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domenica 9 aprile 2017

Juan De Marchi, nato Giovanni De Marchi (Torino, 10 giugno 1866 – ...) Anarchist

Juan De Marchi

Juan De Marchi, nato Giovanni De Marchi (Torino, 10 giugno 1866 – ...), è stato un anarchico italiano. Emigrato da Torino in Cile, svolgeva il mestiere di calzolaio a Valparaíso e fu legato da una profonda amicizia con Salvador Allende, sulla cui formazione politica ebbe una importante influenza.

Biografia

Dell'amicizia con Allende è lo stesso uomo politico a fornire testimonianza:
« Quando ero un ragazzo tra i quattordici o quindici anni, dopo avere finito le lezioni al Liceo di Valparaíso andavo da un calzolaio, un anarchico italiano di nome Juan De Marchi, dal quale mi fermavo per scambiare opinioni sulla situazione politica cilena e internazionale. De Marchi aveva allora 63 anni e accettava volentieri di parlare con me di cose della vita, mi prestava dei libri e, inoltre, mi insegnava a giocare a scacchi. »
Ancora Allende dichiarò al giornalista Régis Debray che De Marchi ebbe una forte influenza sulla sua formazione di adolescente.
De Marchi emigrò in Argentina a ventisei anni, nel 1893. Fin dall'inizio aderì attivamente al movimento anarchico che faceva riferimento al gruppo di Umanità Nova guidato da Pietro Gori ed Errico Malatesta, molto attivi in America Latina. Trasferitosi in Cile, si impegnò sempre nella difesa dei lavoratori e delle persone più umili.
De Marchi è citato nel film-documento di Patricio Guzmán intitolato Salvador Allende.


Juan De Marchi (born Giovanni de Marchi in Turin, 10 June 1866 - 1943) – surname also spelled as Demarchi – was an Italian-born anarchist, best known for his friendship and influential role in the development of Salvador Allende's political identity.
In 1893, when he aged twenty-seven, De Marchi moved from Italy to Argentina, where he was involved with the Latin-American Anarchist movement that arose around the newspaper Umanità Nova, stoked by figures such as Pietro Gori and Enrico Malatesta.
Later on he moved in Chile, where he worked as a shoemaker in Valparaíso.
When he was about sixty-three years old, Allende was attending high school at the Liceo Eduardo de la Barra in Valparaíso. It was at that time that the adolescent Allende came into contact with De Marchi's political and intellectual ideas. As Allende once said:
When I was a boy, aged about fourteen or fifteen years, after the lessons at the high-school of Valparaíso, I usually was going in the workshop of a shoemaker, Juan De Marchi, an Italian anarchist, by whom I was eager to stop exchanging opinions about foreign and national situation. De Marchi was aged 63 at the time, and he willingly agreed to talk to me about events of life; he even lent me his books and, furthermore, he taught me to play chess.
— S. Allende at Jaime Massardo
According to other interviewers, De Marchi had an important role in shaping Allende's ideology.

 

Juan de Marchi maestro del “chico” Salvador Allende
Agli anarchici Michele Pantaleo, Agostino Raimo e Aurelio Chessa.
di Sebastiano Gernone

“En verdad, tuve influencia en mi formación de un viejo zapatero anarquista que vivía frente a mi casa, cuando yo era estudiante secundario. Además me enseñó a jugar ajedrez. Cuando terminaba mis clases, atravesaba la calle e iba a conversar con él. Pero como era un hombre brillante, no sólo me planteaba sus puntos de vista sino que me aconsejó que leyera algunas cosas. Y empecé a hacerlo.
                                    Salvador Allende
 
