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martedì 28 agosto 2018

Eracle - Ercole/Heracles -Hercules

Eracle

Èracle (in greco antico: Ἡρακλῆς, Heraklês, composto da Ἥρα, Era, e κλέος, "gloria", quindi "gloria di Era") è un eroe e semidio della mitologia greca, corrispondente alla figura della mitologia etrusca Hercle e a quella della mitologia romana Ercole. Figlio di Alcmena e di Zeus, egli nacque a Tebe ed era dotato di una forza sovrumana. Il patronimico poetico che lo definisce è Alcide, derivante da Alceo, suo nonno paterno putativo.  

Il mito

Nascita

Elettrione, re di Micene, discendente di Perseo, aveva una figlia, chiamata Alcmena, di straordinaria bellezza. Anfitrione, giovane re di Tirinto, si invaghì di lei e decise di prenderla in sposa. Elettrione decise di dare il proprio consenso a patto che il pretendente sconfiggesse in guerra la popolazione dei Tafii che, alcuni anni prima, avevano sterminato i figli del re. Anfitrione accettò la sfida ma, durante una battaglia, uccise a causa di un incidente lo stesso Elettrione. Sconfitto da Stenelo, fratello del defunto re, Anfitrione fu costretto a trovare rifugio presso Tebe dove il re locale, Creonte, gli diede in dono un magnifico palazzo, degno di un ospite tanto nobile.
Anfitrione riprese, dopo qualche tempo, la guerra contro i Tafii, riuscendo così a compiere la vendetta promessa. Durante la sua assenza Zeus, invaghitosi di Alcmena, prese le forme del marito e si unì a lei, facendo persino in modo che la notte durasse ben tre volte di più. Frutto di questa relazione fu appunto Eracle, il futuro eroe greco. Hermes, che aveva accompagnato il padre presso il palazzo di Tebe, rimase fuori, facendo in modo che nessuno potesse mai disturbare i due amanti. Anfitrione, tornato dalla guerra proprio in quel momento, mandò il proprio servitore, Sosia, ad avvertire la moglie del suo ritorno. Questi però si trovò davanti Hermes, sotto le sembianze dello stesso Sosia, che, tra un pugno e l'altro, lo convinse di non essere in realtà quello che lui credeva. Questa serie di equivoci fu fonte d'ispirazione per Plauto, che scrisse appunto una commedia chiamata "Anfitrione".
Anfitrione, rientrato nelle proprie stanze, ignaro di tutto, si unisce alla propria sposa. Da questo incontro sarebbe nato Ificle, futuro guerriero e compagno del fratello in molte avventure.
Poco prima che Eracle nascesse, Zeus si vantò di questo suo imminente figlio che avrebbe regnato sulla casa di Tirinto. Era, gelosa, ritardò allora il parto di Alcmena e accelerò quello di Nicippe, moglie di Stenelo, zio di Alcmena. Il figlio di questi ultimi, Euristeo, nacque perciò un'ora prima di Eracle e ottenne così la primogenitura. Eracle nacque dunque insieme a Ificlo e Anfitrione, ancora ignaro della relazione segreta, così come ignara era anche Alcmena, credeva di aver generato due gemelli. Fu Tiresia, il grande indovino, a rivelare alla donna la straordinaria origine del figlio.
Alcmena capì dunque che il piccolo sarebbe stato perseguitato dai famigerati furori della regina dei cieli, e non osando allevarlo con le sue sole forze lo portò all'aperto, in un campo, confidando che Zeus non avrebbe negato al frutto del suo seme la divina protezione. Il padre degli dei ordinò dunque al fedele Hermes di attuare un astuto stratagemma. Mentre Era dormiva il celere messaggero divino, portando in braccio il bambino lo avvicinò al seno della dea, facendogli così succhiare un po' del suo latte che, essendo divino, rendeva il fortunato un invincibile eroe. Era però, svegliatasi a causa di un morso del bambino, ebbe un moto di terrore. Quel repentino movimento fece cadere, dal seno della dea, una piccola parte del suo latte che fu dunque origine della Via Lattea, denominata così proprio in ricordo di tale evento.

La gioventù

Era non accettò un simile affronto e covò contro il piccolo, frutto del tradimento del marito, propositi omicidi: qualche mese più tardi mise due serpenti velenosi nella camera dove dormivano Eracle e Ificle. Quando questi si svegliò, con il pianto fece sopraggiungere i suoi genitori, che giunsero in tempo per vedere il piccolo Eracle strangolare i serpenti, uno per mano. Secondo un'altra versione del mito, i serpenti non erano velenosi, ma furono messi nella camera dei gemelli da Anfitrione, che voleva sapere quale dei due fosse suo figlio, poiché aveva saputo anche lui dall'indovino Tiresia che uno dei due gemelli non era figlio suo.
Anfitrione non risparmiò comunque nessuna cura nell'allevare quello straordinario figlio adottivo. Egli stesso insegnò al bambino a domare i cavalli e a guidare il cocchio. Da ogni angolo della Grecia vennero convocati i più rinomati maestri: Chirone, primo fra tutti, gli insegnò l'arte della medicina e della chirurgia, Eurito fu maestro di tiro con l'arco, Castore lo allenò nell'utilizzo della spada e delle armi, Autolico nello sforzo fisico e nel pugilato, materia che il giovane Eracle apprezzò grandemente. Non ebbero la stessa sorte però arti come ad esempio la musica.
Lino, discendente del divino Apollo, era suo maestro di musica. Il giovane allievo, rude nei movimenti, non era in grado di trattenere la propria forza fisica, distruggendo, letteralmente, la lira che avrebbe dovuto suonare. Lino, un giorno, non riuscendo a sopportare l'incredibile insensibilità musicale dell'allievo, lo rimproverò aspramente e lo costrinse a un severo castigo. Eracle, di carattere piuttosto focoso, sebbene inconsapevolmente, non riuscendo a trattenere la propria forza, colpì con la lira il maestro, che cadde morto a causa dell'urto.
A causa di ciò Anfitrione fu costretto a mandarlo a vivere fra i guardiani dei suoi greggi, in montagna: qui Eracle si riconciliò col maestro Chirone e imparò dal saggio mentore non solo leggi scientifiche ma anche, e soprattutto, leggi morali. Cresciuto forte e bello, rimase presso le greggi del monte Citerone fino all'età di diciotto anni. Prima di ritirarsi da questa vita faticosa ma felice, durante una meditazione, Eracle incontrò sulla via due donne affascinanti, ognuna delle quali lo invitava a raggiungerla sul proprio cammino. La prima, di aspetto florido e stupendamente vestita, rappresentava il piacere e mostrava al giovane un sentiero erboso e idilliaco. La seconda donna, in abiti solenni, era invece il Dovere, che avrebbe condotto l'eroe presso un sentiero sassoso e terribile. Eracle, benché affascinato dalle proposte del Piacere, preferì seguire il Dovere, segnando tutta la sua vita al servizio dei più deboli.
Simbolo di virilità, Eracle diede esempio di grande prestanza fisica durante questo periodo di ritiro. Il re Tespio aveva cinquanta figlie e, desiderando che avessero un figlio da Eracle, mentre questi era ospite presso il suo palazzo, ne inviò una ogni notte dall'eroe, a cominciare dalla primogenita Procri e facendo credere all'eroe che fosse sempre la stessa. Secondo alcuni una sola, desiderando restare vergine, rifiutò. Eracle si unì alle altre figlie di Tespio: in tutto loro ebbero cinquanta figli, poiché la primogenita partorì due gemelli. Secondo alcuni autori raggiunse la statura di 4 cubiti e 1 piede (2,33 m), ma viene raffigurato dagli artisti come un uomo di statura normale.

Prime imprese di Eracle

In seguito alla scelta del Dovere, Eracle cominciò a prodigarsi per il bene altrui, sconfiggendo banditi e ladruncoli che imperversavano nelle pianure. Eracle si vantava di non aver mai cominciato un litigio, ma di aver sempre trattato i suoi aggressori così come essi volevano trattare lui. Un certo Termero usava uccidere i viandanti sfidandoli a battersi con lui a testate; il cranio di Eracle si dimostrò il più solido ed egli spaccò la testa di Termero come se fosse un uovo. Eracle, tuttavia, era cortese per natura, e fu il primo mortale che spontaneamente restituì ai nemici le spoglie dei loro morti perché le seppellissero.
Sul monte Citerone misurò la sua forza sconfiggendo un terribile leone che faceva stragi di pecore. Durante la sua ricerca egli si fermò presso il re Tespio e, come detto prima, si unì alle sue figlie.
Al ritorno incontrò per strada i messi del re di Orcomeno, Ergino, che si recavano a Tebe per riscuotere il tributo di cento buoi che la città gli doveva. Durante una festa infatti un tebano, tale Periere, uccise il padre del re, Climeno, scatenando così una guerra fra i Mini di Orcomeno e gli abitanti della città di Tebe. Questi ultimi persero e furono dunque costretti a pagare tributo ai vincitori. Gli araldi, mandati in città, trattavano però con brutale superiorità gli sconfitti. Questo accese il furore del giovane Eracle che, di carattere piuttosto impetuoso, li assalì e tagliò loro naso e orecchie. Gli araldi, orribilmente mutilati, tornarono presso il loro re chiedendo vendetta.
Ergino, accesosi d'ira, preparò il proprio esercito e marciò verso Tebe. I tebani, fra i quali figuravano Anfitrione, Ificle e lo stesso Eracle, non erano però disposti a cedere. Nello scontro che ne seguì l'eroe, dotato di invincibili armi, dono degli dei (frecce da Apollo, una spada da Hermes, uno scudo da Efesto), e soprattutto dalla protezione della dea Atena, dimostrò tutto il proprio coraggio e la propria tenacia, uccidendo con le proprie mani l'invasore Ergino. Tebe riuscì dunque a vincere la guerra ma gravi furono le perdite. Fra i caduti vi era anche Anfitrione, il padre adottivo di Eracle, che si era dimostrato tanto affettuoso nei suoi confronti. Creonte re di Tebe diede dunque a Eracle come segno di riconoscenza sua figlia Megara in sposa.

Eracle argonauta

Eracle partecipò alla spedizione degli Argonauti portandosi dietro il giovane e bellissimo scudiero Ila. Durante il viaggio gli Argonauti fecero sosta a Cizico, dove furono ospitati dal sovrano omonimo, che era il giovanissimo figlio di un amico defunto di Eracle. Ripresero quindi la navigazione, ma una tempesta li ricacciò nella terra di Cizico in una notte senza luna. Cizico li scambiò per pirati, gli Argonauti da parte loro non lo riconobbero, e si arrivò a uno scontro armato che vide cadere il re giovinetto e dodici suoi uomini, due dei quali vennero uccisi da Eracle. All'alba gli Argonauti capirono cosa era successo e in preda allo strazio seppellirono le loro vittime in una grande tomba. La nave arrivò quindi in Misia e qui Ila scese a terra in perlustrazione, venendo rapito dalle Naiadi del luogo. Non vedendolo tornare Eracle si mosse alla sua ricerca; i Boreadi, che nutrivano una profonda antipatia per Eracle, convinsero i compagni a ripartire senza di lui. Così Eracle, che non era riuscito a ritrovare il compagno, restò solo e decise di trattenersi per qualche tempo a Cizico, per allevare i figlioletti del re accidentalmente ucciso dagli Argonauti.
Secondo alcuni autori, Eracle s'imbarcò prima di compiere le dodici fatiche per Euristeo, secondo altri dopo una di esse.

Matrimonio con Megara

Ritornato in Grecia, Eracle visse alcuni anni felici con la moglie Megara, dalla cui unione nacquero ben otto figli. Durante un'assenza dell'eroe, però, Lico decise di prendere in pugno la città di Tebe. Questi uccise il vecchio re Creonte e divenne un sovrano dispotico e arrogante. Lico inoltre, affascinato dall'eccezionale bellezza di Megara, volle stuprarla. Eracle, tornato in tempo per fermare questo oltraggio, aggredì l'usurpatore e lo uccise, dando giusta vendetta al suocero.
Era non intendeva tuttavia concludere le persecuzioni contro il figliastro. In combutta con Lissa, la Rabbia, fece sconvolgere la mente dell'eroe e questi, in preda al furore, uccise di propria mano moglie e figli(o,secondo altre versioni più tarde,solo i propri figli ed alcuni del fratello Ificle). Tornato in sé e resosi conto dell'accaduto, l'eroe decise di suicidarsi per porre fine alle proprie sofferenze. Fu Teseo, il giovane ateniese, a farlo desistere dal suo gesto disperato, mentre il re Tespio, che celebrò un minimo rito di purificazione, gli consigliò invece di recarsi a Delfi per chiedere al celebre oracolo un modo per cancellare dal proprio animo tutto quel sangue versato. Questa storia diede spunto per la trama della celebre tragedia Eracle di Euripide.

Le dodici fatiche presso Euristeo

La risposta dell'oracolo lo costrinse a mettersi al servizio del re di Argo, Micene e Tirinto, Euristeo. Questi gli ordinò di affrontare dodici incredibili fatiche, simbolo della lotta fra l'uomo e la natura nella sua forma più selvaggia e terribile.

Il Leone di Nemea

Prima fatica fu l'uccisione di un terribile leone, figlio di Tifone e di Echidna, che terrorizzava la zona fra Micene e Nemea.
Nella sua ricerca, giunto a Cleone, tra Corinto e Argo, Eracle alloggiò nella casa di un contadino o pastore chiamato Molorco, il cui figlio era stato ucciso dal leone. Molorco già si preparava a offrire un capro a Era come sacrificio propiziatorio, ma Eracle lo trattenne dicendogli di aspettare il suo ritorno, così avrebbero sacrificato il capro a Zeus Salvatore.
Il leone viveva in una grotta nei pressi della zona di Nemea. Non appena Eracle vide comparirsi dinanzi la belva mostruosa tentò di colpirla con il proprio arco ma questi, dotato di una pelle invulnerabile, non venne nemmeno scalfito.
Deciso a non arrendersi, l'eroe sradicò un enorme ulivo usandolo come clava contro l'animalesco avversario. Anche questo tentativo fu però inutile. Le sue stesse braccia sarebbero divenute armi invincibili. L'eroe riuscì infatti a soffocare il terribile mostro utilizzando semplicemente le proprie mani. Il cadavere della belva venne condotto festosamente alla presenza di Euristeo che, stupefatto, decise di affidargli una seconda prova ben più difficile della prima.
Con la pelle invulnerabile del leone nemeo, Eracle si fece un mantello che l'avrebbe dunque protetto dalle armi degli altri uomini.

L'Idra di Lerna

Viveva in una palude a Lerna, in Argolide, un serpente enorme, figlio anche lui, come il Leone di Nemea, di Tifone ed Echidna. Questo mostro era immortale e aveva sette (o nove) teste, di cui una immortale, mentre le altre rinascevano appena recise. Divorava chiunque capitasse, impestava l'aria e isteriliva le terre con il suo fiato pestilenziale.
Eracle, giunto presso la tana del mostro con il proprio carro, guidato dal nipote Iolao, cominciò a colpire l'entrata della caverna con le proprie frecce, al fine di far uscire dal suo covo la terribile idra. Non appena vide apparirsi dinanzi il mostro, Eracle cominciò a decapitare le sue molteplici teste con la sua spada, ma queste ricrescevano in numero doppio non appena tagliate. L'eroe ebbe però una geniale intuizione e, grazie all'aiuto di Iolao, riuscì a bruciare i tronconi prima che le teste potessero riformarsi, impedendone così la ricrescita. L'ultima testa, immortale, venne schiacciata sotto un gigantesco masso.
Per rendere nulla la vittoria di Eracle, Era mandò contro di lui un granchio gigante, che l'eroe riuscì comunque a sconfiggere schiacciandogli il guscio. La regina degli dei fece in modo che i due mostri sconfitti divenissero costellazioni, quelle che gli antichi denominarono "Idra" e "Cancro".
Vincitore anche in questa seconda fatica, l'eroe intinse le proprie frecce nel sangue dell'idra, rendendo le ferite causate da esse inguaribili. A causa del veleno di queste frecce sarebbero morti in seguito Chirone e Paride, figlio del re di Troia Priamo.

La cerva di Cerinea

Euristeo, ancor più stupito per l'eccezionale efficacia di Eracle, decise di affidargli una terza impresa. Nei pressi della regione di Cerinea viveva una splendida cerva, sacra ad Artemide, dalle corna d'oro e dagli zoccoli di bronzo (o di argento, secondo una variante) che fuggiva senza mai fermarsi incantando chi la inseguiva, trascinandolo così in un paese dal quale non avrebbe più fatto ritorno.
Eracle non poteva assolutamente ucciderla, poiché essa era una cerva sacra, e quindi l'eroe si limitò a inseguirla. La frenetica corsa durò circa un anno, sconfitto in ogni tentativo di raggiungerla, non gli rimase altra scelta che ferire leggermente l'agile cerva con un dardo, e caricarsela sulle spalle per riportarla in patria.
Lungo la strada del ritorno incappò in Artemide, infuriata con lui per aver ferito una bestia a lei sacra: ma l'eroe riuscì a placare le sue ire, e ottenne da lei il permesso di portare la cerva a Euristeo. Dopodiché al leggiadro animale venne permesso di tornare a correre libero nelle foreste.

Il cinghiale d'Erimanto

La quarta fatica fu quella di catturare un feroce cinghiale selvatico che devastava le alture di Erimanto, fra l'Attica e l'Elide. Riuscì a stanarlo fuori dalla foresta fino alla nuda cima del monte, dove lo sfinì con serrati inseguimenti nei profondi cumuli di neve, fino a che fu in grado di legarlo con delle corde robuste e portarlo vivo al suo signore Euristeo che, per la paura, si rinchiuse dentro una botte.
Lo scontro con i centauri
Lungo la strada che l'avrebbe portato a Erimanto, Eracle incontrò un suo amico centauro, Folo, che decise di imbandire un banchetto in suo onore. Il pasto non poteva però essere coronato con del vino, poiché l'unico disponibile era quello donato dal dio Dioniso alla comunità dei centauri che non poteva essere utilizzato senza il permesso dei compagni di Folo.
Eracle riuscì a convincere il suo ospite a trasgredire il patto: ma non appena il fortissimo aroma del vino raggiunse i boschi vicini, un'orda di centauri, armati con sassi e rami d'abete, saltò fuori da ogni cespuglio. Rabbiosi per la perdita del prezioso liquido, essi assalirono l'eroe, il quale prese a difendersi scagliando contro di loro le sue frecce mortali, costringendoli a rifugiarsi nella grotta di Chirone, suo antico precettore.
Nella mischia che ne seguì il saggio e anziano centauro venne colpito da una freccia vagante: il sangue velenoso dell'Idra nel quale era stata intrisa da Eracle condusse Chirone a una lenta agonia, senza che le sue arti di guaritore potessero arrestare il fatale processo. Anche Folo, l'ospite gentile, messosi al fianco dell'amico, morì nello scontro.

