Visualizzazioni totali

domenica 25 dicembre 2016

Georges-Pierre Seurat (Parigi, 2 dicembre 1859 – Gravelines, 29 marzo 1891) Artist inspired by Anarchism

Georges Seurat

Georges-Pierre Seurat (Parigi, 2 dicembre 1859 – Gravelines, 29 marzo 1891) è stato un pittore francese, pioniere del movimento puntinista.

Biografia

La formazione artistica

George-Pierre Seurat nacque il 2 dicembre 1859 a Parigi, dove il padre Antoine–Chrysostome, lasciata l'attività di avvocato,si occupava di giardinaggio, collezionava quadri di soggetto devozionale e andava a messa la domenica nella cappella privata. La famiglia Seurat si trasferì presto nella casa materna vicino Parigi, dove nel 1863 nacque il quarto e ultimo figlio, che morì nel 1868. La famiglia lasciò la capitale per rifugiarsi a Fontainebleau; poi, con il ritorno a Parigi, George venne iscritto a un collegio, che frequentò fino al 1875. Egli aveva imparato ad amare il disegno e la pittura, nella quale si esercitava a Parigi sotto la guida dello zio materno Paul Haumontré-Faivre, pittore dilettante, tanto che, nel 1876, si iscrisse alla scuola municipale di disegno, situata allora in rue des Petits-Hôtels 17, dove ebbe per maestro lo scultore Justin Lequien (1821-1882), mentre il dottor Paul-Ferdinand Gachet, che conoscerà e assisterà van Gogh nel 1890 a Auvers-sur-Oise durante i suoi ultimi mesi di vita, vi teneva lezioni di anatomia. Fra gli allievi figurava Edmond Aman-Jean, che rimarrà sempre grande amico di Seurat.
In questa scuola Seurat studiò soprattutto disegno, sia copiando quello dei grandi maestri antichi, come Hans Holbein il Giovane e Raffaello Sanzio, e disegnando sia dai calchi in gesso che dal vero: l'artista da lui più ammirato era il neo-classico Ingres, del quale apprezzava la purezza della linea e il vigoroso plasticismo: la copia parziale fatta al Louvre, è l'esercitazione più impegnativa, e la prima ad olio, che ci sia conservata di Seurat.
Anche se non si distinse per un particolare talento, fu un allievo serio e coscienzioso, che univa alla pratica del disegno la lettura di testi di teoria del disegno, come la Grammaire des arts du dessin di Charles Blanc (1813-1882), pubblicata nel 1867. Questi, critico d'arte, fondatore della «Gazette des Beaux-Arts» e membro dell'Académie française, aveva teorizzato la reciproca influenza che i colori, accostati l'uno all'altro, esercitano tra di loro, e indagato i rapporti fra colori primari e complementari, in modo da ottenere in pittura, dal loro corretto utilizzo, la massima espressività.
Charles Blanc sviluppava tuttavia anche alcune teorie del pittore e incisore olandese David Pierre Humbert de Superville (1770-1849), esposte nel 1827 nell'Essai sur les signes inconditionnels de l'art, che privilegiava, più che il colore, la funzione delle linee, che danno ritmo compositivo all'opera - «a misura che la composizione si eleva, diminuisce l'importanza del colore per volgersi di preferenza al disegno» - ed esprimono valori affettivi - «le linee parlano e significano cose» - come l'allegria, la commozione o l'indifferenza.
Poiché - sosteneva Blanc, riferendosi alla linea verticale - «il corpo umano eretto dal suolo, costituisce il prolungamento di un raggio del globo perpendicolare all'orizzonte», allora «l'asse del suo corpo, che ha inizio nel centro della terra, va a raggiungere i cieli». Ne deriva che le altre linee fondamentali, l'orizzontale e le oblique, le due ascendenti verso destra e sinistra partendo da un punto dell'asse centrale e le due analogamente discendenti, «al di là del loro valore matematico, hanno un significato morale, cioè un segreto rapporto con il sentimento» e precisamente: la linea orizzontale esprime l'equilibrio e la saggezza, l'obliqua ascendente la gioia, il piacere, ma anche l'incostanza, e l'obliqua discendente la tristezza e la meditazione. Disegno e dipinti esprimono pertanto, a seconda della prevalenza di determinate linee nella struttura compositiva, valori morali e sentimentali.
Il valore di espressione fisiognomica di tali linee è evidente qualora si pensi, rispetto all'asse virtuale che passa nel centro del volto, alle linee che marcano le sopracciglia e il taglio degli occhi, che caratterizzano, a seconda della loro direzione - ascendente, discendente, oppure orizzontale - i sentimenti espressi da una figura umana.
Insieme con l'amico Edmond Aman-Jean Seurat si iscrisse nel 1878 all'École des beaux-arts, seguendo i corsi dell'allievo di Ingres, il pittore Henri Lehmann che, ammiratore della pittura del Rinascimento italiano, aveva a lungo soggiornato in Italia, particolarmente a Firenze.
Nella biblioteca della scuola Seurat trovò la Loi du contraste simultané des couleurs (Legge del contrasto simultaneo dei colori), un saggio del chimico Michel Eugène Chevreul (1786-1889), pubblicato nel 1839: la legge formulata da Chevreul afferma che «il contrasto simultaneo dei colori racchiude i fenomeni di modificazione che gli oggetti diversamente colorati sembrerebbero subire nella composizione fisica, e la scala dei loro rispettivi colori quando si vedano simultaneamente». Fu un libro che gli aprì un intero orizzonte di studio sulla funzione del colore nella pittura cui dedicherà il resto della vita: Chevreul sosteneva che «mettere il colore sulla tela non significa soltanto colorare con quel colore una determinata parte di tela, ma significa anche colorare con il suo colore complementare la parte circostante».

La scoperta dell'Impressionismo

Intanto Seurat studiò le copie degli affreschi della Leggenda della Vera Croce di Piero della Francesca, eseguiti nella cappella dell'École dal pittore Charles Loyeux, e frequentò assiduamente il Museo del Louvre, dove, oltre a interessarsi alle sculture egizie e assire, poté rendersi conto che Delacroix, ma anche un antico pittore come il Veronese, avevano messo in pratica, pur in modo empirico, principi relativi alle reciproche influenze esercitate dai colori.
Nel maggio del 1879, Seurat, Aman-Jean e il nuovo amico Ernest Laurent visitarono la IV Mostra degli Impressionisti, che si teneva in avenue Opéra, e dove esponevano Edgar Degas, Claude Monet, Camille Pissarro, Jean-Louis Forain, Gustave Caillebotte, Mary Cassatt e Albert Lebourg; profondamente colpiti dalla nuova corrente artistica, Seurat e i suoi amici si convinsero dell'insufficienza dell'istruzione accademica, decidendo di non frequentare più l'École: affittato uno studio comune al numero 30 di rue de l'Arbalète, vi discussero delle nuove idee artistiche e scientifiche - lessero anche il Trattato della pittura di Leonardo da Vinci - e vi eseguirono le loro prime tele.
La Testa di ragazza, a cui fece forse da modella una cugina, per quanto appaia piuttosto un abbozzo, ha preciso il disegno e sicura la pennellata, i trapassi di tono del colore e la disposizione della massa scura dei capelli sul fondo chiaro, ne fanno però ancora un'opera di scuola, da accostare allo stile di un pittore accademico come Thomas Couture.
In ottobre Seurat dovette assolvere agli obblighi di leva, che prestò per un anno a Brest, dove realizzò numerosi disegni, abbandonando la linea in favore della ricerca dei contrasti di tono con la tecnica del chiaroscuro: a questo scopo utilizzò, sopra la carta granulosa, la matita Crayon, una matita grassa costituita da polvere di carboncino; nella composizione privilegiò gli stati sospesi, le figure immobili, silenziose, sole. Il contrasto del nero e del bianco definisce le forme e sulla carta a superficie irregolare, le asperità evidenziate dal passaggio della matita fa emergere il bianco - la luce - dando morbidezza e profondità alle ombre.
Lesse la serie dei sei articoli del pittore e teorico David Sutter (1811-1880), pubblicati dal febbraio 1880 sulla rivista «L'Art» sotto il titolo di Phénomènes de la vision, rafforzando così la sua convinzione, tutta positivistica, della necessità di unire il rigore della scienza alla libera creatività dell'arte: «Bisogna osservare la natura con gli occhi dello spirito e non solo con gli occhi del corpo, come un essere privo di ragione [...] vi sono occhi di pittore come voci di tenore, ma questi doni della natura devono essere nutriti dalla scienza per giungere al loro completo sviluppo [...] la scienza libera da tutte le incertezze, permette di muoversi in tutta libertà in un ambito assai esteso, è dunque una duplice ingiuria per l'arte e per la scienza credere che una escluda necessariamente l'altra. Essendo tutte le regole insite nelle leggi stesse della natura, niente è più semplice che individuarne i principi, e niente è più indispensabile. Nell'arte, tutto deve essere voluto».
Rientrato a Parigi nel novembre 1881, affittò per sé un altro studio - senza per questo rompere i rapporti con i due amici - e continuò lo studio della funzione della luce e del colore, leggendo, oltre a Sutter e Humbert de Superville, gli scritti di Helmholtz, Maxwell, di Heinrich Dove e il Modern chromatics dello statunitense Ogden Rood. Questi riprendeva le teorie di Chevreul dando consigli pratici: non impiegare i pigmenti, i colori terrosi, e il nero, e utilizzare la mescolanza ottica, ossia dipingere a piccoli tocchi di colori diversi e anche opposti. Nel libro era riprodotto il cerchio cromatico, nel quale venivano evidenziati i colori complementari di ciascun colore.
I Fiori in un vaso sono l'unica natura morta di Seurat e il suo primo tentativo impressionista: dipingendo il fondo con brevi tocchi dati in senso verticale, ribadisce la struttura cilindrica del vaso che è invece dipinto con pennellate incrociate a spatola, dove appare sicuro il senso del volume e il gusto di inquadrare fermamente il soggetto.
Si mostrò nei successivi dipinti di questo periodo l'interesse per i paesaggisti del Barbizon e per Corot, oltre a quello costante per l'impressionismo di Pissarro, che lo portò a produrre tavole di dimensioni ridotte, che egli chiamava croquetons (schizzi) nell'Uomo al parapetto alternò la luce all'ombra e delimitò la composizione con l'albero stilizzato a sinistra e con il fogliame nell'altro lato e in alto, procedimento ripreso nella Pianura con alberi a Barbizon, in cui l'albero isolato e stilizzato, mentre delimita la veduta in alto mediante il fogliame, stabilisce la struttura della composizione.
I temi del lavoro nei campi sono sviluppati in una lunga serie di dipinti databili dalla fine del 1882 a tutto il 1883. Nella Contadina seduta sull'erba la massa della figura, investita in pieno dalla luce solare, si stacca sul fondo chiaro, dipinto a pennellate ampie e incrociate, privo di orizzonte, e la mancanza di dettagli e la sua immobilità dà monumentalità al soggetto, malgrado l'umiltà e perfino il patetismo della postura.
La tela degli Spaccapietre è ispirata al celebre dipinto di Courbet del 1849, che fu esposto al Salon del 1851, anche se più che al significato sociale Seurat è interessato alla composizione e all'effetto del colore, e tuttavia l'opera colpisce per la forza espressiva delle figure che «si muovono in una sorta di tragico silenzio, avvolte in una misteriosa atmosfera». A proposito della sua posizione politica, va sottolineato che a Seurat, benché nella sua pittura non abbia mai voluto esprimere espliciti messaggi politici- sociali, fu attribuita già dai contemporanei - in primo luogo dal pittore Paul Signac - una adesione agli ideali anarchici, dimostrabile tanto dalla sua vicinanza a personalità che all'anarchismo avevano aderito, come lo stesso Signac, il poeta Émile Verhaeren e gli scrittori Félix Fénéon e Octave Mirbeau, quanto per il suo desiderio di «rivoluzionare» almeno le tendenze critiche e artistiche del proprio tempo.