La recente ricorrenza dell'11 settembre - data funesta per la storia del Cile e degli Usa - ci ha permesso di vedere alcuni film focalizzati sul tristissimo epilogo del governo democratico del presidente cileno Salvador Allende. Già il regista Constantin Costa-Gravas con il suo lavoro “Missing” era riuscito a ricostruire con una veritiera fiction la storia della fine della democrazia in Cile negli anni ‘70 e a descrivere in immagini l'avvento della dittatura militare guidata dal golpista generale Pinochet, evidenziando tutte le complicità internazionali della CIA e del governo Usa che determinarono il barbaro bombardamento del Palacio de la Moneda, sede istituzionale presidenziale, con la soppressione delle regole del diritto civile e l'inizio delle persecuzioni, gli stermini, le torture, i desaparecidos cilenos, l'annullamento fisico e intellettuale di chi si opponeva agli interessi internazionali e dei gruppi dominanti nel Cile.
Tra le visioni cinematografiche cui si è assistito negli ultimi tempi segnaliamo il breve cortometraggio riguardo all'11 settembre del regista inglese Ken Loach, intellettuale la cui maestria si accompagna allo sdegno e al coraggio nel denunciare le ingiustizie del mondo; inoltre, quello di Andrès Wood dal titolo “Machuca”; in esso l'angolo visuale di quei giorni tristissimi per il Cile, l'America Latina e tutti i democratici, è quello di due ragazzi d'estrazione sociale opposta, il ricco Gonzalo e il poverissimo Machuca, due adolescenti segnati dalla paritaria politica culturale democratica di Allende, con la piena solidarietà degli uomini di buona volontà. Il tempo di Allende affianca i due ragazzi negli stessi banchi di scuola per soli ricchi - nei governi precedenti - in un istituto scolastico diretto da uno dei tanti preti coraggiosi che, con spirito evangelico, riescono – nonostante la dura opposizione della minoranza borghese e latifondista cilena – a far convivere ragazzi di educazione ed estrazione sociale diversissima: è questa una particolarità tipica del Centro e Sud America, ove succede, invero, che a poche centinaia di metri di distanza ci siano catapecchie in lamiera dove vivono migliaia di famiglie abbruttite dalla miseria, e lussuosi appartamenti della borghesia che pur sfruttandoli li disprezzano.
Ultimo di cui siamo stati spettatori, l'emozionante film documentario Salvador Allende del regista Patricio Guzman, in cui si è ricostruita la memoria del Presidente del Cile e della gente povera del suo popolo, privati illegalmente di diritti, destini e anni di vita dignitosa.
Questo prologo è utile per ambientare culturalmente l'argomento di questa nostra nota dedicata a Juan De Marchi, anarchico di origine italiana, amico e maestro influente dell'adolescente Salvador Allende a lui affezionato, in tal fiducia da visitarlo quotidianamente appena finite le lezioni del liceo pubblico “Eduardo de la Barra” (a Valparaiso dal 1922 al 1925), e “atravesaba la calle e iba a conversar con el” ricordava Allende.
Juan De Marchi è un personaggio fondamentale nella formazione e educazione di Salvador Allende.
Il regista Patricio Gutzman indaga - tra i vecchi compagni di Allende Gossens, futuro presidente cileno - su Juan Demarchi, calzolaio anarchico di origine italiana. L'artigiano italiano iniziò Allende al pensiero libertario con lunghe conversazioni, e passandogli libri di Kropotkin, Bakunin, Malatesta e Paul Lafargue - il genero di Marx che, contrariamente all'illustre parente, difendeva la liberazione dal lavoro con l'ozio.
Gli anarchici europei e soprattutto gli italiani, furono attivi e presenti in discreto numero per alcuni decenni, soprattutto in Brasile e in Argentina: “Vi avevano portato anche i canti di lotta anarchici e socialisti che Allende imparò a cantare accompagnandosi con la chitarra. Il compositore e cantante di tango argentino Carlos Gardel, cantava:
«Declaran la huelga, hay hambre en las casas:
es mucho el trabajo y poco el jornal.
Y en un entrevero de lucha sangrienta
Se burla de un hombre la ley patronal»
(Dichiarano lo sciopero, c'è fame nelle case: / è troppo il lavoro e poco il salario / E in uno scontro di lotta insanguinata / Si burla degli uomini la legge padronale.” (1)
 