Gli uccelli della palude di Stinfalo

Quinta (o sesta secondo alcuni) prova per Eracle, fu quella di eliminare i mostruosi uccelli che devastavano la zona adiacente alla palude di Stinfalo, in Arcadia. Questi micidiali volatili avevano penne, ali, artigli e becco di bronzo, uccidevano lanciando le loro penne come frecce e si nutrivano di carne umana.
Erano allevati da Ares ed erano così numerosi che quando prendevano il volo oscuravano il cielo. La palude da loro abitata inoltre emanava un odore nauseabondo a causa dei cadaveri di coloro che avevano tentato di eliminare questi feroci avversari.
Atena consegnò a Eracle, prima di cominciare lo scontro, delle nacchere di bronzo, dono di Efesto, che avrebbero spaventato gli uccelli facendoli volare via e rendendoli quindi facilmente raggiungibili dalle frecce dell'eroe. Quest'ultimo fece quanto gli aveva consigliato la dea e, non appena suonò le nacchere, i mostruosi volatili si librarono nell'aria spaventati, diventando così suo facile bersaglio. Alcuni di loro vennero uccisi, altri riuscirono a fuggire nell'isola di Aretias, vicino alla Colchide.

Le stalle del re Augia

Le immense stalle del re dell'Elide, Augia, non erano mai state ripulite dal letame ed erano circa trent'anni che vi si accumulavano escrementi al suo interno. Euristeo ordinò dunque a Eracle di recarsi nell'Elide e ripulire in un solo giorno le stalle del re Augia. L'eroe, recatosi presso il sovrano, ricevette da questi una solenne proposta: se fosse riuscito a compiere una fatica simile avrebbe ricevuto in cambio metà delle sue ricchezze.
Eracle, che di certo era molto furbo oltre che forte, deviò le acque dei fiumi Alfeo e Penteo, riversandole all'interno delle stalle che, in un baleno, furono totalmente ripulite. Fiero della propria impresa l'eroe tornò da Augia che non volle però rispettare i patti accusandolo di aver agito con l'astuzia e non compiendo una fatica vera e propria. A parer di ciò, intentò un processo contro Eracle prendendo comei testimoni i principi d'Elide suoi figli. Tutti testimoniarono a favore del padre, solo Fileo, uno di essi, osò difendere l'eroe, causando così l'ira di Augia, che lo cacciò dal suo regno insieme con l'eroe. Quest'ultimo, prima di andarsene, giurò che si sarebbe presto vendicato sul re e sui suoi figli.
Durante il viaggio di ritorno difese la giovane Desamene dalle grinfie di un brutale centauro che venne prontamente sconfitto dall'eroe. Questi tornato da Euristeo ricevette una terribile risposta: dato che avrebbe ricevuto metà delle ricchezze di Augia, se questi avesse rispettato i patti, la fatica non avrebbe avuto più valore.

Le cavalle di Diomede

Diomede, figlio di Ares, era re dei Bistoni, popolo di guerrieri, provenienti dalla Tracia. Questo sanguinario sovrano allevava con cura quattro cavalle, che nutrì, dapprima, con la carne di soldati caduti in battaglia, in seguito con la carne degli ospiti che egli invitava periodicamente nel proprio palazzo. Euristeo ordinò a Eracle di portare a Micene queste mitiche giumente, non rivelandogli però le loro terribili abitudini alimentari, sicuro che l'eroe sarebbe caduto nel tranello.
In compagnia di un gruppo di giovani compagni, fra i quali figurava Abdero, Eracle affrontò il terribile Diomede e, mentre teneva occupato quest'ultimo, ordinò ai suoi di catturare le cavalle. Abdero, che tentò per primo di catturarle, venne divorato dalle mostruose giumente. Furente, Eracle sconfisse Diomede e lo costrinse a condividere il destino delle sue vittime: anche lui divenne pasto delle sue belve. In onore del defunto amico Abdero, egli fondò, nel luogo della sua morte una città. Tornato da Euristeo gli presentò le mitiche cavalle e il sovrano, spaventato da tali animali, ordinò che venissero portati via.
Secondo la leggenda, Bucefalo, cavallo di Alessandro Magno, era discendente da tali giumente.
La resurrezione di Alcesti
Benché fosse impegnato nelle fatiche impostegli da Euristeo, Eracle non era però deciso a smettere di aiutare il prossimo e a seguire il sentiero del Dovere, così come aveva scelto in gioventù.
Durante un viaggio l'eroe trovò rifugio nel palazzo del re di Fere, Admeto, che lo accolse con tutti gli onori. Questi però nascondeva al nobile ospite un triste segreto: Apollo gli aveva infatti detto che, se qualcuno della sua famiglia si fosse sacrificato per lui, sarebbe vissuto più a lungo. Né il padre né la madre del re, benché anziani, avevano accolto questa richiesta, solo Alcesti, la moglie, era pronta a sacrificarsi pur di rendere felice il marito e, a tale scopo, era scesa agli Inferi poco prima dell'arrivo di Eracle.
L'eroe ignaro dell'accaduto, cominciò a gozzovigliare mentre gli abitanti della casa piangevano nelle proprie stanze. Un servo, furioso per un simile comportamento, rimproverò l'ospite per la propria maleducazione, raccontandogli tutto l'accaduto. Vergognatosi per il proprio atteggiamento, Eracle decise allora di ripagare la gentilezza dell'ospite. Sceso ancora una volta negli inferi, narrò ad Ade e a Persefone la struggente storia di Alcesti. I due sovrani, commossi, concessero all'eroe di ricondurre la donna nel mondo dei vivi. E così avvenne.

Il Toro di Creta

Euristeo ordinò a Eracle di catturare un terribile toro, che in quel tempo devastava i domini di Minosse, sovrano di Creta. Poseidone aveva infatti mandato al re un toro possente perché lo offrisse a lui in sacrificio. Poiché Minosse non lo fece, il dio del mare rese furiosa la bestia che prese così a devastare tutta l'isola di Creta. Secondo alcune interpretazioni fu proprio questo il toro con cui si unì Pasifae, moglie di Minosse, che generò il Minotauro, per una maledizione dello stesso Poseidone.
Eracle catturò la belva, richiudendola in una rete, e la riportò presso Euristeo che ordinò di liberarla. Il toro finì i suoi giorni presso la piana di Maratona, dove verrà ucciso da Teseo.

Il cinto di Ippolita

Su richiesta di Admeta, figlia di Euristeo, desiderosa di avere la stupenda cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni, dono di suo padre Ares, Eracle dovette recarsi nel regno di queste temibili donne guerriere per compiere così la nona fatica. Insieme a un nutrito gruppo di eroi, fra i quali figurava anche Teseo, Eracle partì verso Temiscira, capitale del regno di Ippolita.
Durante una sosta, presso l'isola di Paro, uno dei guerrieri venne ucciso per ordine di alcuni figli del re Minosse, che dimoravano in quella zona. Eracle, indignato per tale comportamento, si scontrò con questi e, grazie all'aiuto dei suoi compagni, riuscì a eliminare i principi inospitali. Il viaggio però era ancora lungo e pieno di pericoli: ospite presso il re Lico, in Misia, difese questi dall'esercito dei Bembrici, guidato da Migdone, uccidendone il comandante e costringendo i soldati nemici alla fuga.
Giunti a Temiscira, gli eroi vennero accolti calorosamente da Ippolita, disposta a cedere pacificamente il proprio cinto ai suoi nobili ospiti. Era però suscitò alcune Amazzoni che, convinte che Eracle volesse rapire la propria regina, si armarono, decise a uccidere lui e i suoi compagni. Nello scontro che ne seguì la stessa regina Ippolita trovò la morte (secondo un'altra versione essa fuggì insieme con Teseo e divenne madre di Ippolito).
Durante il viaggio di ritorno, con il prezioso cinto ben conservato, Eracle e i suoi uomini giunsero presso il lido di Troia, dove un terribile mostro marino, divoratore di uomini, stava per cibarsi della principessa Esione, figlia del re Laomedonte. Eracle, mosso a compassione, affrontò la terribile creatura e la uccise. Laomedonte, che aveva promesso all'eroe una giusta ricompensa, non rispettò i patti, scatenando così l'ira dell'eroe, pronto a ritornare a Troia dopo aver concluso le fatiche.
Nel suo tragitto Eracle incontrò ancora terribili avversari, come per esempio Sarpedonte, figlio di Poseidone, un brigante assettato di sangue. Presso Torone, fu invece ospitato da due figli di Proteo, Poligono e Telegono, abili pugili e atleti che, felici di avere nel proprio regno un simile concorrente, lo sfidarono in alcune gare. Eracle però, che spesso non riusciva a trattenere la propria forza, li uccise inconsapevolmente durante un incontro di lotta.

I buoi di Gerione

Decima fatica per Eracle fu quella di catturare i leggendari buoi rossi di Gerione. Quest'ultimo era un mostro che dalla cintura in su aveva tre tronchi, tre teste e tre paia di braccia. Geloso dei suoi splendidi animali, il gigante aveva posto come custodi delle sue mandrie un mostruoso cane, Ortro, figlio di Echidna, e il terribile vaccaro, Eurizione, figlio di Ares.
I possedimenti di Gerione erano posti agli estremi confini della terra allora conosciuta. Eracle separò così i due monti Abila e Calipe, in Europa e in Libia, e vi piantò due colonne, le cosiddette "Colonne d'Ercole" (il moderno Stretto di Gibilterra). Mentre le attraversava osò lanciare le sue frecce contro il cocente Helios, il Sole. Il dio, ammirato per il suo coraggio, gli consentì di usare il suo battello d'oro a forma di coppa per raggiungere il nemico.
Nell'isola di Erythia vi fu lo scontro con Gerione, sia lui sia i suoi due fedeli, vennero sconfitti dai terribili colpi di Eracle che non esitò a colpire perfino la dea Era, accorsa in aiuto del mostro contro l'odiato figliastro.
Impossessatosi della mandria, Eracle partì alla volta della Grecia, percorrendo la terra italica, colma di terribili briganti. Nella zona del Lazio viveva il gigante Caco che esalava fumo e fiamme dalle fauci. Questi rubò le bestie migliori della mandria approfittando del suo sonno. Per non lasciare tracce del furto, egli trascinò per la coda gli animali verso la caverna che gli serviva da rifugio. Ingannato dal trucco del gigante, Eracle cercò invano gli animali. Dandoli per dispersi si apprestava a riprendere il viaggio quando sentì le bestie dal fondo di una grotta. Per liberarli Eracle dovette affrontare il gigante, il quale si rese conto troppo tardi di chi aveva osato derubare.
In una sosta in Calabria, fu ospitato dal suo amico Crotone figlio di Eaco. Un ladro del luogo, chiamato Lacinio, rubò i tanto splendidi buoi; subito Eracle, insieme a Crotone, andò a stanarlo nel luogo dove abitava ma nella seguente colluttazione oltre al ladro morì Crotone, ucciso proprio per mano dall'eroe stesso. Eracle pianse la morte del caro amico e, senza indugio, provvide alla costruzione di un reale monumento funebre, supplicando gli Dei di far sì che su quella tomba sorgesse una delle città più fiorenti dell'antica Magna Grecia. Accolte le suppliche, Apollo, per bocca dell'oracolo di Delfi, inviò degli Achei nelle terre italiche che fondarono l'omonima città di Crotone.
In Sicilia venne sfidato in una gara di pugilato da Erice, figlio di Afrodite, che rimase ucciso; il suo luogo di sepoltura diede nome all'omonima cittadina. Non contenta, Era mandò contro le mandrie un tafano che causò la loro dispersione. Eracle le seguì freneticamente fino alle distese selvagge della Scizia. Nonostante queste disavventure riuscì comunque a portare le bestie sane e salve in Grecia, dove Euristeo voleva usarle per sacrificio, ma Era non volle per non riconoscere la gloria di Eracle. Così l'eroe tenne per sé i buoi.

I pomi delle Esperidi

A Eracle venne ora ordinato di prendere tre mele d'oro dal giardino delle Esperidi, che era stato donato da Gea, la madre terra, a Zeus ed Era come dono di nozze. Il nome del giardino derivava dalle quattro ninfe, figlie della Notte, che lo abitavano, insieme con il dragone Ladone, dalle cento teste, che aveva l'incarico di vigilare sul giardino. Nessuno sapeva però in quale remoto angolo si trovasse il giardino delle Esperidi.
Lo cercò dapprima nelle zone più sperdute della Grecia, dove si scontrò con il terribile Cicno, un brigante sanguinario deciso a edificare un tempio al padre Ares con le ossa degli stranieri che passavano per il suo territorio. Eracle lo uccise, scontrandosi poi anche con Ares che fu costretto a ritirarsi sconfitto.
Presso il fiume Eridano incontrò le splendide ninfe che lì abitavano e che gli consigliarono di recarsi presso il vegliardo Nereo, divinità marina, che aveva il dono dell'onniscienza. E così fece Eracle, il quale piombò addosso a Nereo mentre questi dormiva e lo tenne saldamente legato, nonostante questi cercasse di sfuggire utilizzando i suoi poteri di metamorfosi, così come gli avevano narrato le ninfe. Nereo infine si arrese e acconsentì a soddisfare le richieste di Eracle, indicandogli la strada per raggiungere l'isola dove si trovava il giardino delle Esperidi.
Durante il viaggio egli ottenne poi altre informazioni da Prometeo, che da tanti anni si trovava incatenato sulla roccia del Caucaso, esposto alle angherie di un'aquila. Eracle eliminò il rapace con le sue frecce e, raggiunto il luogo dove Prometeo stava incatenato, lo liberò senza difficoltà. Il buon titano, grato per la recuperata libertà, si sdebitò con l'eroe fornendogli preziosi consigli per la sua impresa. Gli disse di cercare suo fratello Atlante, il titano padre delle Esperidi, e di far cogliere a lui stesso i preziosi pomi d'oro.
Giunto in Africa, Eracle attraversò dapprima l'Egitto, dove incappò nell'odio del re Busiride per gli stranieri. Anni prima infatti la sua terra era stata devastata da una terribile carestia, e un indovino di Cipro aveva profetizzato che l'ira degli dei poteva essere placata soltanto col sacrificio di uomini nati in altre terre. Busiride aveva compiuto il primo sacrificio utilizzando proprio il malcapitato indovino, e da allora ogni anno uno straniero cadeva vittima di questo crudele rito propiziatorio. Eracle stesso, catturato per tale bisogno, ebbe però gioco facile a spezzare le catene, uccidere il re sul suo stesso altare e allontanarsi sotto gli sguardi terrorizzati della popolazione egiziana. Passò poi in Etiopia, dove uccise il tiranno Emazione, affidando il trono al fratello di costui, il giovanissimo Memnone, che già regnava in Persia. In Libia si scontrò con un avversario più temibile, il gigante Anteo, che aspettava al varco tutti i viaggiatori per sfidarli a una lotta all'ultimo sangue. Anteo, essendo figlio di Gea, aveva la possibilità di riprendere forza ogni volta che veniva a contatto con il terreno. L'eroe greco però, abile quanto forte, trovò il modo di impedire all'avversario di servirsi di questo vantaggio tenendolo a mezz'aria con le poderose braccia e lo strozzò.
Dopo un lungo viaggio, egli trovò finalmente Atlante, il quale reggeva sulle poderose spalle il peso della volta celeste. Eracle si offrì di sostituirlo nel gravoso compito per qualche tempo, se questi avesse acconsentito a raccogliere per lui le mele d'oro del giardino delle Esperidi, e Atlante acconsentì. Ma quando questi fece ritorno con le tre mele rubate, niente affatto voglioso di riprendere l'immane fardello, cercò di lasciarne per sempre la responsabilità a Eracle, e quest'ultimo riuscì a sottrarsi soltanto con la sua astuzia. Fingendosi onorato del delicato incarico egli chiese ad Atlante di riprendere solo per un momento la volta celeste sulle spalle, in modo da consentirgli di intrecciare una stuoia di corde che alleggerisse la pressione sulla sua schiena. Il titano riprese dunque il fardello, ma prima che potesse rendersi conto di essere stato giocato con i suoi stessi mezzi il furbo Eracle era già fuggito lontano, portando con sé il bottino delle mele d'oro.

La cattura di Cerbero

Euristeo scelse come ultima prova un'impresa che sembrava impossibile per ogni essere mortale, catturare Cerbero, lo spaventoso cane a tre teste, guardiano delle regioni infernali. Eracle si preparò a questa prova con un pellegrinaggio iniziatico presso Eleusi, dove partecipò ai misteri detti appunto eleusini, mondandosi della colpa dello sterminio dei centauri. Quindi egli raggiunse Tenaro laddove una buia spelonca introduceva a una delle porte dell'Ade. Sotto l'autorevole guida di Hermes egli si addentrò in quel gelido mondo sotterraneo.
Solo la terribile Medusa, fra tutti gli spiriti incontrati, osò affrontarlo, ed Eracle stava già per colpirla quando Hermes gli fermò la mano, ricordandogli che le ombre dell'Ade sono solo fantasmi. Anche l'ombra di Meleagro, celebre eroe vincitore del cinghiale calidonio, si apprestò con una pacifica proposta: pregava il nuovo arrivato di proteggere, una volta tornato nel mondo dei vivi, sua sorella Deianira.
Presso le porte dell'Ade Eracle trovò inoltre due uomini legati, che riconobbe molto presto. Erano Teseo, suo compagno in svariate avventure, e Piritoo, il re dei Lapiti. Entrambi erano scesi nel mondo sotterraneo per rapire Persefone, ma erano stati scoperti dal dio Ade e condannati a restare eternamente prigionieri nel mondo dei morti. L'eroe riuscì a salvare l'amico Teseo ma, quando si apprestò a recuperare anche Piritoo, fu costretto ad allontanarsi per colpa di un terremoto.
Ade, conoscendo personalmente l'arditezza dell'eroe, che l'aveva già ferito poco prima e che aveva steso con pochi colpi il suo mandriano, si convinse che valeva la pena di ascoltare le sue ragioni. Acconsentì così a dargli il cane Cerbero, a patto però che Eracle riuscisse a domarlo con le sole mani, senza usare armi. Così, dopo una lotta disperata, il mostruoso guardiano fu costretto ad arrendersi quando l'eroe riuscì a serrargli tra le potenti braccia la base dei tre colli.
Euristeo, vedendo Eracle tornare con il mostro infernale sulle spalle, si sentì morire per la paura e ordinò che Cerbero venisse rimandato presso il proprio padrone. Il re, avendo visto come l'eroico cugino era riuscito a vincere su tutte le prove che gli aveva commissionato, si diede per vinto e lo liberò dalla sua prigionia, ponendo così fine alle sue dodici fatiche.

