Visualizzazioni totali

venerdì 9 giugno 2023

ANARCHICI & ANARCHIA 4

 

ANARCHICI & ANARCHIA 4 

Nasce a Balsorano (AQ) il 20 febbraio 1895, da Ferdinando e Filomena Cianfarani. Nel 1913, a 18 anni, si arruola volontario nell’esercito, presta servizio in Libia dove diventa sottufficiale, partecipa alla Guerra del ’15-’18 e si congeda all’inizio del 1920 col grado di ufficiale. Nel maggio 1920 espatria in Francia. È già vicino al movimento anarchico (passa da Corticella a salutare L. Fabbri). In Francia è subito attivo nel movimento iniziando a scrivere su giornali anarchici. Usa spesso, per tutto il periodo francese e belga, lo pseudonimo di “Luigi Viola”. Il suo primo articolo è su «Il Libertario» di La Spezia nel dicembre 1920; collabora poi a «Il Risveglio» di Ginevra, «Fede!», al numero unico «L’Agitazione a favore di Castagna e Bonomini», «La Tempra», «Le Libertaire». Dal 1920 al 1927 è impegnato nel movimento a favore di Sacco e Vanzetti. Il 5 e 6 settembre 1925 partecipa a Parigi ad un convegno di profughi dell’USI. È tra i più attivi sostenitori della ricostruzione dell’uai in Francia e nel 1927 partecipa alle discussioni sulla “Piattaforma Arschinov”, unico italiano favorevole al progetto dei profughi libertari russi – animatore della 1a Sezione Italiana della Federazione internazionale comunista anarchica –, in contrapposizione con il Gruppo di “Pensiero e Volontà” rappresentato da Berneri, Fabbri e Fedeli. Nel 1927 viene espulso, come molti altri anarchici, dalla Francia e vi rientra più volte clandestinamente. Nel 1928 e 1929 collabora al periodico «Germinal» di Chicago e a Bruxelles fonda e dirige il giornale «Bandiera Nera» (apr. 1929-mag. 1931). Ai primi di agosto del 1936, poco dopo l’inizio degli scontri con i militari golpisti, è in Spagna. Prende immediatamente contatto con Durruti (conosciuto a Parigi insieme ad Ascaso) sul fronte di Saragozza, poi torna a Barcellona e apprende da Santillan della costituzione, all’interno della Colonna “Ascaso” CNT-FAIb, della sezione italiana di Angeloni, Berneri e Rosselli. Alla caserma Predalbes (poi Bakunin) addestra i volontari e dopo meno di quindici giorni la Colonna italiana parte per il fronte di Huesca. Il 28 agosto avviene il primo scontro con il nemico nella battaglia di Monte Pelato, nella quale resta ucciso Angeloni. Le qualità militari di B. sono subito evidenti e riconosciute. Nel corso della battaglia assume il comando della sezioni fucilieri. Alla metà di settembre è vicecomandante della Colonna. Il fronte si attesta attorno a Huesca con continue scaramucce, ma senza variazioni di rilievo. Alla fine di novembre la battaglia di Almudévar, che nonostante il valore dei singoli militanti della Colonna, si risolve in “una vittoria mancata”, acuisce i contrasti nati tra la componente anarchica maggioritaria e quella di GL. Il 6 dicembre Rosselli rassegna le dimissioni e il comando passa a B. Nel corso dei mesi seguenti B. viene più volte citato dai bollettini repubblicani per il suo valore. All’inizio di aprile del 1937 gli viene offerto il comando effettivo del 19° rgt della 126a brg, dalla quale dovrebbe dipendere anche il battaglione italiano (ex Colonna italiana) al comando del quale è stato nominato Antonio Cieri. I due reparti avrebbero fatto parte della 28a divisione (ex Colonna “Ascaso”). Tanto lui che Cieri declinano i rispettivi incarichi non accettando la militarizzazione delle formazioni combattenti imposta dal governo repubblicano. Cieri viene ucciso il 7 aprile in circostanze sospette mentre B. è a Barcellona nei giorni di maggio. A proposito dell’assassinio di Camillo Berneri da parte degli agenti stalinisti riferisce: “La sera della prima giornata (3 maggio) vidi Berneri al Comitato Regionale della CNT e lo invitai a rimanere presso di me. Siccome Ludovici che dormiva con lui mi assicurò che si era sicuri, io non insistetti e feci male”. B. lascia la Spagna nel mese di giugno e raggiunge Parigi. Nel settembre 1937 viene arrestato a Perpignano insieme a Luigi Evangelista, mentre cerca di attraversare la frontiera con un camion di indumenti e viveri per la Spagna. Agli inizi del 1938 si stabilisce nuovamente a Bruxelles. Negli anni dal 1937 al 1940 collabora a «Le Libertaire», ma soprattutto a «Il Risveglio» sul quale compaiono suoi articoli in ogni numero. Il 10 maggio 1940 viene arrestato dalla polizia belga per essere inviato in Francia. Nei pressi della stazione ferroviaria di Ath (Hainaut, Belgio) il treno sul quale viaggia viene bombardato da aerei tedeschi e B. viene colpito da una scheggia alla spalla destra. Ricoverato all’ospedale di Ath vi rimane dieci giorni. Dimesso dall’ospedale raggiunge la sua abitazione a Bruxelles facendosi curare ambulatorialmente all’ospedale di Ixelles. Il 25 novembre 1940 viene arrestato dalla polizia tedesca e inviato in Italia per essere consegnato alla polizia italiana che lo arresta il 16 dicembre 1940 nell’ufficio di PS di Confine del Brennero. Il 28 gennaio 1941 viene condannato dal Tribunale dell’Aquila a tre anni di confino perché “combattente antifranchista in Spagna”. Giunge a Ventotene l’8 febbraio 1941. Dopo il 25 luglio del 1943 segue la sorte degli anarchici confinati a Ventotene, non liberati dal governo di Badoglio e spediti al campo di concentramento di Renicci d’Anghiari (Ar) alla fine di agosto da dove successivamente riescono a fuggire. B. torna a Balsorano ed entra in contatto con alcuni ufficiali inglesi e passa più volte il fronte dopo Cassino per sollecitare la ripresa dell’avanzata alleata. Dopo la liberazione, diventa sindaco di Balsorano per qualche tempo. Fino alla morte continua la collaborazione con la stampa anarchica («Umanità nova», «L’Adunata dei Refrattari»). Negli anni ’70 collabora con le edizioni “Antistato” di Cesena impegnandosi a far stampare diversi libri presso una tipografia di Sora e pubblicando anche un suo libro. Muore nell’ospedale di Avezzano il 16 marzo 1978. (F. Palombo)


Paterno: Largo Franco Caiola

 Marica Massaro - Opera propria

Franco Caiola (Paterno, 26 maggio 1888 – Paterno, 19 aprile 1965) è stato un antifascista e anarchico italiano. 

Biografia

Negli Stati Uniti

Nato nel 1888 a Paterno (all'epoca frazione di Celano), nel 1908 lascia l'Italia per gli USA. È sottoscrittore di stampa anarchica, corrispondente di «Cronaca Sovversiva» - diretto da Luigi Galleani prima, Umberto Postiglione poi - sulle cui pagine, nel pieno del clima bellicista e guerrafondaio europeo, porta avanti una serie di interventi sull'antimilitarismo.

Il rimpatrio

Rimpatria nel 1915, anno del terremoto della Marsica. Riceve, diffonde e scrive per «Il Libertario» di La Spezia. È attivo nella propaganda pacifista e nelle mobilitazioni contro l'intervento dell'Italia nel primo conflitto mondiale.

Dopo il disastroso terremoto del 13 gennaio 1915 è impegnato nel prestare soccorso alla popolazione. Scrive anche articoli e resoconti sulla cattiva gestione della ricostruzione sulle pagine de «Il Libertario» e de «L’Avvenire Anarchico» di Pisa.

Paterno, 27-2-1917 - «Con piacere ho appreso le notizie del buon compagno Ippoliti. Al mio ritorno d'oltre Oceano, pochi giorni dopo avvenuto il disastro tellurico, lo cercai appunto per vedere se potevamo fare qualche cosa per la propaganda sovversiva, o almeno antireligiosa, ma non mi fu possibile saper nulla. Però le sue affermazioni non distruggono la verità di ciò che io ho scritto riguardo alla mancanza di un movimento sociale. È necessario quindi crearlo e fare il possibile fin d'ora perché queste plaghe non rimangano alla mercé dei soliti politicanti e di coloro che speculano sulle fatiche e sull'ignoranza dei lavoratori. Nella Marsica vi sono operai di tutte le regioni d'Italia e non sarebbe male additare tutte le sconcezze che qui si commettono. Non bisogna scoraggiarsi caro Ippoliti. Se la biblioteca è andata distrutta dalle cieche forze della natura, altri libri vi sono nelle biblioteche. Se le vigili sentinelle sono cadute, altre ne sorgeranno. Basta scuotere l'inerzia, lavorare, intendersi per l'opera comune. Ed io son qui pronto a fare ciò che sta nelle mie forze. Da questo piccolo paese ben 15 o 16 sono del 98 partenti. Il prete, che domina tutto qui, ha detto la messa per loro, li ha confessati ed ha fatto a tutti il solito regalo di medaglie [nere?]. I giovani tutti gioiosi suonavano e cantavano contro gl'imboscati gridando viva il re e morte all'imperatore. Io li guardo e rifletto mestamente. Vedo qualcuno che sotto la maschera dell'allegria nasconde una certa preoccupazione e ne indovino il motivo. Il mio augurio è perché tornino e fatti coscienti da la dura esperienza, vengano con noi a combattere per la vera giustizia, pel benessere di tutti, per la libertà» (Caiola).

Il biennio rosso

A nome degli anarchici marsicani invia adesione al congresso di Firenze (12-14 aprile 1919) nel corso del quale si costituisce l'Unione comunista-anarchica italiana (UCAI, poi UAI).

È corrispondente di «Umanità Nova», sulle cui colonne riferisce dettagliatamente sugli eccidi proletari di Ovindoli e Celano. Attivo nell'elaborazione delle strategie d'azione per la formazione dei gruppi del Fronte unico rivoluzionario (FUR) così come nella partecipazione diretta alle lotte in corso su questioni concomitanti sul piano nazionale e locale quali il caroviveri, il pacifismo e l'antimilitarismo, l'emancipazione politica ed economica del proletariato, le libertà e i diritti sindacali.

È tra i principali promotori del percorso organizzativo preparatorio al convegno anarchico regionale di Sulmona del 20 maggio 1920 e quindi della costituzione della Federazione comunista-anarchica abruzzese (FCAA, poi FAA).

Con Evangelista Di Benedetto è promotore dell'assemblea anarchica del 20 giugno 1920 nei locali della Camera del Lavoro di Avezzano, nel corso della quale si delibera la costituzione del locale gruppo Umanità Nova e la sua adesione alla FCAA e all'UCAI.

È tra i dirigenti della Camera del Lavoro di Avezzano. Nel mese di agosto 1920 è in prima linea nel coordinare le occupazioni delle terre del Fucino. Il giornalista è tra i fautori dell'associazionismo contadino e tra i primi a raccontare le lotte contadine e gli eccidi di Ovindoli e Celano. Sulle pagine di «Umanità Nova» riferisce di una «fiumana sterminata di popolo» che dilaga nei campi per prendere possesso «delle terre del principe di Torlonia e di altri signorotti locali nell'unico intento di renderle produttive».

Nel corso dell'anno nei centri marsicani la febbre rimane alta. Nel mese di settembre, con l'occupazione di campi e officine in corso in mezza Italia, Caiola è attivissimo nel coordinare i braccianti. Scrive: «l'invasione dei terreni nella plaga fucense si ripercuote giorno per giorno nei vari paesi della Marsica ed episodi importanti avvengono ovunque»; all'arrivo dei carabinieri - «i quali si dettero alle solite bestiali provocazioni contro delle donne e contro alcuni compagni» - il suono di una campana chiama a raccolta uomini e donne provenienti da ogni angolo del circondario, che costringono con la forza i militari alla ritirata e al rilascio degli arrestati.

In occasione delle amministrative del 25 settembre, nei mandamenti di Pescina e San Benedetto dei Marsi, «frazione dove contiamo ottimi compagni», nessuno si presenta alle urne; ad Avezzano, i ferrovieri minacciano la paralisi del traffico; a Paterno, infine, «lotta senza tregua» tra coloni e grandi proprietari di vigneti: «un nostro compagno spiega attivissima propaganda in mezzo a questi coloni, affinché nella prossima rivoluzione anche la Marsica sappia combattere per la conquista dei comuni diritti» (Caiola).

Nel 1921 Caiola costituisce a Paterno il circolo Studi Sociali aderente alla FAA, allo scopo di intensificare la propaganda tra i lavoratori della terra.

Sul finire dell'anno Caiola è a Raiano per sostenere le iniziative della prima Casa del Popolo abruzzese, voluta e realizzata da Umberto Postiglione.

Per Sacco e Vanzetti

Nel mese di ottobre il Circolo Studi Sociali fa stampare e affiggere un manifesto murale per la libertà di Sacco e Vanzetti, «che mette in luce l'ingiusta condanna che colpì i nostri due compagni e invita il proletariato a insorgere». Aderiscono all'iniziativa anche i gruppi anarchici di Avezzano e di San Benedetto dei Marsi, la sezione socialista e la Camera del Lavoro. Il 15 gennaio 1922 è tra gli oratori del comizio organizzato negli spazi della Camera del Lavoro di Avezzano contro la condanna a morte di Ferdinando Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti.

Nuovo espatrio

Riesce a lasciare l'Italia per gli USA dove si reca a Washington. Vigilato dalla PS fino al 1939.

Dopoguerra

Rimpatria nel dopoguerra. Milita nel movimento comunista-libertario. Negli avanzati anni '50, viene colpito da un ictus, che lo costringerà a letto, e privo di parola, nell'ultimo decennio della sua esistenza. Lo scrittore Mario Pomilio, suo genero (avendo sposato Dora, una delle sue figlie), progetterà fin dal 1958-1959 un racconto lungo ispirato alla sua figura; il progetto, il cui titolo provvisorio era L'anarchico, per anni tenterà lo scrittore anche in prospettiva di romanzo (da far seguire a La compromissione, 1965, romanzo cruciale di quel periodo della narrativa italiana). Del testo rimangono diverse pagine, al momento inedite, custodite nell'archivio pomiliano, presso il Fondo manoscritti dell'Università degli Studi di Pavia.

Morte e riconoscimenti

Muore nella casa natale a Paterno il 19 aprile 1965.

Il primo maggio 2016, il comune di Avezzano dedica a Paterno un largo dotato di stele con targa ricordo a Franco Caiola.


Pietro Calcagno (Fontanetto Po, 25 novembre 1858 – Roma, 7 maggio 1906) è stato un attivista, anarchico e pubblicista italiano.

Biografia

Di umili origini inizia a lavorare molto giovane come garzone di un panettiere. A Torino nel 1881 partecipa allo sciopero dei fornai subendo il primo arresto. In contatto con Andrea Costa aderisce inizialmente al Socialismo. A causa del boicottaggio subito dai proprietari dei forni è costretto a trasferirsi a Roma dove aderisce all'Anarchismo e diventa uno dei più influenti agitatori operai della capitale. Nel 1889 è tra i principali organizzatori delle manifestazioni operaie e si mette in luce come "oratore affascinante e persuasivo" nei comizi, tanto da guadagnarsi un arresto e la condanna a venti mesi di reclusione. Nel 1891, dopo il congresso di Capolago dirige l'agitazione dei disoccupati romani, molto numerosi a seguito della crisi edilizia, e imprime al movimento un'impronta radicale in aperta polemica coi socialisti.

Tra i protagonisti dell'organizzazione della manifestazione del Primo Maggio del 1891, viene arrestato dopo gli scontri avvenuti in piazza Santa Croce di Gerusalemme nel corso del comizio di Amilcare Cipriani. Viene condannato a un anno e mezzo di carcere a cui segue l'invio al domicilio coatto dove contrae la tbc. Negli anni successivi alterna arresti e l'invio al domicilio coatto a Varallo Sesia. Da qui, nel maggio 1899 riesce a fuggire in Francia e poi negli Stati Uniti d'America. Calcagno ha successivamente ricostruito il periodo di confino a Varallo nel libro Verso l'esilio (1905).

A Tampa gli viene affidata la direzione della sezione italiana del periodico La Voce dello schiavo/La Voz del esclavo. Nonostante l'aggravarsi della malattia dispiega "un'attività straordinaria, scrivendo e facendo conferenze", che prosegue poi a Barre (Vermont).

Alla fine del 1901 rientra in Italia, confidando nell'amnistia. Viene invece arrestato e inviato a Ventotene per terminare il periodo di domicilio coatto non ancora scontato. Sul suo caso si sviluppa un'intensa campagna di stampa condotta da giornali anarchici, socialisti e repubblicani e vengono presentate diverse interpellanze parlamentari. I repubblicani lo candidano alla Camera dei deputati in due collegi milanesi, sollevando "la più grave censura" degli anarchici, ma non viene eletto. Ne seguono dure polemiche tra repubblicani e socialisti che in uno dei due collegi avevano contrapposto a Calcagno Filippo Turati.

Dopo la ripresa della campagna per la scarcerazione in cui intervengono, tra gli altri Enrico Leone e Leonida Bissolati, Calcagno, ormai in gravi condizioni di salute, viene finalmente scarcerato. Nonostante la malattia continua a tenere conferenze pubbliche. Si spegne infine il 7 maggio 1906 al sanatorio Umberto I di Roma.

 
                 

Gaspare Cannone després de dos dies d'interrogatoris (31 de març de 1920)
   Gaspare Cannone (Alcamo, 19 aprile 1893 – Alcamo, 17 dicembre 1963) è stato un critico letterario, giornalista e anarchico italiano.  

Biografia

Cannone, dopo i primi studi nella sua città, abbandonò il ginnasio istruendosi privatamente, grazie alle rendite dei terreni che appartenevano a sua madre. Dopo avere aderito agli ideali socialisti, a 20 anni partì per gli Stati Uniti d'America, dove rimase per 7 anni; qui divenne simpatizzante degli anarchici  e scrisse sui giornali del movimento, come La Questione Sociale di New York, tenendosi allo stesso tempo in contatto con Paolo Schicchi e Errico Malatesta, due anarchici residenti in Italia. Cannone scrisse anche due drammi: nel 1919 Patos (a sfondo sociale) e nel 1920 un altro a sfondo psicologico, intitolato Metamorfosi.