Une baignade à Asnières

Nel 1883 Seurat partecipò al Salon con due disegni: ne venne accettato uno, il Ritratto di Aman-Jean e in primavera iniziò a preparare gli studi per la sua prima grande tela, Bagnanti ad Asnières. Attraverso Ernest Laurent conobbe Pierre Puvis de Chavannes e ne frequentò lo studio insieme con l'amico Aman-Jean.
Di Puvis, Seurat aveva già apprezzato nel 1881 il Povero pescatore e soprattutto il grande affresco Doux pays, presentato al Salon del 1882, ammirandone la capacità di equilibrare la composizione immettendo in essa un'alta sensazione di serenità. Per Puvis de Chavannes la pittura è un «mezzo per ripristinare un ordine morale. È un commento sulla società: non qualcosa di percepito e riprodotto direttamente, bensì qualcosa di purificato, di rinato in seguito alla riflessione, in accordo con una coerente idea morale della realtà».
A differenza di Puvis, nel quale l'ordine morale viene costituito in un mondo sereno ma arcadico, immaginario e fuori del tempo, per Seurat si tratta di modernizzare e «democratizzare l'arcadia», rappresentando in pittura una precisa realtà quotidiana, ma ordinata ed equilibrata. Egli tiene presente proprio il Doux pays ma con ben altra modernità di tecnica e di concetti.
La Baignade, che rappresenta dei giovani bagnanti sulla riva della Senna, venne preparata con scrupolo minuzioso: Seurat riprendeva dal vivo - una precisa località in riva al fiume tra Asnières e Courbevoie - numerose scene, quattordici dipinti eseguiti con tecnica impressionista per studiare il colore e la luce, e dieci disegni per definire i volumi, approfondendo i particolari con studi dei dettagli, proseguiti nel proprio atelier utilizzando anche modelli viventi. L'ultimo impegno consisteva nel sintetizzare lentamente sulla tela i risultati ottenuti, eliminando il superfluo e conservando l'indispensabile, attraverso un paziente lavoro di depurazione dell'immagine.
Ne risulta «un'opera monumentale, dal lucido impianto prospettico, in cui i personaggi stanno nella fissità silenziosa delle sculture come archetipi umani che sembrano sintetizzare in sé l'essenza stessa della vita. Armonia di linee, armonia di masse, armonia cromatica, raggiunte con una tecnica pittorica nuovissima che impiega la scomposizione ottica del colore in alcune zone (per esempio sull'erba della sponda), mentre per altre sceglie il colore puro, dato a grandi pennellate, che talvolta si riduce in tocchi sottili e vibranti di luce».
La staticità e la mancanza di espressione delle figure da una parte, che sono dipinte ad ampie zone, e il trattamento impressionistico del prato e dell'acqua del fiume dall'altra, trattati a piccoli tocchi, costituiscono «due visioni che si oppongono - l'architettonica e l'impressionistica - eppure trovano nel loro contrasto, tra l'eterno e il fuggevole, tra la solidità della forma e il fluire della luce, una poesia solenne».

La stesura del colore nella tela finita fu tuttavia diversa da quella utilizzata nei piccoli pannelli preparatori. Signac, pur apprezzando l'opera, giudicò in seguito negativamente la resa «a grandi colpi piatti stesi gli uni sugli altri e usciti da una tavolozza composta, come quella di Delacroix, di colori puri e di colori terrosi. Questi ultimi fanno sì che il quadro resti offuscato e meno brillante di quelli dipinti dagli impressionisti con la loro tavolozza ridotta ai colori prismatici».

Il dipinto, inviato al Salon del 1884, venne respinto dalla giuria e Seurat aderì di conseguenza alla Gruppo degli Artisti Indipendenti, formato da giovani artisti che si erano visti, come lui, respingere i dipinti dal Salon: questi refusés inaugurarono il 15 maggio in una baracca alle Tuileries il I Salon des Artistes Indépendants, al quale parteciparono ben 450 pittori, e Seurat vi presentò la sua Baignade; una parte di questi artisti costituì il 4 giugno la Societé des Artistes Indépendants a cui aderì anche Seurat che, nell'occasione, fece la conoscenza di Signac.
I due pittori s'influenzarono a vicenda: Seurat eliminò dalla sua tavolozza i colori terrosi, che scuriscono le immagini, mentre Signac accolse le teorie scientifica della legge del contrasto dei colori.

Il sistema pittorico di Seurat: la mescolanza ottica


Seurat, intendendo portare a risoluzione gli studi sui rapporti cromatici, costruì un disco cromatico, ossia un cerchio sulla cui corona esterna riporta tutti i colori prismatici e intermedi. La sequenza, di ventidue colori, inizia con il colore blu, proseguendo con: blu oltremare, oltremare artificiale, viola, porpora, rosso porpora, carminio, rosso spurio, vermiglione, minio, arancio, giallo arancio, giallo, giallo verde, verde, verde smeraldo, blu molto verde, blu verde cianico, blu verde, blu cianico I e blu cianico II, che si riunisce al blu di partenza. In questo modo il colore opposto a ciascun altro, rispetto al centro del cerchio, era individuato come il colore complementare.