Le ultime imprese

Eurito, l'omicidio di Ifito e la figlia Iole

Eracle decise adesso, essendo passato molto tempo dalla morte di Megara, di trovarsi una nuova compagna. Si invaghì così di Iole, figlia di Eurito, che durante la sua fanciullezza era stato il suo maestro di tiro con l'arco. Il rinomato arciere offriva la figlia in sposa a chi avesse superato in una gara lui e i suoi tre figli. Eracle, partecipando alla contesa, sconfisse il suo antico maestro, ma quando egli pretese Iole in premio, Eurito cercò di impedire il matrimonio fra la sua adorata figlia e un uomo che non aveva esitato a uccidere la propria moglie.
Fra i figli del re solo Ifito prese le parti dell'eroe, da lui grandemente stimato; dal canto suo Eracle, quando si vide negare la sposa regolarmente conquistata, andò su tutte le furie.
Accadde intanto che certi buoi appartenenti a Eurito venissero rubati dal noto ladro Autolico. Il re fece credere a tutti che il furto fosse stato attuato da Eracle per vendetta, ma Ifito non accettò nemmeno adesso l'ipotesi che l'amico potesse aver compiuto un'azione così meschina. Unitosi a Eracle, si mise sulle tracce del vero responsabile dell'azione. Durante il percorso, mentre costruivano una torretta per avvistare il bestiame rubato, Eracle venne però ripreso dalla furia, scagliatagli ancora dalla matrigna Era, e fece pagare al giovane lo sgarbo di Eurito scagliandolo giù dalla torre. Quando ritornò in sé e si accorse di aver ucciso il suo migliore amico, Eracle cadde in una profonda prostrazione.
Eracle aveva commesso uno degli atti più spregevoli: aveva ucciso un ospite nella propria casa. Questa volta, però nessuno volle compiere il rito di purificazione ed Eracle preferì tornare a Delfi per avere la punizione per il suo delitto. La pitonessa, tuttavia, non aveva intenzione di compiere il rito per un essere impuro: di nuovo in preda alla rabbia, Eracle riportò lo scompiglio nel tempio, impadronendosi del tripode sacro e minacciando di compiere il rito da sé. La Pizia, allora, invocò Apollo, che decise di affrontare Eracle. Lo scontro fu tanto cruento, che Zeus fu costretto a intervenire, separando i duellanti e imponendo alla Pizia di dire a Eracle come potesse purificarsi dall'omicidio di Ifito e dalla profanazione dell'oracolo.

La schiavitù presso Onfale

Sotto la guida di Hermes, Eracle si imbarcò verso l'Asia, dove quasi nessuno lo conosceva, e si fece vendere per tre talenti a Onfale, regina della Lidia. Ella capì ben presto che razza di schiavo eccezionale avesse acquistato. Ma quando seppe che quello schiavo portentoso altri non era che il famoso Eracle, pensò di utilizzarlo come compagno di vita invece che come servitore.
Sotto il suo comando, egli riuscì a liberare Efesto dai Cercopi, dei mostruosi uomini scimmia che importunavano i viandanti, talmente bizzarri e simpatici che l'eroe alla fine li liberò sorridendo. Stessa sorte non toccò a Sileo, re dell'Aulide, che catturava i viaggiatori e li uccideva dopo averli obbligati a lavorare nella sua vigna.
Ma il lusso e le mollezze della vita orientale riuscirono a sopraffare l'eroe, che dovette comunque passare la maggior parte del tempo come passatempo preferito della regina, che giocava con la sua clava e la sua pelle di leone e si divertiva a vestirlo con abiti femminili e a impiegarlo nella filatura della lana.
Dopo tre anni trascorsi in questo modo, Eracle decise di dire addio a questa vita così poco adatta a un eroe che aveva scelto il Dovere come propria ragione di vita, e lasciò per sempre Onfale, con la quale nel frattempo aveva generato un figlio, Ati.

La vendetta contro i trasgressori

Eracle si propose di punire tutti coloro che in qualche modo si erano comportati scorrettamente con lui. Le sue prime vittime furono i due Boreadi, che egli sorprese mentre facevano ritorno alla loro terra dopo aver vinto due gare sportive. Eracle li stese morti a colpi di clava, ma subito dopo si pentì di ciò che aveva fatto e seppellì personalmente i corpi dei due giovani.
A Tirinto Eracle radunò un gruppo di compagni armati, fra i quali figuravano Iolao, Oicle re di Argo, Peleo e Telamone per muovere guerra, con solo sei navi, contro Laomedonte, il primo trasgressore, colui che, benché Eracle avesse salvato sua figlia, non aveva voluto dare il compenso promesso, e anzi aveva scacciato l'eroe in malo modo dal proprio regno, sotto insulti e imprecazioni.
L'esercito di Eracle sconfisse Laomedonte uccidendo lui e i suoi figli maschi, risparmiando Podarce, che aveva denunciato l'imbroglio del padre: secondo una variante Podarce era stato fatto prigioniero dall'eroe e riscattato dalla sorella Esione. Oltre a lui, vennero risparmiate anche le figlie del re, Esione, Etilla, Cilla, Astioche, Procleia e Clitodora. In realtà alla morte scamparono anche altri due maschi: Titone, che da tempo era stato rapito da Eos, e Bucolione, ceduto in fasce da Laomedonte a una coppia di pastori. Vennero uccisi invece Lampo, Clitio, Icetaone e Timete. Tuttavia Omero afferma che l'eroe uccise solo il vecchio re.
Esione sposò poi Telamone e dall'unione con lui nacque Teucro, valoroso guerriero durante l'assedio di Troia.
Podarce divenne re di Troia e, in ricordo del riscatto pagato dalla sorella per liberarlo, decise di cambiare il suo nome in Priamo (che significa "il riscattato").
Ma la vendetta personale dell'eroe non era ancora conclusa, vi era infatti un altro impostore da punire: Augia. Questi venne ucciso insieme con tutto il suo esercito, i suoi domini ceduti al figlio, Fileo, l'unico che aveva professato il vero e difeso Eracle in presenza del padre. La morte di Augia e dei suoi uomini scatenò le ire dei suoi alleati, che mossero così contro l'eroe.
Eracle invase i loro territori e li sterminò, uno per uno, a partire da Neleo, re di Pilo, che non aveva voluto purificarlo dopo l'uccisione di Ifito. Questo sovrano venne ucciso insieme con i suoi figli, unico sopravvissuto fu Nestore, che in quel tempo era lontano dalla propria patria.
Stessa sorte toccò ad Attore, uno degli Argonauti, a Ippocoonte ed ai suoi figli, che avevano cacciato dal regno ingiustamente i fratelli Icario e Tindaro (quest'ultimo prenderà in seguito il posto di Ippocoonte, divenendo re di Sparta e futuro padre adottivo di Elena, la donna che fu causa della famosa guerra di Troia), e a molti altri usurpatori e trasgressori dei patti, alleati di Augia, tutti caddero sotto l'avanzata di Eracle, pagando con la stessa vita le loro nefandezze.
Durante questa serie di massacri, Eracle si invaghì della figlia di Cefeo, uno dei suoi alleati, la sacerdotessa Auge, dalla quale ebbe Telefo, futuro re di Misia e marito della principessa troiana Astioche, che l'avrebbe reso padre di Euripilo, valoroso condottiero nella guerra di Troia (come alleato di Priamo).

La fine terrena di Eracle

Deianira e il centauro Nesso

Eracle capitò a Calidone per vedere Deianira, figlia di Eneo, alla quale doveva riferire un messaggio che il fratello Meleagro le inviava dal regno dei morti. Eracle, che già sapeva della bellezza della fanciulla, si innamorò di lei e la portò con sé come sposa, dopo un'ardua contesa con un rivale, il dio fluviale Acheloo.
Quest'ultimo era capace di assumere le forme più disparate, mutandosi in serpente e poi in toro durante lo scontro con l'eroe. Vinto da questi però fu costretto a fuggire con un corno spezzato, gettandosi poi nel fiume Toante. Dalle gocce di sangue del corno reciso nacquero le sirene.
I due decisero di trasferirsi a Trachis, in Tessaglia, per vivere lì insieme. Arrivati però a un corso d'acqua in piena, Eracle e la nuova moglie incontrarono il centauro Nesso, che si offrì di traghettarli sulla riva opposta portandoli sulla schiena. Dal canto suo Eracle non aveva bisogno di un tale aiuto, e dopo aver gettato sull'altra riva la clava e la pelle di leone, si gettò a nuotare agilmente nel fiume in piena; affidò, però, la moglie a Nesso.
Subito quel rude centauro, infiammato dalla bellezza della donna, avrebbe voluta rapirla, ma Eracle sentì le grida della moglie e con una delle sue frecce avvelenate abbatté il centauro. Negli spasimi dell'agonia, il vendicativo essere sussurrò a Deianira di inzuppare un vestito nel suo sangue, e che quell'abito magico avrebbe rinverdito alla bisogna l'amore di Eracle per lei.

La tunica fatale

Come trasgressore dei patti anche Eurito, re d'Ecalia e maestro d'arco, che in precedenza non aveva voluto cedere in sposa Iole a Eracle, venne sconfitto dall'eroe e ucciso insieme con i suoi familiari. Questa la sua ultima impresa, secondo un decreto dell'Oracolo di Dodona.
Deianira, vedendo tornare lo sposo vincitore, notò che, fra gli ostaggi catturati, vi era anche Iole, antica fiamma di Eracle, e venne così presa dalla gelosia. Decisa di mettere in pratica l'incantesimo che le aveva rivelato il centauro Nesso, senza sospettare che in realtà il sangue del centauro era avvelenato dalla freccia che Eracle stesso aveva scagliato, Deianira gli inviò un vestito che era stato immerso in quel veleno e l'eroe l'indossò per celebrare i riti di ringraziamento per la vittoria. Non appena il fuoco acceso sull'altare ebbe riscaldato il veleno con cui era intriso, un dolore bruciante gli entrò fin nelle vene, ed egli, impotente per la prima volta nella sua vita, non poté far altro che subire l'agonia, uccidendo nella disperazione il servo Lica che, ignaro, gli aveva portato la veste fatale.
Con le sue ultime forze, Eracle sradicò alcuni alberi e costruì una pira nella quale poter bruciare, ma una volta preparato il rogo suo figlio Illo e Iolao non ebbero il coraggio di accenderlo, così Eracle fu costretto a chiedere a un pastore di nome Filottete di farlo. Questi ubbidì ed Eracle gli donò le sue armi, che si renderanno molto utili durante la guerra di Troia. Indossata la pelle di leone che non lo aveva mai abbandonato dall'età di diciotto anni salì sul rogo, mentre Iolao, Illo e Filottete intonavano i lamenti funebri. Mentre Eracle cominciava a bruciare, con un rombo Zeus prelevò il corpo del figlio prima che morisse, e lo portò con sé nell'Olimpo, dove l'eroe si riconciliò con Era e sposò Ebe, la coppiera divina.
Si era avverata la profezia dell'oracolo, che prevedeva la fine terrena di Eracle per opera di un morto.
Iolao, dopo aver osservato tale prodigio, costruì un tempio in onore dello zio ed Illo, su ordine dello stesso Eracle, sposò Iole. Deianira, quando seppe ciò che era successo, in preda ai sensi di colpa si uccise.

Eracle nella tradizione letteraria

I poemi omerici

Le prime attestazioni letterarie su Eracle sono contenute nei poemi omerici. Omero, citando di passaggio alcuni episodi delle sue imprese, sembra conoscere puntualmente le vicende narrate da testi letterari che oggi non ci sono pervenuti.
L'aspetto caratteristico che traspare subito dall'immagine omerica di Eracle è la sua straordinaria forza fisica, l'eroe è infatti rappresentato nell'atto di distruggere Pilo o di ferire gli dei in battaglia. In Omero Eracle non indossa ancora il suo abbigliamento tradizionale, la pelle di leone, e non è armato di clava, ma veste schinieri, corazza, elmo, scudo e adopera tutte le armi tipiche di un guerriero miceneo.
Nel testo dell'Iliade di lui parla Nestore a Patroclo, raccontando delle guerre della sua gioventù, Eracle era stato anche per Pilo dove uccise i migliori guerrieri della sua generazione.
« Ci aveva già malmenato, venendo, la forza di Eracle,
negli anni passati, ed erano stati uccisi i migliori.
Dodici figli eravamo di Neleo senza macchia,
e d'essi io solo rimasi; tutti gli altri perirono »
Tlepolemo, re di Rodi è un figlio di Eracle, ricordato con questo patronimico già nel libro III meglio conosciuto come "Catalogo delle navi". Nel libro V, il guerriero rodio ingaggia un duello con Sarpedonte di Lidia, figlio di Zeus. Durante il combattimento disprezza l'avversario ritenendolo poco potente rispetto al padre, anch'egli prole di Zeus, ma a suo dire di tutt'altra forza.
« Quanta invece fu, dicono, la possanza di Eracle,
il padre mio, audace consiglio, cuor di leone! »
Nel XV libro il poeta invece, raccontando le gesta degli eroi principali, sofferma il suo sguardo su Ettore, che uccide Perifete, nunzio di Euristeo presso Eracle, citato anche in questo caso per la sua possanza fisica, che, è evidente, in questo contesto non appare aver un ruolo significativo.
« ...ma Ettore uccise Perifete soltanto, un miceneo,
di Copreo caro figlio, che del sire Euristeo,
usava andar nunzio alla potenza di Eracle. »
Sempre nell'Iliade vi è inoltre il racconto dell'inganno che Era tesse alle spalle di Zeus a proposito della nascita di Eracle ed Euristeo.
« Era che è femmina ingannò (Zeus) con astuzia
il giorno in cui Alcmena stava per partorire
in Tebe, la ben coronata di mura, la forza di Eracle. »
Nell'Odissea invece minori sono i riferimenti a Eracle ma il connotato principale dell'eroe rimane comunque la forza fisica.
Nel libro VII è presente un ennesimo, analogo riferimento alla potenza guerresca di Eracle come esempio della potenza delle generazioni del passato rispetto a quelle del presente:
« Con gli uomini antichi, no, non vorrei mai misurarmi,
non certo con Eracle, Eurito Ecalieo... »
Eracle è spesso presentato come figura brutale e dedita alla violenza, in particolar modo nel XXI libro, dove si trova un passo relativo alla morte di Eurito:
« Quando arrivò a casa il figlio di Zeus, prepotente
Eracle eroe, maestro d'imprese grandissime;
il quale l'uccise pur essendo suo ospite, nel suo palazzo... »

I testi di Esiodo

Nella Teogonia di Esiodo abbondano i riferimenti alle vicende di Eracle, ma non troviamo nel poema una trattazione continua delle sue imprese. Galinsky osserva come egli ne celebri le imprese, le fatiche, la vita di sofferenze che gli guadagnarono l'accesso all'Olimpo (Theog. 954-5). Questa immagine di Eracle è solitamente considerata come paradigma dell'eroe 'culturale', portatore cioè della civiltà contro la barbarie.
Tale immagine positiva e 'morale' di Eracle si afferma anche in uno dei poemi pseudoesiodei, Lo scudo di Eracle, poemetto di 480 esametri che narra la storia dello scontro tra Eracle e Cicno figlio di Ares. In questo caso Eracle si fa portavoce non solo di un valore culturale di fronte alla barbarie, ma addirittura gioca un ruolo etico nella difesa della pietas religiosa verso il dio Apollo, i cui fedeli venivano uccisi dal mostruoso brigante.
Anche in questo poemetto l'eroe veste ancora l'armatura del guerriero omerico: indizi cronologici interni ed esterni al testo suggeriscono che l'opera appartiene a una epoca anteriore alla rivoluzione iconografica dovuta a Stesicoro, il quale lo descrisse con la celebre pelle del leone nemeo sulle spalle e la clava.

