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lunedì 7 agosto 2023

ANARCHICI & ANARCHIA 7

 A N A R C H I C I   &   A N A R C H I A 


Gogliardo Fiaschi (Carrara, 21 agosto 1930 – Carrara, 29 luglio 2000), è stato un anarchico italiano.

Biografia

Gogliardo Fiaschi nasce a Carrara il 21 agosto 1930.

8 settembre 1943: Gogliardo ha solo tredici anni e, spacciandosi per un quindicenne, entra nella Brigata Lucetti. Il 31 dicembre 1944 valica l'Appenino e si trasferisce sulle montagne modenesi dove continua la sua attività partigiana. La liberazione lo vede entrare a Modena in testa alle formazioni partigiane della zona. Rientra a Carrara, riprende il suo lavoro alle cave (iniziato all'età di otto anni) e continua la militanza anarchica e sindacale a fianco di Meschi. Nel 1956, al circolo “Pietro Gori” conosce José Lluis Facerias e Luis Augustin Vincente. Insieme decidono di partire per la Spagna per continuare la lotta antifranchista. A fine novembre Gogliardo è a Tolosa, alla ricerca di Francisco Sabaté Llopart (“il Quico”), che, però, è già rientrato in Spagna. Lì, nel marzo del 1957, viene raggiunto da Facerias e Vincente che lo mettono al corrente dell'accusa di rapina a una banca di Casale Monferrato, fatto avvenuto il 15 gennaio 1957. Facerias gli assicura che, una volta rientrati in Italia, avrebbe presentato parecchie prove a dimostrazione della sua estraneità. Cosa che, purtroppo, non accade. Nell'agosto si trasferiscono in Spagna, in un rifugio intorno alle montagne di Barcellona, ma vengono traditi e il 30 agosto cadono in una imboscata della polizia catalana. Facerias viene ucciso, Vincente e Gogliardo arrestati. Nel 1958 vengono condannati rispettivamente a 24 e 20 anni di carcere. Ne trascorre quasi otto nelle carceri spagnole e nel 1966, su richiesta del governo italiano, viene estradato per i fatti di Casale. Il 12 aprile 1960, Gogliardo aveva chiesto una revisione del processo, senza ottenere risultati. Imprigionato inizialmente nel carcere di Lucca, per poi essere trasferito a Lecce e quindi a Portolongone, dove passò 13 mesi in isolamento, viene liberato il 30 marzo 1974. Rientra a Carrara e apre il Circolo Culturale Anarchico, che diventa, ben presto, un punto di riferimento per tutto il movimento. È uno dei protagonisti della lotta ambientalista contro la Farmoplant, è in prima fila durante l'occupazione del Germinal in risposta allo sfratto e per contrastare la speculazione edilizia dell'intero palazzo e, soprattutto, è l'ideatore e il motore dell'Archivio Germinal. Senza la sua volontà e testardaggine da cavatore carrarese questo grande progetto non avrebbe visto la luce. Purtroppo non fa a tempo a vederne la definizione. Muore un anno prima, il 29 luglio 2000 – cento anni esatti dall'attentato di Bresci – stroncato da una malattia che, nonostante la brutalità, non lo ha mai rallentato nella sua lotta. 

Chi porta la bandiera è Fiaschi, 14 anni, in ingresso a Modena, che ha appena liberato, con il suo reparto, la Terza Brigata Costrignano della Divisione Modena (22 aprile 1945)

Goliardo Fiaschi (ca.1957)
 
Goliardo Fiaschi (ca.1957)


 

 


 


 


 


 

 

Tomba di Gogliardo Fiaschi, Cimitero di Turigliano (Carrara)
 


Bruno Filippi (Livorno, 30 marzo 1900 - Milano, 7 settembre 1919) è stato un anarchico individualista e iconoclasta italiano.  

Biografia

Bruno Filippi nasce il 30 marzo 1900 a Livorno, in una famiglia numerosa (Bruno è il primo di sei figli ), ma quando è poco più che un bambino si strasferisce con la famiglia a Milano.

Sin da adolescente ha già le idee chiare, nette e radicali: è un individualista stirneriano noto sin dal 1915 alla polizia, che lo scheda come «elemento pericoloso». Quello stesso anno, durante una dimostrazione antimilitarista, viene trovato in possesso di una pistola, seppur senza proiettili, ed è per questo arrestato. Detenuto per un certo periodo in prigione, il giovanissimo Bruno Filippi viene arruolato nel 1918 e parte per il fronte. Nonostante prima dell'entrata in guerra dell'Italia avesse militato tra i neutralisti, l'esperienza militare lo avvicina all'interventismo e si convince che gli anarchici debbano auspicare al proseguo della guerra per esasperare e portare il proletariato all'insurrezione.

Anarchico estremamente anticonformista, vicino agli ambienti dell'anarco-individualismo più radicale e aristocratico, mostra nei suoi scritti un fiero disprezzo per le masse e per il proletariato, da cui è disgustato per la viltà e l'incapacità di ribellarsi. Dichiara provocatoriamente di preferire paradossalmente la borghesia al proletariato, in quanto pur nella sua mediocrità rimane comunque in grado di perseguire i propri interessi. L'anarchismo di Filippi non è un'idea di rivolta sociale, ma va inteso come una rivolta esistenziale non tanto contro la classe borghese, quanto contro le masse amorfe incapaci di ribellarsi e contro la viltà e la mediocrità di chi le domina. In questo senso Filippi si dichiara profondamente antiegualitario, manifestando una netta simpatia nei confronti di qualunque movimento aristocratico capace di esaltare l'uomo superiore, più che le masse plebee.

Collabora con Renzo Novatore alla rivista «Iconoclasta!» di Pistoia, che nel 1920 pubblicherá, sotto il titolo I grandi iconoclasti, gli scritti postumi di Filippi. Profondo disprezzatore del capitalismo e della borghesia, a lui sono attribuiti numerosi attentati: quello del 29 luglio 1919, a Piazza Fontana, e quelli a via Paleocapa e al Palazzo di Giustizia, oltre ad un altro del 31 agosto. Del suo gruppo fanno parte diversi individualisti, tra cui Guido Villa e Aldo Perego, ma avrà contatti con i principali esponenti di questa corrente.

Il 7 settembre 1919, a Palazzo Marino (Milano), Bruno Filippi muore dilaniato dallo scoppio di un ordigno esploso accidentalmente prima del tempo. Sua intenzione era farlo esplodere presso il ristorante Biffi, luogo di ritrovo della Milano bene. Tra la montagna di detriti, di lui si ritrova solo un piede ed è proprio "grazie" a questo che può essere riconosciuto.

Nei giorni immediatamente seguenti, la polizia arresta Guido Villa, Aldo Perego e Maria Zibardi (compagna di Bruno Filippi). Il 12-13 luglio 1920, a Milano, si svolge il processo a carico di quelli che vengono considerati a vario titolo complici di Filippi: Guido Villa (condannato a 10 anni), Aldo Perego (condannato a 12 anni), Elena Melli e Maria Zibardi.

Citazioni

«Cani che leccate la mano di chi vi batte! Ed è per voi, proprio per voi che io dovrei insorgere? [...] Carogne imputridite nella rassegnazione [...] Neanche una sigaretta per voi. Io non voglio unirmi alla corte dei cortigiani del proletariato, che essi scusano, incensano, ornano di lauri. Lamentatevi della guerra, mentre siete voi i suoi autori e i continuatori perché la sopportate» (Arte libera di uno spirito libero). 
«Non compiango i soldati che morirono per causa tua. La massa brutta, che si lascia trascinare al macello senza un moto di ribellione, che si lascia scannare così, senza un perché, che abbandona tutto ciò che ha di più caro, al semplice ordine di un foglio affisso ad una cantonata, è troppo vile: merita la morte, merita il coltello del boia. E tu povera Mata eri bella!» (In difesa di Mata Hari).
 