Il disco venne ottenuto prendendo come base di partenza i tre colori primari, rosso, giallo e blu, e i tre colori composti, l'arancio, che è il complementare del blu essendo l'unione del rosso e del giallo, il verde, che è il complementare del rosso in quanto unione del giallo e del blu, e il viola, complementare del giallo in quanto unione del rosso e del blu.
L'interesse di Seurat nell'individuare l'esatto complementare di ogni colore consiste nel fatto che ogni colore si intensifica se viene avvicinato al suo complementare e si annulla quando viene mescolato con quello, formando un grigio di particolare tonalità a seconda della proporzione della loro mescolanza. Inoltre, due colori non complementari non «stanno bene» insieme se avvicinati, ma risultano invece armonici se sono separati da una tinta bianca, mentre due tinte dello stesso colore ma di diversa intensità, avvicinate fra loro, hanno la caratteristica di dare sia un contrasto, dovuto proprio alla loro differente intensità, che un'armonia, grazie al loro tono uniforme.
Per rappresentare un determinato oggetto, Seurat utilizzava innanzi tutto il colore che l'oggetto avrebbe se fosse sottoposto a luce bianca, cioè il colore privo di qualunque riflesso; poi lo «acromatizzava», ossia modificava il colore di base con il colore della luce solare che vi si rifletteva, poi con il colore della luce assorbita e riflessa, quindi con il colore della luce riflessa dagli oggetti vicini e, infine, con i colori complementari di quelli utilizzati. Poiché la luce che noi percepiamo è sempre il risultato di una combinazione di colori determinati, questi colori dovevano essere riuniti nella tela non mescolati fra di loro, ma separati e strettamente avvicinati mediante leggeri colpi di pennello: secondo il principio della mescolanza ottica, teorizzata dal fisiologo Heinrich Dove, l'osservatore, posto a una determinata distanza dalla tela dipinta - una distanza variabile a seconda dalla grossezza dei puntini colorati - non vede più separati questi punti colorati, ma li vede fusi in un unico colore, che è la loro risultante ottica impressa sulla retina dell'occhio. Il vantaggio di tale nuova tecnica sarebbe consistito, secondo Seurat, nel produrre immagini molto più intense e luminose rispetto alla tradizionale stesura sulla tela di tinte preventivamente mescolate tra di loro sulla tavolozza.
La tecnica a puntini è l'elemento essenziale della pittura di Seurat, mediante la quale si raggiunge la mescolanza ottica dei colori: Seurat non chiamò puntinismo ma «cromo-luminarismo» o «divisionismo» la sua concezione tecnico-artistica che tuttavia verrà definita da lì a poco, nel 1886, dal critico Félix Fénéon, con il nome di «Neoimpressionismo», per sottolineare la differenza tra l'Impressionismo originario, «romantico», e il nuovo Impressionismo «scientifico». Così come l'avvento della tecnica fotografica aveva dato precisione alla riproduzione delle figure e delle cose, anche la pittura doveva presentarsi come tecnica di precisione, sulla base delle proposizioni della scienza.

La Grande-Jatte

Desideroso di dimostrare nella pratica le nuove teorie, già nel 1884 pose mano al progetto di una nuova grande tela, che non si allontana, quanto a metodologia di preparazione e scelta del soggetto, da quella della Baignade.
Testimonianza del nuovo progetto è la lettera che spedì sei anni dopo aver concluso l'opera, all'amico critico Fénéon il 20 giugno 1890: «1884, giorno dell'Ascensione: Grande-Jatte, gli studi e il quadro». Sembra quasi che Seurat abbia voluto prendere a pretesto quella festività religiosa per significare l'inizio della sua «ascensione» artistica, tanto che si è sempre dubitato della reale data d'inizio della sua composizione, Un dimanche après-midi à l'Île de la Grande-Jatte.
Comunque sia, Seurat scelse l'isolotto sulla Senna, presso Neully, chiamato La Grande-Jatte, come luogo ove ambientare il nuovo dipinto. Secondo quanto scrisse Signac, il principio-guida era quello di fissare preventivamente la composizione: «Guidato dalla tradizione e dalla scienza, armonizzerà la composizione alle sue concezioni, cioè adatterà le linee (direzione e angoli), il chiaroscuro (toni), i colori (tinte), all'elemento che vorrà far prevalere».
La mattina, con la luce migliore, Seurat si recava alla Grande-Jatte per abbozzare scene dipinte a olio con tecnica impressionista - si contano più di trenta tavolette di studi - mentre il resto della giornata veniva passato nell'atelier, disegnando a matita singoli particolari e spesso arrampicato su una scala (la dimensione del dipinto, come quella della Baignade, è infatti di 2 metri per 3), a ritoccare la tela, sulla quale aveva steso uno strato di colore base, con i piccoli punti di diverso colore, secondo il principio della mescolanza ottica.
Il risultato è la rappresentazione di una scena di vita quotidiana, un comune svago di una piccola folla di parigini in un giorno festivo, che viene colto e fissato da Seurat in un attimo di sospensione: «I personaggi, strappati dal mondo precario e confuso dei viventi, divengono i protagonisti di un mondo atemporale e astratto: non più persone ma apparenze, manichini, forme solitarie e isolate, legate unicamente da stretti rapporti di correlazione strutturale». E non mancano elementi di satira: la signora in primo piano, acconciata secondo la moda con un grande cuscino stretto ai fianchi, porta al guinzaglio una scimmia, un'altra pesca, un signore suona la trombetta: nessuno comunica con l'altro, ognuno sembra vivere per sé.
L'immagine centrale in secondo piano della donna con la bambina divide idealmente in due la tela, separando i due principali gruppi di figure in primo piano; i corpi, mostrati solo di fronte o di profilo, sono impostati secondo le forme geometriche del cilindro e del cono, sono privi di plasticità, «hanno uno sviluppo volumetrico a cui non corrisponde un peso di massa; sono fatti dello stesso pulviscolo multicolore che pervade lo spazio; non interrompono la vibrazione della luce». Non viene rispettata la prospettiva tradizionale e non si mostra interesse per l'esattezza logica di alcuni particolari: il vento, sulla Senna, sembra soffiare contemporaneamente da due direzioni opposte, come mostra il rigonfiamento delle vele delle imbarcazioni. Ma è la luce sprigionata dal colore l'elemento essenziale della composizione, mediante una tecnica mista di stesura: l'acqua è rappresentata con piccole pennellate lineari, mentre l'erba è ottenuta con lievi tocchi incrociati.
Nella Grande-Jatte si rivela pienamente il problema di risolvere in una unità l'inserimento della figura nel paesaggio, di armonizzare l'immagine umana nella natura luminosa e vibrante di colore. Nel dipinto «le forme sono troppo precise, la consistenza delle immagini è troppo presente, perché non s'imponga all'osservatore la sensazione del contrasto fra la loro realtà e la loro irrealtà. I profili assumono un tono disincantato, che ai contemporanei parve ridicolo e irritò, e a noi pare piuttosto umoristico [...] sembra che un pubblico da caffè-concerto sia entrato nella casa di Dio, ed è evidente che per quel pubblico il pittore non ha alcuna simpatia e profitta del suo senso delle forme regolari per sottolineare il ridicolo della moda».
Sulla stesura così definita nella primavera del 1885, Seurat intervenne ancora, dopo l'estate trascorsa a Grandcamp-Maisy, sulla Manica, aggiungendo per ultimo puntini di diverso colore per aumentare l'intensità luminosa di tutto il dipinto.
A Grandcamp Seurat aveva dipinto numerose marine, nelle quali è costantemente assente la rappresentazione della figura umana: quella del Bec du Hoc è certamente la più drammatica, con l'imponente massa rocciosa che strapiomba minacciosa sulla riva, che può essere anche il simbolo di una solitudine senza speranza. La superficie del mare è dipinta con brevi lineette e con i consueti piccoli punti di colore puro.
Tornato a Parigi e conclusa la Grande-Jatte, Seurat, che intanto aveva conosciuto, nella famosa Brasserie Gambrinus e in casa dello scrittore Robert Caze, molti intellettuali parigini, quali Edmond de Goncourt, Joris-Karl Huysmans, Eduard Dujardin, Jean Moréas, Félix Fénéon, Maurice Barrès, Jules Laforgue e i pittori Edgar Degas, Lucien Pissarro e il padre Camille: questi, che a differenza del figlio aveva aderito al divisionismo più per stanchezza della vecchia pittura e per gusto della novità più che per profonda convinzione, non lesinò tuttavia consigli ai suoi giovani amici. Fece loro osservare che le zone colorate uniformemente trasmettono a quelle vicine il proprio colore e non solo i complementari e si adoperò per organizzare una mostra che unisse impressionisti e neoimpressionisti.
Questa si tenne da maggio a giugno del 1886 a Parigi, in una casa affittata per l'occasione. Fu l'ultima esposizione degli impressionisti, ma pochi di essi vi parteciparono: Pissarro, Degas, Berthe Morisot e Mary Cassatt, oltre a Guillaumin, Marie Bracquemond, Zandomeneghi e, naturalmente, Signac e Seurat. La mostra non riservò ai divisionisti alcun successo né di pubblico né di critica, ma spesso ironia, derisione e anche irritazione: il pittore Théo van Rysselberghe arrivò a spezzare il suo bastone da passeggio davanti alla Grande-Jatte, anche se, di lì a pochi anni, adottò anch'egli i principi di Seurat.
Fu il ventiseienne critico Félix Fénéon a prendere le difese della nuova pittura, che conosceva già dal tempo della prima esposizione al Salon des Indépendants del 1884: egli pubblicò nella rivista «La Vogue» una serie di articoli nei quali analizzò i principi e il significato dell'arte di Seurat secondo uno spirito aperto ma rigoroso, coniando il termine di neoimpressionismo,
«Se nella Grande-Jatte si considera un decimetro quadrato coperto da un tono uniforme, si troveranno su ciascun centimetro di questa superficie, in una vorticosa ressa di macchie minute, tutti gli elementi costitutivi del tono. Questo prato nell'ombra: alcuni tocchi, i più numerosi, restituiscono la materia dell'erba; altri, arancioni, colgono la poco sensibile luce solare; altri, color porpora, fanno intervenire il complementare del verde; un blu cianico, suscitato dalla vicinanza di un lembo d'erba al sole, accumula i residui verso la linea di demarcazione rarefacendoli progressivamente. Alla formazione di questo stesso lembo non concorrono che due elementi: il verde e l'arancione solare, perché ogni reazione si spegne sotto un così violento assalto di luce. Essendo il nero una non-luce, questo cane nero si colorerà delle reazioni dell'erba; il colore dominante sarà dunque la porpora scura, ma sarà anche intaccato da un blu scuro scaturito dalle vicine zone luminose...»
«Questi colori, isolati sulla tela, si ricompongono sulla retina: si ottiene dunque non una mescolanza di colori-materia (pigmenti), ma una mescolanza di colori-luce. Occorre ricordare che, per gli stessi colori, la mescolanza dei pigmenti e la mescolanza della luce non forniscono necessariamente gli stessi risultati. Si sa che la luminosità della mescolanza ottica è sempre superiore a quella della mescolanza della materia, come dimostrano le numerose equazioni di luminosità stabilite da N. O. Rood. Per il carminio viola e il blu di Prussia, da cui nasce un grigio blu, 50 di carminio + 50 di blu (mescolanza di pigmenti) = 47 di carminio + 49 di blu + 4 di nero (mescolanza di luci); per il carminio e il verde, 50 di carminio + 50 di verde (mescolanza di pigmenti) = 50 di carminio + 24 di verde + 26 di nero (mescolanza di luci)».
«Perseguendo l'espressione della massima luminosità, si comprende dunque che gli impressionisti - come talvolta Delacroix - vogliono sostituire alla mescolanza sulla tavolozza la mescolanza ottica. Georges Seurat, per primo, ha presentato un paradigma completo e sistematico di questa nuova pittura. Il suo immenso quadro, La Grande-Jatte, in qualunque parte lo si esamini, si distende come una monotona macchia, come un arazzo: qui, in effetti, ogni trucco è impossibile, nessun posto per i pezzi di bravura, il risultato non è affidato alla mano, ma all'occhio che deve essere agile, perspicace e sapiente».
Il fine comune dell'Impressionismo e del Neoimpressionismo è la riproduzione dei veri colori e della vera luce naturale. In cosa consiste, allora, la differenza tra impressionisti e neoimpressionisti? I primi fermano sulla tela l'immagine di un paesaggio in un istante dato, perché le condizioni di luce cambiano rapidamente ed essendo la sensazione irripetibile, essa deve essere fissata immediatamente da un pittore che lavori en plein air. I neoimpressionisti, invece, sintetizzano il paesaggio «in un assetto definitivo che perpetui le sensazioni», e per questo motivo essi, dopo aver raccolto sul luogo le sensazioni di luce e di colore, possono elaborarle nel loro studio.
Nel corso della mostra conobbe il giovane ed eclettico Charles Henry, suo coetaneo, i cui interessi spaziavano dalla matematica alla storia dell'arte, dalla psicologia alla letteratura, dall'estetica alla musica e dalla biologia alla filosofia. Seurat prese a studiare i suoi saggi sull'estetica musicale - L'esthétique musicale e La loi de l'évolution de la sensation musicale - ritenendo che le sue teorie pittoriche potessero accordarsi con quelle musicali del giovane scienziato. Grande influsso avranno i saggi dedicati all'arte figurativa - il Traité sur l'esthétique scientifique, la Théorie des directions e il Cercle cromatique - sulle sue ultime grandi opere, lo Chahut e il Circo.
In estate parte per Honfleur, località sulla Manica, alla foce della Senna, dipingendo una decina di tele, improntate all'espressione della calma, del silenzio e della solitudine, quando non anche della malinconia: così è de L'ospizio e il faro a Honfleur e in parte anche de La spiaggia di Bas-Butin, già ritratta da Claude Monet, per quanto l'ampia visione di mare e di luce impronti la tela piuttosto alla serenità. Caratteristica di entrambe le tele è il taglio dell'immagine a destra, in modo da dare all'osservatore il senso di una rappresentazione più vasta di quella dipinta.
Rientrato a Parigi, Seurat espose alcune delle sue vedute di Honfleur e La Grande-Jatte in settembre, al Salon des Artistes Indepéndantes. Invitato a esporre al IV Salon de Les Vingt (o Les XX, I Venti), un gruppo di pittori belgi d'avanguardia formatosi nel 1884 a Bruxelles, vi presentò sette tele e La Grande-Jatte, che fu al centro dell'attenzione, fra lodi e polemiche, dell'esposizione inaugurata il 2 febbraio 1887. Il poeta Paul Verhaeren, amico di Seurat, gli dedicò un articolo: «Si descrive Seurat come uno scienziato, un alchimista o che so io. Ma egli si serve delle sue esperienze scientifiche solo per controllare la sua visione; costituiscono per lui soltanto una conferma [...] come i vecchi maestri conferivano ai loro personaggi una ieraticità che rasentava la rigidezza, così Seurat sintetizza i movimenti, le pose, le andature. Ciò che essi fecero per esprimere il loro tempo, egli lo esperimenta nel suo, con la stessa esattezza, concentrazione e sincerità».