 Negli anni giovanili di formazione politica Allende aggiunse le letture e lo studio dei testi del comunista cileno Recabarren, di Francisco Bilbao, del socialista spagnolo Pablo Iglesias e altri. (2) “Salvador un leninista? Con me parlava solo della Rivoluzione francese. Idee come “Partito unico” o “Dittatura del proletariato” gli erano estranee” dichiara al regista cileno Sergio Vuskovic, ex sindaco di Valparaiso, la città in cui Allende era nato nel 1908. Ancora ricorda Guzmàn che “aveva l'aspetto rassicurante del vecchio parlamentare, lo stile dell'uomo politico liberale dell'Ottocento, sempre elegante ma sobrio, allergico a qualsiasi forma di stravaganza e protagonismo. Diversissimo, in questo dall'amico Fidel Castro”.
Alle note biografiche del Presidente del Cile (1908 -1973) e capo di Unidad  Popular che riportiamo, - grazie alle ricerche di Patricia Verdugo, di Carlos Jorquera e alle memorie dello stesso Allende - dobbiamo altri ricordi che confermano la figura e l'importanza di Juan De Marchi:
“Per il tipo di lavoro che faceva il padre (di Allende, era avvocato e a Valaparaiso notaio, ndr) la sua infanzia si trasformò in un vagabondare per il Cile. Tacna (allora ancora Cilena), la stessa Inique, Santiago, Valdivia e di nuovo a Valparaiso nel 1921 per cominciare il liceo. Fu lì che entrò nella sua vita un vecchio calzolaio anarchico, di origine italiana, Juan Demarchi, che influì sulla sua formazione ideologica. ‘M'insegnava a giocare a scacchi, mi prestava libri. I suoi giudizi erano importanti perché non ero abituato a letture impegnate e lui mi appianava i problemi con la semplicità e la chiarezza degli operai che hanno capito come stanno le cose', raccontò in seguito Salvador Allende. Fu così che De Marchi gli fece conoscere Kropotkin, Bakunin, Malatesta e Lafargue. E l'adolescente sentì che gli si apriva una porta, una porta che collegava la sua storia familiare a un futuro di attività politica.” (3)
Altre conferme dell'amicizia tra Allende e De Marchi, che rimarcano nei particolari i dati anagrafici dell'anarchico italiano, sono quelle rilasciate da Allende a Régis Debray, che pur se ripetono quanto già riferito ne arricchiscono e rafforzano il peso:
“Quando ero un ragazzo, tra i 14 e 15 anni, mi recavo nel laboratorio di un artigiano, un calzolaio anarchico che si chiamava Juan Demarchi, per sentirlo parlare e per avere qualche scambio di idee con lui. Questo accadeva a Valparaiso, quando ero studente al liceo. Appena finite le lezioni andavo a parlare con questo anarchico che ha avuto davvero molta influenza sulla mia vita di ragazzo. Aveva sessanta, o forse sessantatre anni, e chiacchierava volentieri con me. Mi ha insegnato a giocare a scacchi, mi parlava delle cose della vita e mi prestava libri….” (4)
E come non leggere - nelle vicende politiche dell'esperienza di Allende - l'influenza del pensiero anarchico trasmessogli dal De Marchi?
Nella sua determinazione di governo per la parte più povera del Cile, nelle leggi per la divisione dei latifondi ai contadini e braccianti, nella sua generosità e impegno risuonano anche le parole di Malatesta, Kropotkin, Bakunin:
 
“ Se la democrazia potesse essere altro che un mezzo per ingannare il popolo, la borghesia, minacciata nei suoi interessi, si preparerebbe alla rivolta e si servirebbe di tutta la sua forza e di tutta l'influenza che le sono date dal possesso della ricchezza, per ricordare al governo la sua funzione di semplice gendarme al suo servizio. ” (Malatesta, L'Anarchia, 1907).
 
“ La rivoluzione non è un semplice cambiamento di governanti. E' la presa di possesso da parte del popolo di tutta la ricchezza sociale. ” (Kropotkin, Parole di un rivoltoso, 1883).
 