Le tragedie

Il quinto secolo è la grande stagione della tragedia attica: tra le opere sopravvissute fino ai nostri giorni Eracle è protagonista di quattro di esse, Le Trachinie e il Filottete di Sofocle, l'Alcesti e l'Eracle di Euripide.
Dalle testimonianze antiche sappiamo, però, che l'eroe aveva una parte ampia anche nella produzione di Eschilo. Holt dedica molto spazio all'analisi dei presunti frammenti degli Eraclidi di Eschilo e suppone che ci fossero riferimenti alla morte dell'eroe ed alla sua apoteosi.
L'eroe aveva certamente spazio nella terza tragedia della trilogia prometeica, il Prometeo Liberato. Egli è rappresentato nell'atto di liberare il titano che, in segno di riconoscenza gli dona una profezia sui suoi futuri vagabondaggi in Occidente e le sue fatiche successive. L'eroe assume l'immagine tradizionale di benefattore dell'umanità (come già in Esiodo e Pindaro), caricandosi di un significato altamente religioso. Eracle ha la funzione di esempio morale, in quanto rappresenta il rovescio della figura tracotante di Prometeo: come il titano si era mostrato ribelle alla volontà divina e motivo di ira per il padre degli dei, così l'eroe figlio di Alcmena è l'immagine dell'obbedienza alla divinità e strumento di riconciliazione tra il dio e l'umanità.
Sofocle si è spesso ispirato nella sua produzione a episodi della vita di Eracle. Nelle due tragedie superstiti, il Filottete e le Trachinie, abbiamo due immagini differenti dell'eroe: nella prima assume il ruolo del deus ex machina, che dopo la morte viene a dirimere la contesa che oppone lo sfortunato eroe abbandonato a Lemno e i capi greci; nella seconda offre al pubblico un'immagine decisamente più umana, di eroe al termine della vita di fronte all'inevitabilità della morte. Nel dramma di Filottete Eracle è, dunque, assunto nel ruolo di strumento della volontà divina, simile a quello giocato nel Prometeo liberato di Eschilo, ed è posto sullo stesso piano di qualsiasi altra divinità olimpica che ex machina soprattutto nei drammi euripidei viene a risolvere le vicende. Egli ha conquistato tale ruolo divino attraverso le sofferenze e le fatiche compiute durante la vita terrena al servizio di Zeus e a favore dell'umanità.
Più problematico è, invece, l'Eracle delle Trachinie, che sembra segnare un passo indietro rispetto all'evoluzione che la sua figura aveva assunto nel corso del VI e del V secolo a.C. Egli è raffigurato, infatti, come un eroe violento e brutale, schiavo di passione ed ira, indotto alla distruzione di una città solo per conquistarne la figlia del re. L'eroe pare soccombere al suo destino a causa di un errore della dolce sposa, da lui poco considerata, che tenta di mantenerlo legato a sé con l'impiego di quello che crede un filtro d'amore. La morte causata accidentalmente dalla donna, che gli invia una tunica intrisa del sangue avvelenato del Centauro Nesso, è in realtà voluta dal destino: l'eroe deve espiare le sue mancanze e pagare le azioni superbe di cui si è reso colpevole. L'intento di Sofocle è di dimostrare come nelle vicende umane sia sempre presente lo sguardo divino, di fronte al quale neppure il più forte degli eroi può nulla. Nel corso dell'opera il protagonista è oggetto di una evoluzione, una presa di coscienza delle sue colpe e giunge ad ammettere tutto il peso delle sue azioni, riconoscendo la superiorità e la giustizia della volontà divina. Al termine del dramma, infatti, sostiene che è meglio ubbidire al padre Zeus, accettando serenamente la morte destinatagli.
Euripide fornisce un'interpretazione alquanto originale anche della figura di Eracle. La prima opera in cui appare l'eroe è l'Alcesti, tragedia problematica per la sua stessa struttura e posizione all'interno della tetralogia: occupa, infatti, il quarto posto - quello tradizionalmente riservato al dramma satiresco - ed è originale per il suo lieto fine. Tra i personaggi, Eracle è quello più discusso: non appare un eroe tragico, anzi, per la sua ingordigia nel mangiare e nel bere che lo apparenta all'immagine di lui diffusa nella commedia attica, sembra un buffone da dramma satiresco. Nonostante tutto si inserisce nel dramma in un momento centrale. Dopo aver conosciuto la verità si sveste infatti dei panni del beone per assumere quelli tradizionali di benefattore, adoperandosi per il suo ospite Admeto.
L'Eracle di Euripide è una tragedia tipica del grande poeta, problematica validità della religione olimpica e la precarietà dell'uomo di fronte al divino. Eracle è al termine delle sue fatiche, di ritorno presso la moglie Megara e i figli, insidiati dal tiranno Lico. L'arrivo dell'eroe garantisce l'immediata liberazione dei perseguitati, ma segna anche la loro fine. Euripide ha inteso creare intorno all'eroe il vuoto totale: al culmine della gloria, egli diviene oggetto della peggiore delle catastrofi per sua stessa mano, l'uccisione della moglie e dei figli. Euripide modifica alcuni particolari della storia - nel racconto tradizionale le fatiche erano imposte a Eracle in qualità di espiazione dell'assassinio di Megara e dei figli - per fare di Eracle l'eroe di fronte alla tragedia della vita. Il doloroso rimprovero agli dei, in particolare a Era, che per gelosia di una mortale ha permesso tanta sofferenza, è il grido dell'uomo impotente di fronte al fato.
L'umanizzazione dell'eroe dinanzi al dolore è disarmante e ancora più sconvolgenti sono le motivazioni addotte da Teseo per consolare l'amico, secondo cui "Nessuno è senza colpa, né uomo né Dio". Euripide ha inteso modificare il ruolo di Eracle rispetto alla tradizione che va da Pindaro in poi, secondo una idealizzazione etica nuova e umana.

Amanti e figli di Eracle

Figli avuti da Eracle con donne mortali e con dee

Madre
Figli
Astidamia
  1. Ctesippo
Astioche
  1. Tlepolemo
Auge
  1. Telefo
Autonoe
  1. Palemone
Ebe
  1. Aniceto
  2. Alessiare 
  • * Una delle cinquanta figlie del re Tespio.

Uomini amati da Eracle

Eracle aveva anche un certo numero di amanti maschili. Plutarco, nel suo dialogo Sull'amore (Eroticos) sostiene che gli amanti maschi di Eracle "erano oltre ogni possibile conteggio"; di questi, quello a lui più strettamente legato era il tebano Iolao: secondo un mito che si pensa d'essere d'antiche origini Iolao era auriga e scudiero dell'eroe. Eracle, alla fine, lo aiutò addirittura a trovarsi una moglie. Plutarco riporta che fino al suo tempo, coppie maschili sarebbero andate in pellegrinaggio alla tomba di Iolao a Tebe a prestare giuramento di fedeltà eterna reciproca davanti al sepolcro dell'eroe.
Uno degli amanti maschili di Eracle maggiormente rappresentato sia nell'arte antica sia in quella moderna è Ila (Hylas). Anche se la vicenda è di epoca più recente (datata all'incirca al III secolo a.C.) di quella occorsa con Iolao, questa aveva temi di mentoring nei modi di relazione guerresca e di aiuto per fargli trovare alla fine una sposa degna. Tuttavia va notato che non vi è nulla di tutto ciò se non nel racconto di Apollonio Rodio il quale suggerisce apertamente che Ila fosse anche un amante sessuale, in contrasto con la semplice qualifica di compagno e servitore.
Un altro reputato amante maschio dell'eroe è Elacatas, suo eromenos, che è stato onorato a Sparta con un santuario e giochi annuali, gli "Elacatea". Il mito del loro amore è assai antico.
Vi è poi l'eroe eponimo della città di Abdera, Abdero, ad essere considerato uno degli altri amanti di Eracle. Si dice che sia stato aggredito e ucciso dalle carnivore cavalle di Diomede di Tracia. Eracle fondò la città di Abdera propriamente per onorare la sua memoria, dove è stato ricordato anche con giochi atletici..
Un altro mito è quello riguardante Ifito.
Altra storia è quella che narra del suo amore per Nireo che fu "l'uomo più bello che fosse giunto sotto le mura di Troia" (Iliade, 673). Ma Tolomeo aggiunge che alcuni autori abbiano rivelato invece che Nireo potesse essere uno degli stessi figli di Eracle.
Pausania il Periegeta fa menzione di Sostrato di Dyme in Acaia come uno dei probabili amanti di Eracle; si dice ch'egli sia morto giovane e che sia stato sepolto dall'eroe stesso appena al di fuori della città. La tomba si trovava lì ancora in epoca storica, e gli abitanti di Dyme onoravano Sostrato come fosse un eroe. Il giovane sembra sia stato anche indicato come Polystratus.
C'è anche una serie di amanti che sono o invenzioni successive o concetti puramente letterari. Tra questi ci sono Admeto, che l'ha assistito durante la caccia del cinghiale calidonio; poi Adone, Corito iberico e Nestore, che si diceva fosse amato per la sua saggezza
Uno scholiasta delle Argonautiche elenca i seguenti amanti maschili di Eracle: "Hylas, Filottete, Diomo, Perithoas e Phrix". Altri nomi, menzionati da Plutarco, sono quelli di Eufemo e Frisso.

Altre figure legate al mito

Familiari, compagni e amici

  • Abdero, giovinetto da lui amato e suo compagno
  • Admeto, suo ospite
  • Alcesti, sposa di Admeto
  • Alcmena, sua madre
  • Anfitrione, suo padre adottivo
  • Antore, suo compagno in alcune imprese
  • Argone, suo discendente
  • Athys, suo allievo
  • Auge, madre di suo figlio Telefo
  • Aventino, suo figlio avuto da Rea
  • Chirone, centauro suo precettore
  • Cizico, giovanissimo re dell'omonima città, figlio del suo compagno d'armi Oineo
  • Creonte, padre di sua moglie Megara
  • Deianira, sua seconda moglie
  • Diomo, ragazzo di cui si innamorò
  • Eumede, figlio avuto da Lise
  • Evandro, re di Pallanteo, che lo ospitò
  • Filottete, colui che accese il suo rogo
  • Folo, centauro suo amico
  • Ificle, suo fratello gemello
  • Ila, giovinetto da lui amato e suo scudiero
  • Illo, figlio avuto con Deianira
  • Iolao, figlio di Ificle
  • Iole, donna da lui amata
  • Lica, suo araldo
  • Megara, sua prima moglie
  • Melampo, suo compagno in alcune imprese
  • Meleagro, suo cognato
  • Oineo, suo compagno nelle prime imprese, re dei Dolioni e padre di Cizico
  • Onfale, regina di Lidia e madre di uno dei suoi figli
  • Telefo, il figlio avuto da Auge
  • Tlepolemo, altro suo figlio
  • Teseo, suo alleato in molte imprese
  • Zeus, suo padre. Fin dalla nascita, Eracle è stato il figlio mortale preferito di Zeus, tanto da essere elevato a divinità dal padre.

Nemici

  • Acareo, sfidante a una gara di pugilato
  • Acheloo, dio fluviale
  • Anteo, gigante figlio di Gea
  • Augia, re dell'Elide
  • Busiride, sovrano d'Egitto
  • Caco, brigante italico
  • Calaide e Zete, i due alati figli di Borea
  • Carcino, granchio
  • Cerbero, cane a guardia degli inferi
  • Cercopi, uomini simili a scimmie
  • Cicno, figlio di Ares
  • Cinghiale di Erimanto
  • Diomede, re dei Bistoni
  • Emazione, re d'Etiopia figlio di Eos
  • Ergino, re di Orcomeno
  • Erix, re dei Siculi
  • Euristeo, colui che gli impose le dodici fatiche
  • Eurito, suo antico maestro d'arco
  • Gerione, gigante dell'isola di Erythia
  • Idra di Lerna, mostro a nove teste
  • Ladone, custode del giardino delle Esperidi
  • Laomedonte, re di Troia
  • Leone nemeo, animale invulnerabile secondo alcuni fratellastro di Eracle
  • Lico, usurpatore del regno di Tebe
  • Nesso, centauro
  • Ortro, cane di Gerione
  • Toro di Creta
  • Uccelli del lago Stinfalo

Albero genealogico
















Zeus
Danae








































Perseo
Andromeda





















































































Perse

Alceo
Hipponome




Elettrione
Anasso

Stenelo
Nicippe

Mestore




































































Anaxo

Anfitrione
Alcmena
Zeus


Licimnio


Euristeo







































































Ificle








Megara
Eracle
Deianira
Ebe































































Iolao






Tre figli

Illo
Macaria
Altri

Analisi critica

La vicenda di questo eroe non è raccontata in una sola opera, ma ne sono state scritte molte che lo vedono protagonista, marginalmente o particolarmente. Celebri le sue incredibili imprese, quali ad esempio le dodici fatiche che lo vedono affrontare serpenti dalle molteplici teste, leoni dalla pelle impossibile da scalfire, uccelli in grado di sparare piume affilate come lame e molti altri mostri che l'eroe, sia per coraggio sia per astuzia, riuscì sempre a sconfiggere.
Maggiore eroe greco, divinità olimpica dopo la morte, Eracle fu venerato come simbolo di coraggio e forza, ma anche di umanità e generosità, anche presso i Romani. Era ritenuto protettore degli sport e delle palestre. Fu onorato in numerosi santuari sparsi in tutta la Grecia e le sue tante imprese, espressione dell'altruismo e della forza fisica, lo fecero credere il fondatore dei Giochi olimpici antichi. In alcuni casi, mettendo in luce la generosità con la quale affrontava avversari temibili, si rese dell'eroe un'immagine dall'intensa forza morale, oltre che puramente fisica.
La sua complessa personalità, l'ambientazione di certe sue imprese e il fatto che la maggior parte di esse sia legata ad animali, assimilano talvolta l'immagine di Eracle agli antichi sciamani, dotati di poteri soprannaturali, e una certa comunanza di aspetti si rintraccia anche in eroi fenici come Melqart. Il nome stesso di Eracle, per alcuni studiosi, va fatto risalire al nome del dio sumeri "Erragal", epiteto di Nergal. Le dodici fatiche, poi, possono avere qualche correlazione con i segni dello zodiaco, molti dei quali sono appunto rappresentati da animali.
Nel mondo romano Ercole presiedeva alle palestre e a tutti i luoghi in cui si faceva attività fisica; considerato anche una divinità propizia, gli si rivolgevano invocazioni in caso di disgrazie, chiamandolo Hercules Defensor o Salutaris.
È inoltre da ricordare che fin quasi all'età moderna lo Stretto di Gibilterra era noto come "Colonne d'Ercole", con espressione chiaramente evocativa: un ricordo dei viaggi e degli spostamenti dell'eroe che, nel corso delle sue imprese, toccò paesi dell'Asia Minore e del Caucaso e raggiunse l'Estremo Oriente e il Grande Oceano, che delimitava le "terre dei vivi". La leggenda era d'origine fenicia: il dio tirio Melqart (identificato poi dai Romani con Ercole stesso e detto Hercules Gaditanus, per il famoso tempio di Gades/Gadeira a lui dedicato) avrebbe posto ai lati dello Stretto due colonne, che furono poi considerate l'estremo limite raggiunto da Ercole e, soprattutto nel Medioevo, il confine posto dal dio affinché gli uomini non si spingessero nell'Oceano Atlantico.
Attraverso i contatti e gli scambi culturali legati alle invasioni di Alessandro Magno nei regni orientali, soprattutto nella regione della Sogdiana, la cultura greca ha incontrato e influenzato quella buddista. La figura di Eracle in particolare viene associata a quella di Vajrapāṇi, ossia il protettore del Buddha con stilizzazione greca e la tipica clava.

Nell'arte

Nella pittura, si possono ricordare, di Rubens, Ercole e Onfale (1603), Ercole nel giardino delle Esperidi (1638 circa), L'origine della Via Lattea (1636-1638); L'origine della Via Lattea di Tintoretto; La scelta di Ercole di Annibale Carracci (1596).
Per la scultura, sono celebri Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1534), Piazza della Signoria, Firenze; Ercole e Lica di Antonio Canova (1795-1815), Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma; Ercole epitrapezios di Alba Fucens - I sec. a.C. Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, Chieti; Ercole Curino - bronzo, scuola di Lisippo, Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, Chieti.

Cinema

Dagli anni sessanta in poi furono girati numerosi film di genere peplum (mitologico misto a kolossal) in cui i protagonisti, oltre a Eracle (o Ercole per i romani) in questo caso ribattezzato Hercules, erano noti eroi della mitologia greca e romana, ma nel maggior caso delle volte anche inventati. Alcune trame sono basate su avvenimenti della vicenda mitica del famoso personaggio, seguendo a volte anche le tragedie di Eschilo o Euripide, ma spesso le vicende degli altri film, molto rielaborate dagli sceneggiatori, ottenevano in pubblico scarso successo. Ciò avvenne anche per i personaggi di Maciste e di Ursus, tuttavia il primo, essendo stato creato da Gabriele d'Annunzio e interpretato nei primi film muti da Bartolomeo Pagano, ottenne più successo.
  • Le fatiche di Ercole, regia di Pietro Francisci (1958)
  • Ercole e la regina di Lidia, regia di Pietro Francisci (1958)
  • Gli amori di Ercole, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1960)
  • La vendetta di Ercole, regia di Vittorio Cottafavi (1960)
  • Ercole alla conquista di Atlantide, regia di Vittorio Cottafavi (1961)
  • Ercole al centro della Terra, regia di Mario Bava (1961)
  • Maciste contro Ercole nella valle dei guai, regia di Mario Mattoli (film parodistico del 1961 con protagonisti Franco & Ciccio)
  • Ercole, cortometraggio tedesco per la regia di Werner Herzog (1962)
  • Ercole contro Moloch, regia di Giorgio Ferroni (1963)
  • Ercole sfida Sansone, regia di Pietro Francisci (1963)
  • Ercole contro i tiranni di Babilonia, regia di Domenico Paolella (1964)
  • Ercole contro Roma, regia di Piero Pierotti (1964)
  • Ercole l'invincibile, regia di Alvaro Mancori (1964)
  • Ercole contro i figli del sole, regia di Osvaldo Civirani (1964)
  • Il trionfo di Ercole, regia di Alberto De Martino (1964)
  • Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili, regia di Giorgio Capitani (1964)
  • Il magnifico gladiatore, regia di Alfonso Brescia (1964)
  • La sfida dei giganti, regia di Maurizio Lucidi (1965)
  • Hercules, regia di Luigi Cozzi (1983)
  • Hercules nell'inferno degli dei, film per la televisione per la regia di Bill L. Norton (1994)
  • Hercules e il regno perduto, film per la televisione per la regia di Harley Cokeliss (1994)
  • Hercules e il cerchio di fuoco, film per la televisione per la regia di Doug Lefter (1994)
  • Hercules e le donne amazzoni, film per la televisione per la regia di Bill L. Norton (1994)
  • Hercules nel labirinto del Minotauro, film per la televisione per la regia di Josh Becker (1994)
  • Hercules, film animato della Walt Disney Pictures, diretto da Ron Clements e John Musker (1997)
  • Hercules: The Legendary Journeys, serie televisiva andata in onda dal 1995 al 2000
  • Young Hercules, spin-off della serie televisiva Hercules, in onda dal 1998 al 2002
  • Hercules - La leggenda ha inizio, film del 2014
  • Hercules - Il guerriero, film del 2014 con Dwayne "The Rock" Johnson nei panni di Eracle
Antonio del Pollaiolo - Ercole e l'Idra e Ercole e Anteo 
1475 circa
Ercole (in latino: Hercules) è una figura della mitologia romana, forma italica del culto dell'eroe greco Eracle, introdotto probabilmente presso i popoli Sanniti dai coloni greci, in particolare dalla colonia di Cuma, e presso i Latini e i Sabini dal culto etrusco ad Hercle.
Per antonomasia si definisce così una persona di grande forza fisica e, in passato, il forzuto che si esibiva nei circhi e nelle fiere.