Le modelle

Già al suo ritorno a Parigi, nell'agosto del 1886, Seurat aveva concepito lo studio di una nuova grande composizione, che avrebbe dovuto avere per protagonista la figura umana: la sua nuova impresa prevedeva un interno, uno studio di pittore, con tre modelle. Intendeva probabilmente verificare e contestare certe osservazioni critiche che sostenevano che la sua tecnica poteva bensì essere impiegata per rappresentare paesaggi ma non figure, perché queste sarebbero altrimenti risultate legnose e senza vita.
Si chiuse per diverse settimane nello studio, perché il lavoro non procedeva secondo i suoi desideri: «Disperante tela gessosa. Non capisco più niente. Tutto fa macchia. Lavoro penoso», scrisse a Signac in agosto. Ciò nonostante, iniziava ancora un nuovo dipinto, la Parata del circo.
Dopo un paio di mesi d'isolamento, quando il quadro non era ancora finito, ricevette i suoi pochi amici per discutere i problemi incontrati nella composizione dell'opera: «Ascoltare Seurat confessarsi di fronte alle sue opere annuali» - scrisse Verhaeren - «equivaleva seguire una persona sincera e lasciarsi convincere da una persona persuasiva. Calmo, con gesti circoscritti, non perdendovi mai d'occhio e con una voce uniforme che ricercava parole un po' da precettore, indicava i risultati ottenuti, le certezze perseguite, quelle che lui chiamava la base. Poi vi consultava, vi prendeva a testimoni, attendeva una parola che facesse intendere che si era compreso. Molto modestamente, quasi con timore, benché s'intuisse in lui un silenzioso orgoglio di se stesso».
Per la prima volta, decise di delineare il perimetro della tela con un bordo dipinto, eliminando così lo stacco bianco che normalmente la circoscrive, e condusse la stessa operazione sul bordo de La Grande-Jatte. Pochi furono i disegni e i dipinti preparatori: è una tendenza che si rafforza fino alle ultime opere. Seurat «studia sempre meno dal vero e si concentra sempre più sulle sue astrazioni, sempre meno s'interessa ai rapporti cromatici, di cui è così padrone da rappresentarli di maniera, e sempre di più alla espressione simbolica delle linee».
Quando ancora era ben lontano da concludere l'opera, mandò uno dei suoi studi, la Modella in piedi, al III Salon degli artisti indipendenti, tenuto dal 23 marzo al 3 maggio 1887, dove esposero alcuni nuovi adepti del divisionismo, Charles Angrand, Maximilien Luce e Albert Dubois-Pillet. Nei primi mesi del 1888 tanto Le modelle che la Parata erano terminate e Seurat le mandò al IV Salon, tenuto, come il precedente, dalla fine di marzo ai primi di maggio.
Les Poseues, le tre modelle - ma in realtà Seurat si avvalse di un'unica modella, che nel dipinto sembra quasi spogliarsi in due momenti successivi e circolari - sono nello studio del pittore: a sinistra s'intravede La Grande-Jatte. Come tutte insieme possono anche essere viste rappresentare il tema classico delle «Tre Grazie», la figura di schiena, come lo studio apposito, richiama la Baigneuse di Ingres ma ancora una volta ricollocate nell'ambiente della modernità: tre modelle nello studio di un pittore.
Del dipinto esiste una versione in formato ridotto, eseguito poco dopo da Seurat, probabilmente non convinto dell'esito della sua composizione. Ma di maggior resa artistica appaiono gli studi: «essi hanno la medesima sensibilità cromatica, la medesima modellazione realizzata dalla luce, la medesima architettura della luce, la stessa forza interpretativa del mondo, che si notano nella Grande-Jatte. Invece nel quadro definitivo delle Poseuses l'arabesco lineare prende il sopravvento, e l'effetto cromatico s'intisichisce. Dei tre studi, soltanto il nudo di faccia appare troppo contornato per essere completamente immerso nella vibrazione cromatica. Gli altri due sono capolavori di sensibilità».