 


Bruno Filippi.
 


 

Bruno Filippi - Free Art of a Free Spirit- audiobook, egoist anarchism -  YouTube
Uploaded: Mar 11, 2021
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A reading of the incredible, incendiary "Free Art for a Free Life", by Italian anarchist Bruno Filippi. Filippi was killed in a bomb explosion in 1919. Trans...



 

 

Paolo Finzi (Milano, 28 novembre 1951 - Forlì, 20 luglio 2020) è stato un anarchico italiano, redattore di A - Rivista Anarchica fin dalla sua fondazione (1971) e poi direttore della stessa. 

Biografia

Figlio di due ebrei antifascisti e partigiani, Ulisse Finzi, mantovano, e Matilde Bassani, ferrarese, insegnante e pedagogista socialista, arrestata dai fascisti nel 1942 perché appartenente a Soccorso Rosso (parteciperà poi alla Resistenza a Roma in Bandiera Rossa), Finzi inizia la sua militanza nel gruppo anarchico del liceo Carducci di Milano; il 1° maggio del 1968, a 17 anni, insieme a Giuseppe Pinelli ed altri inaugura lo storico circolo Ponte della Ghisolfa.  La sera del 12 dicembre 1969 viene sottoposto a fermo di polizia nell'ambito delle indagini sulla strage di piazza Fontana, evento a cui, lui e tutti i militanti del Ponte, sarebbero poi risultati del tutto estranei, malgrado una campagna politica e mediatica violentissima contro di loro. Nel 1971 fonda A - Rivista Anarchica insieme ad Amedeo Bertolo, Fausta Bizzozero, Rossella Di Leo, Luciano Lanza, Giampietro Berti e Roberto Ambrosoli, progetto che porterà avanti ininterrottamente per 49 anni insieme anche alla sua compagna Aurora Failla. Negli anni '80, dopo la liberazione di Pietro Valpreda, ingiustamente accusato della strage del 1969, gira con quest'ultimo in lungo e in largo l'Italia in un tour di conferenze. Instancabile, tra l'organizzazione di un numero di A - Rivista e l'altro, continua a partecipare a iniziative in tutto il Paese. Pedagogia, antiautoritarismo e antimilitarismo, diritti delle minoranze (donne, bambini, detenuti, stranieri) sono i suoi cavalli di battaglia e sono anche i temi di cui scrive (da ricordare anche le sue monografie su Malatesta e Failla, nonché i suoi studi sulla resistenza anarchica, i dossier su Emilio Canzi, Giuseppe Pinelli, Franco Serantini e lo sterminio nazista di rom e sinti: è proprio la sua vicinanza con il popolo rom all'origine di un'amicizia fondamentale nella sua vita, quella con De André).  Nel corso della sua vita Finzi ha fondato o sostenuto la fondazione di varie realtà libertarie, come il Centro Studi Libertari / Archivio Giuseppe Pinelli (1976) e la casa editrice Elèuthera (1986).

Il 20 luglio 2020, presso la stazione di Forlì, Finzi si lascia investire da un treno. La sua redazione lo ricorda così: «Maestro di anarchia, di etica, di dialogo e di confronto, uomo brillante, intelligente, sensibile e gentile. Ci ha insegnato il dubbio e la riflessione, l'ascolto e il rispetto profondo e sincero». Nel luglio 2021 un folto gruppo di trentasei tra redattori e redattrici di A - Rivista pubblica un numero unico dedicato a riflessioni sul ruolo della rivista e sul rapporto con Paolo Finzi: A. Tra memoria e tempo presente, pubblicazione edita da Fuoriposto (Venezia). Allo stesso tempo e con vicendevole apprezzamento il Centro Studi Libertari (Milano) pubblica un Quaderno speciale dedicato alla figura di Paolo Finzi: La pratica (imperfetta) dell'anarchia.

L'amicizia con De André

Amico di Fabrizio De André (e Dori Ghezzi) dal 1974, è presente nel documentario "Faber" (di Bruno Bigoni e Romano Giuffrida) con un'intervista sui rapporti tra Faber e gli anarchici. Dopo la morte di De André ha curato la pubblicazione di vari "prodotti" a lui legati. Nel 2000 ha curato il dossier Signora libertà, signorina anarchia. Nel 2001 ha prodotto il CD + libretto Ed avevamo gli occhi troppo belli, presentato alla stampa (giugno 2001) nel campo-nomadi di via Idro a Milano. Nel 2004 ha prodotto il CD + libretto Mille papaveri rossi, raccolta di una quarantina di "cover" realizzata da Marco Pandin (storico collaboratore di A - Rivista). Nel 2006, ha dedicato a De André e al suo impegno specifico in favore dei rom e dei sinti il DVD + libretto A forza di essere vento - Lo sterminio nazista degli Zingari. Nel 2018 pubblica il libro Che non ci sono poteri buoni – Il pensiero (anche) anarchico di Fabrizio De André. Finzi ha partecipato a oltre un centinaio di iniziative pubbliche in memoria di De André. 


 


 




 

 

pinelli     de andrè      paolo finzi

 

Giovanni Forbicini (Castel Bolognese, Ravenna, 25 marzo 1874 – Roma, 28 marzo 1955) è stato anarchico, sindacalista e antifascista italiano. 

Biografia

Nato il 25 marzo 1874 a Castelbolognese , Giovanni Forbicini è figlio dell'imbianchino Francesco Forbicini e di Maria Barbieri. A causa delle difficoltà economiche, quando Giovanni è ancora bambino, la famiglia si trasferisce a Roma in cerca di maggiori fortune. È proprio nella capitale che si svilupperà tutta la sua intensa attività politica.

La vocazione anarchica

Noto con lo pseudonimo di "Forbice", a vent'anni è già conosciuto come uno dei fondatori dei circoli anarchici romani La Morte e Dinamite. Schedato dagli organi di repressione dello Stato come "sovversivo", è tratto in arresto nel febbraio 1894 e poi liberato per insufficienza di prove. Nel maggio seguente è di nuovo arrestato per associazione a delinquere: lo accusano di aver partecipato ad un attentato, ma non essendoci prove a suo carico viene nuovamente prosciolto. Il 31 agosto 1894, perseverando nelle intimidazioni, le autorità propongono per lui il regime di domicilio coatto, che però mai sarà messo in atto.

Congedato quasi immediatamente dopo la chiamata alle armi (dicembre 1894), Forbicini riprende con vigore l'attività anarchica insieme ai compagni a lui ideologicamente più affini: Ciro Corradini, Armando Acciarino, Giuseppe Del Bravo, Enrico Bartolini e Dante Lucchesi. Le persecuzioni politiche però non sono certo terminate, subito dopo l'attentato del 1898 alla Principessa d'Austria compiuto dall'anarchico Luigi Lucheni, viene tratto in arresto assieme ad un gruppo di anarchici con l'accusa di concorso morale con l'omicidio. Si tratta di chiare accuse prive di fondamento e per questo tutti gli imputati saranno in breve assolti. Arrestato ancora una volta il 7 agosto 1900 con la solita imputazione di associazione a delinquere, viene nuovamente rilasciato e posto in libertà il 24 ottobre.

