ottocento e il fascismo, Manduria 1990; U. Bistoni, Leonida Mastrodicasa (Numitore). Un combattente per l’Anarchia, Perugia 1995.
 
 


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