L'estetica di Charles Henry

Basandosi sulle teorie di Gustav Fechner, Henry sosteneva che l'estetica è una fisica psicobiologica e l'arte ha una funzione «dinamogena», esprime movimento che, percepito dalla coscienza, produce la sensazione del bello e il piacere estetico o il loro opposto. Secondo Henry, infatti, l'osservazione della realtà produce due sensazioni fondamentali, piacere e dolore, che corrispondono, in fisiologia, ai due ritmi correlati di espansione e di contrazione.
Compito dell'arte è di creare rappresentazioni che producano effetti ritmici espansivi, dinamogeni. La capacità di produzione delle sensazioni di piacere o dispiacere è stabilita da leggi determinate scientificamente. Per quanto riguarda la pittura, che si fonda sulle linee e sui colori, essa produce ritmo che può essere espansivo o contrattivo: esistono, secondo Henry, colori «tristi» e color «allegri», essendo quelli allegri i colori caldi - il rosso, l'arancio e il giallo - e quelli tristi il verde, il blu e il viola.
Le linee esprimono la direzione del movimento, e il moto dinamogeno - espansivo e produttore di piacere - sono quelle che si dirigono verso l'alto a destra dell'osservatore, mentre i movimenti verso il basso a sinistra producono sensazioni di dispiacere e di tristezza, sono inibitori perché conservano l'energia. Henry scrive nella sua Esthétique scientifique che «la linea è un'astrazione, la sintesi di due sensi paralleli e contrari in cui può essere descritta: la realtà è la direzione». Per l'osservatore di un quadro, l'insieme delle linee lì espresse daranno tanto un'immagine quanto la sensazione - piacevole o spiacevole - derivata dalla loro direzione. Immagine e sentimenti sono immediatamente legati, ma non è importante il tipo concreto dell'immagine rappresentata, quanto il movimento che quell'immagine esprime. Si comprende come questa teoria, indifferente alla specificità dell'immagine, giustifichi pienamente la legittimità dell'arte astratta.
Seurat fece suoi i principi di Henry ed espresse i concetti generali della propria pittura in lettera indirizzata il 28 agosto 1890 allo scrittore Maurice Beaubourg:
« Estetica. L'Arte è Armonia. Armonia significa analogia dei contrari, analogia degli elementi similari di tono, di colore, di linea, considerati in rapporto alla loro dominante e sotto l'influenza della luce, in combinazioni che esprimono gioia, serenità o dolore. I contrasti sono: per il tono, una luminosità più chiara, contro una più scura; per il colore, i complementari, per esempio un determinato rosso opposto al suo complementare ecc. (rosso-verde, arancio-blu, giallo-viola); per la linea, quelle che formano un angolo retto. La gioia del tono deriva dalla dominante luminosa,; quella del colore, dalla dominante d'intensità; e infine, quella della linea, dalle linee sopra l'orizzontale. La serenità del tono deriva dall'equivalenza di chiaro e di scuro; quella del colore, dall'equivalenza di caldo e di freddo; quella della linea, dalla orizzontale. Il dolore del tono risulta dalla dominante scura; del colore, dalla dominante fredda, della linea, dalle direzioni abbassate.
Tecnica. Dati per concessi i fenomeni della durata di una impressione luminosa sulla retina, il risultato che ne deriva è la sintesi. Il mezzo d'espressione è la mescolanza ottica dei toni e dei colori (sia del colore locale che del colore illuminante: il sole, la lampada ad olio, la lampada a gas, ecc.), cioè delle luci e delle loro reazioni (ombre) secondo la legge del contrasto, della gradazione dell'irradiazione. La cornice, in un quadro, è in contrapposizione all'insieme dei toni, dei colori e delle linee del dipinto »
Anche per la Parade du cirque Seurat si avvalse di relativamente pochi studi preparatori: dieci disegni e una piccola tavola, i Suonatori, direttore e spettatori di Zurigo, dipinta a lunghe pennellate di colori caldi date con molta libertà. Invece, rispetto alle reali rappresentazioni circensi, che sono piene di musica vivace, di luci sfavillanti, di costumi sfarzosi, di dinamica vivacità e di rumorosa allegria, la scena definita sulla tela nel dipinto compiuto da Seurat è dominata dalla penombra e da dominanti colori freddi e bluastri; a rafforzare l'impressione di inquietante oppressione sta la fissità dei protagonisti, ridotti ad apparizioni quasi larvali, in una luce bassa e incerta.

Le ultime opere

Dal soggiorno estivo a Port-en-Bessin, sulla Manica, Seurat ricavò una serie di sei vedute marine, rigorosamente dipinte a puntini. Nell'Entrata del porto utilizza a effetto decorativo le ombre ovali delle nuvole sul mare, che richiamano le zone d'ombra dipinte sull'erba della Grande-Jatte.
Crescevano intanto le adesioni e le imitazioni degli artisti, senza tuttavia che Seurat ne fosse compiaciuto, forse ritenendo che si trattasse solo di una moda passeggera e superficiale, o un mezzo per acquistare successo o più probabilmente temendo che gli fosse sottratta la paternità della nuova tecnica. In agosto, un articolo del critico d'arte Arséne Alexandre provocò una seria reazione di Signac nei confronti di Seurat. Nell'articolo si affermava che la tecnica a puntini aveva «rovinato pittori notevolmente dotati come Angrand e Signac» e si presentava Seurat come «un vero apostolo dello spettro ottico, quello che l'ha inventato, lo ha visto nascere, l'uomo delle grandi iniziative che per poco non si vedeva contestata la paternità della teoria da critici disattenti o da compagni sleali».
Signac chiese spiegazioni a Seurat di quel «compagni sleali», sospettando che l'articolo fosse stato ispirato direttamente da lui, ma Seurat smentì di essere l'ispiratore dell'articolo di Alexandre, aggiungendo di ritenere che «più saremo, più perderemo di originalità, e il giorno in cui tutti adotteranno questa tecnica, essa non avrà più alcun valore e si cercherà qualcosa di nuovo, cosa che sta già accadendo. È mio diritto pensare così e dirlo, perché dipingo per cercare del nuovo, una pittura mia».
Nel febbraio del 1889 Seurat andò a Bruxelles per la mostra «des XX», dove espose dodici tele, comprese le Modelle. Al ritorno a Parigi conobbe la modella Madeleine Knoblock, con la quale decise di convivere: è un periodo in cui non frequenta più nessuno dei suoi amici, ai quali non comunica nemmeno l'indirizzo del nuovo appartamento che ha affittato in ottobre per sé e Madeleine, che aspetta un bambino e che ritrae nella Giovane donna che s'incipria come una figura volgare che allude ai personaggi del mondo dello spettacolo dei quali Seurat si sta occupando, preparando le sue prossime grandi tele. Il bambino nacque il 16 febbraio 1890: riconosciuto dal pittore, gli venne dato il nome di Pierre-Georges Seurat.
Le polemiche riguardo a chi spettasse la priorità dell'invenzione della teoria divisionista continuarono: in primavera uscirono due articoli di Jean Cristophe e di Fénéon, nel secondo dei quali Seurat non veniva nemmeno citato. Protestò con il critico e in agosto mandò al giornalista e scrittore Maurice Beauborg la nota lettera nella quale espone le sue teorie estetiche, come a ribadire il suo ruolo prioritario nel campo del neo-impressionismo. Ma intanto cominciarono le defezioni: Henry van de Velde si staccò dal gruppo e lasciò la pittura per l'architettura, divenendo uno dei maggiori interpreti del movimento dell'Art Nouveau. Scriverà molti anni dopo che credeva Seurat «più padrone della scienza dei colori. I suoi brancolamenti, le sue messe a punto, la confusione delle sue spiegazioni sulla sua cosiddetta teorie mi sconcertavano [...] quelli che rimproveravano alla Grande-Jatte di mancare di luminosità avevano ragione, così come quelli che constatavano lo scarso apporto dei complementari». Riconosceva a Seurat di essere il fondatore di quella nuova scuola, anzi di aver aperto «una nuova era per la pittura: quella del ritorno allo stile», ma quella nuova tecnica «doveva fatalmente pervenire alla stilizzazione».
Anche Louis Hayet lasciò il movimento scrivendo a Signac di aver creduto «di trovare un gruppo di uomini intelligenti che si aiutavano reciprocamente nelle loro ricerche, senza altra ambizione che l'arte. E a questo ho creduto per cinque anni. Ma un giorno si sono creati degli attriti che mi hanno fatto pensare, e pensando sono riandato anche al passato; e quello che credevo un gruppo selezionato di ricercatori mi è apparso diviso in due fazioni, una di ricercatori, l'altra di persone che battibeccavano, che creavano zizzania (magari senza intenzione) [...] non potendo vivere nel dubbio e non volendo soffrire continui tormenti, ho deciso di isolarmi».
La defezione più rilevante fu quella dell'artista più prestigioso, Pissarro. Come aveva aderito al divisionismo per sperimentare ogni tecnica che potesse soddisfare il suo gusto della rappresentazione di ogni aspetto della realtà, così l'abbandonò quando si avvide che quella tecnica finiva per divenire un impaccio: «desidero fuggire ogni teoria rigida e cosiddetta scientifica. Dopo molti sforzi, avendo constatato [...] l'impossibilità di perseguire gli effetti così fuggevoli e ammirevoli della natura, l'impossibilità di dare un carattere definitivo al mio disegno, ci ho rinunciato. Era tempo. Per fortuna bisogna credere che non ero fatto per questa arte che mi dà la sensazione di un livellamento mortale».