L'elezione alla Camera del Lavoro

Il "lavoro" di Forbicini va inquadrato in una fase storica in cui il movimento anarchico italiano è in piena espansione in tutto il paese grazie all'influenza esercitata in vari ambiti, da quello artistico a quello politico-sociale e soprattutto sindacale. Nell'agosto del 1901 l'anarchico romano sceglie di candidarsi alla Commissione Esecutiva della Camera del Lavoro di Roma, risultando eletto con 1519 voti insieme ad Aristide Ceccarelli e Varagnoli.

L'attività sindacale

L'idea organizzativa anarchica sta prendendo sempre più piede ed alcuni anarchici propongono un nuovo programma politico nazionale: il Programma socialista anarchico, elaborato dalla FSAL e da libertari come Luigi Fabbri e Aristide Ceccarelli. Forbicini, nell'ambito dell'evoluzione del movimento anarchico da una visione individualistica ad una maggiormente organizzativa ed organica, intende strutturare una sorta di partito socialista anarchico fondato sul pensiero di Errico Malatesta. Proprio in quest'ottica che va inquadrato il suo ruolo alla Camera del Lavoro di Roma: impegno sindacale, soprattutto nel settore degli edili, mediante propaganda e agitazione politica vera e propria. Bisogna sottolineare che il settore edile romano era strategicamente importantissimo dal punto di vista sindacale, perché formato da lavoratori non specializzati e immigrati dal meridione che vivevano in gravi ristrettezze economiche e sotto i continui attacchi padronali.

In questo contesto Forbicini si trova ad essere un importante riferimento per i lavoratori, molto spesso già di loro vicini al pensiero anarco-socialista e in ogni caso assai affini al movimento operaio legato al maggio 1881, quello passato alla storia per lo sviluppo di violenti scontri di piazza dopo un comizio di Amilcare Cipriani. A Roma, il 15 febbraio 1902, durante un comizio sindacale a cui assistono più di 10.000 operai, Forbicini illustra la linea d'azione intransigente ipotizzata dalla frangia libertaria, peraltro in antitesi a quella repubblicana e socialista, finalizzata allo sciopero generale ed al blocco di tutti i lavori pubblici in agenda nella capitale. La sua radicalità di pensiero è naturalmente osteggiata, principalmente attraverso l'uso di strumenti burocratici, formali e cavillosi, dalla parte più moderata del sindacato che non vede di buon occhio la sua attività tendente a relegare ai margini i sindacalisti burocrati e riformisti. Non a caso le agitazioni proposte dai libertari non sono dirette dalla CdL, ma da una commissione eletta dagli stessi disoccupati e formata principalmente da socialisti e anarchici (tra i quali Camerlengo e Diotallevi).

Il suo lavoro propagandistico, assai impetuoso e con continui richiami alla rivoluzione sociale, assume un tale peso dal portare le autorità atte alla repressione a segnalarlo ancora una volta come "sovversivo". Forbicini non è però persona che si intimorisce facilmente e nel 1903 partecipa a vari incontri e manifestazioni, come le conferenze di Forlì e Ravenna e la manifestazione del 1º maggio in cui veniva commemorato il compagno Pietro Calcagno. Circa tre anni dopo, nel 1906, scrive e pubblicizza Le Quattro Forche di Chicago, che gli costa una denuncia e una multa. Nel proseguo partecipa alle riuscite manifestazioni per festeggiare il ritorno dagli USA di Aristide Ceccarelli.

Forbicini contribuisce intensamente all'attività politica e propagandistica dell'epoca, la sua è un'azione volta alla denuncia della condizione di sfruttamento dei lavoratori, impoveriti dal "carovita", alla diffusione del pensiero antimilitarista e alla propaganda contro la guerra coloniale del 1911 in Libia. Queste sue posizioni lo avvicinano a quelle della FSAL, anche se non è chiaro se egli sia stato tra i fondatori.

Dopo aver partecipato nel 1913 a due manifestazioni di commemorazione a Pietro Gori (Roma: 8 gennaio; Piombino: 1° maggio), l'anarchico romano viene segnalato quale appartenente al gruppo dei massimi dirigenti del Fascio Comunista Anarchico  di Roma.

Prima guerra mondiale

Durante i burrascosi anni della Prima guerra mondiale, Forbicini non cessa la propria attività politico-sindacale. Nel luglio 1914, durante una conferenza, invita i compagni presenti a tenersi pronti per una possibile insurrezione rivoluzionaria, accostandosi in qualche modo ai discorsi di Lenin sulla trasformazione della guerra imperialista in guerra di classe rivoluzionaria.

A 44 anni, nel 1917, viene dichiarato abile allo svolgimento del servizio militare. Rimasto sotto le armi fino al gennaio del 1919, è sottoposto a stretta sorveglianza perché si ostina a manifestare pubblicamente le sue idee antimilitariste. Nel 1918 era infatti riuscito a partecipare ad un dibattito pubblico in cui aveva teorizzato l'intervento diretto delle classi subalterne per far cessare la guerra ed innescare il processo rivoluzionario tale da «sconvolgere l'attuale società».

Forbicini, l'antifascismo e gli Arditi del Popolo

Nel dopoguerra riprende il suo attivismo in favore della rinascita del movimento anarchico romano e per la ricostituzione della "Federazione anarchica laziale". Forbicini è anche tra i promotori del gruppo romano "Il Pensiero", che vorrebbe fungere da punto di riferimento organizzativo non appena sarebbero esplosi moti insurrezionali allora ritenuti inevitabili. Rappresentante degli anarchici romani (insieme a Temistocle Monticelli) al convegno nazionale fiorentino che porta alla nascita dell'Unione Comunista Anarchica Italiana (UCAI), si fa promotore di principi organizzativi ben saldi: l'UCAI, infatti, all'autonomia dei gruppi e delle unioni preferisce la creazione di un Comitato di Coordinamento affidato al gruppo di Ancona, cui partecipano vari rappresentanti locali. Forbicini e Temistocle Monticelli rappresenteranno gli anarchici romani.

Abbracciato definitivamente il pensiero comunista-anarchico, nel novembre 1920 è membro del Consiglio Generale dell'Unione Anarchica Italiana (UAI), che aveva sostituito l'Unione Comunista Anarchica Italiana, e della segreteria della Federazione Comunista Anarchica del Lazio. Quando gli squadristi fascisti iniziano a reprimere i movimenti di sinistra, Forbicini si impegna in un'intensa attività antifascista: insieme con Spartaco Stagnetti, Temistocle Monticelli e Ettore Sottovia partecipa alla sottoscrizione «mezzo milione a Umanità Nova» per sostenere la ripresa delle attività del giornale anarchico «Umanità Nova» (riprenderanno il 14 maggio 1921). Nel dicembre 1922 viene denunciato dalle autorità per il suo impegno antifascista. Con lui altri celebri anarchici come Errico Malatesta, Spartaco Stagnetti, Ettore Sottovia, Gigi Damiani, Ernesto Diotallevi, Luigi Fabbri e Cesare Ciciarelli.