Ercole nell'antica religione romana

Il culto di Ercole a Roma ricalca il mito greco di Eracle, con alcune aggiunte e specificità.
Ercole era venerato il 12 agosto e aveva gli epiteti di Invitto, Vincitore, Custode. Spesso il culto era associato a fonti e specchi d'acqua.
Virgilio, nel libro VIII dell’Eneide fa arrivare Enea a Pallanteo, dove regna il re Evandro, che sta celebrando un rito in onore di Ercole. Dopo il banchetto seguito alla cerimonia, il re racconta a Enea le origini di quel rito. Ercole, di ritorno dalla Spagna con la mandria dei buoi catturati da Gerione, fa sosta nel Lazio, a quel tempo infestato dal mostruoso Caco, che ruba la mandria di Ercole e la nasconde nel suo antro; l’eroe, irato, lo scopre e lo uccide. Gli abitanti del luogo, grati per essere stati liberati dal flagello, gli dedicano un rito, testimoniato ancora ai tempi di Virgilio dall’ Ara massima di Ercole Invitto, situata nel Foro boario, da cui partivano i cortei trionfali.
Poiché Ercole fu il primo mortale che riuscì a diventare dio, nei sarcofagi romani sono frequenti le raffigurazioni delle "dodici fatiche", quale simbolo delle prove che deve affontare il defunto per raggiungere l'immortalità.
Il filosofo Seneca scrive le tragedie Hercules furens e Hercules Oetaeus; nella sua satira Apokolokyntosis sulla morte dell'imperatore Claudio, immagina ironicamente che Ercole abbia il ruolo di portinaio e buttafuori dell'Olimpo.
Alcuni Imperatori si ispirarono ad Ercole: Commodo che amava combattere nell'arena, vestito come il semidio e Massimiano Erculio che diceva di essere suo discendente e aveva una guardia del corpo dedicata, gli Herculiani.
Numerose sono le leggende che hanno Ercole come protagonista e numerosi sono i suoi figli, protagonisti a loro volta di ulteriori miti, come quello di Telefo.
Ercole era figlio di Giove, che si era unito con l'inganno alla regina Alcmena; la forza prodigiosa del bambino sarebbe scaturita dal latte di Giunone, che fu fatto bere a Ercole, mentre la dea dormiva. Più tardi l'eroe ebbe in moglie una mortale, Deianira. Un giorno, durante una delle sue imprese, Ercole e Deianira dovevano attraversare un fiume tumultuoso. L'eroe lo attraversò, ma lasciò che la moglie fosse traghettata da un centauro battelliere, Nesso, che tentò di rapire Deianira. Ercole allora colpì il centauro con una delle frecce avvelenate col sangue dell'Idra. Il centauro morente si prese la sua vendetta offrendo a Deianira il proprio sangue, e convincendola che esso avrebbe costituito un potentissimo filtro d'amore che avrebbe reso Ercole fedele a lei per sempre. Un giorno Deianira ebbe il sospetto che il suo sposo fosse un po' troppo interessato a un'altra donna. Così, dette a Ercole una tunica su cui aveva sparso un po' del sangue del centauro morente. Ovviamente il sangue era un potente veleno, dato che era stato contaminato dal sangue dell'Idra. Quando Ercole indossò la tunica avvelenata, si compì la vendetta del centauro: cominciò a essere preda di dolori lancinanti e sentì le carni bruciargli in modo talmente insopportabile da preferire la morte. Ma nessun mortale poteva ucciderlo, ed Ercole decise di darsi la morte da sé, facendosi bruciare vivo su una pira funeraria. Giove, impietosito dalla sorte del suo figlio prediletto, scese dal cielo e lo prese con sé nell'Olimpo, mettendo fine alla sua agonia.
Nell'Olimpo sposò Ebe, dea della giovinezza. Ci sono varie versioni sul genetliaco di Ercole:
  1. l'anniversario della nascita di Ercole è festeggiato il quarto giorno di ogni mese;
  2. secondo un'altra tradizione Ercole nacque quando il sole entrò nella decima costellazione (Capricorno);
  3. per altri quando il sole entra nella dodicesima costellazione (Pesci).

Ritrovamenti archeologici

A Tivoli vi sono i grandiosi resti del santuario di Ercole vincitore, dove Ercole era venerato come dio guerriero, protettore dei commerci e custode della transumanza delle greggi, attività fondamentale per la cittadina. Il culto di Ercole sembra fosse nato a Tivoli e sarebbe stato trasferito a Roma alla fine dell'epoca repubblicana da Marco Ottavio Erennio. Collegato al tempio c'era un collegio di musici (tibicines). Le danze e i canti del culto si intensificavano nel mese di agosto, quando si celebrava il dies natalis di Ercole.
A Roma, nel Foro Boario, si conserva ancora quasi intatto il Tempio di Ercole Vincitore che quasi certamente conteneva la statua in bronzo dorato di Ercole con i pomi delle Esperidi o Ercole del Foro Boario, ritrovata nei pressi. Presso le terme di Caracalla fu ritrovata invece la statua colossale di Ercole in riposo sulla clava, con in mano i pomi delle Esperidi Ercole Farnese.
A Ostia antica sono stati trovati i resti del tempio di Ercole Invitto, dove si esercitava un culto oracolare, legato al fortuito ritrovamento di una statua di Ercole in mare.
Diversi affreschi raffiguranti episodi del mito di Ercole ritrovati nelle case di Pompei testimoniano la popolarità dell'eroe presso i Romani. La stessa città di Ercolano si riteneva fosse stata fondata da Ercole. Durante alcuni scavi è stato ritrovato un altare dedicato ad Ercole in località Lierna, sul lago di Como.

Ercole nell'arte

Pittura

  • Ercole e Anteo di Antonio del Pollaiolo
  • Ercole e l'Idra di Antonio del Pollaiolo
  • Ercole e Onfale di Pieter Paul Rubens (1603).
  • Ercole nel giardino delle Esperidi di Pieter Paul Rubens (1638 circa).
  • L'origine della Via Lattea di Pieter Paul Rubens (1636-1638).
  • L'origine della Via Lattea di Tintoretto.
  • Scelta di Ercole di Annibale Carracci (1596).

Scultura

  • Ercole e Caco di Baccio Bandinelli (1534), Piazza della Signoria, Firenze.
  • Ercole e Lica di Antonio Canova (1795-1815), Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma.
  • Ercole epitrapezios di Alba Fucens - I sec. a.C. Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, Chieti.
  • Ercole Curino - bronzo, scuola di Lisippo, Museo archeologico nazionale d'Abruzzo, Chieti.
  • Ercole e l'Idra di Alfonso Lombardi (1519), Palazzo d'Accursio, Bologna.
  • Monumento a Ercole e Anteo di Teodoro Vanderstruck (1684 e 1687), Palazzo Cusani, Parma.

Teatro

Il personaggio appartenente alla mitologia greca era stato già protagonista de Le Trachinie di Sofocle, ne Gli Eraclidi di Euripide e anche in Alcesti ed Eracle, sempre di quest'ultimo. Il personaggio fu famoso anche nel teatro romano.
  • Hercules furens (Ercole furioso) di Lucio Anneo Seneca, scrittore, filosofo e poeta romano.
  • Hercules und der Stall des Augias (Ercole e le stalle di Augia) di Friedrich Dürrenmatt, scrittore, drammaturgo svizzero.

Cinema e TV

Dagli anni sessanta in poi furono girati numerosi film di genere peplum (mitologico misto a kolossal) in cui i protagonisti, oltre a Eracle (o Ercole per i romani) in questo caso ribattezzato Hercules, erano noti eroi della mitologia greca e romana, ma nel maggior caso delle volte anche inventati. Alcune trame sono basate su avvenimenti della vicenda mitica del famoso personaggio, seguendo a volte anche le tragedie di Eschilo o Euripide, ma spesso le vicende degli altri film, molto rielaborate dagli sceneggiatori, ottenevano in pubblico scarso successo. Ciò avvenne anche per i personaggi di Maciste e di Ursus; tuttavia il primo, essendo stato creato da Gabriele D'Annunzio e interpretato nei primi film muti da Bartolomeo Pagano, ottenne più successo.
  • Le fatiche di Ercole, regia di Pietro Francisci (1958)
  • Ercole e la regina di Lidia, regia di Pietro Francisci (1959)
  • Gli amori di Ercole, regia di Carlo Ludovico Bragaglia (1960)
  • La vendetta di Ercole, regia di Vittorio Cottafavi (1960)
  • Ercole alla conquista di Atlantide, regia di Vittorio Cottafavi (1961)
  • Maciste contro Ercole nella valle dei guai, regia di Mario Mattoli (film parodistico del 1961 con protagonisti Franco e Ciccio)
  • Ercole al centro della Terra, regia di Mario Bava (1961)
  • Ulisse contro Ercole, regia di Mario Caiano (1962)
  • La furia di Ercole, regia di Gianfranco Parolini (1962)
  • Ercole, cortometraggio tedesco per la regia di Werner Herzog (1962)
  • Ercole sfida Sansone, regia di Pietro Francisci (1963)
  • Ercole contro Moloch, regia di Giorgio Ferroni (1963)
  • Ercole l'invincibile, regia di Alvaro Mancori (1964)
  • Ercole contro Roma, regia di Piero Pierotti (1964)
  • Il trionfo di Ercole, regia di Alberto De Martino (1964)
  • Ercole contro i figli del sole, regia di Osvaldo Civirani (1964)
  • Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili, regia di Giorgio Capitani (1964)
  • Ercole contro i tiranni di Babilonia, regia di Domenico Paolella (1964)
  • Il magnifico gladiatore, regia di Alfonso Brescia (1964)
  • La sfida dei giganti, regia di Maurizio Lucidi (1965)
  • Hercules, regia di Luigi Cozzi (1983)
  • Hercules e le donne amazzoni, film per la televisione per la regia di Bill L. Norton (1994)
  • Hercules e il regno perduto, film per la televisione per la regia di Harley Cokeliss (1994)
  • Hercules e il cerchio di fuoco, film per la televisione per la regia di Doug Lefter (1994)
  • Hercules nell'inferno degli dei, film per la televisione per la regia di Bill L. Norton (1994)
  • Hercules nel labirinto del Minotauro, film per la televisione per la regia di Josh Becker (1994)
  • Hercules, film animato della Walt Disney Pictures, diretto da Ron Clements e John Musker (1997)
  • Hercules: The Legendary Journeys, stagione televisiva andata in onda dal 1995 al 2000
  • Young Hercules, spin-off televisivo di Hercules, in onda dal 1998 al 2002
  • Hercules: La leggenda ha inizio (Hercules: The Legend Begins), film di Renny Harlin del 2014
  • Hercules - Il guerriero (Hercules), film di Brett Ratner del 2014

Film anacronistico apocrifo

  • Ercole a New York, Arthur Allan Seidelman (1970).
Opera bronzea d'epoca romana rappresentante Ercole, al Louvre di Parigi
 Heracles (Roman statue in bronze) - in the Louvre, Paris

Heracles

Heracles (/ˈhɛrəklz/ HERR-ə-kleez; Greek: Ἡρακλῆς, Hēraklês, Glory/Pride of Hēra, "Hera"), born Alcaeus (Ἀλκαῖος, Alkaios) (/ælˈsəs/) or Alcides (Ἀλκείδης, Alkeidēs) (/ælˈsdz/) was a divine hero in Greek mythology, the son of Zeus and Alcmene, foster son of Amphitryon. He was a great-grandson and half-brother (as they are both sired by the god Zeus) of Perseus. He was the greatest of the Greek heroes, a paragon of masculinity, the ancestor of royal clans who claimed to be Heracleidae (Ἡρακλεῖδαι), and a champion of the Olympian order against chthonic monsters. In Rome and the modern West, he is known as Hercules, with whom the later Roman emperors, in particular Commodus and Maximian, often identified themselves. The Romans adopted the Greek version of his life and works essentially unchanged, but added anecdotal detail of their own, some of it linking the hero with the geography of the Central Mediterranean. Details of his cult were adapted to Rome as well.

Origin

Many popular stories were told of his life, the most famous being The Twelve Labours of Heracles; Alexandrian poets of the Hellenistic age drew his mythology into a high poetic and tragic atmosphere. His figure, which initially drew on Near Eastern motifs such as the lion-fight, was widely known.
Heracles was the greatest of Hellenic chthonic heroes, but unlike other Greek heroes, no tomb was identified as his. Heracles was both hero and god, as Pindar says heroes theos; at the same festival sacrifice was made to him, first as a hero, with a chthonic libation, and then as a god, upon an altar: thus he embodies the closest Greek approach to a "demi-god". The core of the story of Heracles has been identified by Walter Burkert as originating in Neolithic hunter culture and traditions of shamanistic crossings into the netherworld.

Hero or god

Heracles' role as a culture hero, whose death could be a subject of mythic telling (see below), was accepted into the Olympian Pantheon during Classical times. This created an awkwardness in the encounter with Odysseus in the episode of Odyssey XI, called the Nekuia, where Odysseus encounters Heracles in Hades:
And next I caught a glimpse of powerful Heracles—
His ghost I mean: the man himself delights
in the grand feasts of the deathless gods on high...
Around him cries of the dead rang out like cries of birds
scattering left and right in horror as on he came like night...
Ancient critics were aware of the problem of the aside that interrupts the vivid and complete description, in which Heracles recognizes Odysseus and hails him, and modern critics find very good reasons for denying that the verses beginning, in Fagles' translation His ghost I mean... were part of the original composition: "once people knew of Heracles' admission to Olympus, they would not tolerate his presence in the underworld", remarks Friedrich Solmsen, noting that the interpolated verses represent a compromise between conflicting representations of Heracles.

Christian chronology

In Christian circles a Euhemerist reading of the widespread Heracles cult was attributed to a historical figure who had been offered cult status after his death. Thus Eusebius, Preparation of the Gospel (10.12), reported that Clement could offer historical dates for Hercules as a king in Argos: "from the reign of Hercules in Argos to the deification of Hercules himself and of Asclepius there are comprised thirty-eight years, according to Apollodorus the chronicler: and from that point to the deification of Castor and Pollux fifty-three years: and somewhere about this time was the capture of Troy."
Readers with a literalist bent, following Clement's reasoning, have asserted from this remark that, since Heracles ruled over Tiryns in Argos at the same time that Eurystheus ruled over Mycenae, and since at about this time Linus was Heracles' teacher, one can conclude, based on Jerome's date—in his universal history, his Chronicon—given to Linus' notoriety in teaching Heracles in 1264 BCE, that Heracles' death and deification occurred 38 years later, in approximately 1226 BCE.

Cult

The ancient Greeks celebrated the festival of the Heracleia, which commemorated the death of Heracles, on the second day of the month of Metageitnion (which would fall in late July or early August). What is believed to be an Egyptian Temple of Heracles in the Bahariya Oasis dates to 21 BCE. A reassessment of Ptolemy's descriptions of the island of Malta attempted to link the site at Ras ir-Raħeb with a temple to Heracles, but the arguments are not conclusive. Several ancient cities were named Heraclea in his honor.
Although the Athenians were among the first to worship Heracles as a god, there were Greek cities that refused to recognize the hero's divine status. There are also several polis that merely provided two separate sanctuaries for Heracles, one recognizing him as a god, the other only as a hero. This ambiguity helped create the Heracles cult especially when historians (e.g. Herodotus) and artists encouraged worship such as the painters during the time of the Peisistratos, who often presented Heracles entering Olympus in their works.
Some sources explained that the cult of Heracles persisted because of the hero's ascent to heaven and his suffering, which became the basis for festivals, ritual, rites, and the organization of mysteries. There is the observation, for example, that sufferings (pathea) gave rise to the rituals of grief and mourning, which came before the joy in the mysteries in the sequence of cult rituals. Also, like the case of Apollo, the cult of Hercules has been sustained through the years by absorbing local cult figures such as those who share the same nature. He was also constantly invoked as a patron for men, especially the young ones. For example, he was considered the ideal in warfare so he presided over gymnasiums and the ephebes or those men undergoing military training.
There were ancient towns and cities that also adopted Heracles as a patron deity, contributing to the spread of his cult. There was the case of the royal house of Macedonia, which claimed lineal descent from the hero primarily for purposes of divine protection and legitimator of actions.
The earliest evidence that show the worship of Heracles in popular cult was in 6th century BC (121–122 and 160–165) via an ancient inscription from Phaleron.

Character

Extraordinary strength, courage, ingenuity, and sexual prowess with both males and females were among the characteristics commonly attributed to him. Heracles used his wits on several occasions when his strength did not suffice, such as when laboring for the king Augeas of Elis, wrestling the giant Antaeus, or tricking Atlas into taking the sky back onto his shoulders. Together with Hermes he was the patron and protector of gymnasia and palaestrae. His iconographic attributes are the lion skin and the club. These qualities did not prevent him from being regarded as a playful figure who used games to relax from his labors and played a great deal with children. By conquering dangerous archaic forces he is said to have "made the world safe for mankind" and to be its benefactor. Heracles was an extremely passionate and emotional individual, capable of doing both great deeds for his friends (such as wrestling with Thanatos on behalf of Prince Admetus, who had regaled Heracles with his hospitality, or restoring his friend Tyndareus to the throne of Sparta after he was overthrown) and being a terrible enemy who would wreak horrible vengeance on those who crossed him, as Augeas, Neleus and Laomedon all found out to their cost.

Mythology

Birth and childhood

A major factor in the well-known tragedies surrounding Heracles is the hatred that the goddess Hera, wife of Zeus, had for him. A full account of Heracles must render it clear why Heracles was so tormented by Hera, when there were many illegitimate offspring sired by Zeus. Heracles was the son of the affair Zeus had with the mortal woman Alcmene. Zeus made love to her after disguising himself as her husband, Amphitryon, home early from war (Amphitryon did return later the same night, and Alcmene became pregnant with his son at the same time, a case of heteropaternal superfecundation, where a woman carries twins sired by different fathers). Thus, Heracles' very existence proved at least one of Zeus' many illicit affairs, and Hera often conspired against Zeus' mortal offspring as revenge for her husband's infidelities. His twin mortal brother, son of Amphitryon, was Iphicles, father of Heracles' charioteer Iolaus.
On the night the twins Heracles and Iphicles were to be born, Hera, knowing of her husband Zeus' adultery, persuaded Zeus to swear an oath that the child born that night to a member of the House of Perseus would become High King. Hera did this knowing that while Heracles was to be born a descendant of Perseus, so too was Eurystheus. Once the oath was sworn, Hera hurried to Alcmene's dwelling and slowed the birth of the twins Heracles and Iphicles by forcing Ilithyia, goddess of childbirth, to sit crosslegged with her clothing tied in knots, thereby causing the twins to be trapped in the womb. Meanwhile, Hera caused Eurystheus to be born prematurely, making him High King in place of Heracles. She would have permanently delayed Heracles' birth had she not been fooled by Galanthis, Alcmene's servant, who lied to Ilithyia, saying that Alcmene had already delivered the baby. Upon hearing this, she jumped in surprise, loosing the knots and inadvertently allowing Alcmene to give birth to Heracles and Iphicles.
Fear of Hera's revenge led Alcmene to expose the infant Heracles, but he was taken up and brought to Hera by his half-sister Athena, who played an important role as protectress of heroes. Hera did not recognize Heracles and nursed him out of pity. Heracles suckled so strongly that he caused Hera pain, and she pushed him away. Her milk sprayed across the heavens and there formed the Milky Way. But with divine milk, Heracles had acquired supernatural powers. Athena brought the infant back to his mother, and he was subsequently raised by his parents.
The child was originally given the name Alcides by his parents; it was only later that he became known as Heracles. He was renamed Heracles in an unsuccessful attempt to mollify Hera. He and his twin were just eight months old when Hera sent two giant snakes into the children's chamber. Iphicles cried from fear, but his brother grabbed a snake in each hand and strangled them. He was found by his nurse playing with them on his cot as if they were toys. Astonished, Amphitryon sent for the seer Tiresias, who prophesied an unusual future for the boy, saying he would vanquish numerous monsters.