“ I popoli sono pronti, essi soffrono molto e, ciò che conta, incominciano a capire che non sono affatto obbligati a soffrire. “ (Bakunin, Protesta dell'Alleanza, 1871).
 
Di quest'umile, coraggioso anarchico italiano una testimonianza fondamentale rimane la fotografia, quantunque utilizzata per schedarlo dal regime fascista. (5) La fotografia di De Marchi è la registrazione della sua vita (6). Se ne noti l'asciuttezza della figura, il volto scavato dalle mille fughe e emigrazioni, dal duro lavoro e la semplicità in un abito povero ma con una sua dignità; e la si raffronti con quelle di Allende, che pur in un abito borghese conserva la stessa umiltà quando viaggia in Cile, o nel mondo a difendere il suo esperimento di socialismo nella democrazia, le sue affermazioni profetiche e il suo sguardo profondo e intelligente sull'uomo presente in una sua celebre dichiarazione:
 ” Pienso que el hombre del siglo XXI debe ser un hombre con una concepción distinta, con otra escala de valores, un hombre  que no sea movido esencial y fundamentalmente por el dinero, un hombre que piense que existe para la fortuna una medida distinta, en la cual la inteligencia sea la gran fuerza creadora. “
 
Una ricerca nell'Archivio Centrale dello Stato italiano a Roma ci consente di fare un'ulteriore chiarezza su Juan De Marchi. (7) Il documento chiave e più rilevante è la risposta dell'ambasciata italiana d'Argentina da Buenos Aires, datata 4 Ottobre 1932 al Ministero dell'Interno italiano. Il documento ha per oggetto De Marchi Giovanni fu Giacomo e di Ennetti Maria, nato il 10 giugno 1866 a Torino, anarchico. Trascriviamo il testo:
“In risposta alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che l'individuo contraindicato, non è stato finora rintracciato in questa capitale, e da notizie potute avere in questa Calle Loira n. 1210, dove egli visse fino circa due anni fa', si sarebbe recato nella vicina repubblica del Chile unitamente alla moglie Mardones Etelvina. Egli qui esercitava il mestiere di falegname, e fu arrestato il 3 marzo 1929, perché sorpreso da questa Polizia politica, unitamente ad altri anarchici, mentre usciva dalla sede di un comitato anarchico, sita in questa Calle Laira n.1194, frequentato pure in quel tempo dal noto anarchico Barbetti Lino. Dal fascicolo che lo riguarda, esistente presso questa Polizia politica, secondo dichiarazione resa dal De Marchi al momento del predetto arresto, risulta effettivamente nato in Torino; può darsi però che invece sia nato in qualche comune del circondario di Torino. Si trovava in Argentina sin dal 1893.
Connotati: statura 1.60, corporatura esile, colorito naturale, capelli brizzolati, occhi infossati, castani - chiari, fronte ampia, naso retto, bocca media, baffi brizzolati spioventi, barba rasa, mento - orecchie - labbra regolari.
Il Regio Incaricato di Affari…”.
Una lettera precedente quella del 4 ottobre 1932 fu inviata sempre dall'ambasciata d'Italia in Argentina in data 6 aprile 1932. In essa si leggono dei dubbi sulla stessa identità del De Marchi argentino rispetto al cileno, dubbi che scomparvero – troppe coincidenze di luoghi e nomi – di lì a qualche mese. Questo secondo documento su Giovanni De Marchi è sempre inviato da Buenos Aires al Ministero dell'Interno a Roma. Ecco il testo:
“In risposta alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che l'individuo contraindicato, dal prontuario n.59212 esistente presso la locale Polizia politica, risulta essere effettivamente nato in Torino nel 1866, 10 di Giugno, secondo dichiarazione resa in occasione di un fermo per misure di Polizia. Il De Marchi sarebbe sposato, esercita il mestiere di falegname, e fino a qualche tempo fa era effettivamente domiciliato in questa Calle Loira n.1210, da dove però si è trasferito per ignota destinazione. Secondo una comunicazione apparsa sul locale quotidiano “ La Prensa” del 6 febbraio c.a., un tal De Marqui (sic, ndr) Giovanni non meglio generalizzato sarebbe stato arrestato dalla Polizia di Valparaiso, ed espulso dal Chile, in conseguenza della sua attività sovversiva. Dubitasi che il predetto sovversivo espulso dal Chile possa identificarsi nel De Marchi in oggetto specificato. Ad ogni buon fine trasmetto in visione e con preghiera di cortese restituzione, l'acclusa copia di fotografia del De Marchi Giovanni fu Giacomo.
Con profondo ossequio
Il Regio Ambasciatore (Visto, ndr)
(firma illeggibile ma è la stessa della precedente).
Ma ancor prima, il 6 aprile del 1931 l'ambasciata italiana di Buenos Aires si era occupato di Giovanni De Marchi in corrispondenza con il Ministero dell'Interno italiano. Il testo:
“In risposta alla nota citata a margine ho l'onore d'informare che l'individuo contraindicato da qualche tempo non è stato più notato dal servizio fiduciario ed informativo di questo Ufficio Riservato. In questi gruppi sovversivi ed antifascisti, in via confidenziale, è stato possibile conoscere che il Di Marchi (sic, ndr) siasi trasferito per ragioni di lavoro, in un comune imprecisato della vasta provincia di Santa Fé.
Con profondo ossequio
Il Regio Ambasciatore
(firma illeggibile, ndr)
Un altro documento d'archivio interessante del fascicolo sul De Marchi è l'elenco di anarchici italiani presenti a Buenos Aires in quegli anni, in cui si specifica la sua appartenenza a una ben determinata corrente anarchica.
De Marchi lo si è già letto nel documento d'archivio, giunse in Argentina ventiseienne, fin dal 1893. Pochi anni prima, nel febbraio del 1885, Malatesta era arrivato a Buenos Aires, già famoso per le insurrezioni del 1874 nel beneventano e per l'adesione, sempre con Cafiero, all'ala bakuninista della federazione italiana dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Un anno prima dell'arrivo del rivoluzionario anarchico, 17 lavoratori italiani costituirono il Circolo Comunista Anarchico che distribuiva La Questione Sociale pubblicata a Firenze dal Malatesta.