Delegato degli anarco-comunisti laziali, Forbicini è presente al Comitato di Difesa Proletaria di Roma, un «organismo unitario costituito ad hoc con l'intento di fronteggiare – principalmente sul terreno politico – l'avanzata squadristica» e alla manifestazione antifascista che sostanzialmente sancisce la formazione degli Arditi del Popolo, in cui gli antifascisti sfilano con inquadramento militare ed organizzati in centurie. (È bene ricordare che gli Arditi del Popolo nascono da una scissione interna agli Arditi. Al loro interno vi militavano molti ex-combattenti della Prima guerra mondiale, tra cui tanti anarchica. Il fine degli Arditi del Popolo, la cui formalizzazione della nascita era stata messa in atto dall'anarchico Argo Secondari dopo la riunione all'orto botanico di Roma, era senza mezzi termini il contrasto sul piano militare dello squadrismo fascista.)

Sotto sorveglianza fascista

Durante l'epoca fascista Forbicini viene tenuto sotto stretto controllo dai servizi del regime (OVRA). Apparentemente avrebbe cessato l'attività politica, ma l'OVRA accerta alcuni incontri con Errico Malatesta. Essendo infatti riuscito ad eludere la stretta sorveglianza cui è sottoposto, è certo che sia riuscito a mantenere rapporti all'interno della rete di quel che era rimasto del movimento anarchico ed antifascista di Roma.

Nel secondo dopoguerra: la ricostituzione del movimento anarchico

Nel periodo seguente la Liberazione dal nazifascismo, Forbicini inaugura il circolo "P. Gori" di Piombino. Inoltre viene segnalato dalle autorità come "sovversivo" vista anche la collaborazione alla fondazione della Federazione Comunista Libertaria (FCL), costituitasi nella capitale già a partire del 1944, a conferma che la sorveglianza non gli aveva impedito di rimanere politicamente attivo insieme a tanti altri militanti romani 

A Civitavecchia, assieme ad Armando Borghi, partecipa in qualità di oratore alla commemorazione di Pietro Gori, durante la quale viene collocato un busto a ricordo del grande militante anarchico. Pur avanti negli anni continua imperterrito ad essere uno dei principali organizzatori nel campo del sindacalismo libertario, ponendosi in una posizione di severa critica nei confronti del Partito Comunista Italiano, della CGIL ed anche degli stessi principi della Costituzione.

L'ultimo suo intervento pubblico lo tiene in un comizio romano del 1° maggio 1947, indetto in contrapposizione alla contemporanea manifestazione della sinistra istituzionale. Quel giorno assieme a Forbicini gli oratori furono anche il suo compaesano Armando Borghi e Riccardo Sacconi.

Giovanni Forbicini muore a Roma il 28 marzo 1955. 

 

Bibliografia

Opere di Forbicini

  • Abolite le carceri, Roma 1905;
  • Le 4 forche di Chicago, Roma 1906;
  • Memorie di uno sciagurato, Roma 1910 (prefazione di Pietro Gori).

Opere su Forbicini

  • FAI, Congressi e convegni 1944-1962, a cura di U. Fedeli, Genova 1963;
  • Bettini, Bibliografia dell'anarchismo, vol. 1, t. 1, Periodici e numeri unici anarchici in lingua italiana pubblicati in Italia (1872-1971), Firenze 1972;
  • Il Movimento operaio italiano. Dizionario biografico, a cura di F. Andreucci e T. Detti, Roma, 1976-1979;
  • Movimento operaio e organizzazione sindacale a Roma (1860-1960). Documenti per la storia della Camera del Lavoro, Roma 1976;
  • Il movimento anarchico a Castelbolognese (1870-1945), Castel Bolognese 1984;
  • Paola Salvatori, Claudio Novelli, Non per oro ma per libertà. Lotte sociali a Roma. 1900-1926, Roma 1993;
  • Maurizio Antonioli, Pietro Gori. Il cavaliere errante dell'anarchia, Pisa 1995;
  • Luce Fabbri, Luigi Fabbri. Storia di un uomo libero, Pisa, 1996;
  • Maurizio Antonioli - Pier Carlo Masini, Il sol dell'avvenire. L'anarchismo in Italia dalle origini alla Prima guerra mondiale, Pisa 1999;
  • Eros Francescangeli, Arditi del Popolo. Argo Secondari e la prima organizzazione antifascista (1917-1922), Roma, Odradek Edizioni, 2000;
  • Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana. L'anarchismo in Italia dal Biennio rosso alla Guerra di Spagna, 1919-1939, Pisa 2001;
  • Maurizio Antonioli, Alla ricerca dello pseudonimo perduto, «Rivista storica dell'anarchismo», gen.-giu. 2002;
  • Giorgio Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici nelle carte del Ministero dell'Interno. Schedatura e controllo poliziesco nell'Italia del Novecento, Ragusa, 2002;
  • P. Iuso, Giovanni Forbicini, in Dizionario biografico degli anarchici italiani, Tomo I, Pisa, BFS, 2003, pp. 620-622;
  • Roberto Carocci, Roma sovversiva. Anarchismo e conflittualità sociale dall'età giolittiana al fascismo (1900-1926), Odradek, Roma 2012.

Roma 1954; Armando Borghi e altri anziani compagni romani riuniti per festeggiare l'ottantesimo  compleanno del compagno Giovanni Forbicini , Forbicini è al centro indicato col n. 1.


Albano Franchini (Castelnuovo Rangone, Modena, 23 agosto 1901 – Modena, 3 maggio 1984) fu un militante anarchico, partigiano antifascista.

Biografia

Figlio del falegname Giovanni Franchini e di Marcellina Bompani, dal 1918 lavora all'OMI, le Officine Meccaniche Industriali di Modena, e fa parte di un gruppo anarcocomunista. Chiamato a svolgere il servizio militare nel 1920, quando è congedato nel 1922 non viene riassunto in fabbrica per le sue idee politiche «sovversive».

Arrestato più volte dalla polizia fascista per propaganda anarchica, nel 1924 decide di emigrare in Francia. Ritorna a Modena nel 1925 e nel 1926 è ancora imprigionato, questa volta in occasione dell'ondata di arresti seguiti al fallito attentato di Anteo Zamboni a Bologna contro Mussolini. Una volta liberato, decide di continuare l'attività antifascista nelle file del Partito comunista, allora costretto alla clandestinità. Arrestato nel 1930 per «propaganda comunista», viene condannato nell'aprile del 1931 a quattro anni di carcere. Amnistiato nel 1932, è ancora arrestato nel 1937 ma torna presto libero.

Va rilevato che la sua collaborazione con altre forze antifasciste era dovuta alla mancanza di strutture anarchiche organizzate: così, Franchini partecipò alla Resistenza nelle file di Giustizia e Libertà con il nome di battaglia di Paolo Romanelli, e fece parte, alla liberazione di Modena, del Comitato di Liberazione Nazionale della città emiliana.

Albano Franchini
 

Romeo Frezzi (Jesi, 17 agosto 1867 – Roma, 2 maggio 1897) è stato un anarchico italiano le cui vicende ricordano quelle di Pinelli, essendo stato pur'egli assassinato durante un interrogatorio. 

Biografia

Originario di Jesi, Romeo Frezzi nasce da  Giovanni e Palmira Felcina. Di professione falegname, si unisce in matrimonio con la sua concittadina Assunta Franchi, con la quale avrà due figli. In cerca di nuove occasioni di lavoro, nel 1891 si trasferisce a Roma. Nella capitale viene assunto dall'artigiano Oreste Palmieri, che lo definirà «assiduo lavoratore» ricordandone la puntualità e serietà.

Attività rivoluzionarie

Della sua formazione politica si sa ben poco, potrebbe nemmeno essere mai stato anarchico. Forse era genericamente un ribelle, di matrice repubblicana o socialista, comunque un sovversivo, e questo bastava alla polizia per definirlo un «anarchico pericoloso». Nel 1895 viene condannato a otto anni di detenzione per una «manifestazione sediziosa» contro il governo Crispi.