Durante il periodo della prima guerra mondiale lavorò in una fabbrica d'armi di New York e, grazie a questo servizio, ottenne ugualmente il congedo militare.  A causa delle sue idee, Cannone, seguace di Luigi Galleani, fu arrestato nel marzo 1920, presumibilmente per l'espulsione dagli Stati Uniti, ma in realtà perché sospettato di essere coinvolto in due congiure nel giugno 1920.

A seguito di una soffiata di Eugenio Ravarini (il quale dichiarò che Cannone era un conoscente di Andrea Salsedo e Roberto Elia), l'arresto venne effettuato, senza capi d'accusa o mandato, da parte degli agenti del Dipartimento Di Giustizia di New York: preso nella sua casa di Brooklyn, venne portato nell’ufficio del BOI (Bureau of Investigation) di Park Row. Gaspare Cannone, con una conoscenza limitata della lingua inglese, picchiato e preso a calci, si rifiutò di testimoniare contro altre persone.

Dopo averlo tenuto segretamente in prigione per 72 ore, gli agenti lo condussero ad Ellis Island e lo consegnarono ai funzionari dell'Ufficio Immigrazione. A seguito dell'interrogatorio da parte di un funzionario, si rifiutò di firmare una dichiarazione attestante che era un anarchico, ma qualcuno falsificò ugualmente la sua firma sulla stessa.

Subì quindi un processo da cui uscì indenne, ma ebbe l'obbligo di rientrare in Italia; dopo il suo ritorno ad Alcamo, diventò poeta, commediografo e critico letterario; scrisse anche saggi critici su Benedetto Croce e Giosuè Carducci; era in contatto con i maggiori letterati del suo tempo, fra cui Gabriele D'Annunzio.

Fu un giornalista antifascista, collaborò anche con il giornale anarchico Umanità Nova, e fu esponente del movimento anarchico siciliano. Dopo la seconda guerra mondiale, collaborò alla ricostruzione del movimento anarchico del trapanese: cercò di costituire un gruppo ad Alcamo, fece diversi comizi in provincia e partecipò alla fondazione della Federazione Anarchica Trapanese, avvenuta nel convegno di Trapani del 14 marzo 1946. Nel maggio 1950 fu di nuovo tra gli organizzatori del giro di propaganda fatto da Pier Carlo Masini in Sicilia; allontanatosi poi dal movimento e, colpito da paralisi nel 1961, morì due anni dopo, il 17 dicembre 1963.

Sulla sua tomba si trova questo epitaffio, composto dallo stesso Cannone:

Qui Gaspare Cannone visse e mai si disdisse:

la vita amò

forse sì, forse no.

Ma or che non è più,

non importa quel che fu.

Grazie al figlio Fausto, docente di educazione musicale e cantautore che ha donato al Comune di Alcamo 200 strumenti etnomusicali raccolti in diversi continenti, nel 2014 è stato istituito il Museo degli strumenti musicali multietnici "Fausto Cannone".

Cannone e il fascismo

Nonostante i problemi avuti con la giustizia americana, dopo il suo ritorno ad Alcamo nel 1920, Cannone mantenne i contatti con gli anarchici residenti sia negli Stati Uniti che in Italia: ma queste amicizie gli procurarono ulteriori guai, tanto da essere considerato pericoloso per il regime. Iniziò a collaborare ai numeri unici schicchiani con vari pseudonimi; su Il Contadino del 27 marzo 1921, fece un intervento nella campagna per la scarcerazione di Errico Malatesta.

Come giornalista collaborò all'Avanti! con Benito Mussolini quando il duce era ancora un socialista rivoluzionario, mentre Cannone era anarchico e in seguito divenne antifascista. Dopo l’ascesa del fascismo, verso il quale fu un oppositore, divenne redattore e corrispondente di un giornale di cultura varia, Follìa, in pubblicazione a New York,. Presso di lui si rifugiavano diversi anarchici, perseguitati dalla polizia, come Gaetano Marino, Giuseppe Panepinto e Salvatore Taormina: con quest'ultimo, e un gruppo di antifascisti alcamesi, partecipò nel 1929 al risveglio dell’antifascismo nel trapanese e fu iscritto nel registro dei sovversivi da arrestare in determinate circostanze, come avvenne negli anni successivi.

A causa di problemi finanziari, nel 1936 cercò di espatriare clandestinamente con la famiglia, chiedendo aiuto a Giulio Barresi a Tunisi e Salvatore Renda a Trapani, ma fu denunciato da quest’ultimo, fiduciario con riserva dell’OVRA (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell'Antifascismo).

Opere

  • Prefazione del libro di Nino Napolitano intitolato Il Pagliaccio d'Italia, critica a Gabriele D'Annunzio, sostenitore del duce.
  • Pathos, dramma sociale (prologo+2 atti) in scena allo Schwaben Hall di Brooklyn il 20 ottobre 1919; interpretato da Gaspare Marrone e da Tina Aguglia.
  • Matamorfosi. dramma psicologico in 2 atti, interpretato da Giorgio Scaturro e Giannina Geduzzi Gatti il 2 maggio 1920
  • Saggi critici su Benedetto Croce e Giosuè Carducci


 
La notizia dell'espulsione di Gaspare Cannone apparve sul quotidiano newyorkese The Sun e The New York Herald il 16 aprile 1920
 
La notizia dell'espulsione di Gaspare Cannone apparve sul quotidiano New York Tribune del 16 aprile 1920
 

             
Il giovane Gaspare Cannone
 

 

Monumento funebre di Cannone

 Pugliesig - Opera propria

Monumento funebre di Gaspare Cannone e del figlio Enrico

Antonio Carra (Parma, 1824 – Buenos Aires, 15 agosto 1895) è stato un artigiano e anarchico italiano, esecutore dell’assassinio di Carlo III di Parma avvenuto nel 1854.

Biografia

Antonio Carra, sellaio e tappezziere di professione, di idee anarchiche ma legato ad ambienti mazziniani, la sera del 26 marzo del 1854, mascherato da un tabarro, assassinava con un colpo di pugnale sulla piazza antistante il palazzo ducale Carlo III di Parma.

Riuscito a sfuggire ad un breve inseguimento da parte di un soldato e a rifugiarsi tra amici, Carra fu arrestato tra i sospetti e rinchiuso nelle carceri di San Francesco. Con abilità e fortuna riuscì a dimostrarsi innocente fornendo un alibi valido e dopo dieci giorni di prigione fu liberato.

Ben presto riparò a Genova, poi in Inghilterra, infine in Argentina a Buenos Aires nel 1855. Qui, prese il nome di Giuseppe Baratta esercitando il mestiere di "stipetaio" e chi lo conobbe lo definì "misantropo e scontroso". Carra rivendicò successivamente l'assassinio con una lettera al Governo di Parma.

Nel 1859 con lo scoppio della seconda guerra di indipendenza rientrò a Parma, ma fu consigliato da amici di ritornare in America, ove morì a Buenos Aires il 15 agosto del 1895.

Il suo gesto non fu mai capito e apprezzato dagli ambienti del Risorgimento italiano al contrario di quello messo in atto dal soldato calabrese Agesilao Milano che attentò nel 1856 alla vita del re delle Due Sicilie Ferdinando II e alla cui madre Giuseppe Garibaldi, dittatore meridionale, concesse un vitalizio mensile e una dote alle sorelle, subito revocati appena cessata la dittatura.

  

Antonio Carra fugge dopo aver pugnalato il duca Carlo III
(litografia da Cinque anni di reggenza di F. Mistrali, 1860)
 
Silvano Ceccherini (1968 circa)

«...Ci sono sassi su tutte le strade; su tutte le strade ci sono dolori..»

(Silvano Ceccherini, Sassi su tutte le strade, Rizzoli, 1968)
Silvano Ceccherini (Livorno, 24 marzo 1915 – Minusio, 21 dicembre 1974) è stato un anarchico e scrittore italiano, nonché soldato della Legione Straniera Francese.  

Biografia

Nato a Livorno nel 1915, Ceccherini, soprannominato il "Jean Genet italiano" per le esperienze di vita comuni a quelle dello scrittore francese, abbandonò gli studi alla quarta elementare e a sedici anni d'età si diede alla piccola delinquenza. Scaricatore di porto, anarchico, vagabondo, rapinatore e bandito della pineta del Tombolo, dal 1934 al 1939 prestò servizio per cinque anni nella Legione straniera francese. Arruolato a Sidi Bel Abbes, Ceccherini fu addestrato al 1º Reggimento straniero a Saida e dopo quattro mesi fu trasferito al 2° RE a Meknès in Marocco. Descrisse la sua avventura legionaria nel romanzo "Sassi su tutte le strade", edito nel 1968.

Nel 1940 durante il servizio nella Regia Marina, fu condannato a cinque anni di carcere militare per aver picchiato un ufficiale. Fuggito nel 1944, visse nell'immediato dopoguerra nella pineta del Tombolo, ai margini del campo militare dell'esercito americano, in una tenda con una prostituta, di traffici illeciti e rapine. Catturato dopo uno scontro a fuoco con la polizia, subì un'altra condanna a diciotto anni di reclusione che scontò nei penitenziari di Pisa, San Gimignano, Saluzzo e per la maggior parte nel carcere di massima sicurezza di Porto Azzurro.

Scarcerato, visse in Francia e in Svizzera per ritornare nel 1973, ormai malato, a Livorno, ove morì l'anno seguente, nel 1974. 

Ceccherini esordì nella letteratura italiana nel 1963 con il romanzo La traduzione, basato sulle proprie esperienze di carcerato, ed ebbe un discreto successo sia in Italia che all'estero.

Opere

  • Poesie della anarchia, 1963
  • La traduzione, Garzanti 1963. (Premio Prato)
  • La signorina della posta, Feltrinelli, 1964, SBN IT\ICCU\RAV\0059576. (Premio Nazionale Letterario Pisa 1965)
  • Dopo l'ira, Rizzoli 1965.
  • Un modo sbagliato di morire, Giardini ed., 1965.
  • Lo specchio nell'ascensore, Rizzoli 1967.
  • Droga, Panst ed., 1967.
  • Sassi su tutte le strade, Rizzoli, 1968.
  • L'avventuriero di Dio, Rizzoli, 1971.
  • Un giorno uguale e diverso, 1973.
  • Una favola, Belforte Editore Libraio, 1974, SBN IT\ICCU\LIA\0001984.
  • Il prezzo della saggezza, Bietti ed., 1974.

Note

  1. ^ In una succinta biografia di Silvano Ceccherini a cura della Rizzoli che accompagna lo scritto "Sassi su tutte le strade", edito nel 1968, si legge invece: "...Ha studiato alla Sorbona e alla Università Popolare di Berkeley. La sua vita è stata irregolare e avventurosa. Pilota da caccia durante l'ultima guerra. Ha attraversato il Sahara a piedi..."
  2. ^ https://iltirreno.gelocal.it/livorno/cronaca/2011/10/16/news/il-bandito-scrittore-1.2746368
  3. ^ https://firenze.repubblica.it/cronaca/2010/08/16/news/silvano_ceccherini_il_romanziere_galeotto-6313079/
  4. ^ Albo d'oro, su premionazionaleletterariopisa.onweb.it. URL consultato il 7 novembre 2019.

Bibliografia

  • Filippo Bologna, Silvano Ceccherini il romanziere galeotto, articolo del quotidiano La Repubblica del 16 agosto 2010.
  • Otello Chelli, Il bandito scrittore, articolo del quotidiano Il Tirreno, Edizione Livorno, del 16 ottobre 2011
  • Giorgio Pullini, Il romanzo italiano del dopoguerra (1940-1960), 1965.
  • Lidia Gambetti, Dietro la vetrina a botteghe oscure, 1989.
  • Aldo Santini, Tombolo, 1990, pag. 34.
  • Enzo Ronconi, Dizionario della letteratura italiana contemporanea, 1973.
 
Ceccherini nel 1963 al momento del suo successo letterario.
Fonte: Eco di Locarno, 31.12.1974
 
Sono parecchi i tentativi di suicidio dello sfortunato Ceccherini. Fonte: Corriere della Sera
 
eccherini nella foto segnaletica fatta dalla Polizia Cantonale al momento del decesso.
Fonte: Eco di Locarno, 28.12.1974
 






 
Celso Ceretti, aiutante di campo di Giuseppe Garibaldi in Francia, durante la guerra franco-prussiana del 1870 
Sconosciuto - Creato: prima del 12 gennaio 1909
Celso Ceretti (Mirandola, 23 gennaio 1844 – Ferrara, 12 gennaio 1909) è stato un patriota e anarchico italiano. Partecipò alla Seconda guerra di indipendenza, alla Spedizione dei Mille e ad altre imprese garibaldine. Fu tra i principali organizzatori della Prima internazionale in Italia. Partecipò alla lotta per l'indipendenza della Serbia dall'Impero ottomano. 

Biografia

Partecipò giovanissimo alla Seconda guerra di indipendenza italiana, alla Spedizione dei Mille e successivamente a tutte le imprese di Garibaldi: la Giornata dell'Aspromonte (1862), la Terza guerra di indipendenza (1866), la Battaglia di Mentana (1867). Al seguito di Garibaldi partecipò anche alla spedizione in Francia nel 1870-71 in difesa della Repubblica contro i prussiani e si segnalò per valore nella Battaglia di Digione. Proprio in Francia venne a contatto con elementi socialisti ed iniziò quindi una evoluzione politica verso il Socialismo.

Rientrato in Italia entrò in contatto con la Prima internazionale attraverso la sezione di Ginevra e conobbe Michail Bakunin di cui divenne un convinto sostenitore e con cui intrattenne un fitto carteggio, di rilevante interesse storico. Nell'ambito del conflitto tra Marx e Bakunin in seno all'Internazionale sostenne il secondo e si fece promotore della Conferenza di Rimini (4-6 agosto 1872) in cui venne fondata la Federazione italiana dell'Associazione internazionale dei lavoratori e decisa la rottura con Marx.

Mentre stava preparando il secondo congresso della Federazione italiana, che avrebbe dovuto tenersi a Mirandola, Ceretti fu arrestato con diversi compagni per cospirazione contro la sicurezza interna dello Stato mentre il congresso veniva vietato dalle autorità (si celebrò comunque in forma clandestina a Bologna). Contro gli arresti si pronunziò vigorosamente Garibaldi e Ceretti e compagni vennero successivamente prosciolti in istruttoria.

Dopo questi eventi Ceretti, che già era stato dubbioso sull'opportunità di una rottura con Marx, si allontanò progressivamente dall'Anarchismo per riprendere un ruolo di mediazione tra le diverse forze repubblicane e socialiste nella prospettiva di un comune moto antimonarchico. Nel 1873 accorse in Spagna con un numeroso gruppo di volontari per difendere la Prima Repubblica Spagnola, intervento però tardivo di fronte alla crisi che avrebbe portato dopo breve tempo alla restaurazione monarchica. Successivamente fu in Bosnia e in Serbia per partecipare alla rivolta contro i Turchi. In Serbia in particolare svolse un ruolo di rilievo come consigliere del comandante Mico Ljubibratić.

Rientrato nel 1876 in Italia si appartò progressivamente dalla vita politica e aderì alla Massoneria pur mantenendo sempre idealità a metà strada tra quelle repubblicano-democratiche e quelle socialiste libertarie. Nel 1888 fondò a Mirandola un giornale intitolato Il Sole dell'avvenire con un programma pacifista e umanitario ispirato alle idee di Amilcare Cipriani. A causa di questa iniziativa editoriale venne fatto segno ad un attentato, insieme a Camillo Prampolini, da parte di alcuni anarchici estremisti ostili a Cipriani. Ceretti, rimasto ferito, ricevette segni di stima e solidarietà da parte di democratici, repubblicani, socialisti ed anarchici e si rifiutò di costituirsi parte civile contro gli aggressori.

Onorificenze

immagine del nastrino non ancora presente Medaglia d'oro del governo serbo

«per le benemerenze acquistate nella campagna del 1875»
— 1905

Aurelio Chessa

Aurelio Chessa (Putifigari, Sassari, 30 ottobre 1913 - Rapallo, Genova, 26 ottobre 1996) è stato un anarchico e uno storico dell'anarchismo.

Biografia

Aurelio Chessa nasce il 30 ottobre 1913 a Putifigari (Sassari). Da giovane svolge la professione di fornaio in Egitto, quindi lavora come ferroviere. Interessatosi ben presto all'anarchia, dal 1945 inizia la ricerca e la raccolta di documentazioni relative al movimento anarchico che si vanno ad aggiungere al materiale ricevuto in dono da suo zio. Dopo la morte di Giovanna Caleffi, moglie di Camillo Berneri, la figlia Giuliana gli lascia in gestione l'archivio della famiglia Berneri. Nasce quindi a Genova, nel 1962, questa importante “struttura” che si prefigge l'obiettivo di divenire la memoria storica del movimento anarchico e che si sviluppa vieppiù al passar del tempo.

Intimo amico dell'anarchico-muratore Pio Turroni, deve con lui subire un processo per incitazione alla disobbedienza delle leggi e per "propaganda antielettorale" . A metà degli anni '60 inizia a dedicare gran parte del suo tempo alla divulgazione e alla ricerca di materiali anarchici; Aurelio Chessa, anche per cercare nuovo materiale, decide di spostare la sede dell'archivio in diverse città (Pistoia, Iglesias, Genova, Canosa di Puglia e Cecina), dove riesce sempre a raccogliere nuovi documenti e testimonianze utili. A Genova accudisce Giovanna Caleffi (moglie di Camillo Berneri), trasferitasi nel capoluogo ligure e poi ammalatasi gravemente. Quando questa muore, il 14 marzo 1962, lui le è amorevolmente accanto.

Negli anni '60 si oppone tenacemente alla deriva sindacale e organizzativa dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria di Pier Carlo Masini e, nello stesso periodo, segue con costanza «L'Internazionale» e i Gruppi di Iniziativa Anarchica, che egli stesso contribuisce a fondare, insieme tra gli altri a Pio Turroni, come scissione dalla Federazione Anarchica Italiana (dal 1965 fino all'inizi degli anni '70) accusata di eccessi organizzativi. A Genova è promotore dei Gruppi Anarchici Riuniti, nonché uno dei principali animatori della sede di Via degli Embriaci, ancora oggi esistente e che fa comunque ancora capo al movimento anarchico. Chessa riesce ad ampliare l'archivio grazie alla documentazione del “Fondo Centro Studi Sociali Pietro Gori”, sviluppando inoltre una intensa rete di rapporti e di pubblicazioni. Per un certo periodo collabora anche con le edizioni R.L., la Collana Vallera e «Volontà».

Quando a Rapallo (Genova), il 26 ottobre 1996, Aurelio Chessa muore, la curatrice di quello che ora è chiamato “Archivio Famiglia Berneri-Chessa” diviene sua figlia, Fiamma, e la sede è trasferita a Reggio Emilia.