Il Paria di Ancona e La Révolte parigina. Pochi mesi dopo l'arrivo di Malatesta a Buenos Aires si costituì, con numerose aderenze, un Circolo di studi sociali, in calle Bartolomè Mitre 1375; nel Circolo vi furono conferenze di Malatesta e altri compagni, la pubblicazione in italiano de  La Questione Sociale. Sia Malatesta che, successivamente, Pietro Gori propugnarono il rifiuto del settarismo e il confronto nel dibattito con le altre ideologie. Malatesta, inoltre “affermava che in Argentina, grazie alla necessità che c'era di manodopera, gli scioperi si erano conclusi con successo; per questo dovevano continuare e il lavoratore, nella pratica, doveva formarsi una coscienza rivoluzionaria” (8).
Il lavoratore italiano emigrato in Argentina era soprattutto bracciante, chiamato “golondrina”, rondine perché arrivava per il raccolto e ritornava l'anno dopo. Nella pampa argentina nacque il “linjera”, parola di origine italiana per molti, da “linghera”, il fardello dei vagabondi politicizzati  che con i loro pochi averi, i volantini anarchici, viaggiavano nei treni merci, lavoravano nei campi e propagandavano la rivolta sociale. In questo contesto sociale giunse e si mobilitò Giovanni De Marchi che divenne Juan Demarchi in America Latina. In quegli anni in Argentina gli anarchici italiani – oltre che ad organizzarsi in associazioni e sindacati mai così strutturati come quelli socialisti di origine tedesca – si mobilitarono per l'emancipazione della donna e nelle campagne antimilitariste. I loro principali centri associativi si trovavano a Buenos Aires, a Rosario e a Bahia Blanca. Juan De Marchi era in Argentina da appena un anno, quando a Buenos Aires, si pubblicò l'innovativo articolo Alle Donne, sul giornale anarchico La Questione Sociale del dicembre 1894; e sempre in quel periodo uscì il periodico comunista anarchico in lingua spagnola e italiana La voz de la mujer.
De Marchi negli anni che vanno dal suo arrivo in Argentina fino alla rivoluzione russa di ottobre del 1917  e lungo tutta la sua vita, seguì il movimento anarchico che vide l'arrivo, nel giugno del 1898 a Buenos Aires, di Pietro Gori che vi rimase fino al 12 gennaio 1902 quando ripartì per l'Italia. Gori, leader anarchico di larga fama, infiammò in quei quattro anni gli immigrati di origine italiana e i più poveri tra gli argentini. Malatesta e Gori rafforzarono nella terra argentina l'organizzazione anarchica avversa alla corrente individualista, il socialismo anarchico a cui aderì Juan De Marchi. Sosteniamo questa sua presa di posizione convinti dal suo fascicolo d'archivio rintracciato, precisamente dall'elenco citato degli anarchici di Buenos Aires del 10 maggio 1929: egli figura appartenente al gruppo Umanità Nova, si legge, infatti, nell'elenco: “De Marchi Giovanni di Giacomo e di Ennetti Maria nato in Torino il 10 giugno 1866 sposato a Mardones Etelvina carpentiere domiciliato in questa Calle Loira 1210”.
Umanità Nova era la componente anarchica in Argentina ispirata da Luigi Fabbri e Ugo Fedeli, due anarchici che dimoravano quasi sempre a Montevideo, e che seguivano l'insegnamento di Malatesta sull'organizzazione anarchica: “…se la comprensione risulta impossibile, bisogna imparare a tollerarsi, lavorare insieme quando si è d'accordo e, quando non si trova questo accordo, lasciare che ciascuno faccia quel che gli pare, senza ostacolarsi reciprocamente. Perché, in realtà, se si tengono presenti tutti i fattori, nessuno ha sempre ragione”. (9)
Il gruppo di Umanità Nova confluì con quello dell'Avvenire e con gli individualisti (dopo un durissimo conflitto tra le varie componenti anarchiche argentine) nel giornale Sorgiamo!, diretto da Aldo Aguzzi, abile mediatore delle varie correnti libertarie. Il giornale uscì fino al 1934 e dopo, per un brevissimo periodo, si stampò La Fiamma. Gli anarchici italiani in Argentina successivamente si frantumarono, alcuni coerentemente parteciparono alla guerra civile spagnola, altri si riversarono in altri paesi o si adattarono nel paese in cui vivevano; Aguzzi – simbolo di un tentativo estremo di riorganizzazione – rientrato dalla Spagna, si tolse la vita. Gli anarchici italiani arrivati alla fine dell'800 in Argentina, tra i quali De Marchi, si erano impegnati in uno spirito internazionalista per l'organizzazione del movimento insieme al proletariato e ai poveri argentini, mentre quelli giunti per sfuggire al fascismo negli anni '20 e '30 volevano soprattutto proseguire la lotta antifascista; pertanto, l'organizzazione anche sotto la persecuzione politica argentina si sfaldò, disperse ed ebbe termine (10).
A tutt'oggi riesce impossibile ricostruire con i documenti rintracciati tutta la storia di De Marchi, le sue idee, i pensieri, gli spostamenti in America Latina. Le fonti sono così rare e di difficile reperimento. Forse negli archivi latino-americani, riteniamo cileni e argentini soprattutto – paesi in cui si spostavano De Marchi e la consorte, come risulta dai documenti citati – in cui, probabilmente, altre carte saranno conservate su Juan De Marchi che ci permetteranno in futuro una conoscenza più approfondita. Rimane un ultimo accostamento da evidenziare: l'esperienza di Allende e di Unidad Popular appare unica e singolare come la rivoluzione libertaria catalana all'inizio della Guerra civile spagnola, anche questa riflessione unisce i destini di Juan De Marchi e Salvador Allende.