Lo Chahut, il Circo e la morte

Con i suoi ultimi lavori Seurat intese affrontare quanto fin ad allora aveva evitato: il movimento, ricercandolo nelle sue espressioni più sfrenate e in ambienti illuminati dalla sola luce artificiale. Si prestavano assai bene i soggetti presi dal mondo dello spettacolo: le ballerine dello Chahut - ballo simile al Can-can - e gli artisti del circo, con le loro acrobazie e i cavalli trottanti sulla pista. Nonostante Il Circo fosse incompiuto, Seurat volle esporlo ugualmente al Salone degli Indipendenti nel marzo del 1891, dove ottenne un buon successo di pubblico. Pochi giorni dopo, l'artista si mise a letto, colpito da un forte mal di gola che, contrariamente ad ogni previsione, peggiorò in influenza violenta fino a portare Seraut in coma e ad ucciderlo la mattina del 29 marzo. Come causa ufficiale del decesso fu diagnosticata un'angina; ma ancor oggi la reale causa non è stata accertata. Dall'analisi dei sintomi s'è potuto ipotizzare che la morte fu causata da difterite o da un'encefalite acuta, che quell'anno in Francia accompagnò l'epidemia influenzale e che mieté numerose vittime. Lo stesso figlio di Seurat morì due settimane dopo il padre e dello stesso male.

Opere principali

  • 1879
    • Testa di ragazza, 29 x 24 cm, Dumbarton Oaks Research Gallery and Collection, Washington
  • 1880
    • Fiori in un vaso, 46 x 38,5 cm, Fogg Art Museum, Cambridge, Massachusetts, USA
  • 1881
    • Omaggio a Puvis de Chavannes, 16,8 x 25,4 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Uomo al parapetto (L'invalido), 25 x 16,5 cm, Collezione Rothbert, New York
  • 1882
    • Contadina seduta in un prato, 38,1 x 45,7 cm, Solomon R. Guggenheim Museum, New York
    • Giovane contadino in blu, 45,7 x 38,1 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Foresta di Barbizon (Pianura con alberi a Barbizon), 16 x 25 cm, Collezione Lewyt, New York
    • Periferia, 32,4 × 40,5 cm, Musée d'Art Moderne, Troyes
    • Sottobosco a Pontaubert, 76,4 x 61 cm, Metropolitan Museum of Art, New York
    • Paesaggio dell'Île-de-France, 32 x 40 cm, Musée des Beaux-Arts, Bordeaux
  • 1883
    • Abiti sull'erba, 16 x 24,7 cm, Tate Gallery, Londra
    • Alberi, Inverno, 15,5 x 25 cm, Collezione privata, Parigi
    • Limite di bosco in primavera, 16,5 x 26 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Pescatori alla lenza, 15,7 x 24,4 cm, Musée d'Art Moderne, Troyes
    • Sentiero nella foresta, Barbizon, 16 x 25 cm, Collezione privata, Parigi
    • Spaccapietre, 14,6 x 24, Collezione Mellon, Upperville, Virginia, USA
  • 1884
    • Giovani a bagno. Studio per la Baignade, 16 x 25 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • A destra. Media distanza. Studio per la Grande-Jatte, 15,2 x 24 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Media distanza, sinistra, due personaggi. Studio per la Grande-Jatte, 15,5 x 25 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Studio finale per la composizione della Grande-Jatte, 70,5 x 104,1 cm, Metropolitan Museum of Art, New York
    • Bagnanti ad Asnières, 200 x 300 cm, National Gallery, Londra
    • Donna con scimmia. Studio per la Grande-Jatte, 24,7 x 15,7 cm, Smith College Museum of Art, Northampton
  • 1885
    • Grandcamp, una sera, 65 x 81,5 cm, Collezione privata, New York
    • Donna in riva alla Senna a Courbevoie, 25 x 16 cm, Collezione privata, New York
    • Paesaggio, 16 x 24,5 cm, Musée des Beaux-Arts, Lilla
    • Bec du hoc Tate Modern, Londra
  • 1886
    • Angolo di una darsena, Honfleur, 79,5 x 63 cm, Museo Kröller-Müller, Otterloo
    • Honfleur, una sera, foce della Senna, 64,2 x 80 cm, Museum of Modern Art, New York
    • Paesaggio rosa, 15,5 x 24,5 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Imboccatura del molo, Honfleur, 46 x 55 cm, Museo Kröller-Müller, Otterloo
    • La spiaggia di Bas-Butin, Honfleur, 67 x 78 cm, Musée des Beaux-Arts, Tournai
    • Una domenica pomeriggio sull'isola della Grande-Jatte, 207,6 x 308 cm, Art Institute of Chicago, Chicago
  • 1887
    • Modella in piedi, studio per Le modelle, 25 x 16 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Modella seduta, di profilo, studio per Le modelle, 25 x 16 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Modella in piedi, di fronte, studio per Le modellev, 26 x 15,7 cm, Collezione privata
    • Modella seduta, di spalle, studio per Le modelle, 24,5 x 15,5 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Ponte a Courbevoie, 47 x 54,7 cm, Courtauld Gallery, Londra
  • 1888
    • Le modelle, 199,5 x 250,5 cm, Barnes Foundation, Filadelfia
    • Le modelle - versione piccola, 39,5 x 49 cm, National Gallery, Londra
    • La parata del circo, 100 × 150 cm, Metropolitan Museum of Art, New York
    • Domenica, Port-en-Bessin, 66 x 82 cm, Museo Kröller-Müller, Otterloo
    • Port-en-Bessin, avamporto, alta marea, 67 x 82 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • L'entrata del porto a Port-en-Bessin, 54,8 x 64,5 cm, Museum of Modern Art
    • Rovine di un vecchio mulino, Grandcamp, 16 x 24,8 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Il ponte di Port-en-Bessin, 67 x 84,5 cm, Institute of Arts, Minneapolis
  • 1889
    • Studio finale per lo Chahut, 55,7 x 46,2 cm, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo
    • La Tour Eiffel, 24,1 x 15,2 cm, De Young Memorial Museum, San Francisco
  • 1890
    • Marina di Gravelines, con barca, 15,9 x 24,8 cm, Courtauld Gallery, Londra
    • Giovane donna che si incipria, 94,2 x 79,5 cm, Courtauld Gallery, Londra
    • Il canale di Gravelines, una sera, 66,4 x 81,9 cm, Metropolitan Museum of Art, New York
    • Il canale di Gravelines, Petit Fort-Philippe, 73 x 92,7 cm, Indianapolis Museum of Art, Indianapolis
    • Il canale di Gravelines, in direzione del mare, 73 x 93 cm, Museo Kröller-Müller, Otterloo
    • Lo Chahut, 171 x 140,5 cm, Museo Kröller-Müller, Otterloo
    • Il donnaiolo, 25 x 16 cm, Barnes Foundation, Filadelfia
  • 1891
    • Studio definitivo per Il circo, 55 x 46 cm, Museo d'Orsay, Parigi
    • Il circo, 185,5 x 152,5 cm, Museo d'Orsay, Parigi
 Angelica, après Ingres (1878)
Georges Seurat - Opera propria
Angelica (après Ingres); oil on canvas 83 x 66,3 cm, Norton Simon Museum, Pasadena, California

Georges-Pierre Seurat (French: [ʒɔʁʒ pjɛʁ sœʁa]; 2 December 1859 – 29 March 1891) was a French post-Impressionist painter and draftsman. He is noted for his innovative use of drawing media and for devising the painting techniques known as chromoluminarism and pointillism. Seurat's artistic personality was compounded of qualities which are usually supposed to be opposed and incompatible: on the one hand, his extreme and delicate sensibility; on the other, a passion for logical abstraction and an almost mathematical precision of mind. His large-scale work, A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte (1884–1886), altered the direction of modern art by initiating Neo-impressionism, and is one of the icons of late 19th-century painting.