Il “Berneri-Chessa” presenta anche molto materiale sul "fuoriuscitismo", l'antifascismo, la rivoluzione spagnola e la storia del movimento operaio in genere. 

Il marinaio Aurelio Chessa (ca. 1935)
 

Aurelio Chessa (1935).

Aurelio Chessa e la compagnia Mazzina Antonelli nel giorno del loro matrimonio (Genova, 28 settembre 1946)

Aurelio Chessa e la compagnia Mazzina Antonelli nel giorno del loro matrimonio (Genova, 28 settembre 1946)
 
 

Senigallia, 1-4 novembre 1957. Congresso nazionale della Federazione Anarchica Italiana. Aurelio Chessa (con la sciarpa), alla sua sinistra Umberto Marzocchi e Pio Turroni.
 
Aurelio Chessa, Mazzina Antonelli e sua figlia Fiamma (Genova, 1958)

Aurelio Chessa con alcuni compagni (Carrara, 1 maggio 1960)
 
Germinal García (Víctor García) e Aurelio Chessa (Pisa, sd)

Aurelio Chessa, con delle carte in mano, in una manifestazione, con Gino Cerrito alla sua destra
 
Aurelio Chessa nell'Archivio Famiglia Berneri (Pistoia, sd)

Aurelio Chessa, primo da sinistra, e Pier Carlo Masini, primo da destra, durante la presentazione dell'epistola di Camillo Berneri ("Archivio Famiglia Berneri". Pistoia, 1980)
 
Aurelio Chessa e Antoni Tellez (1981)

Copertina del libro Aurelio Chessa. Il viandante dell'utopia, regia di Fiamma Chessa (2007)
 
Alberto Ciampi (Montespertoli, Firenze, 25 giugno 1954) è uno scrittore e saggista anarchico italiano, nonché uno dei maggiori esperti del rapporto tra futurismo e anarchismo.

Architetto, Alberto Ciampi si interessa di avanguardie storiche del Novecento, movimento anarchico e cura il Centro Studi Storici della Valdipesa, che ha costituito nel 1989; nel 2013 ha fatto nascere l'omonima Associazione.

Ha pubblicato libri, saggi, e articoli su pubblicazioni periodiche. Collabora, fra l'altro, alla rivista d'arte «ApARTe°» di Venezia ed è membro del Comitato Scientifico dell'Archivio Berneri - Aurelio Chessa di Reggio Emilia.

Tra la sua bibliografia: Futuristi e Anarchici - Quali rapporti? (1989), Gian Pietro Lucini, Revolverate (1993), Renzo Novatore - Un fiore selvaggio (1994), Forma e forme - I colori dell'anarchia (2000), Leda Rafanelli - Carlo Carrà, un romanzo (2005), Gli anarchici e l'Autoformazione (2014), I luoghi della cultura libertaria (2019), Michele Bakunin. Lettera ai compagni d'Italia (2021).

Ha collaborato al Dizionario del futurismo italiano e al Dizionario Biografico degli Anarchici Italiani. Ha curato il 1° ed il 3° Convegno di Studi storici sulla Valdipesa.

Bibliografia 

  • Futuristi e Anarchici - Quali rapporti?, Archivio Famiglia Berneri, Pistoia 1989
  • Cerbaia in Val di Pesa-Nascita e Vicende, La Casa Usher, Firenze 1992
  • Renzo Provinciali: Anarchia e Futurismo; Gian Pietro Lucini, Revolverate (a cura di), Nautilus, Torino 1993
  • Renzo Novatore - Un fiore selvaggio, BFS, Pisa 1994 (prima edizione)
  • Rivoluzione in Tipografia, Traccedizioni, Piombino 1994
  • Santo Pollastro, CSSVP, S. Casciano 1994
  • Un secolo di cultura agraria chiantigiana, FlorentiaMinor, Fiesole 1997
  • Gli indomabili, Traccedizioni, Piombino 1999
  • Il territorio dell'agricoltura, Atti del Convegno e Mostra, 9 dicembre 1998 - 9 gennaio 1999, CSSVP, S. Casciano V. P. 1999
  • Forma e forme - I colori dell'anarchia, all. n° 2 (2000) ApArte°, Venezia 2000
  • La paglia da cappello in Valdipesa, CSSVP, S. Casciano 2001
  • Vinicio Paladini fra arte e politica (1922-1926) - Scampoli d'Avanguardia, Quaderni di Pietro Tresso n° 37, Firenze-Fontenay-aux-Roses(F), settembre-ottobre 2002
  • Leda Rafanelli - Carlo Carrà, un romanzo, Centro Internazionale della Grafica, Venezia 2005
  • La Breve estate di Fiume, CSSVP, S. Casciano 2006
  • C'era una Ri-volta: la poesia, all. al n° 1/07 (14) di ApARTe°, Venezia, 2007
  • Il caso futurismo. all. al n° 1/09 (17) di ApARTe°, Venezia, 2000
  • Cento anni. Banca del Chianti Fiorentino. Una storia di territorio, mercato, società (a cura di), Ed. Polistampa, Firenze 2009
  • Il futurismo anarchico, Umanità Nova, 15 febbraio 2009
  • Mercati e Mercatali, CSSVP n° 9, S. Casciano 2011
  • Menù Ai QuattroGori, CSSVP, S. Casciano 2011
  • Case del popolo Case di Tutti? (con Sergio Mechi), CSSVP, n° 10 CLF, S. Casciano 2011
  • Anni Settanta. I Campeggi del Chianti (a cura di), CSSVP n° 11, S. Casciano 2012
  • Pedagogia e autogestione nei Campeggi chiantigiana degli anni Settanta (con Stefania Mori, a cura di), CSSVP n° 12, S. Casciano 2013
  • Gli anarchici e l'Autoformazione (con Fiamma Chessa), ABC, Reggio Emilia 2014
  • Di fronte al Fronte. Val di Pesa e Prima guerra mondiale. Frammenti (con Francesco Fusi), CSSVP, 2015
  • Ex centro (a cura di), CSSVP, 2017
  • Il drappo, il ricamo, il Chianti (AA.VV.), CSSVP, 2017
  • PerCorsi Medievali (a cura di), CSSVP, 2018
  • Nino Tirinnanzi e il Chianti (con Francesco Fusi e Gianfranco Stassi), CSSVP, 2019
  • I luoghi della cultura libertaria (con Fiamma Chessa), CSSVP-ABC-Anfortas, 2019
  • I Castellari degli Acciaioli (a cura di), CSSVP, 2020
  • Persone e luoghi di Greve in Chianti (con Stefania Mori, a cura di), CSSVP, 2021
  • La nostra francigena (a cura di), CSSVP, 2021
  • Michele Bakunin. Lettera ai compagni d'Italia (con Gianfranco Stassi, anastatica e introduzione, a cura di), CSSVP, 2021
  • Renzo Novatore - Un fiore selvaggio, Autoproduzioni Cassa Anri-repressione, 2021 (seconda edizione con Introduzione alla ristampa)
Nota bibliografica

Per articoli, saggi e collaborazioni in merito al futurismo anarchico, oltre che in rete, si veda all'interno del sito web del Centro Studi Storici della val di Pesa.


 

 
Piero Ciampi (Livorno, 28 settembre 1934 - Roma, 19 gennaio 1980) è stato un cantautore anarchico livornese.

«Sono arrabbiato per tre buoni motivi: sono livornese, anarchico e comunista... questo il mio equilibrio, la mia politica. Cercare di non offendere gli altri avendo qualcosa in più dell'uomo più povero di questa terra. La poesia è la sola cosa che ho.»

Biografia

Piero Ciampi nasce a Livorno il 28 settembre del 1934. Il padre, Umberto, è un piccolo commerciante di pellami. Delle prime fasi della sua vita, complice il conflitto bellico, non si sa granchè ; le prime notizie si hanno dal momento in cui si iscrive alla facoltà di ingegneria dell'Università di Pisa. Quando si trova a circa metà degli esami decide di lasciare l'Università per ritornare a Livorno e provare l'avventura musicale . Nel frattempo, per guadagnare qualche soldo, fa, qua e là, qualche lavoretto.

Chiamato al servizio militare, Piero parte per il CAR (Centro Addestramento Reclute nella terminologia del servizio di leva obbligatorio) a Pesaro. Durante le libere uscite va a suonare nei piccoli locali pesaresi, dove suscita l'interesse di Gianfranco Reverberi, che ne coglie la vena artistica e successivamente proverà ad inserirlo nel difficile mondo musicale. Inizialmente Piero suona il contrabbasso (suo primo strumento musicale che aveva imparato a suonare da autodidatta) in alcune orchestre del posto, ma in realtà si sente un cantautore e un poeta.

Nel 1957 senza soldi, con solo una chitarra e un biglietto di sola andata in mano, passa prima a Genova, dove va a trovare Reverberi, poi prosegue per Parigi, dove stringe amicizia con Louis-Ferdinand Céline, e va ad ascoltare il grande Georges Brassens. È proprio in Francia che nasce il “Ciampi chansonnier”.

Nel 1959 ritorna nell'amata Livorno, sempre senza alcun soldo in tasca. Per un mese se ne sta in giro per la città, ubriacandosi e pensando di fare il pescatore, ma l'amico Reverberi se lo porta a Milano convincendolo a lavorare per lui. Quando Crepax, amico di Reverberi, passa alla CGD, si porta dietro Piero Ciampi come cantautore "di scuderia"; gli fa incidere alcuni dischi e prova pure a venderli, con il nome artistico di Piero Litaliano. Nel 1963, comunque, "Piero Litaliano", pubblica il suo primo LP che contiene, tra le altri, Autunno a Milano, Fino all'ultimo minuto e, soprattutto, Lungo treno del sud. Da questo momento però inizia il suo isolamento, un po'voluto dai suoi colleghi, che mal sopportano il suo carattere poco incline alla conciliazione, e molto cercato e voluto da Piero Ciampi stesso. La critica, a parte qualche eccezione, è severissima e stronca l'album, che infatti non ha successo (sarà poi inaspettatamente ristampato dalla CGD nel 1990). Piero allora lascia Milano e ritorna a Livorno, da dove, abbandonato il nome “Piero Litaliano”, inizia a scrivere e cantare con il proprio nome e cognome.

È questo però un periodo di non alta produzione artistica: produce un 45 giri di Georgia Moll e una canzone per Gigliola Cinquetti ("Ho bisogno di vederti"). Quello che Ciampi sembra non riesca a smettere è vagabondare (Svezia, Spagna, Inghilterra e probabilmente anche Giappone, tra le sue mete) e bere.

La sua vita amorosa è ugualmente difficile: dopo il fallito matrimonio con Moira - donna irlandese che, dopo meno di un anno di matrimonio, andrà via portandosi dietro il loro figlio Stefano (nato nel 1966) - anche con Gabriella, che gli darà una figlia, Mira, la convivenza finisce ben presto .

Nel 1967 produce un disco intero per Lucia Rango; Gino Paoli, uno dei suoi pochi "amici-colleghi" prova a portarlo con sé alla RCA, ma Piero, dopo aver preso un anticipo del contratto, non scriverà nemmeno una canzone. Nel frattempo coltiva anche la passione per la poesia, e in effetti egli si sente più un poeta che un cantante; scrive poesie scarne e brevi, quasi che fossero una metafora della sua vita.

Gli anni fra il 1973 e il 1974 avrebbero veramente potuto essere quelli della svolta artistica, ma i problemi con l'alcool e quelli con l'ambiente musicale in cui si deve confrontare, hanno oramai raggiunto un punto di non ritorno: sono di questo periodo diversi litigi con artisti di svariati campi. Tra i cantautori apprezza solo Fabrizio De André. Trova comunque il tempo per scrivere Io e te, Maria (rifiutata in un primo momento da Nicola Di Bari, che poi però la inciderà...), Bambino mio (cantata da Carmen Villani e scritta con Pino Pavone, un cantautore calabrese). Nel 1974 Ornella Vanoni vorrebbe produrre un album intero con canzoni di Ciampi, ma alla fine non se ne farà niente. Piero si ritrova a cantare in piccoli locali, dove non manca di insultare il ricco pubblico pagante.

Nel 1976 registra una serata al Club Tenco, che anni dopo viene pubblicata anche su CD. Tra la fine del 1976 e gli inizi del 1977 Ciampi si esibisce in concerto, senza tuttavia molto successo, con una serie di artisti conosciuti alla RCA: Paolo Conte, Nada e Renzo Zenobi; viene anche registrata una trasmissione televisiva, che però la Rai non trasmetterà mai. In compenso, in questi stessi anni diviene molto popolare agli ascoltatori di Radio Capodistria (emittente jugoslava all'epoca molto seguita in Italia centro-settentrionale), visto che non passa giorno che non venga mandato in onda un suo brano.

Negli ultimi anni Piero Ciampi torna sempre più frequentemente a Livorno. Il 19 gennaio 1980, ricoverato a Roma, muore per un cancro alla gola, assistito da un medico-cantautore: Mimmo Locasciulli (che per ricordare l'amico Piero inciderà anni dopo una delle sue più belle canzoni: Tu no).

Omaggi a Piero Ciampi

Numerosi artisti hanno omaggiato Piero Ciampi dedicandogli canzoni, poesie e festival musicali: nel 1980 Gino Paoli ha inciso un album intero con le sue canzoni: Ha tutte le carte in regola; Nada, amica di Piero, ha divulgato molte sue canzoni; il gruppo acoustic-folk Mercanti di liquore gli ha dedicato a Ciampi la canzone La moglie brontolona; Renato Zero gli ha dedicato L'aquilone Piero; Claudio Lolli ha scritto la poesia musicata I musicisti di Ciampi; Pino Bertelli e Massimo Panicucci gli hanno deicato la canzone La ballata di Piero dei fossi; numerosi cantanti (Marco Panattoni, Rossella Seno, Morgan, Piero Pelù, Bobo Rendelli ecc.) e gruppi musicali (La Crus) hanno reinterpretato molte canzoni del cantautore livornese, altri invece lo hanno citato in diverse canzoni originali.

Nel febbraio 2006 si è svolto nella sua Livorno il Francisco Festival, che celbrava l'amicizia tra Piero Ciampi e il pittore sardo Federico Sirigu (conosciuto come Francisco D'Intremontes).

Note


  • Probabilmente la famiglia Ciampi sfollò nelle campagne pisane per tornare a Livorno solo qualche anno dopo la fine del conflitto"

  • La passione per la musica, è coltivata da tutti i suoi due fratelli (Roberto, futuro avvocato, è un clarinettista e resterà per tutta la vita a contatto con la musica, oltre che legatissimo al fratello, mentre Paolo emigrerà presto in Canada, a Vancouver, facendo tutt'altro).

    1. Anni dopo, in Ha tutte le carte in regola, Ciampi canterà: «Ha amato tanto due donne, erano belle, bionde, alte, snelle. Ma per lui non esistono più»

    Poesie

    • Questi miliardi di finestre/con le luci accese/sono miliardi di visi/nascosti da un muro./Non potremmo permetterci/di piangere/perché/non siamo soli.
    • Col viso tra le mani/come una volta/sono solo con la pioggia/che bagna le mie lacrime./La polvere si alza, /nasconde queste pietre/ e copre la mia voce/che non ha più parole.

    Discografia

    45 giri

    • Conphiteor / La grotta dell'amore (Bluebell, 45, 1960)
    • L'ultima volta che la vid i/ Quando il vento si leva (Bluebell, 45, 1961)
    • Fino all'ultimo minuto / Qualcuno tornerà (Cgd, 45, 1961)
    • Autunno a Milano / Hai lasciato a casa il tuo sorriso (Cgd, 45, 1961)
    • Fino all'ultimo minuto / Qualcuno tornerà / Autunno a Milano /Hai lasciato a casa il tuo sorriso (Cgd, 45 Ep, 1961)
    • Confesso/ Non siamo tutti eroi (Cgd, 45, 1962)
    • Fra cent'anni / Confesso (Cgd, 45, 1962)
    • Alè Alè - Fra cent'anni (Cgd 9402, 45, 1962)
    • Lungo treno del Sud - Non siamo tutti eroi (Cgd 9331,45, 1962)
    • Un giorno o l'altro ti lascerò / E va bene (Ariel NF501, 45, 1963)
    • Ho bisogno di vederti / Chieder perdono non è peccato (Ariel, 45, 1965)
    • Tu no / Barbara non c'é (Det, 45, 1970)
    • L'amore è tutto qui / Il vino (Amico, 45, 1971)
    • Il giocatore / 40 soldati 40 sorelle (Amico, 45, 1972)
    • Io e te, Maria / Te lo faccio vedere io chi sono (Amico, 45, 1973)
    • Andare camminare lavorare / Cristo tra i chitarristi (Rca,45, 1975)
    • Uffa che noia / Canta una suora (Rca, 45 1975)
    • Te lo faccio vedere io chi sono / Adius (Blu, cd, 1995)

    33 giri

    • Piero Litaliano (1963) Primo album di Piero Ciampi (LP) CGD FG5007
    • Piero Ciampi (1971) Secondo album (LP) Amico ZSLF 55041
    • Io e te abbiamo perso la bussola (1973) Terzo album (LP) Amico DZSLF 55133
    • Andare camminare lavorare e altri discorsi (1975) Quarto album (LP) RCA TPL1 1109
    • Dentro e fuori (album doppio, 1976) Quinto album (LP) RCA TCL2 1184
    • Le carte in regola (1981)
    • L'album di Piero Ciampi (album triplo, cd doppio, 1990)

    Canzoni su YouTube (elenco incompleto)



     




    Giuseppe Cianacabilla (Roma, 1872 - San Francisco, 15 settembre 1904) è stato un giornalista e un dirigente nazionale del PSI, prima di convertirsi all'anarchismo.

    Pier Carlo Masini diede a Giuseppe Ciancabilla il merito di essere stato il primo a dare all'individualismo anarchico italiano un'elaborazone teorica tale da non renderlo corpo estraneo rispetto al movimento operaio e all'anarchismo. Ugo Fedeli nella sua biografia su Ciancabilla riconobbe a quest'ultimo «il merito di essere stato uno fra i primi a tentare d'innestare l'uno sull'altro [...] i due modi di vedere e di comprendere l'anarchismo negli Stati Uniti: [...] la tendenza americana e quella latino-italiana; individualista la prima, socialista libertaria l'altra» . 

    Biografia

    Giuseppe Ciancabilla, originario di una famiglia borghese di Perugia, nasce a Roma nel 1872.

    A diciott'anni combatte in Grecia a fianco dei socialisti rivoluzionari di Amilcare Cipriani, da dove inizia la sua carriera giornalistica come corrispondente dell'«Avanti!». Inizialmente quindi aderisce al PSI, divenendo dirigente nazionale e redattore-capo dell'«Avanti!».