Youth

After killing his music tutor Linus with a lyre, he was sent to tend cattle on a mountain by his foster father Amphitryon. Here, according to an allegorical parable, "The Choice of Heracles", invented by the sophist Prodicus (c. 400 BCE) and reported in Xenophon's Memorabilia 2.1.21–34, he was visited by two allegorical figures—Vice and Virtue—who offered him a choice between a pleasant and easy life or a severe but glorious life: he chose the latter. This was part of a pattern of "ethicizing" Heracles over the 5th century BCE.
Later in Thebes, Heracles married King Creon's daughter, Megara. In a fit of madness, induced by Hera, Heracles killed his children by Megara. After his madness had been cured with hellebore by Antikyreus, the founder of Antikyra, he realized what he had done and fled to the Oracle of Delphi. Unbeknownst to him, the Oracle was guided by Hera. He was directed to serve King Eurystheus for ten years and perform any task Eurystheus required of him. Eurystheus decided to give Heracles ten labours, but after completing them, Heracles was cheated by Eurystheus when he added two more, resulting in the Twelve Labors of Heracles.

Labours of Heracles

Driven mad by Hera, Heracles slew his own children. To expiate the crime, Heracles was required to carry out ten labors set by his archenemy, Eurystheus, who had become king in Heracles' place. If he succeeded, he would be purified of his sin and, as myth says, he would be granted immortality. Heracles accomplished these tasks, but Eurystheus did not accept the cleansing of the Augean stables because Heracles was going to accept pay for the labor. Neither did he accept the killing of the Lernaean Hydra as Heracles' nephew, Iolaus, had helped him burn the stumps of the heads. Eurystheus set two more tasks (fetching the Golden Apples of Hesperides and capturing Cerberus), which Heracles performed successfully, bringing the total number of tasks up to twelve.
Not all writers gave the labours in the same order. The Bibliotheca (2.5.1–2.5.12) gives the following order:
  1. Slay the Nemean Lion.
  2. Slay the nine-headed Lernaean Hydra.
  3. Capture the Golden Hind of Artemis.
  4. Capture the Erymanthian Boar.
  5. Clean the Augean stables in a single day.
  6. Slay the Stymphalian Birds.
  7. Capture the Cretan Bull.
  8. Steal the Mares of Diomedes.
  9. Obtain the girdle of Hippolyta, Queen of the Amazons.
  10. Obtain the cattle of the monster Geryon.
  11. Steal the apples of the Hesperides (he had the help of Atlas to pick them after Hercules had slain Ladon).
  12. Capture and bring back Cerberus.

Further adventures

After completing these tasks, Heracles joined the Argonauts in a search for the Golden Fleece. He also fell in love with Princess Iole of Oechalia. King Eurytus of Oechalia promised his daughter, Iole, to whoever could beat his sons in an archery contest. Heracles won but Eurytus abandoned his promise. Heracles' advances were spurned by the king and his sons, except for one: Iole's brother Iphitus. Heracles killed the king and his sons—excluding Iphitus—and abducted Iole. Iphitus became Heracles' best friend. However, once again, Hera drove Heracles mad and he threw Iphitus over the city wall to his death. Once again, Heracles purified himself through three years of servitude—this time to Queen Omphale of Lydia.

Omphale

Omphale was a queen or princess of Lydia. As penalty for a murder, imposed by Xenoclea, the Delphic Oracle, Heracles was to serve as her slave for a year. He was forced to do women's work and to wear women's clothes, while she wore the skin of the Nemean Lion and carried his olive-wood club. After some time, Omphale freed Heracles and married him. Some sources mention a son born to them who is variously named. It was at that time that the cercopes, mischievous wood spirits, stole Heracles' weapons. He punished them by tying them to a stick with their faces pointing downward.

Hylas

While walking through the wilderness, Heracles was set upon by the Dryopes. In Apollonius of Rhodes' Argonautica it is recalled that Heracles had mercilessly slain their king, Theiodamas, over one of the latter's bulls, and made war upon the Dryopes "because they gave no heed to justice in their lives". After the death of their king, the Dryopes gave in and offered him Prince Hylas. He took the youth on as his weapons bearer and beloved. Years later, Heracles and Hylas joined the crew of the Argo. As Argonauts, they only participated in part of the journey. In Mysia, Hylas was kidnapped by the nymphs of a local spring. Heracles, heartbroken, searched for a long time but Hylas had fallen in love with the nymphs and never showed up again. In other versions, he simply drowned. Either way, the Argo set sail without them.

Rescue of Prometheus

Hesiod's Theogony and Aeschylus' Prometheus Unbound both tell that Heracles shot and killed the eagle that tortured Prometheus (which was his punishment by Zeus for stealing fire from the gods and giving it to mortals). Heracles freed the Titan from his chains and his torments. Prometheus then made predictions regarding further deeds of Heracles.

Heracles' constellation

On his way back to Mycenae from Iberia, having obtained the Cattle of Geryon as his tenth labour, Heracles came to Liguria in North-Western Italy where he engaged in battle with two giants, Albion and Bergion or Dercynus, sons of Poseidon. The opponents were strong; Hercules was in a difficult position so he prayed to his father Zeus for help. Under the aegis of Zeus, Heracles won the battle. It was this kneeling position of Heracles when he prayed to his father Zeus that gave the name Engonasin ("Εγγόνασιν", derived from "εν γόνασιν"), meaning "on his knees" or "the Kneeler", to the constellation known as Heracles' constellation. The story, among others, is described by Dionysius of Halicarnassus.

Heracles' sack of Troy

Before Homer's Trojan War, Heracles had made an expedition to Troy and sacked it. Previously, Poseidon had sent a sea monster to attack Troy. The story is related in several digressions in the Iliad (7.451–453, 20.145–148, 21.442–457) and is found in pseudo-Apollodorus' Bibliotheke (2.5.9). This expedition became the theme of the Eastern pediment of the Temple of Aphaea. Laomedon planned on sacrificing his daughter Hesione to Poseidon in the hope of appeasing him. Heracles happened to arrive (along with Telamon and Oicles) and agreed to kill the monster if Laomedon would give him the horses received from Zeus as compensation for Zeus' kidnapping Ganymede. Laomedon agreed. Heracles killed the monster, but Laomedon went back on his word. Accordingly, in a later expedition, Heracles and his followers attacked Troy and sacked it. Then they slew all Laomedon's sons present there save Podarces, who was renamed Priam, who saved his own life by giving Heracles a golden veil Hesione had made. Telamon took Hesione as a war prize and they had a son, Teucer.

Other adventures

  • Heracles defeated the Bebryces (ruled by King Mygdon) and gave their land to Prince Lycus of Mysia, son of Dascylus.
  • He killed the robber Termerus.
  • Heracles visited Evander with Antor, who then stayed in Italy.
  • Heracles killed King Amyntor of the Dolopes for not allowing him into his kingdom. He also killed King Emathion of Arabia.
  • Heracles kills the Egyptian King Busiris and his followers after they attempt to sacrifice him to the gods.
  • Heracles killed Lityerses after beating him in a contest of harvesting.
  • Heracles killed Periclymenus at Pylos.
  • Heracles killed Syleus for forcing strangers to hoe a vineyard.
  • Heracles rivaled with Lepreus and eventually killed him.
  • Heracles founded the city Tarentum (modern Taranto in Italy).
  • Heracles learned music from Linus (and Eumolpus), but killed him after Linus corrected his mistakes. He learned how to wrestle from Autolycus. He killed the famous boxer Eryx of Sicily in a match.
  • Heracles was an Argonaut. He killed Alastor and his brothers.
  • When Hippocoon overthrew his brother, Tyndareus, as King of Sparta, Heracles reinstated the rightful ruler and killed Hippocoon and his sons.
  • Heracles killed Cycnus, the son of Ares. The expedition against Cycnus, in which Iolaus accompanied Heracles, is the ostensible theme of a short epic attributed to Hesiod, Shield of Heracles.
  • Heracles killed the Giants Alcyoneus and Porphyrion.
  • Heracles killed Antaeus the giant who was immortal while touching the earth, by picking him up and holding him in the air while strangling him.
  • Heracles went to war with Augeias after he denied him a promised reward for clearing his stables. Augeias remained undefeated due to the skill of his two generals, the Molionides, and after Heracles fell ill, his army was badly beaten. Later, however, he was able to ambush and kill the Molionides, and thus march into Elis, sack it, and kill Augeias and his sons.
  • Heracles visited the house of Admetus on the day Admetus' wife, Alcestis, had agreed to die in his place. By hiding beside the grave of Alcestis, Heracles was able to surprise Death when he came to collect her, and by squeezing him tight until he relented, was able to persuade Death to return Alcestis to her husband.
  • Heracles challenged wine god Dionysus to a drinking contest and lost, resulting in his joining the Thiasus for a period.
  • Heracles also appears in Aristophanes' The Frogs, in which Dionysus seeks out the hero to find a way to the underworld. Heracles is greatly amused by Dionysus' appearance and jokingly offers several ways to commit suicide before finally offering his knowledge of how to get to there.
  • Heracles appears as the ancestral hero of Scythia in Herodotus' text. While Heracles is sleeping out in the wilderness, a half-woman, half-snake creature steals his horses. Heracles eventually finds the creature, but she refuses to return the horses until he has sex with her. After doing so, he takes back his horses, but before leaving, he hands over his belt and bow, and gives instructions as to which of their children should found a new nation in Scythia.
  • In the fifth book of the New History, ascribed by Photius to Ptolemy Hephaestion, mention that Heracles did not wear the skin of the Nemean lion, but that of a certain Lion giant killed by Heracles whom he had challenged to single combat.

Death

This is described in Sophocles's Trachiniae and in Ovid's Metamorphoses Book IX. Having wrestled and defeated Achelous, god of the Acheloos river, Heracles takes Deianira as his wife. Travelling to Tiryns, a centaur, Nessus, offers to help Deianira across a fast flowing river while Heracles swims it. However, Nessus is true to the archetype of the mischievous centaur and tries to steal Deianira away while Heracles is still in the water. Angry, Heracles shoots him with his arrows dipped in the poisonous blood of the Lernaean Hydra. Thinking of revenge, Nessus gives Deianira his blood-soaked tunic before he dies, telling her it will "excite the love of her husband".
Several years later, rumor tells Deianira that she has a rival for the love of Heracles. Deianira, remembering Nessus' words, gives Heracles the bloodstained shirt. Lichas, the herald, delivers the shirt to Heracles. However, it is still covered in the Hydra's blood from Heracles' arrows, and this poisons him, tearing his skin and exposing his bones. Before he dies, Heracles throws Lichas into the sea, thinking he was the one who poisoned him (according to several versions, Lichas turns to stone, becoming a rock standing in the sea, named for him). Heracles then uproots several trees and builds a funeral pyre on Mount Oeta, which Poeas, father of Philoctetes, lights. As his body burns, only his immortal side is left. Through Zeus' apotheosis, Heracles rises to Olympus as he dies.
No one but Heracles' friend Philoctetes (Poeas in some versions) would light his funeral pyre (in an alternate version, it is Iolaus who lights the pyre). For this action, Philoctetes or Poeas received Heracles' bow and arrows, which were later needed by the Greeks to defeat Troy in the Trojan War.
Philoctetes confronted Paris and shot a poisoned arrow at him. The Hydra poison subsequently led to the death of Paris. The Trojan War, however, continued until the Trojan Horse was used to defeat Troy.
According to Herodotus, Heracles lived 900 years before Herodotus' own time (c. 1300 BCE).

Lovers

Women

Marriages

During the course of his life, Heracles married four times.
  • His first marriage was to Megara, whose children he murdered in a fit of madness. According to Pseudo-Apollodorus (Bibliotheca, 2.4.12) Megara was unharmed. According to Hyginus (Fabulae, 32), Heracles also killed Megara.
  • His second wife was Omphale, the Lydian queen to whom he was delivered as a slave (Hyginus, Fabulae, 32).
  • His third marriage was to Deianira, for whom he had to fight the river god Achelous (upon Achelous' death, Heracles removed one of his horns and gave it to some nymphs who turned it into the cornucopia). Soon after they wed, Heracles and Deianira had to cross a river, and a centaur named Nessus offered to help Deianira across but then attempted to rape her. Enraged, Heracles shot the centaur from the opposite shore with a poisoned arrow (tipped with the Lernaean Hydra's blood) and killed him. As he lay dying, Nessus plotted revenge, told Deianira to gather up his blood and spilled semen and, if she ever wanted to prevent Heracles from having affairs with other women, she should apply them to his vestments. Nessus knew that his blood had become tainted by the poisonous blood of the Hydra, and would burn through the skin of anyone it touched. Later, when Deianira suspected that Heracles was fond of Iole, she soaked a shirt of his in the mixture, creating the poisoned shirt of Nessus. Heracles' servant, Lichas, brought him the shirt and he put it on. Instantly he was in agony, the cloth burning into him. As he tried to remove it, the flesh ripped from his bones. Heracles chose a voluntary death, asking that a pyre be built for him to end his suffering. After death, the gods transformed him into an immortal, or alternatively, the fire burned away the mortal part of the demigod, so that only the god remained. After his mortal parts had been incinerated, he could become a full god and join his father and the other Olympians on Mount Olympus.
  • His fourth marriage was to Hebe, his last wife.

Affairs

An episode of his female affairs that stands out was his stay at the palace of Thespius, king of Thespiae, who wished him to kill the Lion of Cithaeron. As a reward, the king offered him the chance to perform sexual intercourse with all fifty of his daughters in one night. Heracles complied and they all became pregnant and all bore sons. This is sometimes referred to as his Thirteenth Labour. Many of the kings of ancient Greece traced their lines to one or another of these, notably the kings of Sparta and Macedon.
Yet another episode of his female affairs that stands out was when he carried away the oxen of Geryon, he also visited the country of the Scythians. Once there, while asleep, his horses suddenly disappeared. When he woke and wandered about in search of them, he came into the country of Hylaea. He then found the dracaena of Scythia (sometimes identified as Echidna) in a cave. When he asked whether she knew anything about his horses, she answered, that they were in her own possession, but that she would not give them up, unless he would consent to stay with her for a time. Heracles accepted the request, and became by her the father of Agathyrsus, Gelonus, and Scythes. The last of them became king of the Scythians, according to his father's arrangement, because he was the only one among the three brothers that was able to manage the bow which Heracles had left behind and to use his father's girdle. In some versions, the Scythian echidna's children by him are known as the Dracontidae and were the ancestors of a House of Cadmus.[citation needed]

Men

As a symbol of masculinity and warriorship, Heracles also had a number of male lovers. Plutarch, in his Eroticos, maintains that Heracles' male lovers were beyond counting. Of these, the one most closely linked to Heracles is the Theban Iolaus. According to a myth thought to be of ancient origins, Iolaus was Heracles' charioteer and squire. Heracles in the end helped Iolaus find a wife. Plutarch reports that down to his own time, male couples would go to Iolaus's tomb in Thebes to swear an oath of loyalty to the hero and to each other.
One of Heracles' male lovers, and one represented in ancient as well as modern art, is Hylas. Though it is of more recent vintage (dated to the 3rd century) than that with Iolaus, it had themes of mentoring in the ways of a warrior and help finding a wife in the end. There is nothing in Apollonius's account that suggests that Hylas was a sexual lover as opposed to a companion and servant.
Another reputed male lover of Heracles is Elacatas, who was honored in Sparta with a sanctuary and yearly games, Elacatea. The myth of their love is an ancient one.
Abdera's eponymous hero, Abderus, was another of Heracles' lovers. He was said to have been entrusted with—and slain by—the carnivorous mares of Thracian Diomedes. Heracles founded the city of Abdera in Thrace in his memory, where he was honored with athletic games.
Another myth is that of Iphitus.
Another story is the one of his love for Nireus, who was "the most beautiful man who came beneath Ilion" (Iliad, 673). But Ptolemy adds that certain authors made Nireus out to be a son of Heracles.
Pausanias makes mention of Sostratus, a youth of Dyme, Achaea, as a lover of Heracles. Sostratus was said to have died young and to have been buried by Heracles outside the city. The tomb was still there in historical times, and the inhabitants of Dyme honored Sostratus as a hero. The youth seems to have also been referred to as Polystratus.
There is also a series of lovers who are either later inventions or purely literary conceits. Among these are Admetus, who assisted in the hunt for the Calydonian Boar, Adonis, Corythus, and Nestor who was said to have been loved for his wisdom. His role as lover was perhaps to explain why he was the only son of Neleus to be spared by the hero.
A scholiast on Argonautica lists the following male lovers of Heracles: "Hylas, Philoctetes, Diomus, Perithoas, and Phrix, after whom a city in Libya was named". Diomus is also mentioned by Stephanus of Byzantium as the eponym of the deme Diomeia of the Attic phyle Aegeis: Heracles is said to have fallen in love with Diomus when he was received as guest by Diomus' father Collytus. Perithoas and Phrix are otherwise unknown, and so is the version that suggests a sexual relationship between Heracles and Philoctetes.