Biography

Family and education

Seurat was born 2 December 1859 in Paris, at 60 rue de Bondy (now rue René Boulanger). The Seurat family moved to 136 boulevard de Magenta (now 110 boulevard de Magenta) in 1862 or 1863. His father, Antoine Chrysostome Seurat, originally from Champagne, was a former legal official who had become wealthy from speculating in property, and his mother, Ernestine Faivre, was from Paris. Georges had a brother, Émile Augustin, and a sister, Marie-Berthe, both older. His father lived in Le Raincy and visited his wife and children once a week at boulevard de Magenta.
Georges Seurat first studied art at the École Municipale de Sculpture et Dessin, near his family's home in the boulevard Magenta, which was run by the sculptor Justin Lequien. In 1878 he moved on to the École des Beaux-Arts where he was taught by Henri Lehmann, and followed a conventional academic training, drawing from casts of antique sculpture and copying drawings by old masters. Seurat's studies resulted in a well-considered and fertile theory of contrasts: a theory to which all his work was thereafter subjected. His formal artistic education came to an end in November 1879, when he left the École des Beaux-Arts for a year of military service.
After a year at the Brest Military Academy, he returned to Paris where he shared a studio with his friend Aman-Jean, while also renting a small apartment at 16 rue de Chabrol. For the next two years, he worked at mastering the art of monochrome drawing. His first exhibited work, shown at the Salon, of 1883, was a Conté crayon drawing of Aman-Jean. He also studied the works of Eugène Delacroix carefully, making notes on his use of color.

Bathers at Asnières

He spent 1883 working on his first major painting—a large canvas titled Bathers at Asnières, a monumental work showing young men relaxing by the Seine in a working-class suburb of Paris. Although influenced in its use of color and light tone by Impressionism, the painting with its smooth, simplified textures and carefully outlined, rather sculptural figures, shows the continuing impact of his neoclassical training; the critic Paul Alexis described it as a "faux Puvis de Chavannes". Seurat also departed from the Impressionist ideal by preparing for the work with a number of drawings and oil sketches before starting on the canvas in his studio.
Bathers at Asnières was rejected by the Paris Salon, and instead he showed it at the Groupe des Artistes Indépendants in May 1884. Soon, however, disillusioned by the poor organisation of the Indépendants, Seurat and some other artists he had met through the group – including Charles Angrand, Henri-Edmond Cross, Albert Dubois-Pillet and Paul Signac – set up a new organisation, the Société des Artistes Indépendants. Seurat's new ideas on pointillism were to have an especially strong influence on Signac, who subsequently painted in the same idiom.

A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte

In the summer of 1884, Seurat began work on A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte, which took him two years to complete.
The painting shows members of each of the social classes participating in various park activities. The tiny juxtaposed dots of multi-colored paint allow the viewer's eye to blend colors optically, rather than having the colors physically blended on the canvas. It took Seurat two years to complete this 10-foot-wide (3.0 m) painting, much of which he spent in the park sketching in preparation for the work (there are about 60 studies). It is now in the permanent collection of the Art Institute of Chicago.
Seurat made several studies for the large painting including a smaller version, Study for A Sunday Afternoon on the Island of La Grande Jatte (1884–1885), now in the collection of the Metropolitan Museum of Art, in New York City.
The painting was the inspiration for James Lapine and Stephen Sondheim's musical, Sunday in the Park with George.

Later career

Seurat concealed his relationship with Madeleine Knobloch (or Madeleine Knoblock, 1868–1903), an artist's model whom he portrayed in his painting Jeune femme se poudrant. In 1889 she moved in with Seurat in his studio on the 7th floor of 128bis Boulevard de Clichy.
When Madeleine became pregnant, the couple moved to a studio at 39 passage de l'Élysée-des-Beaux-Arts (now rue André Antoine). There she gave birth to their son, who was named Pierre-Georges, 16 February 1890.
Seurat spent the summer of 1890 on the coast at Gravelines, where he painted four canvases including The Channel of Gravelines, Petit Fort Philippe, as well as eight oil panels, and made a few drawings.

Death

Seurat died in Paris in his parents' home on 29 March 1891 at the age of 31. The cause of his death is uncertain, and has been variously attributed to a form of meningitis, pneumonia, infectious angina, and diphtheria. His son died two weeks later from the same disease. His last ambitious work, The Circus, was left unfinished at the time of his death.
30 March 1891 a commemorative service was held in the church of Saint-Vincent-de-Paul. Seurat was interred 31 March 1891 at Cimetière du Père-Lachaise.
At the time of Seurat's death, Madeleine was pregnant with a second child who died during or shortly after birth.

Color theory

Contemporary ideas

During the 19th century, scientist-writers such as Michel Eugène Chevreul, Ogden Rood and David Sutter wrote treatises on color, optical effects and perception. They adapted the scientific research of Hermann von Helmholtz and Isaac Newton into a form accessible to laypeople. Artists followed new discoveries in perception with great interest.
Chevreul was perhaps the most important influence on artists at the time; his great contribution was producing a color wheel of primary and intermediary hues. Chevreul was a French chemist who restored tapestries. During his restorations he noticed that the only way to restore a section properly was to take into account the influence of the colors around the missing wool; he could not produce the right hue unless he recognized the surrounding dyes. Chevreul discovered that two colors juxtaposed, slightly overlapping or very close together, would have the effect of another color when seen from a distance. The discovery of this phenomenon became the basis for the pointillist technique of the Neoimpressionist painters.
Chevreul also realized that the "halo" that one sees after looking at a color is the opposing color (also known as complementary color). For example: After looking at a red object, one may see a cyan echo/halo of the original object. This complementary color (as an example, cyan for red) is due to retinal persistence. Neoimpressionist painters interested in the interplay of colors made extensive use of complementary colors in their paintings. In his works, Chevreul advised artists to think and paint not just the color of the central object, but to add colors and make appropriate adjustments to achieve a harmony among colors. It seems that the harmony Chevreul wrote about is what Seurat came to call "emotion".
It is not clear whether Seurat read all of Chevreul's book on color contrast, published in 1859, but he did copy out several paragraphs from the chapter on painting, and he had read Charles Blanc's Grammaire des arts du dessin (1867), which cites Chevreul's work. Blanc's book was directed at artists and art connoisseurs. Because of color's emotional significance to him, he made explicit recommendations that were close to the theories later adopted by the Neoimpressionists. He said that color should not be based on the "judgment of taste", but rather it should be close to what we experience in reality. Blanc did not want artists to use equal intensities of color, but to consciously plan and understand the role of each hue in creating a whole.
While Chevreul based his theories on Newton's thoughts on the mixing of light, Ogden Rood based his writings on the work of Helmholtz. He analyzed the effects of mixing and juxtaposing material pigments. Rood valued as primary colors red, green, and blue-violet. Like Chevreul, he said that if two colors are placed next to each other, from a distance they look like a third distinctive color. He also pointed out that the juxtaposition of primary hues next to each other would create a far more intense and pleasing color, when perceived by the eye and mind, than the corresponding color made simply by mixing paint. Rood advised artists to be aware of the difference between additive and subtractive qualities of color, since material pigments and optical pigments (light) do not mix in the same way:
  • Material pigments: Red + Yellow + Blue = Black
  • Optical / Light : Red + Green + Blue = White
Seurat was also influenced by Sutter's Phenomena of Vision (1880), in which he wrote that "the laws of harmony can be learned as one learns the laws of harmony and music". He heard lectures in the 1880s by the mathematician Charles Henry at the Sorbonne, who discussed the emotional properties and symbolic meaning of lines and color. There remains controversy over the extent to which Henry's ideas were adopted by Seurat.

The language of color

Seurat took to heart the color theorists' notion of a scientific approach to painting. He believed that a painter could use color to create harmony and emotion in art in the same way that a musician uses counterpoint and variation to create harmony in music. He theorized that the scientific application of color was like any other natural law, and he was driven to prove this conjecture. He thought that the knowledge of perception and optical laws could be used to create a new language of art based on its own set of heuristics and he set out to show this language using lines, color intensity and color schema. Seurat called this language Chromoluminarism.
In a letter to the writer Maurice Beaubourg in 1890 he wrote: "Art is Harmony. Harmony is the analogy of the contrary and of similar elements of tone, of colour and of line. In tone, lighter against darker. In colour, the complementary, red-green, orange-blue, yellow-violet. In line, those that form a right-angle. The frame is in a harmony that opposes those of the tones, colours and lines of the picture, these aspects are considered according to their dominance and under the influence of light, in gay, calm or sad combinations".
Seurat's theories can be summarized as follows: The emotion of gaiety can be achieved by the domination of luminous hues, by the predominance of warm colors, and by the use of lines directed upward. Calm is achieved through an equivalence/balance of the use of the light and the dark, by the balance of warm and cold colors, and by lines that are horizontal. Sadness is achieved by using dark and cold colors and by lines pointing downward.