    Dal socialismo all'anarchismo

    Nell'ottobre del 1897, in veste di redattore dell'«Avanti!», Ciancabilla incontra Errico Malatesta per intervistarlo sullo stato di salute del movimento anarchico italiano dopo la diserzione di Francesco Saverio Merlino.

    Propria la discussione che si svilupperò in seguito fu uno dei motivi che convincono Ciancabilla a lasciare il partito e ad abbracciare l'anarchismo. In questa periodo conosce anche l'allora socialista Nella Giacomelli, incontro che sarà probabilmente determinante per la "conversione" della stessa all'anarchismo.

    Il 4 novembre del 1897, «L'Agitazione» (giornale fondato da Malatesta) pubblicava la Dichiarazione di adesione al movimento socialista-anarchico di Ciancabilla, che oramai era riparato a Zurigo. Infatti la sua definitiva adesione al movimento anarchico lo costringe a fuggire dall'Italia per non incorrere nelle "grinfie" della giustizia italiana (l'appartenenza all'anarchismo costava la galera o i domiciliari).

    Ciancabilla, insieme alla fidanzata Ersilia Cavedagni, si trasferisce in Svizzera, poi a Bruxelles ed infine in Francia, dove collabora con il giornale di Jean Grave Les Temps Nouveaux. Alcuni suoi articoli circa la situazione del movimento anarchico italiano, in particolare dopo i moti di Milano del 1898, determinano l'espulsione dalla Francia e il suo ritorno in Svizzera, dove insieme a Ersilia Grandi e Felice Vezzani collabora a L'Agitatore di Neuchatel.

    I tragici fatti del 1898 in Sicilia e a Milano, mettono in crisi la sua fiducia "nelle masse", che egli giudicava «prive di capacità rivoluzionarie», convincendosi che solo con l'"atto individuale" fosse possibile battere il nemico di classe, ovvero la borghesia. Per concretizzare subito queste sue nuove convinzioni, verso la fine del 1898 aveva raggiunto Milano deciso ad uccidere il "macellaio dei lavoratori", il generale Bava Beccaris, che però non sarà mai attuato.

    Espulso dalla Svizzera per un suo articolo in difesa di Luigi Luccheni, dopo un breve periodo in Gran Bretagna, decide di emigrare in America, insieme alla sua Ersilia, per continuare fra gli immigrati la sua battaglia politica.

    Negli USA

    Ciancabilla si trasferisce negli Stati Uniti nel 1898 e si stabilì a Paterson, New Jersey, una grande roccaforte dell'anarchismo italiano. Qui diresse la La Questione Sociale (1895-1908), entrando però ben presto in conflitto con la redazione del giornale a causa della maturazione in lui di nuove idee in antitesi a quelle malatestiane. Dopo l'arrivo di Malatesta in America, divenendo direttore del giornale, lo costringe a trasferirsi a West Hoboken dove fonda il giornale «L'Aurora» (1899-1901) in cui pubblica e diffonde articoli di Jean Grave e Kropotkin.

    Proprio a questo periodo risale la polemica tra Malatesta e Ciancabilla (vedi ultimo capitolo) e il suo avvicinamento al pensiero kropotkiniano, di cui sarà un grande propagandatore grazie alla prima traduzione italiana del classico La conquista del pane. Ciancabilla si fa propugnatore di un'idea comunista-anarchica antiorganizzatrice fondata sui gruppi d'affinità, quella che poi negli USA sarà particolarmente diffusa da Luigi Galleani e dal gruppo di Cronaca Sovversiva:

    «Non vogliamo programmi tattici, e di conseguenza non vogliamo organizzazione. Dopo aver stabilito il fine, l'obiettivo a cui teniamo, lasciamo ogni anarchico liberi di scegliere i mezzi che il suo istinto, la sua educazione, il suo temperamento, il suo spirito combattivo gli suggeriscono quello che meglio crede. Noi non formiamo programmi fissi e non formiamo piccole o grandi partiti. Ma ci raggruppiamo insieme spontaneamente, e non con criteri permanenti, secondo affinità momentanee e per uno scopo specifico e costantemente cambiamo questi gruppi non appena lo scopo per il quale ci eravamo associati cessa di essere, e quando altri obiettivi e necessità nascono e si sviluppano in noi ci spingono a cercare nuovi collaboratori, persone che nella circostanza specifica ragionano come noi... » (Contro l'organizzazione).

    L'ultimo periodo della sua vita lo svolge tra Chicago e San Francisco dove diresse la «La Protesta Umana», conosce Gaetano Bresci e difende l'attentatore del presidente statunitense McKinley, l'anarchico polacco Leon Czolgosz, che gli costa alcuni mesi in carcere.

    Giuseppe Ciancabilla muore di tisi il 15 settembre 1904, a soli trentadue anni, nella città di San Francisco.

    Il pensiero

    Per Ciancabilla «l'individuo che è anarchico per sé lo è necessariamente per gli altri» , mentre «l'individuo [...] che è anarchico per gli altri [...] non lo è in sostanza» : l'individuo che è anarchico per un proprio incontenibile bisogno di libertà e felicità «sarà costretto ad attirare altri nell'orbita della sua azione e della sua teoria; cercherà di convincerli, di dare ad essi l'energia che è esuberante nel suo essere, di deciderli all'azione» ; l'individuo che, invece, si preoccupa di propagandare la propria idea non per un bisogno personale ma per trovare seguaci «è costretto a presentare quest'Idea sotto l'aspetto più seducente, accomodandola alle esigenze del suo pubblico, smussandola di ciò che può parere aspro e difficile a concepirsi, adattandola a tutte le esigenze curiose di coloro che vogliono sapere, vogliono prevedere, vogliono, prima di demolire, ricostruire idealmente il futuro» .

    L'azione individuale, sempre degna di solidarietà quand'anche consista nel gesto demolitorio di chi si immola «sull'altare dell'Ideale»  (la propaganda del fatto è considerata parte integrante dei mezzi volti a formare delle coscienze anarchiche), diviene inevitabilmente azione comune, ma la rivoluzione non si ferma a questa formula evoluzionistica, necessitando anche della «partecipazione a tutti i movimenti che rivestano un carattere di ribellione e di progresso» : «nessun anarchico può lottare isolato contro il sistema in modo efficace»  e l'individualismo anarchico confluisce naturalmente in un socialismo che nei desiderata di Ciancabilla è di tipo comunista anarchico, prodromo di una società in cui «il benessere privato, confondendosi nel benessere generale, farà sì che tutti concorreranno al miglioramento reciproco». Tuttavia questa visione dell'anarchia resta pur sempre aperta «a qualunque altra innovazione che il progresso ed il suo sviluppo potranno render necessaria; giacché le teorie anarchiche sono sempre in discussione per riuscirne continuamente migliorate» .

    L'aspetto del pensiero di Ciancabilla che più ha lasciato il segno è quello che è stato definito - a torto (secondo Ciancabilla)  - antiorganizzatore: il programma è un «circoscritto orizzonte di concezioni di lotta e di finalità che gli aderenti si» impegnano «a non oltrepassare»; la federazione è «una chiesuola ristretta e autoritaria che» accentra «in mano di pochi individui pericolose facoltà di egemonia e di dominio»; la commissione di corrispondenza è un «piccolo comitato» che pecca di «parzialità» e favorisce «questa o quell'iniziativa più ad esso simpatica»; il partito è «l'insieme omogeneo, e soprattutto disciplinato, di coloro che non solo professano una medesima idea, ma s'impegnano a seguire una determinata tattica sancita dalla maggioranza dei suoi componenti o dei suoi rappresentanti»; i congressi sono «accolite di rappresentanti» aventi lo scopo di «decretare, stabilire, fissare, imporre norme e limiti di azione» . A queste strutture burocratiche affette da autoritarismo Ciancabilla oppone la «spontanea unione fra quelli che sentono e intendono la lotta nel modo più affine», «il più ampio sviluppo delle iniziative individuali», la «formazione di gruppi autonomi» e la «diffusione di quell'educazione essenzialmente libertaria che deve formare la base della futura società anarchica» .

    La polemica con Malatesta

    Ciancabilla scriveva nel 1899, sul giornale «L'Aurora», stampato a West-Hoboken nel New Jersey, mentre infiammava la polemica sull'organizzazione, che vedeva diviso il movimento anarchico tra i sostenitori della libertà individuale e assoluta ed i malatestiani, che svilupparono nel giornale «La Questione Sociale» la tesi della necessità di una organizzazione del movimento, che, pur ripudiando la rigida struttura gerarchica, possedesse quel minimo di organizzazione indispensabile per condurre avanti con continuità una determinata linea politica.

    In quegli anni, infatti, gli anarchici, a differenza dei socialisti, non disponevano della minima organizzazione: non avevano una federazione, non avevano tessere, non riconoscevano capi e respingevano il parlamentarismo.

    «Noi siamo uniti soltanto nella fede», dicevano.

    Citazioni sulla polemica

    Ciancabilla, su «L'Aurora»:

    « Noi siamo l'aristocrazia del proletariato. I cavalieri dell'Ideale. La massa dorme, i socialisti s'illudono. Lo sanno Pisacane, Carlo Cafiero, lo stesso Malatesta e tutti coloro che hanno preparato una rivoluzione di massa e che, al primo tentativo, si sono ritrovati in tre gatti di fronte al plotone o alla galera. »

    Malatesta, su «La Questione Sociale»:

    « L'organizzazione - che poi non è altro che la pratica della cooperazione e della solidarietà - è condizione naturale, necessaria alla lotta di classe: è un fatto ineluttabile che si impone a tutti, tanto nella società umana in generale, quanto in qualsiasi gruppo di persone che hanno uno scopo comune da raggiungere. »

    Ciancabilla:

    « Siamo nemici di ogni forma di organizzazione perché respingiamo ogni forma di autorità. Noi dobbiamo dare l'assalto allo Stato non per prendere il posto dei borghesi, ma per distruggerlo completamente. »

    Malatesta:

    « L'errore fondamentale degli anarchici avversari dell'organizzazione è il credere che non sia possibile organizzare senza autorità, e preferire - ammessa questa ipotesi - la rinuncia a qualsiasi organizzazione piuttosto che accettare la minima autorità. »

    Ciancabilla:

    « Gli anarchici devono obbedire soltanto al proprio impulso. L'impulso è il sentimento naturale più naturale dell'uomo libero. Noi esaltiamo l'individuo generoso che, obbedendo al proprio impulso, sorge solo, minaccioso, per colpire nel suo più vivo bersaglio la tirannia borghese. Celebri attentatori come Ravachol, Émile Henry, Sante Caserio, Michele Angiolillo, Luigi Luccheni, costituiscono gli esempi più fulgidi della lotta individualista. »

    Luigi Galleani:

    « [...] se Malatesta e Ciancabilla, invece d'essere trascinati dal raggiro d'ignobili speculatori di zizzanie al più deplorevole e più sterile conflitto, avessero potuto - come di fatto e concordemente volevano - dedicare tutta la loro attività a buttar nel solco aperto il buon seme, il movimento libertario italiano degli Stati Uniti sarebbe forse in grado di pesare nei momenti decisivi delle lotte proletarie locali. » 

    Note


  • Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Cesena, Edizioni Antistato, 1965, pag. 65

  • Essere o parere anarchici da La Questione Sociale, Anno V, n. 93, 7 gennaio 1899

  • «Un fatto individuale, commesso da un anarchico per spirito di ribellione anarchica, non può essere che accettato e approvato dagli anarchici, anche quando esso rivesta apparenze di ripugnanza e di antipatia, oppure esso non appaia opportuno. [...] Il voler rinnegare la solidarietà anarchica a tale atto, da parte di anarchici che fanno la propaganda anarchica, significa non aver la responsabilità e la coscienza delle proprie azioni, significa gettare il sasso e voler nascondere la mano» (La lotta individuale da L'Aurora, Anno I, n. 13, 23 dicembre 1899).

  • Per un'obiezione da La Questione Sociale, Anno V, n. 97, 4 febbraio 1899

  • Idee e tattica da L'Aurora, Anno I, n. 6, 4 novembre 1899

  • Sintesi anarchica da La Proesta Umana, Anno III, n. 12, 28 maggio 1904

  • «Lo stesso appellativo di anti-organizzatori con cui si benignarono battezzarci e qualificarci erroneamente, contribuì ai loro fini di mutar le carte in tavola per impressionar coloro, e son tanti, che si soffermano alla superficie delle parole piuttosto che approfondir la sostanza vera delle cose» (Il fallimento dell'organizzazione da La Proesta Umana, Anno II, n. 28 - 24 settembre, n. 29 - 1 ottobre, n. 30 - 8 ottobre, n. 31 - 15 ottobre, n. 32 - 22 ottobre e n. 33 - 31 ottobre 1903).

  • Il fallimento dell'organizzazione da La Proesta Umana, Anno II, n. 28 - 24 settembre, n. 29 - 1 ottobre, n. 30 - 8 ottobre, n. 31 - 15 ottobre, n. 32 - 22 ottobre e n. 33 - 31 ottobre 1903

    1. Pietro Gori - 1869-1911, di Luigi Galleani, in Cronaca Sovversiva, 21 gennaio 1911

    Bibliografia

    • G. Ciancabilla, Un colpo di lima, gratis edizioni, 2014
    • Mario Mapelli, Giuseppe Ciancabilla, propagandista anarchico negli Stati Uniti, 1899/1904, tesi di laurea, 1998
    • Ugo Fedeli, Giuseppe Ciancabilla, Cesena, Edizioni Antistato, 1965

     

    [CP française, portrait photo de l’anarchiste italien Giuseppe Ciancabilla, vers 1899, à Paris.]

    Primo Maggio: impressioni e ricordi di Giuseppe Ciancabilla, 1906, copertina 1
     
    Antonio Cieri (Vasto, 11 novembre 1898 - Huesca, Spagna, 7 (o 8) aprile 1937) è stato anarchico e un combattente-comandante antifascista degli Arditi del Popolo e delle Brigate Internazionali nella rivoluzione spagnola. 

    Biografia

    Antonio Cieri nacque a Vasto (Abruzzo) l'11 novembre 1898 e si avvicinò giovanissimo alle idee libertarie. Durante la Prima guerra mondiale ebbe il grado di ufficiale e fu più volte decorato.

    Dirigente del movimento anarchico di Ancona, in cui era impiegato presso le Ferrovie dello Stato come disegnatore tecnico (talvolta gli viene attribuito, a torto, il titolo di architetto), nel 1921, a causa della sua partecipazione alla Rivolta dei Bersaglieri , fu trasferito a Parma. Qui, nell'agosto 1922 insieme a Guido Picelli - che dirigeva l'intera formazione - fu comandante degli Arditi del Popolo a difesa del Naviglio, rione popolare di Parma, durante gli assalti degli squadristi fascisti di Italo Balbo.

    Andò in esilio nel 1923 quando fu licenziato dalle Ferrovie. A Parigi nel 1925 riprese la sua attività di anarchico militante collaborando alla pubblicazione del numero unico di «Polemiche Nostre» (Parigi, 22 agosto 1925), fondando, insieme a Camillo Berneri, il periodico «Umanità Nova» (da non confondere con l'allora quotidiano dell'Unione Anarchica Italiana «Umanità Nova»), «La Protesta» e collaborando ad un numero di «La Vecchia Umanita Nova» (15 aprile 1933).

    L'1-2 novembre 1935 partecipò al congresso italiano di Sartrouville, dove venne fondato il Comitato Anarchico d'Azione Rivoluzionaria.

    Nel 1936 fu uno dei comandanti delle Brigate Internazionali nella rivoluzione spagnola; in particolare fu a capo della squadra dei bomberos, da lui appositamente addestrata per l'assalto. Nell'aprile 1937 (il 7 aprile o l'8) cadde in combattimento durante l'assalto per la presa di Huesca, poi conquistata dalle formazioni antifasciste. I suoi figli furono allevati dalla moglie di Camillo Berneri.

    Cieri durante le barricate di Parma (1922)

    Riportiamo uno stralcio di Oltretorrente, di Pino Cacucci:

    Su un tavolo d'osteria Antonio Cieri e Guido Picelli studiano le mappe della città e le linee difensive contro gli attacchi fascisti:

    «Abbiamo un punto debole: il Naviglio», dice Picelli. «L'Oltretorrente è più facile da difendere, ci sono i ponti da superare, e la struttura stessa della città vecchia ci è d'aiuto. Ma al Naviglio, sarà dura. Lì non abbiamo il fiume e gli orti ad aiutarci, mi preoccupa soprattutto viale Mentana: qui possono attaccare in forze, hanno molto spazio a disposizione. E poi, è vulnerabile per la vicinanza della stazione ferroviaria e dello scalo merci, senza contare la stazione dei tram a vapore...» .

    Picelli e Cieri si guardano negli occhi.

    «Te la senti?» chiede Picelli.

    Cieri non ha un attimo di esitazione.

    «Puoi giurarci. Al Naviglio, non si passa» .

    Picelli gli stringe un braccio, poi si mette a impartire ordini agli Arditi:

    «Compagni! Formate squadre di otto o dieci uomini, come abbiamo previsto nelle esercitazioni! Antonio: quante squadre pensi che ti servano, per resistere al primo impatto?» .

    Cieri ci pensa un istante, scambia uno sguardo con Primo Parisini e con Alberto Puzzarini che gli sono accanto, fucile in spalla e bombe a mano appese al petto, e infine risponde:

    «Me ne bastano sei. L'essenziale sarà mantenere i collegamenti. Dobbiamo impedire che ci taglino fuori, tu tieni il grosso delle nostre forze qui, e noi ce la faremo se voi riuscirete a tenervi in contatto» .
    «Bene. Allora... quattro squadre le mandiamo nel Saffi, e ce ne restano a occhio e croce una ventina per la difesa dell'Oltretorrente. Ora... bisogna organizzare i rifornimenti e la logistica per una resistenza di lunga durata!».

    Una ragazza si affaccia alla finestra brandendo un'accetta, ed esclama alla gente sottostante:

    «Che vengano pure! Io son pronta!».

    Negli androni delle case, gli insorti preparano bombe rudimentali e bottiglie di petrolio munite di stoppaccio. I negozianti mettono a disposizione cibarie e bevande per i difensori delle barricate, le donne dispongono un servizio di approvvigionamento. Sui campanili, i ragazzi si appostano di vedetta, e così anche sugli abbaini dei tetti. Picelli è con un falegname, che ha intagliato dei rozzi fucili di legno.

    «In mancanza d'altro, procurate altri bastoni, passateci sopra il nerofumo, e impugnateli come se fossero fucili veri. Devono credere che tutta Parma trabocca di armi!».