  Note
1) Luciano Aguzzi, “Salvador Allende. L'uomo, il leader, il mito”, Ediesse 2003, p.52.
Mistero della ricerca e delle coincidenze, l'autore dell'appassionante biografia di Allende ha lo stesso cognome dell'anarchico Aguzzi che in quegli anni lottava con De Marchi.
2) Francisco Bilbao nacque a Santiago del Cile nel 1823 e morì in Argentina nel 1865. Fu esponente degli intellettuali positivisti del continente latino – americano. Prese a modello i regimi politici degli Stati Uniti e dell'Inghilterra, propugnando “…la indipendencia del territorio, la soberanià del individuo, la forma repubblicana de gobierno, el advenimento de la democracia desde la aldea hasta capitales, la separaciòn dela Iglesias y del Estado…” Tra le sue opere è da ricordare “El evangelio americano”. Cit. in R. Campa, “Antologia del pensiero politico latino-americano”, Ed. Laterza 1970, pp.252 e segg..
Luis Emilio Recabarren Serrano (Valparaiso 1876-1924), fondatore del Partito Comunista       Cileno e del Partito Comunista Argentino. Utilizzò libri, giornali, volantini, gruppi teatrali, discorsi e conversazioni per organizzare la classe operaia cilena in partito rivoluzionario.
Pablo Iglesias (1850 – 1925), fondatore nel 1879 con Josè Mesa e altri del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) e del sindacato affine l'Uniòn General de Trabajadores (UTG).
3) Sta in: Patricia Verdugo, “Salvador Allende. Anatomia di un complotto organizzato dalla Cia”, Baldini Castoldi Dalai Editore, 2003, p.19. Edizione originale: P.Verdugo “Allende: Còmo la Casa Blanca provocò su muerte”, 2003 Editorial Catalonia; Carlos Jorquera “El chico Allende”, Ediciones Bat, 1990.
4) Régis Debray, Allende Salvador, “La via cilena” Feltrinelli 1971, p. 62.
5) “Le fotografie forniscono testimonianze a partire da come se ne servì la polizia parigina nel giugno 1871 per il sanguinoso rastrellamento dei comunardi, le fotografie sono diventate un utile strumento degli stati moderni per sorvegliare e controllare popolazioni sempre più mobili.” Susan Sontag, Sulla fotografia Einaudi, Torino 2004, p. 5. Invero, la prima schedatura internazionale di massa non fu quella dei comunardi parigini ma quella dei contadini-briganti meridionali italiani annientati dalla politica di conquista dei Savoia negli anni 1860-1865.
6) “La tua fotografia è, per chi sa veramente vederla, una registrazione della tua vita…”, Paul Strand, cit., in S. Sontag, Sulla fotografia, cit., p. 157.
7) Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Casellario Politico Centrale, Busta 1716, Fascicolo 32652, De Marchi Giovanni di Giacomo e di Maria Ennetti.
 8-9-10) Osvaldo Bayer, Gli Anarchici espropriatori e altri saggi sulla storia dell'anarchismo in Argentina, Edizioni Archivio Famiglia Berneri, 1996 Cecina (LI), pp. 91-108.