L'arresto e la morte

Il 22 aprile 1897, l'anarchico Pietro Acciarito tenta inutilmente di pugnalare a morte Re Umberto I in occasione dei festeggiamenti dell'anniversario di matrimonio del “Re buono”. Arrestato immediatamente, la monarchia utilizza questo pretesto per un inasprimento della repressione contro tutto il movimento rivoluzionario italiano.

Solamente cinque giorni dopo, la polizia irrompe in casa del falegname entrando in possesso di una foto che ritrae diversi socialisti, tra cui il mancato regicida. Basta questo misero indizio per arrestare Frezzi e trasferirlo al carcere romano di San Michele, dove la polizia lo sottopone a durissimi interrogatori nel tentativo di estorcergli una confessione di complicità con Acciarito.

Il 2 maggio, Romeo Frezzi muore per le violenze subite durante l'interrogatorio. Le forze dell'ordine cercheranno di far passare la morte dell'uomo come “suicidio” attraverso la pubblicazione di questo scarno comunicato:

«Oggi, alle ore 17 si è suicidato, battendo la testa contro il muro, certo Frezzi Romeo di 29 anni, falegname, anarchico, trattenuto per misure di pubblica sicurezza» (da Morte dell'anarchico Romeo Frezzi).

Il tentativo di occultare l'omicidio verrà smascherato dalla battaglia intrapresa dal giornale socialista l'«Avanti!». L'autopsia, infatti, rivelerà che trattasi di omicidio: le fratture al cranio, alla colonna vertebrale, alla spalla destra, alle costole e le lesioni alla milza e al pericardio indicano che l'anarchico era stato sottoposto ad un violentissimo pestaggio.

Reazioni

Il 9 maggio, i funerali di Frezzi diventano l'occasione per una grande manifestazione contro la monarchia. Un'altra grande manifestazione contro le istituzioni si svolge il 22 agosto, partendo da Campo de' Fiori e sfilando per diverse strade contro gli assassini «morali e materiali» di Romeo Frezzi. In Parlamento, gli esponenti dell'estrema sinistra chiedono chiarezza sul caso, ma l'allora capo del governo De Rudinì ferma qualsivoglia indagine per evitare che diventasse la scintilla per una nuova ondata di insurrezioni.

Tutta la vicenda si concluderà con il trasferimento del questore di Roma e con l'assoluzione delle guardie carcerarie coinvolte nell'omicidio, seppur dopo un breve periodo detentivo.

Bibliografia

  • F. Cordova, Democrazia e repressione nell'Italia di fine secolo, Roma 1983, pp. 10-11
  • M. Santoloni, N. Marcucci, Gli ingranaggi del potere. Il caso dell'anarchico Acciarito attentatore di Umberto I, Roma 1981
  • M. Felisatti, Un delitto della polizia? Morte dell'anarchico Romeo Frezzi, Milano 1975
  • P. C. Masini, Storia degli anarchici italiani. Da Bakunin a Malatesta, Milano, 1969


"infischiandoci delle temerarie smentite, confermiamo, una per una, le nostre accuse. Il Frezzi, diciamo, fu assassinato.
Gli assassini appartengono alla questura di Roma. E non c'è ... opinione di ministro o di birro che valga a cancellare la verità.
Verità non uscita dalla nostra fantasia, ma dei verbali contraddittori della stessa questura, dalla perizia ordinata dall'autorità
giudiziaria e dalle testimonianze nostre. Il ... suicidio del Frezzi fu un feroce e forsennato omicidio. Omicidio, capite?
Brutti assassini vigliacchi!
"
(Avanti!, 13 maggio 1897, pag. 1)




Aline Frigerio (Savona, 21 febbraio 1893 – Ginevra, Svizzera, 8 aprile 1984) è stata un'anarchica italiana moglie di Carlo.

Biografia

Nata a Savona, nel 1925 conosce Carlo Frigerio, col quale si congiunge in matrimonio nel 1928. Si impegna nell'attività anarchica insieme al compagno, che nel 1935 era divenuto membro del Comitato anarchico d'azione rivoluzionaria, insieme con Camillo Berneri, Leonida Mastrodicasa, Gusmano Mariani, Umberto Marzocchi e Bernardo Cremonini.

Alla morte di Carlo Frigerio (1966) continua nel suo sostegno al movimento anarchico, trovando nei compagni anche un sostegno per superare il dolore della scomparsa del compagno. Durante l'aggressione americana al Vietnam si avvicina al partito comunista svizzero nel desiderio di sostenere la resistenza viet-cong, ma ben presto rompe ogni rapporto con lo stesso a causa della sua innata repulsione verso ogni autorità.

Passa gli ultimi anni della sua vita in un ospizio per anziani, intrattenendo proficui rapporti epistolari con molti compagni, tra cui Aurelio Chessa. Molti suoi libri sono stati donati al Centro studi Libertari - Archivio Giuseppe Pinelli, contribuendo a costituire quella che è stata la prima dotazione libraria del Centro.

 


Carlo Frigerio (Berna, 7 marzo 1878 – Ginevra, 18 gennaio 1966) è stato un tipografo, giornalista, anarchico e sindacalista d'origine italiana ma naturalizzato svizzero dal 1899. 

Biografia

Nato a Berna da Giuseppe Frigerio e Maria Enrichetta Seelhofer, alla nascita viene abbandonato dai genitori (sarà poi riconosciuto dal padre durante un successivo processo) e allevato dalla nonna materna Enrichetta Margherita Seelhofer che da Berna si trasferirà a Milano.

Gioventù in Italia

Nella città lombarda frequenta le scuole elementari, poi una scuola commerciale internazionale in cui si insegnava in tedesco, lingua che apprende insieme al francese, insegnatogli dalla nonna, e all'italiana.

A causa dei gravi problemi economici in cui versa la famiglia deve lasciare gli studi ed iniziare a lavorare come impiegato di commercio. Dal 1891 frequenta il Circolo di Studi Sociali, dove assiste alle conferenze organizzate da socialisti, repubblicani ed anarchici.

Divenuto amico di Pietro Gori, editore de L'Amico del Popolo, la questura lo segnala come amico frequentatore di Sante Caserio e di Errico Malatesta, con cui avrebbe avuto una fitta corrispondenza quando questi era esiliato a Londra. Arrestato per alcuni giorni, è sottoposto a stretta sorveglianza fino al 1898, quando a seguito della repressione seguente agli scioperi viene nuovamente arrestato per alcuni mesi. Rilasciato, nell'agosto del 1898 è espulso dall'Italia.

Rientro in Svizzera

Stabilitosi nuovamente a Berna, si butta a capofitto nell'attività anarchica: nel 1899 dà alle stampe Il Canzoniere dei ribelli; nel dicembre 1899, insieme a Luigi Bertoni e Emile Held, pubblica nell'Almanacco socialista anarchico per l'anno 1900 l'appello di Malatesta Contro la monarchia e un articolo contro il municipale socialista Thiébaud, macchiatosi della grave colpa di aver ordinato la repressione degli scioperi di Ginevra. Trattenuti in stato d'arresto per per alcuni giorni a Berna, il governo italiano fa sentire le sue pressioni su quello svizzero nel momento in cui i tre anarchici vengono processati, ma il Tribunale federale di Losanna nel maggio 1900 li assolve da ogni accusa. 