    Arriva un gruppo di uomini al seguito di un giovanotto dall'aria bonaria ma risoluta: è il consigliere comunale Ulisse Corazza, del Partito Popolare, che ha un fucile da caccia in spalla e si guarda intorno con aria preoccupata finché, individuato Picelli, fa un cenno ai suoi e quindi gli va incontro tendendo la mano. Picelli, vedendolo, sembra stupito e raggiante al tempo stesso:

    «Consigliere Corazza! Che piacere vedervi qui!».

    I due si stringono la mano.

    «Un conto sono le direttive di partito» dice Corazza, «e un conto è stare a guardare mentre quegli sciacalli invadono la nostra città. Siamo con voi, Picelli!».

    I due si abbracciano. I militanti del Partito Popolare si uniscono agli Arditi del Popolo e agli abitanti insorti, piazzandosi dove viene loro ordinato dai capisquadra.

    Nel pomeriggio vengono sparati i primi colpi: alle revolverate di alcuni fascisti che avanzano in ordine sparso, si risponde con sporadiche fucilate che ottengono il risultato di tenerli a debita distanza. Il commissario di pubblica sicurezza Di Seri, che con un gruppo di agenti interviene in viale Mentana', cerca di far arretrare i fascisti appostati dietro gli alberi, ma quando pretende di disarmarne alcuni, viene colpito da una bastonata alla testa. I poliziotti si ritirano, portando via il commissario semistordito.

    Mentre i combattenti di Cieri, Parisini e Puzzarini, in Borgo del Naviglio, raccolgono materiali per tirar su barricate, arriva un prete in bicicletta, con la tonaca che svolazza al vento. Scende al volo, getta la bicicletta contro un muro nei pressi della chiesa e si dirige verso Antonio Cieri. «Oh Cristo...», si lascia sfuggire l'anarchico.

    Il sacerdote lo redarguisce:

    «Non nominare il nome di Dio invano, figliolo!» .
    «Invano? Senti, prete: guarda che Gesù Cristo aveva molto più da spartire con la gente come noi che con i tuoi papi e cardinali».
    «Ohé, ross, ti pare questa la giornata adatta per le disquisizioni teologiche?" sbotta il sacerdote.
    «Forza, vieni a darmi una mano, muoviti!» .

    Cieri, spiazzato, lo segue in chiesa. Una volta entrati, il prete si inginocchia e si fa il segno della croce; l'anarchico non mette piede in chiesa da quando era bambino e quindi resta imbambolato, gli occhi incollati a un grande crocefisso che si leva, fra luce e ombra, in una cappella laterale. Il prete afferra una panca da un lato, e gli dice:

    «Allora, mi aiuti o no? Che aspetti?» .

    Cieri lo aiuta a portare fuori la prima panca. Mentre la sistemano sulla barricata in costruzione, Cieri ordina agli altri Arditi del Popolo:

    «Portatele tutte qui, due alla volta, senza intralciarvi e a turno per non lasciare sguarnita la difesa. Dieci uomini restino appostati, e senza perdere di vista il nemico».

    In breve, decine di panche si accatastano sulla barricata. Dal portone della chiesa spuntano quattro Arditi bagnati di sudore, che trascinano sbuffando e imprecando il confessionale.

    «Eh, no! Quello no!», fa il prete.
    «E perché quello no?», gli domanda Cieri.

    Il prete alza il dito indice con espressione severa:

    «Perché nei prossimi giorni mi servirà là dentro». Getta un'occhiata oltre la barricata, e aggiunge: «Saranno anche fascisti e se lo meritano, ma c'è pur sempre il quinto, non uccidere. E comunque dovrete confessarvi. Tutti!» .
    «Oh, come no... Puoi contarci senz'altro» fa Cieri, con aria sorniona.

    La targa in suo ricordo a Parma ed a Vasto (CH)

    Il 22 marzo 2006 è stata collocata, a Parma, una targa in ricordo del suo contributo alla difese di Parma dagli attacchi fascisti.

    L'atto è stato presentato da Massimo Franzoni, che ha spiegato la importanza dell'iniziativa tesa al ricordo della memoria storica dei libertari. Massimo Ortalli è intervenuto per ricordare le gesta di Antonio Cieri, dei libertari e degli antifascisti di Parma. Alla commemorazione era presente anche una delegazione di Vasto (paese natale di Cieri).

    È stata scoperta giovedì 27 dicembre 2012 in piazza Rossetti a Vasto (CH) la lapide in onore di Antonio Cieri, Questo il testo: «anarchico, antifascista e ardito del popolo, sulle barricate a Parma e in Spagna. Respinse l'oppressione fascista».

    Per l'occasione insieme al sindaco Luciano Lapenna c'era anche Giorgia Sisti la vastese autrice del libro Lo Stranier. Vita anarchica di Antonio Cieri, pubblicato dalla casa editrice Fedelo's.

    Note


    1. Cieri era stato spostato a Parma perché riconosciuto come un organizzatore della "Rivolta dei Bersaglieri" ma non vi furono prove sufficienti per metterlo in carcere (si legga Eros Francescangeli in Arditi del Popolo): «La rivolta di Ancona del 1920 è meglio nota come "la rivolta dei bersaglieri" in quanto prese avvio dalla loro caserma di Ancona, quando i soldati si ribellarono all'ordine di imbarcarsi per andare in Albania. Il pronunciamento dei bersaglieri sfociò subito nelle strade di Ancona e fu prontamente appoggiato da una larga parte del popolo anconetano che per tre giorni, armi in pugno, combattendo nelle strade, tenne in scacco le forze di polizia e le guardie regie. Alla fine le forze dell'ordine ebbero la meglio solo grazie alla superiorità numerica (giunsero rinforzi da varie città del centro) ed al migliore armamento rispetto ai rivoltosi. Nei giorni successivi per "solidarietà" ai militari si organizzano altre manifestazioni in varie città d'Italia». (da "digilander.libero.it")

    Bibliografia

    • AA.VV., Dietro le barricate, Parma 1922, testi immagini e documenti della mostra (30 aprile - 30 maggio 1983), edizione a cura del Comune e della Provincia di Parma e dell'Istituto storico della Resistenza per la Provincia di Parma
    • AA.VV., Pro Memoria. La città, le barricate, il monumento, scritti in occasione della posa del monumento alle barricate del 1922, edizione a cura del Comune di Parma, Parma, 1997
    • Pino Cacucci, Oltretorrente, Feltrinelli, Milano, 2003
    • Luigi Di Lembo, Guerra di classe e lotta umana, l'anarchismo in Italia dal Biennio Rosso alla guerra di Spagna (1936-1939), edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
    • Eros Francescangeli, Arditi del popolo, Odradek, Rom, 2000
    • Gianni Furlotti, Parma libertaria, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 2001
    • Marco Rossi, Arditi, non gentarmi! Dall'arditismo di guerra agli Arditi del Popolo, 1917-1922, edizioni Biblioteca Franco Serantini, Pisa, 1997
    • Luigi Balsamini, Gli arditi del popolo. Dalla guerra alla difesa del popolo contro le violenze fasciste, Galzerano Ed. Salerno
    • Giorgia Sisti "Lo Stranier. Vita anarchica di Antonio Cieri" pubblicato dalla casa editrice Fedelo's.
     






    Amilcare Cipriani (Anzio, 18 ottobre1844 - Parigi, 2 maggio1918), fu un garibaldino, un internazionalista, un comunardo e un anarco-socialista italiano. 

    Biografia

    Amilcare Cipriani nacque ad Anzio, il 18 ottobre 1844, ma la sua famiglia si trasferì a Rimini quando aveva appena quindici giorni. Trascorse l'infanzia in una scuola gestita da religiosi, che disprezzavano il temperamento ribelle del ragazzo. Scappò di casa per arruolarsi nell'esercito Piemontese, era il 1859, e lui non era ancora quindicenne quando combattè nella battaglia di S. Martino.

    Fu tra i Mille accanto di Garibaldi nel famoso 1860. Di nuovo al suo fianco fu anche durante la disastrosa impresa in Aspromonte. Raggiunse la Grecia (qui Cipriani costituì il" Club Democratico" e con Emanouil Dadaoglou, nel 1862, organizzò un gruppo violentemente ostile al Re Otto di Grecia) e poi l'Egitto da ricercato; nel 1866 il "disertore" tornò a combattere tra le file di Garibaldi.

    Nel 1867, dopo il rientro ad Alessandria d'Egitto, in una rissa uccise un italiano e accoltellò due guardie egiziane. A Londra, dove si rifugiò, conobbe Giuseppe Mazzini e fece parte della I Internazionale; successivamente si trasferì in Francia, dove combattè con Garibaldi contro i Prussiani.

    Cipriani partecipò alla difesa della comune di Parigi (1871), a causa della quale fu condannato a morte, pena poi convertita all'esilio in Nuova Caledonia (come Louise Michel). Fu graziato dopo otto anni, nel 1880. Espulso dalla Francia, si spostò in Svizzera, dove conobbe Carlo Cafiero.

    Nel gennaio 1881 fu arrestato in Italia con l'accusa di "cospirazione"; nel 1882, ad Ancona, fu processato per i fatti egiziani e condannato a vent'anni di lavori forzati da scontare a Portolongone. La sua fama rimase immutata e nel 1886, alle elezioni politiche, fu presentata la sua "candidatura di protesta" nei collegi di Ravenna e Forlì, dove risultò eletto plebiscitariamente. Nel 1888, grazie anche alle pressioni popolari, il nuovo processo sui fatti egiziani lo assolse da ogni accusa.

    Tornò nuovamente a Parigi dove fondò l'"Unione dei popoli latini", si avvicinò alle posizioni socialiste rivoluzionarie e anarchiche, collaborando attivamente a quotidiani e periodici, tra cui Le Plébéien (Il Plebeo). Durante il congresso di Zurigo della II Internazionale, Cipriani si dimise dal suo mandato per protestare contro l'esclusione degli anarchici . Nel 1891 partecipò come delegato ai lavori del Partito Socialista Rivoluzionario Anarchico.

    Nel 1897, mentre i rapporti con il nazionalista Mazzini si erano oramai completamente deteriorati, combattè in Grecia contro i Turchi, prima di essere incarcerato in Italia, con la condanna a tre anni. Dal 1911 in Italia i suoi scritti divennero illegali perché considerati sovversivi. Nel 1914, ancora una volta, fu eletto, come forma di protesta, ma non poté sedere in Parlamento per essersi rifiutato di prestare il rituale giuramento al Re. Morì a Parigi, il 2 maggio 1918.

    Citazioni

    «I giornali monarchici e la stupidità umana ripetono che la morte di Umberto ha dolorosamente colpito al cuore tutti gli italiani. Non è vero; eccone la prova. Il giorno dopo la morte di re Umberto i due deputati eletti in Italia furono dei socialisti. I loro avversari elettorali dimostrarono invano che la idea della trasformazione economica, propugnata dai collettivisti, i comunisti e gli anarchici, aveva convinto Bresci dell'urgenza del regicidio. Il popolo votò pei rappresentanti i principi rivoluzionari a costo di dare ancora ragione a dei fanatici di abbattere idoli umani [...] In seguito, ciò che fu sintomatico fu quanto si produsse in Roma durante i funerali di re Umberto: i principi che seguivano il feretro del re, spaventati, ad un dato momento, sguainarono le spade per proteggere il loro sovrano. Da ciò non si può concludere che una rivoluzione che cambi il regime politico della penisola, sia imminente pel fatto che, contrariamente a ciò che si è detto, la morte del re non ha incontrato l'universale riprovazione [...] Tuttavia si può fare osservare che un cambiamento di regime nell'Italia contemporanea non sarebbe cosa nuova: vi sono dei precedenti» .

    Note


  • Il III Congresso della II Internazionale si svolse a Zurigo dal 6 al 12 agosto 1893, con oltre 400 delegati di 20 paesi. Furono adottate le seguenti risoluzioni: preclusione agli anarchici; uso tattico del parlamento per la conquista rivoluzionaria del potere politico; lotta al militarismo, contro i crediti di guerra, per il disarmo e l'abolizione degli eserciti permanenti. Engels eletto presidente (ma morirà nel 1895), chiuse il Congresso

    1. Considerazioni sull'uccisione di Umberto I, da Amilcare Cipriani, Il regicidio, Libreria Sociologica, Buenos Aires, 1901.

    Bibliografia

    • Vittorio Emiliani, Libertari di Romagna. Vite di Costa, Cipriani, Borghi, Ravenna, Longo Angelo Editore, 1995

     
    Amilcare Cipriani, imputato nel processo degli anarchici a Roma (xilografia).
     
    Italian anarchist and patriot Amilcare Cipriani (1843-1918).

    Agence de presse Meurisse - Bibliothèque nationale de France 1909.Foto di Gino Coletti
    Depoggial - Opera propria
    Foto di Gino Coletti
     Depoggial - Opera propria
    Comasco Comaschi (Cascina, 27 ottobre 1895 – Cascina, 19 marzo 1922) è stato un anarchico e ebanista italiano. 

    Biografia

    Nacque a Cascina in provincia di Pisa il 27 ottobre del 1895 da Ippolito e Virginia Bacciardi. Comasco si formò in un contesto cittadino che basava la propria economia sulla presenza di piccoli artigiani e sotto la guida del padre, che già dal 1880 era militante nel movimento anarchico. Sotto questa spinta ideologica divenne uno dei più importanti promotori della sezione locale della Pubblica Assistenza e insegnante alla scuola d'Arte di Cascina. Si propose anche di guidare il gruppo libertario dell'attuale comune di Pisa che proprio in questi anni fu estremamente attivo.

    Divenne il leader della sezione di Cascina degli “Arditi del popolo” per la sua indole coraggiosa e la sua militanza coerente e tempestiva in un contesto storico successivo al Biennio Rosso che aveva determinato l'affermarsi dello squadrismo fascista in tutta Italia. Comasco era un giovane noto e stimato per la sua profonda umanità che lo aveva portato a lottare e schierarsi dalla parte degli umili e diseredati. Era “figlio spirituale di Leone Tolstoi e Pietro Gori” dai quali aveva appreso la profondità della dottrina umanitaria e l'alta dedizione morale. A testimonianza di questo, nel 1921, difese con estremo valore alcuni suoi allievi della Scuola d'Arte i quali erano stati minacciati da un gruppo di fascisti affinché aderissero al fascismo.

    Le prime reazioni antifasciste

    I primi movimenti antifascisti nati spontaneamente negli anni successivi alla prima guerra mondiale, tra il 1919 e il 1921, non furono in grado di fronteggiare la situazione politica e sociale che stava prendendo forma e consistenza a seguito degli avvenimenti di respiro nazionale. Erano molte e varie le discordie che rendevano impossibile, ai vari movimenti, di unire le forze per combattere un nemico comune. Gli schieramenti politici, tra cui i repubblicani, non erano del tutto convinti di voler prendere parte alla contesa, i cattolici costituivano una forza politica quasi del tutto inesistente, i comunisti erano ancora pochi. Gli unici che avrebbero potuto far sentire più energicamente il proprio dissenso erano i socialisti che si limitarono però, in questa fase, ad “invitare” i coetanei a non drammatizzare la situazione. Restavano a fronteggiare apertamente il fascismo gli anarchici, i quali però erano praticamente fuori dibattito politico parlamentare.

    A partire dal 1921 iniziarono i primi atti di violenza da parte delle squadre fasciste. Anche nella provincia di Pisa, come nel resto d'Italia, il connubio tra forze di polizia e i fascisti diventò sempre più aperto ed evidente. Il partito socialista, che era l'unico in grado di fronteggiare politicamente l'avanzata del nuovo regime, propendeva verso una linea politica rinunciataria e una reazione che vedeva nello sciopero lo strumento principe. L'11 febbraio del 1921, fu pubblicato su l'Ora Nostra, settimanale socialista pisano, un articolo di matrice socialdemocratica che invitava a rispondere alla violenza fascista tramite, appunto, una riduzione dell'impegno lavorativo. Nonostante le violenze fasciste continuarono ad aumentare e convogliarono nella nascita di numerosi Fasci di combattimento diffusi in tutta la provincia di Pisa. Il fascismo stava passando ad un'azione sistematica di indebolimento delle forze democratiche.

    La prima vittima della violenza fascista pisana fu Enrico Ciampi, ucciso a San Casciano il 4 marzo del 1921. Insieme al figlio Silvio aveva lasciato il Partito Socialista ed aveva fondato a Barca di Noce un movimento antifascista, il più forte a livello locale. Proprio in questo periodo e in questo territorio la squadra fascista, guidata dal marchese Domenico Serlupi, terrorizzava i cittadini. In occasione di una rivolta antifascista nei pressi della villa Serlupi, il marchese aprì il fuoco e ferì Enrico Ciampi che morì a seguito delle ferite riportate. Il marchese Serlupi fu protagonista, dopo i fatti di Sarzana, di un'altra violenza fascista ai danni di Luigi Benvenuti, proprietario di una trattoria situata presumibilmente a San Frediano a Settimo, una piccola frazione del comune di Cascina, nella quale Serlupi e la sua squadra si ristorarono al ritorno dalle loro scorrerie nei pressi di Cascina, e dove obbligarono con la forza Benvenuti ad esporre la bandiera a lutto. Quest'ultimo fu ferito gravemente per essersi opposto a questo “ordine” e morì poche ore dopo presso l'Ospedale di Pisa; nello scontro però anche il Marchese venne ferito e morì il giorno seguente. Ne conseguì una repressione fascista spietata estesa a tutta la Provincia.

    Un altro avvenimento che rese ancor più evidente quanto ormai l'ideologia fascista si fosse diffusa fu l'omicidio di Cammeo. Il 13 aprile un gruppo di giovani aspiranti fascisti, aiutati da alcune donne (tra cui si ricorda Nissim Rosselli), uccisero con due colpi di rivoltella il maestro Carlo Cammeo nel cortile della scuola dove stava tenendo lezione. Questo terribile delitto scosse fortemente l'opinione pubblica tanto che i partiti politici decisero di far fronte al pericolo fascista istituendo un Comitato Antifascista Unitario composto da comunisti, anarchici e socialisti.