  Bibliografia
Disponibili in italiano, oltre ai testi indicati nelle note:
per la storia degli anarchici il testo classico di Masini con amplia bibliografia, Masini, Piercarlo Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta, Rizzoli, Milano 1972;
per il Cile e Allende:
Biacchesi Daniele – Marazzini Raja – Paiusco Stefano, Cile 11 settembre 1973, Franco Angeli, Milano 2003;
Garcìa Fernando D. – Sola Oscar, Salvador Allende, Edizioni Sperling & Kupfer, Milano 1998;
Riera Rehren Jaime – Izquierdo Funcia Claudio, Il sogno di Salvador Allende, Baldini Castoldi Dalai Editore, 1998;
Mulas Andrea, Allende e Berlinguer. Il Cile dell'Unidad Popular e il compromesso storico italiano, Lecce 2005;
Verdugo Patricia, Golpe in diretta. L'ultima battaglia di Salvador Allende e la registrazione clandestina delle comunicazioni fra gli alti comandi militari, Unicopli Editore, Milano 1999.
Vedi anche: Riccardo Campa, Antologia del pensiero politico latino-americano. Dalla Colonia alla seconda guerra mondiale, Ed. Laterza, Bari 1970.
Inoltre, per alcune citazioni di Allende e per ricchezza di contenuti il sito:
http://www.salvador-allende.cl/
 