Children

All of Heracles' marriages and almost all of his heterosexual affairs resulted in births of a number of sons and at least four daughters. One of the most prominent is Hyllus, the son of Heracles and Deianeira or Melite. The term Heracleidae, although it could refer to all of Heracles' children and further descendants, is most commonly used to indicate the descendants of Hyllus, in the context of their lasting struggle for return to Peloponnesus, out of where Hyllus and his brothers—the children of Heracles by Deianeira—were thought to have been expelled by Eurystheus.
The children of Heracles by Megara are collectively well known because of their ill fate, but there is some disagreement among sources as to their number and individual names. Apollodorus lists three, Therimachus, Creontiades and Deicoon; to these Hyginus adds Ophitus and, probably by mistake, Archelaus, who is otherwise known to have belonged to the Heracleidae, but to have lived several generations later. A scholiast on Pindar' s odes provides a list of seven completely different names: Anicetus, Chersibius, Mecistophonus, Menebrontes, Patrocles, Polydorus, Toxocleitus.
Other well-known children of Heracles include Telephus, king of Mysia (by Auge), and Tlepolemus, one of the Greek commanders in the Trojan War (by Astyoche).
According to Herodotus, a line of 22 Kings of Lydia descended from Hercules and Omphale. The line was called Tylonids after his Lydian name.
The divine sons of Heracles and Hebe are Alexiares and Anicetus.

Consorts and children

  1. Megara
    1. Therimachus
    2. Creontiades
    3. Ophitus
    4. Deicoon
  2. Omphale
    1. Agelaus
    2. Tyrsenus
  3. Deianira
    1. Hyllus
    2. Ctesippus
    3. Glenus
    4. Oneites
    5. Macaria
  4. Hebe
    1. Alexiares
    2. Anicetus
  5. Astydameia, daughter of Ormenius
    1. Ctesippus
  6. Astyoche, daughter of Phylas
    1. Tlepolemus
  7. Auge
    1. Telephus
  8. Autonoe, daughter of Piraeus / Iphinoe, daughter of Antaeus
    1. Palaemon
  9. Baletia, daughter of Baletus
    1. Brettus
  10. Barge
    1. Bargasus
  11. Bolbe
    1. Olynthus
  12. Celtine
    1. Celtus
  13. Chalciope
    1. Thessalus
  14. Chania, nymph
    1. Gelon
  15. The Scythian dracaena or Echidna
    1. Agathyrsus
    2. Gelonus
    3. Skythes
  16. Epicaste
    1. Thestalus
  17. Lavinia, daughter of Evander
    1. Pallas
  18. Malis, a slave of Omphale
    1. Acelus
  19. Meda
    1. Antiochus
  20. Melite (heroine)
  21. Melite (naiad)
    1. Hyllus (possibly)
  22. Myrto
    1. Eucleia
  23. Palantho of Hyperborea
    1. Latinus
  24. Parthenope, daughter of Stymphalus
    1. Everes
  25. Phialo
    1. Aechmagoras
  26. Psophis
    1. Echephron
    2. Promachus
  27. Pyrene
    1. none known
  28. Rhea, Italian priestess
    1. Aventinus
  29. Thebe (daughter of Adramys)
  30. Tinge, wife of Antaeus
    1. Sophax
  31. 50 daughters of Thespius
    1. 50 sons, see Thespius#Daughters and grandchildren
  32. Unnamed Celtic woman
    1. Galates
  33. Unnamed slave of Omphale
    1. Alcaeus / Cleodaeus
  34. Unnamed daughter of Syleus (Xenodoce?)
  35. Unknown consorts
    1. Agylleus
    2. Amathous
    3. Azon
    4. Chromis
    5. Cyrnus
    6. Dexamenus
    7. Leucites
    8. Manto
    9. Pandaie
    10. Phaestus or Rhopalus

Hercules around the world

Rome

In Rome, Heracles was honored as Hercules, and had a number of distinctively Roman myths and practices associated with him under that name.

Egypt

Herodotus connected Heracles to the Egyptian god Shu. Also he was associated with Khonsu, another Egyptian god who was in some ways similar to Shu. As Khonsu, Heracles was worshipped at the now sunken city of Heracleion, where a large temple was constructed.
Most often the Egyptians identified Heracles with Heryshaf, transcribed in Greek as Arsaphes or Harsaphes (Ἁρσαφής). He was an ancient ram-god whose cult was centered in Herakleopolis Magna.

Other cultures

Via the Greco-Buddhist culture, Heraclean symbolism was transmitted to the Far East. An example remains to this day in the Nio guardian deities in front of Japanese Buddhist temples.
Herodotus also connected Heracles to Phoenician god Melqart.
Sallust mentions in his work on the Jugurthine War that the Africans believe Heracles to have died in Spain where, his multicultural army being left without a leader, the Medes, Persians, and Armenians who were once under his command split off and populated the Mediterranean coast of Africa.
Temples dedicated to Heracles abounded all along the Mediterranean coastal countries. For example, the temple of Heracles Monoikos (i.e. the lone dweller), built far from any nearby town upon a promontory in what is now the Côte d'Azur, gave its name to the area's more recent name, Monaco.
The gateway to the Mediterranean Sea from the Atlantic Ocean, where the southernmost tip of Spain and the northernmost of Morocco face each other is, classically speaking, referred to as the Pillars of Hercules/Heracles, owing to the story that he set up two massive spires of stone to stabilise the area and ensure the safety of ships sailing between the two landmasses.

Uses of Heracles as a name

In various languages, variants of Hercules' name are used as a male given name, such as Hercule in French, Hércules in Spanish, Iraklis (Greek: Ηρακλής) in Modern Greek and Irakliy in Russian.
Also, there are many teams around the world which have this name or have Heracles as their symbol. The most popular in Greece is G.S. Iraklis Thessaloniki.

Ancestry

Source:

Zeus
Danaë

Perseus
Andromeda

Perses
Alcaeus
Hipponome
Electryon
Anaxo
Sthenelus
Menippe
Mestor

Anaxo
Amphitryon
Alcmene
Zeus
Licymnius
Eurystheus
Iphicles
Megara
Heracles
Deianira
Hebe

Iolaus
Three Children
Hyllus
Macaria
Others


Hercules Farnese
Paul Stevenson
 Statua dell'eroe Eracle, detta "Eracle Farnese" per la sua lunga permanenza nel cortile di Palazzo Farnese. Rinvenuta nel 1546 presso le Terme di Caracalla in Roma, la statua è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Corrisponde a una copia del II secolo d.C. dell'originale in bronzo di Lisippo (IV secolo a.C.). Da notare, sulla roccia sotto la clava, la firma del copista, Glicone scultore ateniese del II secolo d.C. Qui Eracle è rappresentato dopo la sua ultima fatica, la mano destra dietro la schiena tiene i pomi d'oro rubati nel giardino delle Esperidi. Dopo la fatica Eracle si riposa appoggiandosi a una roccia dove ha posato la sua clava e la leonté (quest'ultima, la pelle del Leone Nemeo, frutto della sua prima fatica). La statua è raffigurata nello stemma della città di Ercolano, che prende il nome proprio dall'eroe.

Hercules (/ˈhɜːrkjulz, -jə-/) is a Roman hero and god. He was the equivalent of the Greek divine hero Heracles, who was the son of Zeus (Roman equivalent Jupiter) and the mortal Alcmene. In classical mythology, Hercules is famous for his strength and for his numerous far-ranging adventures.
The Romans adapted the Greek hero's iconography and myths for their literature and art under the name Hercules. In later Western art and literature and in popular culture, Hercules is more commonly used than Heracles as the name of the hero. Hercules was a multifaceted figure with contradictory characteristics, which enabled later artists and writers to pick and choose how to represent him. This article provides an introduction to representations of Hercules in the later tradition.

Labours

Hercules is known for his many adventures, which took him to the far reaches of the Greco-Roman world. One cycle of these adventures became canonical as the "Twelve Labours", but the list has variations. One traditional order of the labours is found in the Bibliotheca as follows:
  1. Slay the Nemean Lion.
  2. Slay the nine-headed Lernaean Hydra.
  3. Capture the Golden Hind of Artemis.
  4. Capture the Erymanthian Boar.
  5. Clean the Augean stables in a single day.
  6. Slay the Stymphalian Birds.
  7. Capture the Cretan Bull.
  8. Steal the Mares of Diomedes.
  9. Obtain the girdle of Hippolyta, Queen of the Amazons.
  10. Obtain the cattle of the monster Geryon.
  11. Steal the apples of the Hesperides.
  12. Capture and bring back Cerberus.

Roman era

The Latin name Hercules was borrowed through Etruscan, where it is represented variously as Heracle, Hercle, and other forms. Hercules was a favorite subject for Etruscan art, and appears often on bronze mirrors. The Etruscan form Herceler derives from the Greek Heracles via syncope. A mild oath invoking Hercules (Hercule! or Mehercle!) was a common interjection in Classical Latin.
Hercules had a number of myths that were distinctly Roman. One of these is Hercules' defeat of Cacus, who was terrorizing the countryside of Rome. The hero was associated with the Aventine Hill through his son Aventinus. Mark Antony considered him a personal patron god, as did the emperor Commodus. Hercules received various forms of religious veneration, including as a deity concerned with children and childbirth, in part because of myths about his precocious infancy, and in part because he fathered countless children. Roman brides wore a special belt tied with the "knot of Hercules", which was supposed to be hard to untie. The comic playwright Plautus presents the myth of Hercules' conception as a sex comedy in his play Amphitryon; Seneca wrote the tragedy Hercules Furens about his bout with madness. During the Roman Imperial era, Hercules was worshipped locally from Hispania through Gaul.

Germanic association

Tacitus records a special affinity of the Germanic peoples for Hercules. In chapter 3 of his Germania, Tacitus states:
... they say that Hercules, too, once visited them; and when going into battle, they sang of him first of all heroes. They have also those songs of theirs, by the recital of this barditus as they call it, they rouse their courage, while from the note they augur the result of the approaching conflict. For, as their line shouts, they inspire or feel alarm.
Some have taken this as Tacitus equating the Germanic Þunraz with Hercules by way of interpretatio romana.
In the Roman era Hercules' Club amulets appear from the 2nd to 3rd century, distributed over the empire (including Roman Britain, c.f. Cool 1986), mostly made of gold, shaped like wooden clubs. A specimen found in Köln-Nippes bears the inscription "DEO HER[culi]", confirming the association with Hercules.
In the 5th to 7th centuries, during the Migration Period, the amulet is theorized to have rapidly spread from the Elbe Germanic area across Europe. These Germanic "Donar's Clubs" were made from deer antler, bone or wood, more rarely also from bronze or precious metals.They are found exclusively in female graves, apparently worn either as a belt pendant, or as an ear pendant. The amulet type is replaced by the Viking Age Thor's hammer pendants in the course of the Christianization of Scandinavia from the 8th to 9th century.

Medieval mythography

After the Roman Empire became Christianized, mythological narratives were often reinterpreted as allegory, influenced by the philosophy of late antiquity. In the 4th century, Servius had described Hercules' return from the underworld as representing his ability to overcome earthly desires and vices, or the earth itself as a consumer of bodies. In medieval mythography, Hercules was one of the heroes seen as a strong role model who demonstrated both valor and wisdom, while the monsters he battles were regarded as moral obstacles. One glossator noted that when Hercules became a constellation, he showed that strength was necessary to gain entrance to Heaven.
Medieval mythography was written almost entirely in Latin, and original Greek texts were little used as sources for Hercules' myths.
In 1600, the citizens of Avignon bestowed on Henry of Navarre (the future King Henry IV of France) the title of the Hercule Gaulois ("Gallic Hercules"), justifying the extravagant flattery with a genealogy that traced the origin of the House of Navarre to a nephew of Hercules' son Hispalus.

Renaissance mythography

The Renaissance and the invention of the printing press brought a renewed interest in and publication of Greek literature. Renaissance mythography drew more extensively on the Greek tradition of Heracles, typically under the Romanized name Hercules, or the alternate name Alcides. In a chapter of his book Mythologiae (1567), the influential mythographer Natale Conti collected and summarized an extensive range of myths concerning the birth, adventures, and death of the hero under his Roman name Hercules. Conti begins his lengthy chapter on Hercules with an overview description that continues the moralizing impulse of the Middle Ages:
Hercules, who subdued and destroyed monsters, bandits, and criminals, was justly famous and renowned for his great courage. His great and glorious reputation was worldwide, and so firmly entrenched that he'll always be remembered. In fact the ancients honored him with his own temples, altars, ceremonies, and priests. But it was his wisdom and great soul that earned those honors; noble blood, physical strength, and political power just aren't good enough.

In art

In Roman works of art and in Renaissance and post-Renaissance art, Hercules can be identified by his attributes, the lion skin and the gnarled club (his favorite weapon); in mosaic he is shown tanned bronze, a virile aspect.

In numismatics

Hercules was among the earliest figures on ancient Roman coinage, and has been the main motif of many collector coins and medals since. One example is the 20 euro Baroque Silver coin issued on September 11, 2002. The obverse side of the coin shows the Grand Staircase in the town palace of Prince Eugene of Savoy in Vienna, currently the Austrian Ministry of Finance. Gods and demi-gods hold its flights, while Hercules stands at the turn of the stairs.

Military

Six successive ships of the British Royal Navy, from the 18th to the 20th Century, bore the name HMS Hercules.
In the French Navy, there were no less that nineteen ships called Hercule, plus three more named Alcide which is another name of the same hero.
Hercules' name was also used for five ships of the US Navy, four ships of the Spanish Navy, four of the Argentine Navy and two of the Swedish Navy, as well as for numerous civilian sailing and steam ships - see links at Hercules (ship).
In modern aviation a military transport aircraft produced by Lockheed Martin carries the title Lockheed C-130 Hercules.

In films

A series of nineteen Italian Hercules movies were made in the late 1950s and early 1960s. The actors who played Hercules in these films were Steve Reeves, Gordon Scott, Kirk Morris, Mickey Hargitay, Mark Forest, Alan Steel, Dan Vadis, Brad Harris, Reg Park, Peter Lupus (billed as Rock Stevens) and Michael Lane. A number of English-dubbed Italian films that featured the name of Hercules in their title were not intended to be movies about Hercules. 

Pieter paul rubens, ercole e i leone nemeo
I, Sailko

Eracle bambino strozza i due serpenti, marmo bianco di manifattura romana, II secolo a.C. Roma, Musei Capitolini
sconosciuto - Marie-Lan Nguyen (2006)
 Statua di Ercole al Palazzo del Melograno (Genova), un edificio storico oggi adibito a sede di un grande magazzino
 Temple to Heracles in Agrigento, Sicily, Italy 
Clemensfranz - Own work
Killing a fire-breathing Cacus (Sebald Beham, 1545)
 Beham, (Hans) Sebald (1500-1550): Hercules killing Cacus at his cave, from The Labours of Hercules (1542-1548). Engraving, 1545. B.104, P.102. 2 X 2 7/8 inches, possibly i/iv. A very good, strong impression, the area around Cacus somewhat dryer than the rest of the image (possibly characteristic of the print), with thread margins.
 Eracle al bivio, sedotto dal Vizio e dalla Virtù, olio su tela di Annibale Carracci, 1597 ca., Napoli, Galleria Nazionale di Capodimonte

Ritrae Ercole incerto sulla scelta fra due sonne. Quella di destra con veste trasparente rappresenta il Piacere, e gli indica la strada piana tra carte da gioco, maschere teatrali e strumenti musicali. La donna vestita a sinistra invece rappresenta la Virtù che gli indica una strada faticosa, stretta ed in salita, in cima alla quale però lo attende il cavallo alato Pegaso, emblema del casato Farnese, che lo condurrà alla gloria ed in cielo.

 Ercole e Lica di Antonio Canova
LuciusCommons
Ercole e Lica (1795), scultura di Antonio Canova nella Galleria nazionale d'arte moderna a Roma.

 Greek mythology influenced the Etruscans. This vase at Caere shows King Eurytus of Oechalia and Heracles in a symposium. Krater of corinthian columns called 'Krater of Eurytion', circa 600 B.C.
Eurytios and Herakles at symposium. Upper tier, side A of the so-called Eurytios Krater, a Corinthian column-krater, ca. 600 BC. From Cerveteri.

 Holding up the sky for Atlas (based on Heinrich Aldegrever, 1550)
Anonymous - Hampel Auctions
nach dem Stich von Heinrich Aldegrever, 1550

Eracle affronta il leone di Nemea
1634
Francisco de Zurbarán - Museo del Prado.
Un temible león asolaba la región de Nemea y atemorizaba a sus habitantes, impidiendo el normal desarrollo de sus tierras. Los doce trabajos de Hércules del marqués de Villena, junto a la Filosofía secreta de Juan Pérez de Moya (1585) y el Teatro de los dioses de la gentilidad de Baltasar de Victoria (1620-1624), fueron seguramente los textos de referencia para la concepción de la serie sobre los trabajos de Hércules destinada al Salón de Reinos. Villena ambientó esta escena en un paraje abrupto y pedregoso que se había convertido en refugio del león, y así se ilustra en la estampa que acompaña su narración. Zurbarán dio a su paisaje ese mismo aspecto, algo que, en cambio, no aparece en las otras fuentes grabadas que se suelen proponer como las principales referencias compositivas del pintor. Hablamos de las series de que sobre el mismo tema realizaron Cornelis Cort (1533-1578), a partir de dibujos de Frans Floris, y Hans Sebald Beham, este último en la década de los cuarenta del siglo XVI. Para este episodio el extremeño siguió la estampa de Cort en lo que se refiere a la disposición del héroe, y a Beham en la concepción y situación del león, de pie en el momento en que Hércules se abalanza hacia él y lo asfixia con los brazos tras aturdirlo con el garrote, que aparece en la pintura de Zurbarán en primer término, en el suelo. Villena se refiere a este momento y subraya la fiereza del animal. En esta pintura, es la cabeza del animal el elemento que corona la composición piramidal que dibujan las dos figuras entrelazadas, toda vez que la de Hércules se oculta parcialmente con el antebrazo derecho. El dramatismo de la escena se subraya además por la elección de una luz de atardecer que baña el cuerpo de Hércules remarcando su fuerte musculatura y el esfuerzo del momento, un recurso que se repetirá en todo el conjunto para hacer destacar a héroe, con el que se sentía emparentado Felipe IV como legítimo sucesor de los Habsburgo y titular del trono español. Como ocurre en otras historias en las que Hércules vence a un monstruo o animal fabuloso tras una difícil lucha, el triunfo sobre el león de Nemea simboliza tanto el valor del héroe, y con él, el del rey y la monarquía, como el triunfo de la Virtud sobre el Mal y la Discordia. A propósito de este episodio concreto, el marqués de Villena ve en el león de Nemea una representación de la soberbia y de los vicios, un animal al que Hércules, al despojar de su piel, doblega para devolver la virtud y la paz a los estados. Tras matar al león, Hércules lo despellejó para convertir la piel en su vestidura, pasando a ser uno de sus atributos característicos, que se consideraba también elemento de protección (Texto extractado de Ruiz, L. en: El Palacio del Rey Planeta. Felipe IV y el Buen Retiro, Museo Nacional del Prado, 2005, p. 148).