    L'Ora Nostra pubblicò un articolo per commentare l'accaduto il 15 aprile dello stesso anno:

    Noi ricordiamo i fascisti, non giuriamo sul corpo esangue di Carlo Cammeo la vendetta.. È necessario che sia impressa nella mente dei bimbi terrorizzati la brutalità degli aggressori, che le donne, le nostre spose, i nostri figli, portino dinanzi agli occhi il cadavere di questo giovane generoso di 24 anni, che è stato ucciso senza ragione mentre compiva un dovere santo

    L'azione delle forze antifasciste era però poco incisiva, non strutturata ed effimera tanto che Le violenze degli squadristi ripresero ad imperversare molto presto su tutto il territorio Pisano. Il comitato Antifascista Unitario si rivelò quasi del tutto inutile; era nato trascinato sulla scia di una reazione emotiva alla violenza e non aveva ancora una organizzazione pratica. Agli attacchi radi della resistenza erano conseguenti le dure spedizioni punitive delle squadre fasciste. Cominciarono però, proprio in questi anni, i primi barlumi della Resistenza che sboccerà poi in tutta Italia tra il 1943 e il 1945. A Roma erano stati organizzati gruppi antifascisti chiamati “Arditi del popolo” con la funzione di opporsi alla violenza fascista. Queste organizzazioni si diramarono poi in tutta Italia pur rivelandosi poco efficaci dato che agivano senza armi perché ne erano stati privati dalle forze di polizia. Leo Valiani, giornalista, politico e storico italiano, fornisce questa definizione dell'organizzazione “Arditi del Popolo”:

    il tentativo di dotare anche il proletariato…. Di un'organizzazione di combattimento, opposta a quella dei fasci, sotto il nome di “Arditi del Popolo”, non è stato ancora verificato nella sua effettiva consistenza fisica e negli appoggi che gli si attribuivano in certi ambienti ex-combattentistici, uno dei quali quello massonico..

    In questo contesto di scontri e violenze politiche Comaschi aveva ricoperto un ruolo importante nell'organizzazione antifascista cittadina: era infatti tra gli organizzatori degli “Arditi del Popolo” di Cascina che contava almeno duecento componenti alla metà di agosto 1921 anche se in breve furono ridotti a soli 50 elementi. Tra le azioni di questo periodo, viene ricordato un avvenimento significativo che vide protagonisti Comaschi e alcuni suoi compagni che nell'agosto del 1921 irruppero durante la cerimonia di Fondazione del Fascio di Cascina, sventolando la bandiera nera del gruppo anarchico.

    L'omicidio

    L'impegno antifascista di Comaschi portò a reazioni violente. Il suo omicidio fu, per così dire, preannunciato da una prima azione punitiva avvenuta circa 40 giorni prima della sua uccisione. Il 7 febbraio del 1922 venne infatti seguito e bastonato da 150 fascisti. Dopo questo fatto il fratello, Vasco, gli propose di fuggire da Cascina ma Comasco si rifiutò, sia per motivi lavorativi (non avrebbe potuto abbandonare la scuola nella quale insegnava), sia per motivi ideologici ed etici, perché si sarebbe ritenuto un vigliacco. La situazione politica e l'ordine pubblico di Cascina erano però estremamente gravi. L'agguato avvenne il 19 marzo del 1922, verso le ore 22, sul Fosso Vecchio (una piccola strada che ancora oggi collega Cascina alle varie frazioni cittadine che si trovano lungo la Tosco Romagnola fino a Navacchio), mentre il Comaschi stava tornando a casa dopo aver partecipato ad una riunione nella frazione di Marciana, accompagnato in calesse da alcuni suoi compagni (Bindi Pietro, Vagelli Guglielmo e Cateni Giovanni). Comasco venne colpito alla tempia da un colpo di rivoltella e morì immediatamente. Fu vano ogni tentativo di salvarlo nonostante i compagni lo avessero immediatamente trasportato alla Pubblica Assistenza di Cascina.

    Negli atti processuali riguardanti l'omicidio sono contenuti tutti i dettagli dell'accaduto: sia relativamente al delitto sia sugli spostamenti appena precedenti l'agguato, non che il nome dei presunti colpevoli. Gli assalitori facevano parte di un gruppo proveniente da Marciana (lo testimoniano i bossoli della rivoltella rinvenuti nel punto in cui partirono gli spari dal lato sinistro della strada, adiacente alle campagne marcianesi), i quali erano a conoscenza dell'itinerario che avrebbero compiuto Comaschi e i suoi compagni. I movimenti di questi ultimi erano stati prevedibili, anche perché la loro presenza era stata notata, quella stessa sera, in vari locali della frazione di Marciana dove Comaschi si era recato destando un certo turbamento nell'ambiente fascista. Dalle prime indagini esperite dopo il delitto, risulta che mentre Comaschi si trovava con i suoi compagni nell'esercizio del Seppia a bere e a parlare entrarono alcuni fascisti come Damiani Pilade e Paoletti Vasco che chiesero appunto ad un amico di Comaschi cosa, quest'ultimo, fosse venuto a fare e riscontrando, di fatto, la sua presenza nel luogo.

    Il funerale

    l giorno seguente la morte di Comaschi tutta Cascina fu in lutto. Fu indetto uno sciopero spontaneo per esternare la protesta e la rabbia dei cittadini e furono chiusi tutti i negozi. Il dolore così espresso dalla cittadinanza suscitò l'attenzione di molti quotidiani, locali e non, come La Nazione e L'Avanti che riportarono un'attenta descrizione di questi fatti. I funerali di Comaschi, ai quali presero la parola per l'ultimo saluto Gusmano Mariani, Pilade Caiani e il sindaco di Cascina, Giulio Guelfi, rappresentarono per la cittadina toscana l'ultima manifestazione “libera” prima dell'avvento effettivo del fascismo. Al funerale presero parte numerosissimi cittadini e lavoratori. Il quotidiano “Umanità nova” scrisse “Cascina era tutta parata in rosso e nero. Il corteo funebre ha attraversato le vie seguito da un enorme folla commossa e piangente. Dalle finestre piovevano fiori, gettati da mani gentili, sulla cassa del martire. Oltre 60 corone seguivano il corteo. Ogni classe di cittadini, senza distinzione di partiti, si è unita alla manifestazione di cordoglio e protesta”.

    Anche molti anni dopo altri giornalisti come Gusmano Mariani scrissero della vicenda Comaschi “fondatore di un circolo operaio in cui aleggiava lo spirito libertario con sala di lettura e biblioteca”,”giovane pieno di grande bontà, che nutriva tanto amore per i piccoli, questo spirito di artista. Questo appassionato organizzatore, questo assertore del principio di solidarietà, era anche pieno di ardimento, era un ribelle”

    Il processo

    Il giorno successivo all'omicidio di Comasco Comaschi iniziarono subito le indagini da parte della Questura di Pisa e dei Carabinieri di Cascina che arrivarono ad arrestare un gruppo di fascisti di cui sette vennero fermati nei giorni immediatamente successivi l'omicidio. Gli imputati vennero però assolti tra il 20 marzo e l'11 luglio e l'8 novembre del 1922 in quanto la Corte di Appello di Lucca dichiarò di non dover procedere per insufficienza di prove, con la formula “non luogo a procedere”. La scelta della Corte evidenziò, ancora una volta, quanto le istituzioni politiche e statali fossero dedite e asservite al movimento fascista. I presunti attentatori, comunque, risultano essere stati: Italiano e Giuseppe Casarosa, Gaetano Diodati, Dante Bertelli, Pilade Damiani, Giovanni Barontini, Orfeo Gabriellini, Vasco Paoletti, Francesco del Seppia e Arturo Masoni.

    Costoro negarono il loro coinvolgimento nell'accaduto e dimostrarono l'estraneità all'omicidio, perché ognuno di loro possedeva un alibi preciso e non attaccabile confermato da svariati testimoni che sottoposti ad interrogatorio confermarono i fatti. In base ad alcune successive indagini emersero alcuni testimoni dell'omicidio, ma nessun verbale è stato redatto perché nessuno di loro ebbe coraggio di denunciare gli esecutori per paura di ritorsioni e violenze.

    Il fratello di Comasco, Vasco Comaschi, nella sua deposizione processuale dichiarò infatti “Per quanto sia sempre mia convinzione che autori dell'omicidio di mio fratello siano state le persone arrestate, ad eccezione del Masoni Arturo, che mi assicurano non avervi preso parte, tuttavia non sono in grado di fornire altre prove in proposito, perché ritengo che tutte le persone che potrebbero deporre a carico dei detti arrestati si tacciono per paura di rappresaglie”.

    Vasco Comaschi era anche a conoscenza degli episodi antecedenti l'omicidio, ossia delle minacce che i fascisti avevano mosso al fratello qualche tempo prima e per questo non aveva alcun dubbio: l'omicidio era stato, secondo lui, commesso dai fascisti. Ma le prove per avvalorare questa tesi erano poco fondate e non circostanziate.

    “Il maresciallo Frullini, della stazione carabinieri di Cascina, condusse indagini circa alcuni indizi risultanti da una lettera anonima pervenuta a Pinori Giulio, fratello uterino dell'ucciso” in virtù di alcune voci che giravano in paese: ma i risultati ebbero sempre esito negativo.

    Su richiesta di Vasco Comaschi furono eseguiti degli interrogatori di confronto tra le deposizioni di Vasco e i presunti autori dell'omicidio, ma anche in questo caso non si approdò a nessun risultato. A seguito del fallimento delle indagini, in data 15 maggio, vennero quindi scarcerati Giovanni Barontini, Casarosa Giuseppe e Italiano, Vasco Paoletti e Francesco Del Seppia per insufficienza di prove a loro carico. Il processo continuò solo nei confronti di Damiani, Gabriellini e Diodati ma, non avendo ottenuto alcuna prova concreta sulla loro colpevolezza, anche quest'ultimo procedimento venne sciolto e in data 11 luglio i tre imputati vennero definitivamente scarcerati.

    La confessione

    quando, intorno alle ore 19, Orfeo Gabriellini, appena rientrato a Cascina da Brescia (dove aveva preso parte all'ex G.N.R. e prestato servizio a Malarno, fino alla liberazione di Bologna) venne percosso dalla folla lungo il Corso Vittorio Emanuele perché sospettato di essere responsabile dell'omicidio di Comaschi. Il maresciallo Mascolo Adolfo, allora comandante della Stazione di Cascina, sottrasse Orfeo Gabriellini alla furia popolare e lo trattenne in caserma, dove il fascista confessò di aver partecipato all'uccisione di Comasco Comaschi e di aver dato a quest'ultimo una bastonata nel gennaio del 1922.

    In seguito a questa confessione e alla conseguente nuova denuncia da parte di Vasco Comaschi, nel marzo del 1945, fu riaperta dalla Corte una nuova istruttoria.

    Alla fine del processo Orfeo Gabriellini, Dante Bertelli (che fino ad allora non era mai stato citato nell'elenco degli imputati), Pilade Damiani, Gaetano Diodati, Italiano e Antonio Casarosa e Felloni Giuliano vennero condannati.

    Monumento

    L'omicidio di Comaschi è rimasto fortemente impresso nella memoria pubblica dei cittadini di Cascina perché intriso di forte significato storico e ideologico. Proprio per questo motivo il giorno 19 marzo del 1961 venne collocato, nella centrale Piazza dei Caduti per la Libertà, un cippo commemorativo dedicato a Comasco Comaschi, realizzato dallo scultore Francesco Morelli, in occasione dell'anniversario della liberazione, quando furono inaugurati i “Sentieri della libertà e della Resistenza” con i quali l'attuale comune pisano ha voluto ricordare le vittime, i luoghi e le persone che si sono opposte al fascismo, sacrificando la propria vita e permettendo di raggiungere, a piccoli passi, la libertà e la democrazia.
    Funerali di Comaschi
    Biblioteca Franco Serantini - Biblioteca Franco Serantini
     

    Cartolina Commemorativa

    Biblioteca Franco Serantini - Biblioteca Franco Serantini

    Cartolina commemorativa di Comasco Comaschi



    Germinale Concordia, noto anche con lo pseudonimo di Michele (Mombaruzzo, 6 settembre 1913 – Milano, 13 novembre 1980), è stato un partigiano, anarchico e politico italiano. È comunemente conosciuto come Germinal Concordia  

    Biografia

    Antifascismo e Resistenza

    Autodidatta, si avvicina all'antifascismo attraverso la lettura delle opere di Benedetto Croce ed una successiva corrispondenza col filosofo. Attivo fin dall'inizio nella Resistenza italiana con il nome di Michele partecipa alla Battaglia del San Martino e successivamente forma, insieme ad Armando Rossi Racagni, un composito gruppo partigiano che opera nel Milanese, in provincia di Brescia e anche in Veneto.

    Inizialmente in un rapporto fluido e spesso conflittuale con le forze del Partito Comunista Italiano il gruppo di Concordia si avvicina progressivamente alle formazioni socialiste, dirette da Corrado Bonfantini e a quelle anarchiche animate da Mario Orazio Perelli ed Antonio Pietropaolo. Proprio unendosi a queste ultime darà vita successivamente alle Brigate Bruzzi Malatesta, di cui sarà uno dei comandanti.

    Arrestato nel 1944 dai fascisti dà luogo ad una controversa trattativa a cui partecipano da una parte Corrado Bonfantini e dall'altra alti gerarchi della Repubblica Sociale Italiana come il questore Bettini, il prefetto Bassi e il gen. Nicchiarelli con l'obiettivo dichiarato di proclamare una repubblica di stampo socialista prima dell'arrivo degli Alleati. Queste trattative si intersecano con i tentativi di mediazione che nello stesso periodo fanno capo rispettivamente al filosofo Edmondo Cione e al giornalista Carlo Silvestri. La trattativa verrà decisamente condannata dal CLNAI.

    In ogni caso questi contatti consentono alle Brigate Matteotti una estesa opera di infiltrazione nelle forze di polizia repubblichine che fornirà ai partigiani preziose informazioni, la possibilità di liberare prigionieri e di ottenere rifornimenti di armi.
    Il 2 marzo 1945 Concordia viene nuovamente arrestato ed insieme a Pietropaolo ed altri portato al Carcere di San Vittore. Qui parteciperà alla rivolta dei detenuti in occasione della insurrezione del 25 aprile.

    Dall'anarchismo al comunismo filojugoslavo

    Nell'immediato dopoguerra tenta di orientare il movimento anarchico italiano verso soluzioni riformiste e, al Congresso di fondazione della Federazione anarchica italiana, è uno dei principali sostenitori delle tesi revisionistiche. Di fronte al fallimento del tentativo costituisce, insieme a Perelli, Pietropaolo e Carlo Andreoni una effimera Federazione Libertaria Italiana.

    Nel 1949, ormai lontano dall'anarchismo, fonda il Partito Comunista Nazionale Italiano su posizioni filotitoiste, e negli anni successivi si avvicina alle posizioni di Bruno Rizzi, anima le riviste La Comune e Tempi moderni e fonda la casa editrice Italpress con lo scopo di far conoscere in Italia il dissenso in pieno sviluppo nei paesi dell'Est.

    Note

    1. ^ Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015. Concordia ha lasciato un ampio memoriale sulle sue vicende resistenziali custodito presso l'archivio della Fondazione A. Kuliscioff di Milano
    2. ^ Cesare Bermani, Il "rosso libero". Corrado Bonfantini organizzatore delle brigate "Matteotti", Milano, Fondazione Anna Kuliscioff, 1995; Cesare Bermani, Anarchici e socialisti a Milano nella Resistenza, «L’Impegno : Rivista di storia contemporanea», Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, a. XXIX, n.s., n. 2, dicembre 2009
    3. ^ Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015.
    4. ^ L'interpretazione storiografica di tutte queste vicende è estremamente controversa ed oggetto di letture spesso di segno opposto. Anche sulla cronologia e sul reale svolgimento di alcuni eventi manca una ricostruzione univoca. Per un esempio di interpretazioni fortemente divergenti si veda da un lato Stefano Fabei, I neri e i rossi : tentativi di conciliazione tra fascisti e socialisti nella repubblica di Mussolini, Mursia, 2011 e dall'altro Cesare Bermani, Il "rosso libero". Corrado Bonfantini organizzatore delle brigate "Matteotti", Milano, Fondazione Anna Kuliscioff, 1995; Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015
    5. ^ Giorgio Bocca accusa per questo motivo Bonfantini di "attivismo confusionario", Giorgio Bocca, La repubblica di Mussolini, Bari, Laterza, 1977, p. 306.
    6. ^ Carlo Strada, Nel nome di Matteotti: materiali per una storia delle Brigate Matteotti in Lombardia, 1943-45, Franco Angeli, 1982.
    7. ^ Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015, p. 141-146
    8. ^ Gino Cerrito, Il ruolo della organizzazione anarchica. L'efficientismo organizzativo il problema della minoranza il periodo transitorio classismo e umanesimo, Catania, RL, 1973, p. 112-121.
    9. ^ Massimo Lampronti, l’altra resistenza, l’altra opposizione (comunisti dissidenti dal 1943 al 1951), Poggibonsi, Lalli, 1984, Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015.
    10. ^ Dizionario biografico degli anarchici italiani, voce Germinale Concordia, Pisa, BFS, 2003.

    Bibliografia

    • Dizionario biografico degli anarchici italiani, voce Germinale Concordia, Pisa, BFS, 2003;
    • Cesare Bermani, Il "rosso libero". Corrado Bonfantini organizzatore delle brigate "Matteotti", Milano, Fondazione Anna Kuliscioff, 1995;
    • Cesare Bermani, Anarchici e socialisti a Milano nella Resistenza, «L’Impegno : Rivista di storia contemporanea», Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli “Cino Moscatelli”, a. XXIX, n.s., n. 2, dicembre 2009;
    • Massimo Lampronti, l’altra resistenza, l’altra opposizione (comunisti dissidenti dal 1943 al 1951), Poggibonsi, Lalli, 1984;
    • Mauro De Agostini, Franco Schirone, Per la rivoluzione sociale. Gli anarchici nella Resistenza a Milano (1943-1945), Milano, Zero in condotta, 2015;
    • Stefano Fabei, I neri e i rossi : tentativi di conciliazione tra fascisti e socialisti nella repubblica di Mussolini, Mursia, 2011;
    • Edmondo Cione, Storia della Repubblica Sociale Italiana, Caserta, Il Cenacolo, 1948, p. 384-385;
    • Giorgio Bocca, La repubblica di Mussolini, Bari, Laterza, 1977;
    • Carlo Strada, Nel nome di Matteotti: materiali per una storia delle Brigate Matteotti in Lombardia, 1943-45, Franco Angeli, 1982;
    • Emanuela Minuto, Frammenti dell’anarchismo italiano 1944-1946, Pisa, ETS, 2011.
     
    Germinal Concordia
     
    Germinal Concordia e Marilena Dossena a casa di Bruno Rizzi (anni Cinquanta)
     
    Notizie su Germinal Concordia apparvero sul quotidiano madrileno ABC del 27 settembre 1950
     
    Foto di Attilio Conti 
    Alepro95 - Opera propria Creato: 15 marzo 2017
    Attilio Conti (Castellammare Adriatico, 17 giugno 1880 – Pescara, 21 gennaio 1945) è stato un sindacalista e anarchico italiano. 