Influence

Where the dialectic nature of Paul Cézanne's work had been greatly influential during the highly expressionistic phase of proto-Cubism, between 1908 and 1910, the work of Seurat, with its flatter, more linear structures, would capture the attention of the Cubists from 1911. Seurat in his few years of activity, was able, with his observations on irradiation and the effects of contrast, to create afresh without any guiding tradition, to complete an esthetic system with a new technical method perfectly adapted to its expression.
"With the advent of monochromatic Cubism in 1910–1911," writes art historian Robert Herbert, "questions of form displaced color in the artists' attention, and for these Seurat was more relevant. Thanks to several exhibitions, his paintings and drawings were easily seen in Paris, and reproductions of his major compositions circulated widely among the Cubists. The Chahut [Rijksmuseum Kröller-Müller, Otterlo] was called by André Salmon 'one of the great icons of the new devotion', and both it and the Cirque (Circus), Musée d'Orsay, Paris, according to Guillaume Apollinaire, 'almost belong to Synthetic Cubism'."
The concept was well established among the French artists that painting could be expressed mathematically, in terms of both color and form; and this mathematical expression resulted in an independent and compelling "objective truth", perhaps more so than the objective truth of the object represented.
Indeed, the Neo-Impressionists had succeeded in establishing an objective scientific basis in the domain of color (Seurat addresses both problems in Circus and Dancers). Soon, the Cubists were to do so in both the domain of form and dynamics; Orphism would do so with color too.

 Testa di ragazza (1879)
Georges Seurat
Testa di ragazza, o/t, 28,8x24,1 cm, Dumbarton Gallery, Washington


Fiori in un vaso (1880)


Georges Seurat: Anarchist?

Georges Seurat was a great artist at 25, when he launched his arresting studies for his monumental painting A Sunday on the Island of La Grande Jatte. Six years later, in 1891, he died of diphtheria.

A deeply private man whose friends were surprised to find, at his death, that he had a mistress and two sons, Seurat relied on others to speak for him. The explosive impact of La Grande Jatte, the signature painting of the Art Institute of Chicago, was recognised at once when it was first exhibited in 1886, thanks largely to the sympathetic eye of a brilliant art critic, anarchist, and bomb-making terrorist named Félix Fénéon. The coincidence of a Museum of Modern Art exhibition of Seurat's drawings—"the most beautiful painter's drawings in existence," his close friend Paul Signac called them—and the publication of Luc Sante's vivid translation of Fénéon's fragmentary Novels in Three Lines invites a fresh look at the painter and his spokesman. Rarely do avant-garde art and radical politics cross-pollinate in quite this way.
One of the enduring myths concerning Seurat is that he was a scientist in his use of colored dots.

No one did more to advance this view than Fénéon, a clerk at the War Office who moonlighted (in art historian T. J. Clark's words) as "the best art critic after Baudelaire." Fénéon greeted La Grande Jatte as a "scientific" advance over the merely slap-dash and "improvised" successes of Impressionism, and praised Seurat's cool, impersonal application of paint. "No brag in his brush," he wrote in his own telegraphic prose: "Whether it be on an ostrich plume, a bunch of straw, a wave, or a rock, the handling of the brush remains the same."

Fénéon, who interviewed Seurat at length, borrowed the prestige of modern science in his description of the young artist's methods, which he dubbed "Neo-Impressionism." Ignoring similar effects of juxtaposed color in Delacroix, for example, he claimed that Seurat had drawn on modern color theory to create something altogether new.

Seurat's intermingled dots of green and orange, while "isolated on the canvas, recombine on the retina," according to Fénéon, and "express the scarcely felt action of the sun" on grass. Signac spelled out a shared allegiance to color theory in this psychedelic portrait of Fénéon as top-hatted impresario, offering a make-love-not-war lily to the future.

For Fénéon, scientific rationality underpinned a utopian vision of a perfectly ordered society built on workers' rights, to be achieved, if necessary, by violent means. The subject matter of Seurat's paintings appealed to him as much as the calculated dots of color.

Satire was directed at the "rigid" bourgeois in their Sunday best in La Grande Jatte. In a contrasting painting once owned by Fénéon and now in the National Gallery in London, Seurat portrayed relaxed young workers lounging and bathing across the Seine in the industrial suburb of Asnières. Was Seurat a political radical like his friends Signac, Camille Pissarro ("the anarchist Jew Pissarro," as the anti-Semitic Renoir called him), and Fénéon? Fénéon certainly thought so.

While Seurat kept his opinions to himself, Fénéon noted that "his literary and artistic friends and those who supported his work in the press belonged to anarchist circles; and if Seurat's opinions had differed radically from theirs … the fact would have been noticed."
Maybe so, but there was nothing revolutionary in Seurat's training as an artist.

Born into a comfortable middle-class family, he studied art and color theory at a municipal school in Paris before entering the conservative Ecole des Beaux-Arts in 1878. After leaving the Ecole in 1879 for a year of military service in Brest, Seurat returned to Paris with notebooks—four of which are on view at MoMA—filled with sketches drawn from life. His early drawings look back a generation to Millet in paying tribute to the simple dignity of peasant labor, of which Seurat knew nothing. The real work of a carelessly drawn picture like Harvester, with its safe nostalgia, lies in the way he fills the sheet with the balanced form of the farmer pitched above the hastily scrawled field.
Nothing in the Millet-inspired sowers and reapers prepares us for Seurat's beguiling portrait of his studio mate Aman-Jean, with his spiky hair and air of Bohemian intensity. Long recognised as one of the great 19th-century portraits, the drawing is also a velvety tribute to art-making itself. A partially effaced spider web of brushes spans the crook of Aman-Jean's arm, and his tilted, white-knuckled hand has an abstract elegance as it adds a touch to the canvas on the easel. Such drawings make clear that experimentation with color was only a part of Seurat's remarkable achievement, and that his true radicalism lay in his art. Working only with a black conté crayon and sheets of coarse-grained artist's paper, he was already making astonishing drawings in his early 20s.

Influenced by the Symbolist poets and painters he met through Fénéon, Seurat gave a darker, dreamier turn to the favorite subjects of the older Impressionist generation. Instead of the dappled bridges of Monet, we get this jagged rendition of a drawbridge at dusk. The upraised forms of the divided bridge could be two sinister hands playing cat's cradle, with a snarl of string in between. Little in this stunning drawing marks it as dating from the 1880's—it could easily be mistaken for some early sketch of De Kooning or Diebenkorn—except perhaps its brooding intimation of industrial alienation. In contrast to the idyllic harvester, this scene is eerily deserted. And yet there's a restless energy in the violently applied crayon and the swirling sky, and a lingering mystery in the stark composition.
Urban entertainments in nightclubs and cafes were long familiar, in the work of Degas and Manet, when Seurat began his own tenebrous and melancholy riffs on the subject. This drawing depicts the kind of traveling street show, with pony, clowns, and lady equestrienne, that toured the working-class suburbs and shantytowns on the outskirts of Paris. Seurat found in such spectacles a fusion of urban grit and symbolist dream. The spectators in the lower half of the drawing have morphed into a frieze or barricade of crosshatching. There seems something confrontational in the impersonal audience and the joyless performers in their creepy, Halloween-like costumes.
During the last years of his life, Seurat's drawings veered toward abstraction—as in these serpentine chair backs and space-alien coiffeurs—and photographic dissolve. Meanwhile, the social tensions implicit in his drawings intensified, in the streets of Paris, amid a wave of violent strikes and bombings. In 1894, Félix Fénéon was arrested by the Parisian police for possession of bomb-making materials, including 11 detonators, and he translated Jane Austen's Northanger Abbey in his jail cell while awaiting trial. (He also remains the prime suspect in the unsolved bombing of the Foyot restaurant that spring.) Cleared of all charges—the jury fell for his charm and his absurd claim that his father had found the explosives in the street—he was fired from the War Office and worked for newspapers instead. For much of 1906, Fénéon filled the columns of Le Matin with brilliant miniature news stories like this: "On the bowling lawn a stroke leveled M. André, 75, of Levallois. While his ball was still rolling he was no more." These fragmented "novels in three lines," according to Luc Sante, enlisted "the detachment and objectivity of science" and "partook of the same essence as the pointillists' adamantine dots." At the time of the trial, Symbolist poet Stéphane Mallarmé told the press that Fénéon's real detonators were his words.
ould one say of Seurat that his real detonators were his drawings? If Fénéon was a pointillist in his "novels in three lines," Seurat was a revolutionary in his drawings and paintings. Contributors to the MoMA catalog credit Seurat with, among other achievements, inspiring Van Gogh's broken brush strokes; showing the way toward abstract art; anticipating many of the effects of photography; and predicting the pixels of computers. But always with Seurat, as in the barbed-wire enclosure for this mysteriously veiled cat-woman, there is something that eludes us. As British abstract artist Bridget Riley remarks in a fine tribute in the MoMA catalog, Seurat adopted rational and scientific methods like a "protective shield" and presented us instead with "the mysterious." "Even today I feel a thrill," Riley writes, "when I read Félix Fénéon's first essay on Seurat, which ends: 'Let the hand be numb, but let the eye be agile, perspicacious, cunning.' " Christopher Benfey for Slate

Bewachsener Hang (1881)

...a suivre!

 

 

Nessun commento:

Posta un commento