Attività anarchica in Europa dal 1900 al 1919

Frigerio si trasferisce a Zurigo per alcuni mesi, poi nel 1901 emigra a Londra, dove collabora con Lo Sciopero generale / La Grève générale , La Rivoluzione sociale  e al numero unico La Settimana sanguinosa .

Nel maggio 1905 si trasferisce a Parigi, dove nel numero unico Verso l'emancipazione di Malatesta compare un suo scritto intitolato Perché entriamo nei sindacati. Espulso in seguito alle manifestazione del primo maggio 1906, ripara in Belgio, e nell'agosto 1907 prende parte al Congresso anarchico internazionale di Amsterdam, come membro della rappresentanza britannica. Espulso anche dal Belgio, ritorna a Londra nel luglio del 1908.

L'anno seguente rientra in Svizzera, a Ginevra, collabora al Risveglio / Réveil e ad altri periodici italiani anarchici come La Protesta Umana e Il Grido della Folla. Si reca spessissimo anche a Londra, Parigi e Bruxelles per mantenere i contatti gli anarchici di questi paesi che aveva conosciuto negli anni precedenti. Nonostante il precedente decreto di espulsione dalla Francia, il 1° ottobre 1910 gli viene concesso un regolare permesso di soggiorno e dal 20 marzo 1911 al 31 agosto 1914 risulta impiegato presso la ditta Cuirs e Peaux.

Collabora sempre saltuariamente a Le Réveil / Il Risveglio di Ginevra e al settimanale del sindacalismo rivoluzionario romando La Voix du Peuple di Losanna. Nel settembre del 1914 viene arrestato con l'accusa di spionaggio. Scarcerato, nel febbraio del 1915 si reca a Londra, dove nel mese di marzo sottoscrive insieme a Malatesta, Bertoni, Emma Goldman ed altri il Manifesto internazionale anarchico contro la guerra. Viene espulso dall'Inghilterra nell'aprile del 1919, dopo essere stato detenuto per sei settimane per mancata dichiarazione di cambiamento di indirizzo e perché sospettato di aver stampato falsi passaporti spagnoli.

Rientra a Ginevra, dove nel maggio del 1919 prende posizione contro la Russia bolscevica, che a causa della repressione vigente paragona ad un' «immensa caserma» .

Ritorno in Italia e l'avvento del fascismo

Nel novembre del 1919 viene chiamato dagli anarchici milanesi a stabilirsi nel capoluogo lombardo per diventare redattore di Umanità Nova, occupandosi in particolare di politica estera. Il 17 ottobre 1920 viene arrestato con Malatesta e scarcerato il 1° novembre. Poco tempo dopo è coinputato nell'istruttoria per «cospirazione contro i poteri dello stato», aperta nel 1921 nei confronti di diversi collaboratori di Umanità Nova (Armando Borghi, Corrado Quaglino, Virgilia D'Andrea ed altri...). Assolto nel mese di marzo, resta pur sempre detenuto per «sospetti di complicità con i responsabili» della strage del Teatro Diana e viene liberato solo il 23 giugno. Trasferita la redazione di Umanità Nova a Roma, si stabilisce nella capitale italiana, proprio nel momento in cui il fascismo comincia a manifestare la propria violenza contro tutti coloro i non allineati alle posizioni del regime. Carlo Frigerio, nonostante tutto, rimane in Italia e a partire dal 1924 collabora alla rivista Pensiero e Volontà.

Con l'intensificarsi della repressione, ripara a Torino, poi a Marsiglia ed infine definitivamente a Ginevra nel 1927. Qui, oltre a collaborare con Luigi Bertoni e al quindicinale Il Risveglio Anarchico, cura L'Almanacco libertario pro vittime politiche, pubblicato annualmente dal 1929 al 1941 e aiuta concretamente anche degli esuli antifascisti insieme, tra gli altri, a Luigi Bertoni e Carlo Vanza.

Traduce dal francese in italiano L'Anarchisme di Paul Eltzbacher e Bakunin e l'Internazionale in Italia di Max Nettlau. Nel 1928 sposa Aline, la sua compagna conosciuta nel 1925 ed anch'ella attiva nel movimento anarchico.

In rappresentanza dei compagni anarchici in Svizzera, nel 1935 partecipa ad un convegno d'intesa degli anarchici italiani emigrati in Europa, svoltosi segretamente a Sartrouville (Francia), e viene nominato membro del Comitato anarchico d'azione rivoluzionaria, insieme con Camillo Berneri, Leonida Mastrodicasa, Gusmano Mariani, Umberto Marzocchi e Bernardo Cremonini.

Dal 1933 al 1937 è presidente della sezione ginevrina della Federazione svizzera dei tipografi. Inoltre è membro della Lega italiana dei diritti dell'uomo (LIDU), per il quale scrive un manifesto duramente critico verso la Società delle Nazioni che s'era mostrata debole di fronte all'aggressione fascista all'Etiopia. Sempre attivo nel tenere collegamenti in Francia, si reca con Aline in Spagna durante la rivoluzione - fermandosi a Barcellona dal 18 agosto 1936 e per più settimane - dove è redattore di Espagne antifasciste e di Solidaridad Obrera. Nel 1938 pubblica Il lavoro attraente di Camillo Berneri e Gli anarchici e la Rivoluzione spagnola di Luce Fabbri e Diego Abad de Santillan nella Biblioteca di cultura libertaria di Ginevra. Dal 1939 si attiva per aiutare i compagni anarchici nei campi profughi in Francia.

Il secondo dopoguerra

Nel secondo dopoguerra, dopo la morte di Luigi Bertoni nel gennaio del 1947, diviene redattore responsabile della rivista anarchica Le Réveil anarchiste - Il Risveglio anarchico, periodico mensile bilingue. Tre anni dopo la rivista bilingue (Carlo Frigerio, Pietro Ferrua e Claudio Cantini  responsabili per la parte italiana) sospende le pubblicazioni, salvo poi riprenderle brevemente dal 1957 al 1960.

Muore a Ginevra il 18 gennaio 1966. Una parte della sua corrispondenza e dei suoi archivi sono conservati Centre International de Recherches sur l'Anarchisme (CIRA), alla fondazione della quale aveva contribuito.

Prima pagina del primo numero di Umanità Nova del 26-27 febbraio 1920, giornale a cui Frigerio collaborò lungamente.

 

Saverio Friscia (Sciacca, 11 novembre 1813 - 22 febbraio 1886), è stato medico, anarchico e militante dell'Internazionale dei Lavoratori. 

Biografia

«Amicissimo di Proudhon, di Reclus, di Cafiero, di A. Costa si mantenne in buone relazioni con Mazzini..Rivoluzionari lo ebbero sempre al fianco nelle loro lotte, sostegno prezioso...Ovunque vi era un diritto da proclamare, una tirannia da abbattere, un'ingiustizia da rivendicare, delitto da svelare e punire, Friscia accorse con la forza del suo braccio e del suo cervello. Con lui si spense una bella, nobile figura di internazionalista e di rivoluzionario» (Camillo Berneri, Uomini e idee. Saverio Friscia.

Saverio Friscia nasce in Sicilia, a Sciacca, l'11 novembre 1813 da Michele e Michelangiola Sortino. I genitori volevano farne un ecclesiastico, per questo da ragazzo frequenta il seminario. Laureatosi in medicina all'Università di Palermo (1837), segue i principi della medicina omeopatica che s'era diffusa in Sicilia insieme ai principi di Fourier.