    Primi anni del XX secolo

    Milita nella locale sezione socialista. Biografato nel 1902 per «propaganda fra gli operai e i contadini». Passa all'anarchismo. Nel 1909 riceve e diffonde il numero unico «Nihil», redatto a Chieti da Federico Mola e Carlo Alessandrelli e stampato nella tipografia di Camillo Di Sciullo. Nello stesso anno promuove le pubblicazioni de «Il Grido», foglio dei libertari di Castellamare Adriatico. Riceve, diffonde e scrive per «Volontà». Nel 1913 contribuisce alla costituzione del locale gruppo anarchico Carlo Pisacane. È tra i promotori del Convegno Sovversivo di Castellamare Adriatico del 1º febbraio 1914. Il convegno, constatate le necessità pratiche di un'intesa rivoluzionaria di base, si pronuncia per l'unità d'azione di socialisti e anarchici, «i soli in grado di creare un serio e pratico movimento di classe», ed esprime parere favorevole alla costituzione di un comitato regionale col compito di propagandare le «idee rivoluzionarie e i principi anticapitalistici». Partecipa nello stesso mese alle agitazioni condotte dai ferrovieri per i miglioramenti economici, contro la guerra libica e contro il militarismo. Dal 10 al 13 giugno 1914 prende parte attiva allo sciopero della settimana rossa, tenendo accesi comizi a Castellamare Adriatico, Pescara e nei centri abitati del circondario.

    Da Palermo a Verona

    Nel 1915 è assegnato a Palermo per gli obblighi di leva. Nonostante «in divisa», prende parte attiva alle mobilitazioni pro-Carlo Tresca promosse da anarchici e socialisti rivoluzionari; l'agitazione finisce con scontri di piazza tra manifestanti e forze dell'ordine. Si congeda nel 1918 e si trasferisce a Verona. Sostiene le agitazioni che prendono piede fin dall'inizio del 1919. Viene incaricato a dirigere quella Camera del Lavoro che, nel mese di marzo, annuncia adesione all'Unione sindacale italiana (USI). Nel corso dell'anno la Camera del Lavoro a direzione sindacalista è protagonista nel contesto sindacale veronese. La prefettura sottolinea Conti «pericolosissimo organizzatore ed agitatore di masse», introduce «sistemi addirittura bolscevichi», spingendo gli operai a presentare memoriali con richieste «sopra le righe» per poi dichiarare immediatamente sciopero nel caso la direzione delle aziende non avesse accettato le richieste. Nel 1919 la Camera del Lavoro organizza circa 40.000 aderenti, estendendo la sua influenza anche a categorie di lavoratori che erano rimasti estranei al processo di sindacalizzazione dell'anteguerra. Complessivamente organizza i lavoratori delle industrie tessili e metalmeccaniche, dipendenti pubblici e dei servizi, infermieri, barbieri, lavoratori della ristorazione, spazzini, fattorini telegrafici, manovali avventizi nelle ferrovie, carrettieri, autisti, guardiani notturni, facchini, gasisti, commercianti ambulanti, braccianti, operai e lavoratori edili. In occasione di alcuni scontri di piazza verificatisi a Lonigo durante uno sciopero degli operai di un cotonificio, Conti subisce un arresto. Oratore di un comizio del 6 luglio 1919 a Verona con Armando Borghi, Virgilia D’Andrea ed un rappresentante dei minatori del Valdarno; gli interventi sono infuocati, si auspica a breve anche in Italia una rivoluzione sul modello della Russia sovietica. Capeggia il giorno successivo una manifestazione di un migliaio di operai contro il carovita. Denunciato per incitamento all'odio di classe. Nel mese di settembre, in seguito ad una polemica interna, presenta le dimissioni da segretario.

    Biennio rosso

    Torna in Abruzzo. È segretario della Camera del Lavoro confederale di Castellamare Adriatico fino al fascismo. Riceve e diffonde «Volontà». Con Lidio Ettorre ed Alessandro Pica è tra gli oratori del comizio per la Russia sovietica di Giulianova del 19 ottobre 1919. Il 2 novembre è tra gli oratori del grande comizio di Teramo per la presentazione dei candidati socialisti promossa dal Partito Socialista Italiano e dalle locali sezioni della Lega Proletaria: «Conti fustigò la vile borghesia che non sapendo reagire apertamente e lealmente, dopo aver condotto il paese al disastro, cerca nei palleggiamenti elettorali e nei connubi innaturali, la forza per contrastare il passo al popolo che si avanza minaccioso. Ricordò come tutto questo sia inutile perché ormai il popolo è in cammino verso la redenzione, verso il trionfo dell'Internazionale». Lo stesso giorno è a Giulianova quale oratore designato per l'inaugurazione della bandiera della locale sezione della Lega Proletaria. Attivissimo nelle lotte del biennio rosso su questioni concomitanti sul piano nazionale e locale quali il caroviveri, il pacifismo e l'antimilitarismo, l'emancipazione politica ed economica del proletariato, le libertà e i diritti sindacali. Guida svariate mobilitazioni e manifestazioni popolari contro il ripetersi degli eccidi proletari. Capeggia anarchici, socialisti e ferrovieri di Castellamare Adriatico e Pescara «all'assalto» di un comizio che dannunziani e nazionalisti tengono a Pescara. Sul versante politico è attivo nella propaganda anarchica, per la ricomposizione del movimento locale, nel cercare di orientare lo sforzo comune verso la sollecitazione delle masse alla formazione dei gruppi del Fronte unico rivoluzionario (FUR). Al fianco di Quirino Perfetto è tra i principali promotori del percorso organizzativo preparatorio al convegno anarchico regionale di Sulmona del 20 maggio 1920, nel corso del quale si delibera la costituzione della Federazione anarchica abruzzese (FAA) aderente all'Unione anarchica italiana (UAI). Tra i mesi di maggio e giugno organizza i gruppi anarchici di Guardiagrele e Tocco Casauria, entrambi aderenti alla FAA. Partecipa al II congresso che l'UAI tiene a Bologna (1-4 luglio 1920) quale delegato del gruppo Carlo Pisacane. Organizza il II convegno della FAA (Castellamare Adriatico, 15 agosto 1920). Il 29 agosto 1920 è tra gli oratori del comizio di Giulianova a conclusione della mobilitazione popolare contro gli eccidi proletari, per le vittime politiche e per la Russia sovietica. Oratore del comizio di Caramanico del 30 agosto 1920 contro gli eccidi proletari e per la libertà delle vittime politiche. Il 9 settembre 1920 organizza a Castellamare Adriatico la conferenza di Guglielmo Boldrini, oratore designato dalla Commissione di Corrispondenza dell'UAI per un giro di propaganda anarchica in Abruzzo. Nei mesi di novembre e dicembre promuove mobilitazioni e comizi per la libertà dei prigionieri politici e per la scarcerazione immediata di Errico Malatesta, Borghi e dei redattori di «Umanità Nova».

    Reazione e controrivoluzione

    Arrestato a Castellamare Adriatico il 2 gennaio 1921 e condannato dalla Corte d'Assise di Brescia a cinque mesi di reclusione, per aver vilipeso l'esercito in un comizio tenuto a Montagnana, nel padovano nel 1919. Partecipa al III convegno che la FAA tiene a Sulmona il 23 ottobre 1921. Interviene al III congresso dell'UAI di Ancona (1-4 novembre 1921). Organizzatore ed oratore del comizio pro-Sacco e Vanzetti di Castellamare Adriatico del 22 ottobre 1921. Nel 1922, la sua attività di segretario della Camera del Lavoro confederale di Castellamare Adriatico è davvero notevole. Nel mese di gennaio costituisce a Fossacesia una Lega di Resistenza composta da 150 operai, dando avvio ad una lotta per l'aumento dei salari. Sempre nel gennaio è oratore a Fossacesia del comizio pro-Sacco e Vanzetti al Teatro Comunale. Il 12 marzo 1922 riorganizza la Lega degli operai edili di Castellamare Adriatico aderente alla Camera del Lavoro; la nuova Lega vota immediatamente un ordine del giorno di lotta contro la disoccupazione. Dal 20 marzo 1922 dirige l'agitazione degli operai dell'officina D'Achille, tutti aderenti alla Camera del Lavoro. Dal mese di aprile è dirigente della sezione dell'Alleanza del Lavoro (AdL) di Castellamare Adriatico. È tra gli organizzatori dello sciopero del I Maggio e tra gli oratori del comizio in Piazza Vittorio Veneto. Lo stesso giorno è tra gli oratori del comizio di Penne. Organizza il IV convegno che la FAA tiene a Castellamare Adriatico il 7 maggio 1922. Contribuisce all'organizzazione dello sciopero del I agosto indetto dall'AdL.

    Dittatura e clandestinità

    Con l'avvento del fascismo è sottoposto a vigilanza e a numerose perquisizioni domiciliari. In relazione epistolare con Francesco Ippoliti negli anni Venti. Diffidato nel novembre 1930. Il 19 gennaio 1932, dopo una protesta di lavoratori disoccupati avvenuta tra Popoli e Bussi, dalle indagini risulta militante di una cellula anarco-comunista attiva nella province di Chieti e Pescara, al fianco di Luigi Meta. Nel 1935 la prefettura di Pescara ordina una perquisizione presso la sua abitazione perché «accanito antifascista e iscritto nell'elenco delle persone d'arrestarsi in determinate circostanze»; vengono sequestrati opuscoli e giornali di propaganda anarchica. Viene ammonito. Arrestato e condannato a cinque anni di confino a Pisticci nel novembre del 1940 per disfattismo politico (per aver «borbottato» dentro una tabaccheria che «invece dei discorsi di Mussolini ci vuole il pane»). Liberato condizionalmente il 14 gennaio 1943. Le cattive condizioni di salute conseguenti ai maltrattamenti subiti lo portano alla morte poco dopo la Liberazione. Il primo numero del risorto foglio socialista di Castellamare Adriatico «Il Proletario», pubblicato il 18 febbraio 1945, commemora la morte di Conti avvenuta da pochi giorni, ricordando come avesse tenuto ancora comizi anarchici e antifascisti fino al dicembre del 1944.

    Fonti

    • E. PUGLIELLI, Il movimento anarchico abruzzese 1907-1957, Textus, L'Aquila, 2010
    • E. PUGLIELLI. Dizionario degli anarchici abruzzesi, CSL "C. Di Sciullo", Chieti, 2010
    • ACS, CPC, b. 1451, f. ad nomen
    • Da Pescara. Imprudenze Libertarie, «L'Avvenire», Organo dei Socialisti del Collegio di Aquila, Aquila, 15 agosto 1909
    • Comunicati, «Il Libertario», Giornale anarchico, La Spezia, 7 agosto 1913
    • Castellamare Adriatico, «Volontà», Periodico di propaganda anarchica, Ancona, 31 gennaio 1914; Uno dei cento, Ivi, 14 febbraio 1914
    • Da Giulianova. Comizio socialista, «Abruzzo Rosso», Organo settimanale della Federazione Socialista Abruzzese, Aquila, 25 ottobre 1919; La solenne proclamazione dei nostri candidati, Ivi, 7 novembre 1919; Danesi fischiato e sconfitto in contraddittorio, Ibidem
    • Movimento Anarchico. Sulmona, «Umanità Nova», Quotidiano anarchico, Milano (poi Roma), 4 aprile 1920; Movimento Anarchico. Aquila, Ivi, 10 aprile 1920; Convegno anarchico abruzzese. Sulmona, Ivi, 4 maggio 1920; Provocazioni e violenze. Pescara, Ivi, 13 maggio 1920; Secondo Congresso dell'Unione Anarchica Italiana, Ivi, 7 luglio 1920; Sulmona – Federazione Anarchica Abruzzese, Ivi, 22 luglio 1920; Convegno della Federazione Anarchica Abruzzese. Sulmona, Ivi, 11 agosto 1920; Comunicati. Aquila, Ivi, 22 agosto 1920, Il 2º Convegno degli anarchici d'Abruzzo, Ivi, 24 agosto 1920; Comizi e manifestazioni. Giulianova, Ivi, 2 settembre 1920; La fiera elettorale. Pescara, Ivi, 19 settembre 1920; Ivi, 9 dicembre 1920; Congresso Anarchico Abruzzese, Ivi, 30 gennaio 1921; Convegno Anarchico Abruzzese. Bagnoli del Trigno, Ivi, 11 febbraio 1921; Movimento Anarchico. Castellamare Adriatico. Ai Gruppi anarchici ed ai compagni, Ivi, 29 aprile 1922; IV Convegno della Federaz. Anarchica Abruzzese. Per la propaganda e per il quotidiano, Ivi, 13 maggio 1922
    • Da Castellamare. L'Alleanza del Lavoro Costituita a Castellamare, «L'Abruzzo Rosso», Organo del Partito Comunista d'Italia, Aquila, 6 aprile 1922; Da Castellamare Adriatico, Ivi, 9 maggio 1922; Da Castellamare. La reazione contro i ferrovieri scioperanti, Ivi, 10 settembre 1922; Da Castellamare. Le giornate di sciopero. Il magnifico slancio della massa ferroviaria soffocato dal disfattismo e dalla inettitudine dei capi della sezione del sindacato. La fuga dei socialisti. L'apparizione delle teste di morto. Ignobili contatti col nemico, Ivi, 20 agosto 1922
    • Il primo maggio in Abruzzo. Nostre corrispondenze. Da Castellamare, «La Riscossa d'Abruzzo», Organo della Federazione Repubblicana Abruzzese-Molisana, Castellamare Adriatico, 6 maggio 1922; Attraverso l'Abruzzo. Da Castellamare, Ivi, 13 maggio 1922; Attraverso l'Abruzzo. Da Castellamare, Ivi, 12 agosto 1922; Le punizioni dei ferrovieri, Ivi, 7 ottobre 1922
    • ANONIMI COMPAGNI, 1914-1945 Un trentennio di attività anarchica, Samizdat, Pescara, 2002, p. 72
     