Erma di Ercole barbato in abito di filosofo, dagli Horti Sallustiani a Roma
I, Lalupa
Centrale Montemartini a Roma: Erma di Ercole barbato (scavato agli Horti Sallustiani, 1890). La didascalia recita: "L'eroe è raffigurato in età matura e in atteggiamento pensoso, come un filosofo, nel ruolo che aveva acquisito dall'inizio dell'età ellenistica come protettore delle discipline che univano l'esercizio del corpo a quello della mente. L'opera risale ad età augustea."

 Heracles strangling snakes (detail from an Attic red-figured stamnos, c. 480–470 BCE)
Berlin Painter and one more author
The infant Herakles strangling the snakes sent by the goddess Hera (a woman protects Iphikles on the right). Detail from an Attic red-figured stamnos, ca. 480–470 BC. From Vulci, Etruria.

 Wrestling with Achelous (16th-century plaque)
Annibale Fontana - Walters Art Museum
between circa 1560 and circa 1570 date
This engraved plaque, along with Walters 41.70, show scenes from the life of the mythological hero Hercules and were initially set into a sumptuous, gilded casket that belonged to the ducal Gonzaga family of Mantua. Hercules was famous for his strength and virtue, and princes often surrounded themselves with his image as an ideal for (and an idealized image of) themselves. The rivalry of Hercules and the river-god Achelous was narrated in the Roman poet Ovid's The Metamorphoses. Both were suitors of Deianira, the beautiful Greek maiden who became Hercules's wife. Annibale Fontana's genius as an engraver comes through in details such as the spiky underbrush of the riverbank and the shaggy lion's skin that Hercules wore

Eracle combatte l'Idra di Lerna
Francisco de Zurbarán - Museo del Prado.
En esta escena Hércules debe enfrentarse a un animal fabuloso que representa un peligro para los hombres y simboliza los males y los vicios a los que el hijo de Zeus y de Alcmena vence tras probar su astucia y fuerza. El mal aparece representado por una sierpe de extraña figura con muchas cabezas a la cual decían hidra y tenía tal naturaleza que por una cabeza de aquellas que le fuere tajada le nacían tres, en manera que cuanto más trabajaran en su muerte [...] tanto más ella por su naturaleza multiplicaba su vida. Así inicia Enrique de Villena el relato del terrible peligro que representaba la hidra, cuyo final habían intentado los habitantes de la pantanosa región de Lerna, cerca de Argos, donde no había descanso ni paz a causa del dañino monstruo. Para resolver esta situación, Hércules, cubierto con la piel del león de Nemea que ya había matado en el episodio anterior (P1243), tuvo que sustituir la fuerza por el ingenio. La hidra fue acorralada y destruida por medio del fuego y enterradas luego sus cenizas. En sintonía con otros de los cuadros de la serie, Zurbarán destaca la poderosa figura de Hércules en el centro de la escena, en plena ejecución del castigo al monstruo y fuertemente iluminado frente a la oscuridad que envuelve el fondo. De nuevo, el pintor se apoyó para resolver la composición en las estampas de Cornelis Cort, tomando aspectos de varios episodios de la serie flamenca, aunque especialmente de la del mismo tema, donde figura también el sobrino del protagonista, Iolao. Éste, apareciendo por la derecha de la escena, porta la tea encendida que consumaría la destrucción de la hidra. De la misma estampa se toma el cangrejo situado a los pies del héroe -en el grabado, asoman además una serie interminable de animales que incluía escorpiones-, y de cuya presencia encontramos una explicación en la obra de Baltasar de Victoria, quien cuenta que salió un cancro de la Laguna Lerna a dar ayuda a la portentosa Hidra. Las principales diferencias con la representación del grabador Cornelis Cort las hallamos en el escenario donde transcurre el episodio, cerrado y claustrofóbico en la pintura de Zurbarán, muy alejado del exterior luminoso de la propuesta del flamenco. Varían también los tipos humanos, revestidos en el lienzo de un carácter tosco y popular que quizás pretendía españolizar el mito. Las bruñidas cabezas, ejecutadas de una manera muy sumaria en relación con el modelado de los cuerpos, se destacan por su tono tostado, como si estuviéramos ante aldeanos que se hubieran desprendido de su vestimenta para la ocasión (Texto extractado de Ruiz, L. en: El Palacio del Rey Planeta. Felipe IV y el Buen Retiro, Museo Nacional del Prado, 2005, p. 149).

 Ercole Sassano, 1569, affresco a Villa d'Este, appartamento inferiore, a Tivoli.
Roberto Borgia - originally
Affresco raffigurante Ercole Sassano, 1569, villa d'Este a Tivoli, appartamento inferiore, prima stanza tiburtina, riquadro centrale.

 The Origin of the Milky Way by Jacopo Tintoretto
 1575

Hercules capturing the Erymanthian Boar, by J.M. Félix Magdalena (b. 1941)
Heracles and the Erymantian boar. Statuette of 60 by 52 and 29 cm. Work of J. M. Félix Magdalena

Eracle e la cerva di Cerinea
sconosciuto - Jastrow (2006)
Herakles captures the Hind of Keryneia, breaking off one of its golden antlers, while Athena (on the left) and Artemis (on the right) look on. Attic black-figured neck-amphora, ca. 540–530 BC. Said to be from Vulci.

 Una scena de Gli amori di Ercole, (1960)

 The fight of Heracles and the Nemean lion is one of his most famous feats. (Side B from a black-figure Attic amphora, c. 540 BCE)
Group of London B 174 - User:Bibi Saint-Pol, own work, 2007-06-15
Heracles and the Nemean Lion. Side B from an black-figure Attic amphora, ca. 540 BC.

 A bust of Hercules: profile. Drawing, c. 1792. Iconographic Collections Keywords: Hercules; Thomas Holloway; Johann Caspar Lavater

His eleventh feat was to capture the apple of Hesperides (Gilded bronze, Roman artwork, 2nd century CE)
User:Tetraktys (2006)
Hercules. Gilded bronze, Roman artwork, 2nd century BC.

 Fighting the giant Antaeus (Auguste Couder, 1819)
Auguste Couder - Jastrow (2008)
The Earth, or the Fight of Heracles and Antaeus, 1819 (dated and signed).

 Il centauro Chirone
Eugène Delacroix
 2nd third of 19th century

Hercules rescuing Hesione from the Sea Monster, from Scenes from the Labors and Exploits of Hercules.
François-Alexandre Verdier - Image and original data provided by the Gernsheim Photographic Corpus of Drawings from photo campaigns that began in 1939.
Creato: tra il 1652 e il 1730 

 A fresco from Herculaneum depicting Heracles and Achelous from Greco-Roman mythology, 1st century AD
Andy Hay from UK - Hall of the Augustals - Hercules & Acheloo battle
Hall of the Augustals (Herculaneum) - This fresco depicts Hercules with Achelous.

Retrieving Alcestis from the underworld (Paul Cézanne, 1867)
Paul Cézanne
Eracle contro gli uccelli di Stinfalo
E Group - Jastrow (2006)
Heracles killing the Stymphalian birds with his sling. Attic black-figured amphora, ca. 540 BC. Said to be from Vulci.

 Alcmene giving birth to Hercules surrounded by attendants: in the background a woman is hitting another over the head with a stone. Line engraving by F. Bouttats the younger. Iconographic Collections Keywords: Juno; Frederik Bouttats; Hercules; Obstetrics; Alcmene; Mythology

 Heracles fighting the servants of the Egyptian King Busiris, Attic Pelike, c.470 BC
Pan Painter and one more author
Herakles fighting Busiris. Attic red-figure pelike (wine-holding vessel)

 Freeing Prometheus (Christian Griepenkerl, 1878)
Christian Griepenkerl - found online , James Steakley
part of a cycle on the myth of Prometheus
 Eracle cattura le cavalle di Diomede
Luis García
Hercules and the Mares of Diomedes. Detail of The Twelve Labours Roman mosaic from Llíria (Valencia, Spain).
Creato: tra il 201 e il 250 d.C.

 Aleix Clapes-Hercules buscant Hesperides

Heracles killing the giant, Antaeus
Nordisk familjebok (1904), vol.1, p.1115 
Heracles (Hercules) and Antaeus, drawing from the old Swedish encyclopedia

 Hercules and the Nemean lion in the 15th-century Histoires de Troyes
Raoul Lefиvre - http://www.angelfire.com/space/tarot/hercule.html
Hercules and the Nemean Lion Raoul Lefиvre, Histoires de Troyes Belgium, XVth century (B.N. Franзais 59, Fol. 137)

 Eracle affronta il toro di Creta
Group of Würzburg 199 (manner of the Antimenes Painter) - User:Bibi Saint-Pol, own work, 2007-02-09
Heracles binds the Cretan bull. Attic black-figure amphora, ca. 510 BC. From Vulci.

Farnese Hercules seen from the back. Tavola XXVI Rare Books Keywords: Strength; Musculature; Farnese; Abdomen; Anatomy; Hercules; Bernard Genga
Anatomia per uso...del disegno...", B. Genga, 1691

Death of Hercules (painting by Francisco de Zurbarán, 1634, Museo del Prado)
Francisco de Zurbarán - Museo del Prado.
En este episodio, que narró Baltasar de Vitoria con amplios detalles, se ilustra la muerte del hijo de Júpiter. En el texto se cuenta cómo el héroe mató al centauro Neso por haber querido forzar a Deyanira, recién casado con Hércules. Tras la boda, al tiempo de pasar el río Eveno que corre por la Etholia no fue posible vadearle, por ir muy crecido. Acaeció de hallarse allí el Centauro Nesso que se ofreció a pasar a Deianira, [...] cuando llegó a la otra parte, oyó voces, y gritos de Deianira porque Neso quería forzarla, a cuya defensa llegó Hércules y queriéndosele escapar el centauro, le arrojó una saeta de las que traía ensangrentada con la sangre de la ponzoñosa hidra. Zurbarán sugiere esa secuencia en el frondoso paisaje del fondo, donde Neso, que repite la figura del centauro de la serie grabada por Hans Sebald Beham, huye, con los brazos en alto, herido de muerte por la flecha recién clavada en su espalda. Antes de morir desangrado, Neso entrega una camisa envenenada a Deyanira, con la mentira de que, si Hércules la utilizaba, convertiría en aborrecibles al resto de las mujeres. Deyanira entrega a su esposo la prenda en un ataque de celos contra Iole, la hija del rey de Etolia: Él se la vistió, y como el veneno era tan activo y tan eficaz, se entró luego por las carnes, calándole hasta los huesos de suerte que se abrasaba en vivo fuego. Después hizo una hoguera con grandes árboles que arrancó y tendiendo allí la piel del león Nemeo que le había servido de arma defensiva en sus lides, y poniendo la clava o maza por cabecera, entregó sus saetas y arco a Phiocteres, diciendo que no se podía ganar Troya sin ellas, puso fuego a la leña y allí se consumió y abrasó. Y quemando el fuego la parte que tenía de humano, por mandato de Júpiter y consentimiento de los demás dioses, le subieron al Cielo y fue contado en el número de ellos. A este episodio se le ha dado un significado en clave dinástica y glorificadora en la que el fuego aporta un elemento ritual a la apoteosis del ascendiente mítico del rey español. Serrera justifico el hecho de que Zurbarán prefiriera representar a Hércules sufriente por su simbolismo cristiano. Además la imagen del héroe divinizado podría apartarse de la visión general de la serie, requiriendo un tratamiento compositivo bien diferenciado y que, quizás, excedía las posibilidades expresivas del artista. Para conformar la figura de Hércules, los especialistas han sugerido distintas fuentes. Soria avanzó una probable inspiración en la escultura de San Jerónimo penitente de Pietro Torrigiano (Sevilla, Museo de Bellas Artes), mientras que Guinard propuso una estampa del francés Gabriel Salmon, fechada en 1528, que resulta una inspiración más directa, pues incluye el gesto crispado de Hércules, los troncos de la pira que en la pintura se insinúan detrás del héroe, o la representación del arco y la clava en el primer término, a los que también hace alusión el texto de Vitoria. El artista debió de estudiar muy bien este asunto, y se aprecia el cuidado con que fue realizado. La vestimenta blanca recuerda al primoroso pintor de hábitos que fue Zurbarán y la cabeza tiene detalles que sorprenden si se piensa en el destino de la tela -ser colocada a unos tres metros de altura-, pues el pintor se preocupó de iluminar con finísimos toques de pincel el ojo, la nariz y la dentadura. Algo parecido podríamos decir de las numerosas y minúsculas pinceladas que tratan de reproducir las llamas que se desprenden de la figura de Hércules, y que contrastan con las soluciones abocetadas con las que pinta una gran parte de los lienzos de esta serie (Texto extractado de Ruiz, L. en: El Palacio del Rey Planeta. Felipe IV y el Buen Retiro, Museo Nacional del Prado, 2005, p. 165).

 King Henry IV of France depicted as Hercules vanquishing the Lernaean Hydra (i.e. the Catholic League), by Toussaint Dubreuil, circa 1600
Circle of Toussaint Dubreuil
Eracle affronta un'Amazzone
Near Group E - Jastrow (2006)
Herakles fighting against the Amazons, detail of an Attic black-figure amphora, ca. 530 BC–520 BC.

 The Greek mythological hero Hercules performs the third of the twelve labors assigned to him by Eurystheus, the king of Mycenae: to capture a fierce boar that had been terrorizing Arcadia in ancient Greece and to bring it back to Mycenae. The finely executed details of this miniature sculpture recall Barye's early training as a goldsmith.
Antoine-Louis Barye - Walters Art Museum
1823 circa  
 Heracles and Iolaus (Fountain mosaic from the Anzio Nymphaeum)
Hercules and Iolaus, Fountain mosaic from the Anzio Nymphaeum, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme, Rome. 

Hercules of the Forum Boarium (Hellenistic, 2nd century BCE)
Unknown - Jastrow (2003)
Heracles with club, lion skin and golden apples. The statue was found neatly buried under tiles with the inscription “FCS” (“fulgor conditum summanium”), indicating that it was struck by lightning then buried on the spot. Gilt bronze, Roman artwork of the 2nd century CE.

 Gerione e il cane Ortro
Swing Painter - User:Bibi Saint-Pol, own work, 2007-05-25
Geryon and Orthrus. Side B of an Attic black-figured neck-amphora, ca. 540 BC. From Vulci.

 Apotheosis of Hercules - Girolamo Muziano - 1565 - Sala di Ercole - Villa d'Este, Tivoli.

Heracles and his child Telephus. (Marble, Roman copy of the 1st or 2nd century CE)
Heracles and his child Telephos. Marble, Roman copy of the 1st–2nd century CE after a Greek original of the 4th century BCE. Found in Tivoli, Italy.

 Hercules (Hatra, Iraq, Parthian period, 1st-2nd century CE)
World Imaging - Own work, photographed at Tokyo Nationa Museum
Hercules. Hatra, modern Iraq. Parthian period, 1st-2nd century CE.

 Eracle uccide Busiride
Troilos Painter - User:Bibi Saint-Pol, own work, 2007-02-09
Heracles killing Busiris and suitors. Attic red-figure kalpis (hydria), ca 480 BC. From Vulci.


Assiette en faïence représentant Hercule et Cacus
1533
Francesco Xanto Da Rovigo
Hellenistic-era depiction of the Zoroastrian divinity Bahram as Hercules carved in 153 BCE at Kermanshah, Iran.
Alieh - Flickr
Hercule Statue, Bistoon, Kermanshah, Iran.

 Hercules bronze statuette, 2nd century CE (museum of Alanya, Turkey)
MULAZIMOGLU (talk) - I created this work entirely by myself.
Hercules bronze statue 2. century, found in 1967, Alanya, now in the museum of Alanya
 Eracle presenta Cerbero a Euristeo
Pittore delle aquile - User:Bibi Saint-Pol, Opera propria, 1 giugno 2007
Lato A: Eracle conduce Cerbero al re Euristeo. Lato B: due aquile in volo e una lepre.
 525 circa a.C.

 Astrology: constellations, Hercules. Coloured engraving by S. Hall. Iconographic Collections Keywords: Sidney Hall; Hercules

 The protector Vajrapani of the Buddha is another incarnation of Heracles (Gandhara, 1st century CE)
Gryffindor - Own work
Buddha and Vajrapāni. Gandhara, 1st century CE. schist, height 39.0 cm. Located in the Museum für Indische Kunst, Berlin-Dahlem.

 Hercules and the Nemean Lion (detail), silver plate, 6th century (Cabinet des Médailles, Paris)
Unknown - Clio20, own work, 2006-03-07. Image renamed from Image:Hercule et le Lion de Némée 03.JPG
Heracles fighting the Nemean Lion. Silver missorium, 6th century CE (?).

Eracle uccide il centauro Nesso
Sisyphus Painter - User:Bibi Saint-Pol, own work, 2007-06-15
Herakles and the centaur Nessus (?). Side A of an Apulian red-figure olpe, ca. 420 BC. From Italy

 Biblioteca marciana Venezia balaustra nudo maschile Ercole

 The Mathura Herakles, strangling the Nemean lion. Also: . Today in the Kolkota Indian Museum.
Unknown, 1885 photograph
Mathura Herakles. Hercules strangling the Nemaean lion. "As this group could not have been made for the use of the Hindus, whether Brahmans or Buddhists, I conclude with very great probability that it must have been sculptured by some foreign artist for the use of the Greeks resident of Mathura." 'Report of a tour in the Central Provinces and Lower Gangetic Doab in 1881-82' (A.S.I. vol. XVII, Calcutta, 1884), p. 109. Mathura statue of Herakles strangling the Nemaean lion.

The Giant Hercules (1589) by Hendrik Goltzius

 Eracle contro Cicno
Princeton Painter - Jastrow (2006)
Herakles (right) pursues Kyknos (left) while Zeus (centre) tries to part the fighters. From the shoulder of an Attic black-figured amphora, ca. 545–530 BC.

 Arnold Böcklin - Das Heiligtum des Herkules (1884)
Arnold Böcklin - National Gallery of Art, Washington, D. C.
 
Emblem of the Confederación Nacional del Trabajo Hercules and the Nemean Lion.

 






 

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