Dopo la laurea ritorna nel suo paese natale, entra a far parte della massoneria anche grazie all'omonimo cugino frate domenicano, tenace antiborbonico che aveva scontato tredici anni di carcere duro per aver partecipato ad una congiura carbonara. Inizialmente Friscia abbraccia le idee mazziniane, partecipa all'insurrezione antiborbonica siciliana del 1848, viene eletto al Parlamento generale di Sicilia (1848-49) e promuove sulle pagine del giornale L'Armamento l'arruolamento volontario popolare in difesa della rivoluzione.

Arrestato nel 1849 (detenuto a Trapani e nell'isola di Favignana), nel 1850 sceglie di espatriare anche per proteggere la sua famiglia dalle persecuzioni poliziesche. Appoggia l'unità d'Italia abbracciando le idee federaliste di Carlo Cattaneo, nel 1851 raggiunge Parigi e si sposa con una ricca donna belga. In seguito raggiungerà Genova dove esercita la professione medica.

Dopo la "spedizione dei mille", ritorna in Sicilia avvicinandosi alle idee di Garibaldi. A lui perora la causa siciliana, descrivendogli minuziosamente la condizione di disagio in cui vivevano molti contadini dell'isola. Per questo promuoverà l'idea di espropriazione dei beni ecclesiastici da ridistribuire ai contadini (idea che non per colpa sua non fu mai messa in pratica). A causa delle sue critiche all'operato dei militari in Sicilia, viene destituito dal suo incarico e si ritrova a svolgere una funzione di intermediario tra le varie anime democratiche che popolano la Sicilia.

Eletto deputato (1861) del collegio Sciacca-Menfi nella VII legislatura (poi di Palermo nella IX e nuovamente di Sciacca fino alla XIV), promovendo lo sviluppo economico della Sicilia. Nel 1863 si trasferisce a Napoli e durante il biennio 1863-65 stringe rapporti politici ed epistolari con Mazzini, al quale perora la causa meridionalista; collabora al democratico Popolo d'Italia, si batte in favore dell'incameramento dei beni ecclesiastici purché fossero restituiti al popolo (1865) e prosegue nel suo lavoro di deputato «come mezzo per educare il popolo e come modo di protesta contro il sistema» (Lettera a M. Speciale, 16 giugno 1865).

La nascita della Prima Internazionale, la conoscenza di Proudhon e soprattutto l'amicizia con Bakunin, che all'epoca si trovava a Napoli, lo portano ad abbracciare le idee federaliste e antiautoritarie, auspicando un'Italia non unificata e ritenendo si potesse concretizzare una Sicilia indipendente o al limite federata con altre regioni.

Il 1868 è l'anno in cui le idee bakuniste presero la strada della capillare organizzazione, nel tentativo di scalzare l'egemonia mazziniana dal movimento operaio e di diffondere le teorie socialiste rivoluzionarie e anarchiche. Friscia, insieme a Carlo Gambuzzi, Giuseppe Fanelli e Alberto Tucci, è tra i fondatori del circolo “Libertà e Giustizia” e di un omonimo giornale. Divenuto organizzatore della sezione di Catania dell'A.I.L, nel settembre 1868 partecipa a Berna al secondo congresso della Lega per la Pace e la Libertà, durante il quale i bakunisti (tra cui Giuseppe Fanelli, Carlo Gambuzzi, Umberto Tucci), messi in minoranza, abbandonano i lavori per dar vita all'Alleanza internazionale per la democrazia socialista.

Nel 1871 il giornale internazionalista L'Eguaglianza, di Agrigento, pubblica L'Internazionale e Mazzini, un articolo scritto da Friscia, o comunque da lui ispirato, nel quale si polemizza contro lo statalismo di Mazzini e il suo attacco alla Comune di Parigi. Nell'agosto 1872 è delegato al congresso di Rimini delle sezioni italiane dell'Internazionale, che sancisce l'adesione degli internazionalisti italiani alle posizioni di Bakunin e il rifiuto della linea di Marx ed Engels.

Saverio Friscia muore il 22 febbraio 1886.

Bakunin tra Giuseppe Fanelli (a sinistra) e Saverio Friscia (a destra).
 


 



Otello Gaggi (San Giovanni Valdarno, 6 maggio 1896 – URSS, 31 maggio 1945) è stato un operaio e anarchico italiano. Ribelle ed antiautoritario, fu perseguitato dal fascismo e dallo stalinismo dopo il suo esilio in URSS. Morì recluso in un gulag sovietico.

Biografia

Nato a San Giovanni Valdarno (AR) da Silvio e Adele Rossi, è il terzo di quattro figli di un'umile famiglia operaia. Otello smette di frequentare la scuola dopo la fine delle elementari, non conseguendo quindi nessun titolo di studio. Assunto come saldatore alla ferriera, viene qualificato in una nota della prefettura come «non assiduo al lavoro» e frequentatore degli ambienti sovversivi.

L'antimilitarismo anarchico

Sin da adolescente è un accanito lettore della stampa anarchica e rivoluzionaria, in seguito partecipa al «Comitato contro la guerra pro Masetti», promosso dalla locale Lega Metallurgici e dai minatori di Castelnuovo, e prende parte attiva ai moti antimilitaristici contro gli interventisti.

Inviato in zona di guerra nel dicembre 1915 come soldato del 35° Fanteria, è deferito al tribunale militare per diserzione. Viene condannato una prima volta a due anni di carcere e rispedito al fronte dove, nel marzo 1916, è denunciato per il medesimo reato e condannato a tre anni. Subisce poco dopo un'altra condanna a 10 anni per furto con scasso (cumulo di pena), poi ad altri due il 29 agosto 1917 dal Tribunale di Guerra di Bologna sempre per diserzione. In quella stessa data viene espulso definitivamente dall'esercito.

Indomito ribelle contro fascismo e autorità

Amnistiato nel 1919, frequenta gli ambienti anarchici e si distingue per il suo carattere dedito all'azione diretta aggressiva contro tutte le forze reazionarie. Nel 1920, a San Giovanni, viene denunciato insieme al suo grande amico Vittorio Curzi con l'accusa di aver procurato lesioni ad un guardiano di Ferriera. Il 23 marzo 1921, insieme ad un gruppo di minatori antifascisti, si scontra con un gruppo di squadristi che sfilavano a San Giovanni Valdarno:

«Tra le ore 14 e le 15 del 23 marzo corrente anno [1921] passò per il corso Vittorio Emanuele di S.Giovanni Valdarno un camion di fascisti, proveniente da Firenze e diretto a Perugia. In un attimo, sparsasi la voce che quei fascisti si recassero invece a Montevarchi ed a Loro Ciuffenna, ove il giorno avanti si erano verificati degl'incidenti, per compiervi una spedizione punitiva, i sovversivi del luogo si radunarono sulla pubblica via e rapidamente preordinarono un'aggressione.» 

La rivolta mineraria

Gli scontri sono molto duri per tutta la giornata, si odono spari e scoppi di granate ed alla fine si conteranno nove feriti ed un morto. Quest'insurrezione fungerà da detonatore per l'inizio di una rivolta dei minatori contro il padronato occupando l'area mineraria, durante la quale muore l'ingegner Agostino Longhi e numerosi impiegati vengono feriti.

Immediatamente dopo si susseguono i mandati di cattura e gli arresti, ben 75 persone vengono processate per la rivolta. Il processo si conclude con una condanna all'ergastolo e con pene molto pesanti (tra cui quella al sindacalista Attilio Sassi). Gaggi è condannato in contumacia a trent'anni per danneggiamenti, minacce e incendio doloso. 