E-mail: gionas29@yahoo.it
Sebastiano Gernone© Copyright 2005


Juan Demarchi, anarquista

Cuenta la historia que en la adolescencia de Salvador Allende sus pasos se encontraron con los del viejo anarquista porteño Juan Demarchi. Junto a él compartió tardes de ajedrez y largas charlas sobre cuestiones sociales que marcaron al socialista de por vida. Sobre Allende se sabe demasiado, no así sobre Demarchi, hombre que, como veremos, fue mucho más que el personaje anecdotario de la biografía del presidente de la Unidad Popular. Demarchi fue un anarquista de toda la vida, una existencia preciosa.

Juan Demarchi (también Giovanni De Marchi) nació en Turín en 1864. Desertó del ejército y se fue de su Italia natal en un viaje que lo llevó por diversas Regiones, desplegando en ello una amplia y rica actividad en la propaganda anarquista. Estuvo en Portugal, en Marruecos, en Paris, en Barcelona, en Rio de Janeiro y Buenos Aires. A Chile llegó cuando acababa el siglo XIX, radicándose en Magallanes donde ayudó a organizar los gremios del fin del mundo. Entre 1900 y 1904 vivió y luchó en Lota y Curanilahue, donde participó en la Mancomunal. Luego se fue al norte de la Región chilena y entre 1917 y 1918 participó de las batallas que llevaban adelante las Ligas de Arrendatarios. De allí se vino a la zona central para instalarse en Santiago y Valparaíso.
Demarchi fue carpintero y al parecer zapatero en sus últimos años. Como autodidacta, aparte de su nativa lengua italiana, aprendió el español, el francés y el portugués. Participó en varios periódicos y organizaciones libertarias. La última de ellas fue la sección local de la IWW. Así lo encontró la Dictadura de Ibañez (1927-1931). El anarquista, con más de 60 años se fue a la Argentina y participó de la resistencia comprometiéndose en complots tan afamados como los del Avión Rojo. Se cuenta que en ese proyecto Demarchi era el encargado de internar las armas desde Mendoza por la vía del ferrocarril fronterizo. Pensaban hacer caer la dictadura por la fuerza. Traicionado por militares anti-ibañistas, el plan fracasó. El italiano ingresó a Chile ilegalmente y apenas fue descubierto por la policía del régimen fue relegado a la Isla Mocha.
Caído el dictador, el viejo Demarchi permanecerá activo y fiel a las ideas libertarias hasta sus últimos días. Muchas veces se le intentó expulsar con la Ley de Residencia, pero cada vez que venía la oleada represiva, se levantaban movimientos de protesta en solidaridad. Sus últimos años fueron penosos, cuentan, cada día su cuerpo era presa de nuevas y prolongadas enfermedades. Hubo tiempos en que deliraba, quien sabe si acaso por sus largas jornadas en manos del Estado. En 1943 un pesado resfrío hizo que pidiera ser trasladado desde Santiago a Valparaíso, para estar con su familia. Allí murió en los primeros días de abril, cuando surgía el otoño en el hemisferio sur. Sus funerales se realizaron el 7 del mismo mes, acudiendo unos 300 compañeros y compañeras a despedirlo.  Así se fueron 79 años en la tierra, y más de 50 de ellos para la difusión del anarquismo.
Manuel de la Tierra

 

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