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martedì 12 luglio 2016

Carmine Noce da Pietrafitta di Martirano brigante ( - 1866)

Carmine Noce


Istituto Comprensivo Carolei – Anno Scolastico 2007/2008

 IL  VALLONE DEI BRIGANTI

               Una delle tante storie mai scritte sul brigantaggio, ma raccontate solo dai vecchietti ai loro nipotini, è quella che è avvenuta in un calda domenica del lontano  luglio del 1866, sulle linee di confine tra Mendicino, Carolei e Domanico. La storia riguarda il rapimento di un ricco latifondista e notabile mendicinese, ad opera di un gruppo di briganti  provenienti da diversi comuni, tra i quali s. Pietro in Guarano., Castrovillari e Pietrafitta  al comando dei capobanda Carmine Noce   e di un tal Sisnardi.

Questo gruppo di briganti, raggiunse il territorio mendicinese , seguendo le istruzioni di un basista locale, attraverso un percorso montano via Domanico -Carolei- Treti , e precisamente scendendo dalla contrada  "Treti" fino al ponte Alimena. Si racconta che, quando questi giunsero in contrada " Treti", incontrarono alcuni contadini che stavano andando nella casupola del guardiacaccia nella riserva di caccia dei Quintieri (attuale cozzo S. Martino) a prelevare gli indumenti per lavorare e portarono con loro, con la forza uno di essi perché facesse da guida fino al ponte Alimena.

Il latifondo del grande proprietario terriero Nicola Lento era dislocato dietro il cimitero di Mendicino, nei pressi della chiesa  diroccata di S. Cristofaro, ed era quasi tutto coltivato a grano. Durante il periodo della mietitura, il proprietario andava spesso a passeggiare tra i mietitori con il proprio cavallo per controllare il ritmo di lavoro; così i briganti decisero di rapirlo proprio durante una di queste passeggiate.

Ma la domenica che avvenne il rapimento , Nicola Lento aveva mandato il figlio, poiché lui non si sentiva bene. Cosicchè i briganti rapirono il figlio, pensando naturalmente di chiedere in seguito il riscatto ai familiari. Rapirono il Lento e si diressero dapprima verso Terredonniche , per poi proseguire verso le montagne tra Potame e monte Cocuzzo attraverso  la valle dei "Relli" o  "valle  dello  Ntinnale" lungo il corso del fiume Caronte. Alcuni contadini andarono immediatamente ad avvisare le forze dell’ordine locali , cioè  la Guardia Nazionale di Carolei, Domanico e Lago ed il Mandamento della Guardia Nazionale di Cerisano.

Iniziò cosi un lungo ed estenuante inseguimento dei briganti, i quali una volta superata la  "casa dei Relli" verso la valle "Spinarelle", che delimita il versante destro del cozzo  "Ntinnale", proseguirono in una piccola valle  sulla destra dopo le "Caselle Baroni".

La valle,  terminava purtroppo con una roccia a strapiombo dalla quale scendeva un ruscello , rendendo impossibile il prosieguo della lunga fuga.I briganti sentendo gli inseguitori alle costole, decisero di liberarsi dell’ostaggio, uccidendolo con un colpo di fucile.  . Ma il proiettile lo colpì di striscio così il  Lento si finse morto e si salvò.         Durante la fuga, incontrarono in seguito un povero contadino , soprannominato "Pitittu" (appetito) poiché aveva sempre appetito, per non parlare di fame atavica, che stava tornando a casa a  Mendicino nel rione di  "Basso la Motta"  dalla valle del  "finocchio", con un carico di grano germano sulle spalle che sarebbe servito per sfamare la sua famiglia.

I briganti, al fine di far perdere tempo  e di scoraggiare i carabinieri nell’inseguimento lo uccisero con molta freddezza.

Durante il percorso della loro fuga,  non conoscendo la zona, dovevano spesso scegliere a caso, tra diverse  valli confluenti. Al termine del percorso, sfortunatamente scelsero l’unica valle che non aveva sbocco.

L’unica che non dava nessuna possibilità di proseguire, poiché bloccata da una roccia a strapiombo frontale dalla quale scendeva un ruscello e  dalle pareti laterali quasi verticali, come si può tuttora constatare da un attento esame del territorio dell’alta valle del fiume Caronte.

Una perfetta trappola mortale  per un gruppo di malfattori che venivano inseguiti,  come se la loro fine fosse stata già scelta dal destino. I briganti, appena si trovarono in quella trappola, capirono subito che non avrebbero avuto più nessuna possibilità di salvezza.

L’unica alternativa, era quella di nascondersi fra i cespugli e sperare di non essere scoperti . Intanto  i carabinieri giunti in quella zona, chiesero a tutti i boscaioli e contadini che si trovavano in zona (all’epoca c’erano molti contadini che coltivavano la terra e boscaioli che lavoravano) ma nessuno di loro diede conferma del passaggio del gruppo di briganti.

Capirono allora che i briganti dovevano essersi nascosti in quella zona ed iniziarono subito un’accurata ricerca. Un gendarme, giunto nei pressi del vallone dove erano nascosti i briganti,  si affacciò dallo strapiombo per osservare nel fosso, ma individuato da uno dei briganti fu colpito da una fucilata, e ferito dovette indietreggiare.

Fu questa la vera azione fatale per i briganti, in quando quello sparo attirò tutti i carabinieri, ed una volta scoperti si misero a sparare nei cespugli dietro i quali erano nascosti i briganti, iniziando cosi un lungo assedio. L’assedio durò quasi due giorni. Furono  massacrati 17 briganti e 3 carabinieri,solo un brigante,  fingendosi morto, quatto quatto se né scappò via.   Terminata la strage, decisero di seppellirli lì vicino, in una zona dove la valle si allarga , e di mettere a dimora su ogni fossa di  sepoltura una  piantina di noce. Questo gruppo di piante, conosciute da boscaioli e  cacciatori come  …"le noci dei briganti"….rimase in vegetazione circa fini a 20-25 anni fa circa, poi fu  tagliato  abusivamente.

L’unico brigante superstite, andò a nascondersi sotto un   "covone"  di felci, usate all’epoca per la coltivazione delle patate. In un campo dove c’erano un contadino con il proprio  figlioletto e fu proprio questo bimbo ad accorgersi della presenza del brigante e farlo notare al padre che lo immobilizzò minacciandolo con un "tridente".. Ma questi, impaurito e stanco, implorò pietà dicendo di  avere anche lui tanti figli piccoli e di voler tornare a casa per poterli sfamare,  gli consegnò il proprio fucile in segno di resa e chiese in quale direzione si trovasse   il paese di Castrovillari, poiché era lì che risiedeva la sua famiglia. Il contadino impietosito, lo lasciò andare , indicandogli la direzione del paese.

In quelle valli adesso,…… non si sentono più i richiami e le voci dei montanari e dei boscaioli… …c’è un lungo silenzio …..e nello scroscìo dei numerosi  ruscelli dell’alta valle del fiume Caronte,  …….sembra ancora di sentire riecheggiare le  "schioppettate" e le grida di morte di quei poveri diavoli….forse anche loro vittima di tanta miseria e di tanta fame.


 Al  termine  di  tale  operazione,  dodici  parenti  del  brigante
Carmine    Noce   da   Aprigliano  e   sette   di   Giovanni   Siinardi  da
Pietrafitta    furono    arrestati.   Si   trattava,   in   prevalenza   (52,63 
per   cento)   di  fratelli  e  sorelle,  giovanissime  (69),  ma  talvolta
anche  di  genitori,  mogli,  nipoti,  cugini (70). 



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