Inizialmente trova riparo nella Repubblica di San Marino con centinaia di altri perseguitati. Sottoposto a procedimento di estradizione da parte delle autorità sanmnarinesi, il 6 giugno 1921 scappa verso l'Unione Sovietica che raggiungerà dopo mille peripezie.

In URSS

Otello si imbarca con altri esuli da un imprecisato porto italiano in direzione di Odessa, una città ucraina sul mar Nero. Una volta sbarcato, di lui si perdono le tracce e solo dopo cinque anni i suoi parenti avranno notizie sulla sua nuova vita. Si apprenderà così così che nel 1922 Otello era stato arrestato a Baku per motivazioni politiche e che aveva scontato tre anni nelle prigioni di Celjabinsk. Gaggi aveva anche messo su famiglia con una donna di nome Marsaide, dal cui rapporto era nata Lilina.

Dal 1926 al 1928 il nuovo nucleo famigliare si trasferisce prima a Novorossijsk e poi a Mosca. Classificato dall'.ambasciata italiana come dissidente, nella capitale sovietica frequenta il Club internazionale e la comunità degli antifascisti italiani composta da più di un centinaio di persone (in maggioranza comunisti). Come tutti i nuovi arrivati, è sottoposto ad un rigoroso controllo da parte del servizio segreto della NKVD e dai dirigenti dell'emigrazione italiana, tra cui spiccava il ruolo di Paolo Robotti e del dirigente del PCI Antonio Roasio (curatore dei fascicoli su ogni immigrato italiano). 

Gaggi, insofferente ad ogni disciplina, mal sopporta questi controlli e quindi di tanto in tanto si lascia andare a delle pericolose critiche verso il regime bolscevico. Nulla di particolare, ma nell'URSS in preda alla stalinizzazione questo bastava ed avanzava per bollarlo come potenziale nemico del proletariato e tenuto sotto rigoroso controllo, grazie in particolare ad un'efficace rete di spie italiane poste al loro servizio. Nello specifico, i bolscevichi ricevono preziose informazioni sull'anarchico valdarnese da Dina Ermini, futura moglie di Roasio e lontana parente di Gaggi.

Le difficoltà economiche sono enormi e l'anarchico vorrebbe tornare in Italia, anche perché gli era giunta notizia che c'era la possibilità di revisionare il suo processo per i fatti del 1921. Gaggi si deve muovere con prudenza, i bolscevichi lo considerano sempre più come un nemico della rivoluzione e nel 1930, dopo aver trovato un nuovo lavoro a Sahalin in estremo oriente, progetta un improbabile piano di fuga. Anche i fascisti hanno saputo di queste sue intenzioni e viene segnalato nel Bollettino delle Ricerche: «da arrestare in caso di rimpatrio». Nel frattempo svolge lavori saltuari come interprete e, dal 1932, si impiega all'hotel Metropol di Mosca.

Nel gennaio del 1933, durante una riunione «non ufficialmente disposta dal Komintern» tra i fuoriusciti di Mosca, Odessa e Kiev, a cui presenziano anche alcune spie fasciste, scoppia un violento alterco tra chi pretende che tutti gli italiani chiedano la cittadinanza sovietica e chi, come Otello, non intende invece precludersi la possibilità di rientrare in Italia. Nell'occasione Luigi Capanni, comunista originario del Valdarno, invia una missiva a Luigi Longo per denunciare diffamare il suo conterraneo definendolo agente provocatore e spia. Nel 1934 il terrore staliniano contro il “trotzkismo” si intensifica: sono bollati con quest'epiteto tutti i dissidenti, compreso Gaggi. Egli si trova in una situazione di angoscia e paura, specialmente dopo aver appreso la notizia della morte del babbo e dopo aver dovuto affrontare anche la morte della sua compagna Marsaide.

L'internamento nel gulag

Rimasto solo con la piccola Lilina, l'anarchico russo inizia la convivenza con un'altra donna russa, Tamara. Il 28 dicembre 1934, insieme ad altri nove italiani residenti a Mosca, viene arrestato ed il Club internazionale, considerato un “covo di spie”, viene chiuso d'autorità. In merito al suo arresto, dubbi sorgeranno sulla figura di Tamara a causa della sua condizione di dipendente del Narodnyj kommissariat.

Interrogato dalla polizia politica, pur respingendo la definizione di controrivoluzionario, Gaggi ammette di essere critico nei confronti del sistema sociale dell'URSS e delle condizioni lavorative degli operai. Durante l'interrogatorio ammette anche di aver mantenuto contatti clandestini epistolari con esuli anarchici a Parigi come Umberto Tommasini.

Condannato a «tre anni di confino a piede libero» per «attività controrivoluzionaria», è mandato a lavorare in miniera a Jarensk. Il Comité International contre la répression en Russie di Bruxelles ne reclama la sua liberazione insieme a quella del comunista Luigi Calligaris e di Merini. Allo scoppio della rivoluzione spagnola nel 1936, la CNT ed altri miliziani impegnati sul fronte d'Aragona chiedono direttamente a Stalin di liberare prigionieri politici come Gaggi, Francesco Ghezzi e Herman Sandormirski affinché possano unirsi ai rivoluzionari spagnoli. L'anarchico belga Hem Day promuoverà una raccolta di fondi pro-Gaggi vittima dello stalinismo, ma le autorità sovietiche rispondono con il suo trasferimento a Semipalatinsk in Kazakistan.

Da questo nuovo luogo di detenzione, l'anarchico scrive a Luigi Bertoni, da cui si evince il mantenimento coerente delle sue idee anarchiche e la speranza di andare in Spagna che ormai s'è fatta vana. Dal Kazakistan indirizza ai compagni il suo commiato:

«... la vittoria definitiva sarà nostra, e da questa lontana Asia giunga il mio augurio fraterno al popolo spagnolo di un prossimo raggiungimento di una società di liberi in terra liberata...».

Da quel momento (novembre 1936) si perdono le sue tracce. A seguito dell'apertura degli archivi sovietici si apprenderà la sua data di morte avvenuta “in stato di detenzione”: 31 maggio 1945.

L'anno prima, quando l'anarchico era ancora in vita, l'allora ministro comunista Palmiro Togliatti s'era rifiutato di intervenire in suo favore e aveva evitato di rispondere ad una lettera in tal senso inviatagli da Victor Serge.

Riabilitazione postuma

Nel tentativo di riportarlo in Italia, quando ancora non si conosceva la sua tragica fine, il suo caso sarà più volte ed inutilmente riproposto alla pubblica attenzione da vari comitati, da personalità come Saragat, dalla stampa anarchica e comunista dissidente.

Nel 1956 Otello Gaggi viene riabilitato dalle autorità sovietiche come altri anarchici (vedi Francesco Ghezzi), ovvero viene certificata la loro ingiustificata detenzione sulla base dell'assurda accusa di essere controrivoluzionari. Il 20 novembre 1954 la Corte di appello di Firenze revoca l'ordine di cattura dichiarando «estinti per prescrizione tutti i reati».

Nel 1992 esce una biografia firmata da Giorgio Sacchetti, Otello Gaggi. Vittima del fascismo e dello stalinismo, in cui si denuncia il comportamento del PCI e le gravi responsabilità dei dirigenti Dina Ermini e Antonio Roasio rispetto alle ingiuste accuse ricevute, alla detenzione e alla morte. 


 


 


 


 


 


 


 



 

 

 

 

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