    Foto di Attilio 
    Alepro95 - Opera propria
     
    CORIO, Silvio Celestino 
    Nasce a Saluzzo (Cn) il 26 ottobre 1875 da Giuseppe Eugenio Luigi e Domenica Chiara, tipografo. Inizia la sua attività politica a Torino, dove frequenta i circoli socialisti ed in seguito quelli anarchici. Già agli inizi del 1893 collabora al periodico libertario «L’Ordine». Durante l’adempimento del servizio di leva C. denuncia in un giornale la morte di un commilitone causata dai soprusi dei superiori e viene di conseguenza assegnato a una compagnia di disciplina, dal luglio 1897 al dicembre 1898, per aver propagandato principi sovversivi. Terminato il servizio di leva, si trasferisce a Parigi dove entra in contatto con il gruppo d’anarchici legati a Felice Vezzani e qui tenta di fondare il foglio libertario «Vita nuova». Durante il suo soggiorno in Francia è sospettato d’aver mantenuto contatti con Gaetano Bresci e di essere coinvolto nell’attentato a Umberto I. Nell’ottobre del 1901, C. viene arrestato e condannato a due mesi di carcere per aver contravvenuto a un decreto d’espulsione emanato per un articolo riguardante la situazione politica italiana pubblicato l’anno precedente sul giornale «Le Libertaire». Scontata la pena ed espulso dalla Francia, C. si trasferisce a Londra trovando ospitalità in casa dei fratelli Luciano ed Arturo Campagnoli dove viene raggiunto dalla compagna, l’anarchica Clelia Alignani. Nonostante le difficoltà, soprattutto di carattere economico, che C. deve affrontare nel periodo successivo al suo arrivo, egli s’inserisce immediatamente nella numerosa colonia d’anarchici rifugiatisi nella capitale inglese e si fa partecipe di numerose iniziative. Con E. Malatesta, Gennaro Pietraroja, e Carlo Frigerio, C. promuove e contribuisce a quasi tutti i giornali e numeri unici in lingua italiana pubblicati dagli anarchici in Londra, utilizzando spesso lo pseudonimo di “Crastinus”. Nel 1901 pubblica «L’Internazionale» (gen.-mag. 1901), giornale eclettico che voleva essere luogo di dibattito tra le varie tendenze del movimento anarchico e di cui escono, tra gennaio e maggio, quattro numeri. L’anno seguente è redattore, con Arturo Campagnoli e Frigerio del giornale «Lo Sciopero generale/La Grève générale» (mar.-giu. 1902). Nel 1902 appare tra i firmatari della circolare di Malatesta che lancia la pubblicazione del giornale «La Rivoluzione sociale», (ott. 1902–apr. 1903). Sempre nel 1902 C. fa parte del gruppo “Bresci”, composto tra gli altri anche da Frigerio e Pietro Gualducci, gruppo che ha momenti di forte attrito con Malatesta in occasione delle polemiche che accompagnano lo smascheramento della spia Enrico Rubini. C. contribuisce anche ai fogli di carattere antiorganizzatore promossi da Adolfo Antonelli: «Germinal» (1° mag. 1903), e «L’Insurrezione» (lug. 1905). C. svolge la sua attività politica anche all’interno della comunità internazionale anarchica presente nella capitale inglese. Nel 1902 fa parte del comitato di iniziativa di una Società Editrice Internazionale, rappresentandovi, insieme a Romeo Tombolesi ed Enrico Bellelli, il gruppo italiano e nello stesso anno è tra i fondatori dell’Università Popolare Italiana, per la cui costituzione si uniscono le principali associazioni e società della colonia italiana. Nel 1905, quando Malatesta ripropone una simile iniziativa C. si presta come insegnante di disegno. Nel 1907 insieme a Malatesta partecipa al convegno internazionale anarchico di Amsterdam dove conosce Guy Aldred. Tornato a Londra contribuisce, verosimilmente come tipografo, alla pubblicazione del giornale «Voice of labour», organo dell’anarcosindacalismo inglese. Nel 1909 ricopre l’incarico di segretario del comitato di gestione del Club Internazionale di Charlotte Street e dal 1911 fa parte del gruppo anarchico del Circolo di Studi Sociali. In questi anni C. lavora soprattutto come tipografo, pur dovendosi improvvisare nei periodi di maggiore difficoltà anche commerciante e cameriere. C. svolge un’ampia attività come pubblicista. Scrive articoli in numerosi giornali tra cui l’«Herald of revolt», fondato da Aldred, dove appare l’articolo Hyndman’s Guns (lug. 1911), in cui attacca la politica militarista del leader socialista. L’articolo viene ristampato su altri giornali, tra cui «Les Temps nouveaux», «Il Risveglio» e «De Vrij socialist». Scrive anche su «The Anarchist» di Glasgow in occasione delle mobilitazioni in favore di Ettor e Giovannitti; e nel 1911, su «The Star», «Justice», «The Daily Herald» e l’«Avanti!» contro la spedizione italiana in Libia firmandosi anche con lo pseudonimo di “Qualunque”. L’attività anticolonialista rappresenta da allora uno dei maggiori impegni politici di C.. Nel 1912 C. collabora al numero unico pubblicato dagli anarchici Italiani a Londra: «La Guerra tripolina» (apr. 1912). La pubblicazione di questo giornale è il punto di partenza della controversia giudiziaria che vede coinvolti Malatesta e la spia del Ministero degli Interni Enrico Bellelli; vicenda che si conclude con la condanna di Malatesta a tre mesi di carcere per diffamazione, cui sarebbe dovuto seguire un provvedimento d’espulsione. C. fa parte del Malatesta Release Committee che, tra maggio e giugno del 1912, organizza iniziative e manifestazioni di massa tali da costringere il governo inglese a ritirare il provvedimento d’espulsione. Nel 1913 C. partecipa alle riunioni preparatorie per la pubblicazione, prevista in Ancona, del giornale «Volontà», per il quale avrebbe dovuto essere corrispondente da Londra. Allo scoppio della Prima Guerra mondiale, la pubblicazione su «Il Popolo d’Italia» del 5 febbraio 1915 dell’articolo Parlando con Hyndman in cui C. prende posizione a favore dell’entrata in guerra a fianco dell’Intesa contro il militarismo tedesco, provoca la dura reazione degli anarchici contrari all’intervento, in particolare di Malatesta e di Emidio Recchioni. In seguito C. rivede questa sua posizione e si fa partecipe della propaganda antimilitarista e contro l’intervento a danno della Russia sovietica. Nel dicembre del 1917 C. entra in contatto con Sylvia Pankhurst, leader del movimento femminista inglese e inizia la sua collaborazione con il «Workers’ dreadnought» giornale da lei diretto. Da quell’anno le sue attività si legano strettamente a quelle della suffragette, di cui in seguito diviene il compagno esercitando un notevole influsso sulle sue idee e attività politiche. Con il tempo C. diviene anche un collaboratore fondamentale del giornale, programmandone i numeri e occupandosi della sezione sull’attività parlamentare Parliament as we see it. La collaborazione di C. al giornale, e in particolare il fatto che dirigeva la Agenzia che lo stampava, senza mai aver preso la tessera del partito, rappresenta il pretesto con cui nel 1924 il Communist Party (British Section Third International), sanziona il boicottaggio del giornale che cessa di essere l’organo del partito. Nel 1918 C. presenzia alla conferenza di Pace di Parigi come corrispondente dell’«Avanti!» e dell’ «Herald Tribune». L’anno seguente è in Italia, per partecipare a un congresso socialista a Bologna. Durante questo viaggio, il cui reale scopo è quello di preparare il rientro di Malatesta in Italia per conto dell’USI, C. introduce la Pankhurst nel mondo socialista italiano. A metà degli anni Venti C. si converte alla religione musulmana. È anche segretario della Sezione Britannica dell’Accademia pro Interlingua, società per la promozione di una lingua internazionale per cui C. tiene una serie di conferenze. Con l’avvento del fascismo in Italia, C. si adopera con la Pankhurst per sensibilizzare il governo e la società inglese del pericolo rappresentato dallo squadrismo mussoliniano, visto con “simpatia” da larga parte del mondo britannico. C. è tra i promotori dell’unico settimanale antifascista in lingua italiana apparso a Londra, «Il Comento» (1922-24) diretto da Antonio Galasso. Oltre a collaborarci, C. si occupa sia della composizione che della stampa del giornale. Contrastato dalle autorità della colonia italiana di cui il Fascio andava assumendo il controllo, osteggiato dalla polizia e dalle autorità britanniche, indebolito da scissioni interne, «Il Comento» deve cessare definitivamente le pubblicazioni nel 1924. C. e la Pankhurst fondano un giornale di carattere letterario, «Germinal» (lug. 1923), di cui escono solo due numeri. Nel 1927 la coppia ha un figlio, Richard Keir Pethick, cui la Pankhurs decide di dare il proprio cognome suscitando scandalo nella società britannica. C. svolge anche attività e propaganda antifascista con altri rappresentanti dell’emigrazione italiana di Londra, tra cui il figlio di Recchioni, Vero (Vernon Richard), che forma un gruppo attorno al giornale «Spain and the world» che vede partecipare anche Emma Goldman, George Orwell e Maria Luisa Berneri. C. è anche in contatto con gli antifascisti rifugiatisi a Parigi. Con la Pankhurst pubblica pamphlets traducendo o prendendo spunto da GL e organizza altre attività come l’introduzione clandestina di materiale propagandistico in Italia e in Etiopa. Nel 1936, in seguito all’invasione dell’Etiopia, C. è promotore della pubblicazione del settimanale diretto dalla Pankhurst «New times and Ethiopia news», che ha una distribuzione media di circa 10.000 copie ma che raggiunge picchi di 40.000. C. Al consueto pseudonimo di “Crastinus” aggiunge anche quello di “Luce” con il quale firma una rubrica fissa Facts from Italy, in cui ragguaglia sulle persecuzioni e le condanne degli antifascisti in Italia, sul coinvolgimento delle truppe fasciste nella Guerra di Spagna, sulle condizioni economiche italiane e sulle atrocità commesse dall’esercito Italiano in Etiopia. Al giornale contribuiscono da Parigi G.E. Modigliani e Carlo Rosselli – sul cui pensiero C. scrive un lungo articolo subito dopo l’assassinio, (The thought of Rosselli, giu. 1937) – e, dagli Stati Uniti, Gaetano Salvemini. L’entrata in guerra dell’Italia viene accolta da C. come la fine di ogni ambiguità rispetto al fascismo e la possibilità di una lotta aperta per la caduta del regime. A tale scopo l’anno seguente C. dirama un appello attraverso la bbc incitando gli italiani alla lotta contro il fascismo. Attraverso «New time and Ethiopia news» C. e la Pankhurst devono occuparsi però anche dei molti antifascisti residenti in Inghilterra che erano stati indiscriminatamente internati dalle autorità britanniche allo scoppio della guerra. Nel maggio 1943, in vista della sconfitta militare dell’Italia, C. pubblica una serie di articoli in cui auspica la formazione di una assemblea costituente per la fondazione della Repubblica che doveva rappresentare il referente per le trattative di pace con gli Alleati. La caduta di Mussolini e la nomina a capo del governo di Badoglio, riconosciuto come controparte dai governi alleati, viene inevitabilmente fortemente criticata da C. (Italian Marionettes. Fascism in a New Dress by Crastinus, 14 ago. 1943). Dopo la guerra C. continua la sua attività a fianco della Pankhurst soprattutto in favore dell’ Etiopia. Muore a Woodford Green (Essex) nel gennaio 1954. (P. Dipaola)
     

    Fonti

    Fonti: Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Casellario politico centrale, ad nomen; ivi, Alignani Clelia; ivi, Pubblica sicurezza, 1905, b. 22; ivi, 1909, b. 4; ivi, 1912 b. 36; iisg, Carte PankhurtsS. Pankhurts, The Red Twilight (autobiografia inedita); Silvio Erasmus Corio, «New times and Ethiopia news», (23 gen. 1954); G. Aldred, [Necrologio], «The World», giu. 1954, p. 88..

    Bibliografia: M. David, The fighting PankhurtsA study in tenacity, London 1967; S. Franchini, Sylvia Pankhurst 1912-1924. Dal suffragismo alla rivoluzione sociale, Pisa 1980; C. Levy, Malatesta in exile, «Annali della Fondazione Luigi Einaudi», 1981; P.Romero, E. Sylvia Pankurst. Portrait of a Radical, New Haven and London 1987; Dizionario biografico degli italiani, Roma [pubbl. in corso], ad nomen; A. Bernabei, Esuli ed emigranti italiani nel Regno Unito1920-1940, Milano 1997, ad indicem; L. Sponza, Divided Loyalities. Italians in Britain during the Second World War, Berna 2000; M. Pugh, The Pankhursts, Allen Lane 2001; L. Odiardo con la coll. del Collettivo Vanzetti, … Di estremi sentimenti antifascisti, appunti per una biografia politica di Silvio Corio (1875-1954), [Saluzzo] 2001.

    Codice identificativo dell'istituzione responsabile

    181

    Note

    Paternità e maternità: Giuseppe Eugenio Luigi e Domenica Chiara

     
    Alfredo Cospito (Pescara, 14 luglio 1967) è un  anarchico italiano.

    Militante anarchico insurrezionalista, nel 2014 è stato condannato a 9 anni e 5 mesi di reclusione per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, dirigente della Ansaldo Nucleare. Successivamente ha ricevuto un'ulteriore condanna a 20 anni di reclusione per un attentato con ordigni esplosivi eseguito nel 2006 la scuola allievi carabinieri di Fossano (CN). A seguito di una sentenza della Corte di cassazione, che ha riqualificato tale reato come atto terroristico "diretto ad attentare alla sicurezza dello Stato" (art. 285 c.p.), la Corte d'assise d'appello di Torino avrebbe dovuto di conseguenza emettere una condanna all'ergastolo ostativo; tuttavia la Corte costituzionale, interpellata in materia, ha stabilito la possibilità di applicare le attenuanti per lieve entità del fatto (in quanto l'attentato non aveva provocato vittime).

    Biografia

    Condanna per diserzione

    Il 16 aprile 1991 Cospito fu condannato dal tribunale militare di Roma a un anno e nove mesi di reclusione militare per diserzione aggravata, dichiarandosi al giudice "obiettore totale" e "anarchico". Fu graziato il 27 dicembre dello stesso anno dal Presidente della Repubblica Francesco Cossiga dopo uno sciopero della fame. Prima di questa condanna ne ricevette un'altra a un anno di reclusione per il «reato di mancanza alla chiamata», che scontò solo in parte grazie ad un'amnistia.

    Sempre nel 1991 fu arrestato per aver partecipato all'occupazione dell'Ex Aurum a Pescara. Nel 1996 il suo nome comparve nelle inchieste legate all'area anarco-insurrezionalista. Fino al 2008 partecipò insieme alla compagna Anna Beniamino alla redazione del giornale clandestino anarchico rivoluzionario KN03, per il quale venne accusato di istigazione a delinquere.

    Gambizzazione di Roberto Adinolfi

    Il 7 maggio 2012, a Genova, Cospito e il suo complice, Nicola Gai, si recarono in motocicletta di fronte alla casa di Roberto Adinolfi, dirigente dell'azienda metalmeccanica italiana Ansaldo Nucleare. I due spararono tre volte ad Adinolfi alle gambe, fratturandogli il ginocchio, una tattica usata in precedenza in Italia dalle Brigate Rosse. Una lettera inviata al Corriere della Sera rivendicò l'attentato per conto del Nucleo Olga della Federazione anarchica informale (FAI).

    Nelle prime ore del mattino del 14 settembre 2012 Cospito e Gai furono arrestati a Torino; i due apparentemente si preparavano a lasciare il Paese. All'udienza preliminare del rito abbreviato Cospito si rifiutò, verbalmente e di fatto, di alzarsi all'ingresso della corte. Subito dopo tentò di leggere in aula un documento autografo nel cui testo, poi messo agli atti, rivendicava l'attentato a Roberto Adinolfi, raccontando nei dettagli l'organizzazione dell'attentato e motivando tale azione attraverso una sua personale economico-politica con al centro la "società tecnologica". Nel documento, Cospito affermava che sparare ad Adinolfi fu per lui una "gioia" e un "godimento". Su richiesta del giudice venne interrotto e allontanato dall'aula dalla polizia penitenziaria. È stato condannato a 9 anni e 5 mesi per il reato.Nicola Gai ha finito di scontare la sua pena nel 2020.

    «In una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l'ignoto. In un'Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi.»

    (Dichiarazione al processo per la gambizzazione del dirigente di Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi)

    Attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano

    Mentre scontava la pena, Cospito è stato accusato insieme alla compagna Anna Beniamino dell'attentato del 2 giugno 2006 alla scuola allievi carabinieri di Fossano (CN). L'attentato, rivendicato con la sigla Rivolta Animale e Tremenda/Federazione Anarchica Informale (RAT/FAI), fu condotto, secondo la ricostruzione della corte, con una tecnica "a trappola": due ordigni esplosivi, uno minore come richiamo, e il secondo ad alto potenziale, temporizzato, per fare vittime. Solo per casualità non vi furono morti o feriti. Tuttavia Cospito ha dichiarato che si trattava di «due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno».

    A seguito dell'attentato, Cospito è stato inizialmente condannato a 20 anni di reclusione ai sensi dell'art. 422 del codice penale (reato di strage); successivamente la Corte di cassazione, su richiesta della Procura, ha riqualificato il reato in base all'art. 285 del codice penale come atto terroristico "diretto ad attentare alla sicurezza dello Stato", di conseguenza la Corte d'assise d'appello di Torino, chiamata ad emettere la sentenza, ha rimesso gli atti alla Corte costituzionale perché stabilisse la compatibilità o meno tra ergastolo ostativo e un attentato senza vittime. La Corte costiuzionale, con sentenza del 18 aprile 2023 ha dichiarato l'incostituzionalità della norma che vincolava la Corte di merito ad emettere una sentenza di ergastolo, ammettendo così la possibilità di applicare le attenuanti per fatti di lieve entità.

    Il 41-bis e lo sciopero della fame

      Il 5 maggio 2022 Cospito è stato posto in regime di reclusione 41-bis nel carcere di massima sicurezza di Bancali (SS) in Sardegna per i "numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all'esterno del sistema carcerario […] documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci".

      Il 20 ottobre 2022 Cospito ha iniziato uno sciopero della fame contro le condizioni del regime 41-bis, dimagrendo di 35 kg alla fine dell'anno. Diversi gruppi anarchici hanno manifestato in suo sostegno, mentre alcuni intellettuali e giuristi italiani hanno chiesto al Ministero della giustizia la revoca della misura, allegando, oltre a ragioni umanitarie, la "sproporzione tra i fatti commessi e le pene inflitte". Amnesty International ha preso posizione sul caso dichiarando che il 41-bis "costituisce un trattamento crudele, inumano e degradante".

      Gli avvocati di Cospito avevano fatto ricorso contro la misura detentiva del 41-bis, respinto poi dalla Corte di cassazione il 24 febbraio 2023. Già iI 19 dicembre 2022 il tribunale di sorveglianza di Roma aveva rigettato la richiesta, come successivamente lo aveva respinto il ministro della giustizia Carlo Nordio, argomentando la decisione con "la sussistenza della pericolosità sociale dell'anarchico, rimasta immutata e il rischio che possa comunicare con l'esterno". Anche una richiesta di scontare la pena agli arresti domiciliari (di fatto sospendendo il regime di 41-bis) è stata rigettata il 27 marzo 2023.

      Il 30 gennaio 2023 il detenuto è stato trasferito nel carcere di Opera; la detenzione è stata inframmezzata da periodi di ricovero nel reparto detentivo dell'Ospedale San Paolo di Milano a causa delle precarie condizioni di salute conseguenti allo sciopero della fame.

      L'avvocato di Cospito ha presentato una petizione all'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, e il 1º marzo 2023, in attesa di una decisione sul merito, il Comitato ONU ha chiesto all'Italia di adottare "misure temporanee cautelative" di attenuazione del 41-bis a favore del detenuto.

      Nella notte tra il 25 e il 26 marzo 2023 alcuni distributori automatici di tabacco in varie regioni d'Italia sono stati manomessi in un attacco informatico, riducendo il prezzo di vendita delle sigarette a €0,10 a pacchetto. Sugli schermi dei distributori compariva la scritta "Fuori Alfredo dal 41-bis".

      Il 19 aprile 2023, dopo la sentenza della Corte costituzionale che prevede la possibilità di applicare le attenuanti alla sua condanna per l'attentato di Fossano, Cospito ha annunciato l'interruzione dello sciopero della fame pur rimanendo in regime di 41 bis.

      Note

      1. ^ Matteo Pugliese, La mobilitazione della galassia anarchica per Alfredo Cospito, dalla Grecia al Cile, su editorialedomani.it. URL consultato il 4 febbraio 2023.
        «La galassia anarchica internazionale si è mobilitata in solidarietà con il terrorista Alfredo Cospito, detenuto in regime di 41bis.»
      2. ^ Redazione di Rainews, Cospito: "Non sono un martire", l'anarchico riappare in video a un processo a Perugia, su RaiNews, 15 marzo 2023. URL consultato il 22 marzo 2023.
        «"Non sono un martire ma lotto contro la repressione della libertà", è questo uno dei passaggi del lungo memoriale letto dall'anarchico insurrezionalista, detenuto in regime di 41bis nel carcere di Opera.»
      3. ^ Attentato Adinolfi: Cospito e Gai confessano in una Genova blindata, su GenovaToday. URL consultato il 25 gennaio 2023.
      4. ^ Il caso di Alfredo Cospito: chi è l’anarchico detenuto al 41bis che rischia l’ergastolo ostativo, su Fanpage. URL consultato il 12 febbraio 2022.

    1. Confermato 41bis per Alfredo Cospito. Anarchici in fermento: presidio sotto al ministero e manifestazione il 31 dicembre. URL consultato il 26 gennaio 2023.
    2. ^ ANSA 19 4 2023.

    3. Alfredo Cospito, il disertore "salvato" dalla Consulta, su ilgiornale.it, 15 settembre 2012. URL consultato il 2 febbraio 2023.
    4. ^ Gazzetta ufficiale, su Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana. URL consultato il 26 gennaio 2023.

    5. È vero che Cospito è già stato graziato nel 1991 per uno sciopero della fame?, su pagellapolitica.it, 3 febbraio 2023. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    6. ^ ' SOLO UN ANNO DI CARCERE PER CHI RIFIUTA GLI OBBLIGHI DI LEVA', su ricerca.repubblica.it, 29 luglio 1993. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    7. ^ N. 343 SENTENZA 20 - 28 luglio 1993, su gazzettaufficiale.it. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    8. ^ Cospito, l’anarchico che occupò l’Aurum: primo arresto nel ’91, su IlCentro, 1º febbraio 2023. URL consultato il 2 febbraio 2023.
    9. ^ Chi è Alfredo Cospito, l'anarchico al 41 bis VIDEO, su ansa.it, 30 gennaio 2023. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    10. ^ Chi è l’anarchico Alfredo Cospito?, su lasvolta.it, 31 gennaio 2023. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    11. ^ Cospito chi è l'anarchico dalle mille facce: dalla condanna per renitenza alla leva fino agli attentati terroristici, su ilmessaggero.it, 3 febbraio 2023. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    12. ^ Sventato attentato alla ferrovia, condannati quattro anarchici, su tusciaweb.eu, 12 marzo 2018. URL consultato il 3 febbraio 2023.

    13. Fermati due anarchiciper l'attentato ad Adinolfi, su comune.genova.it, 14 settembre 2012. URL consultato il 26 gennaio 2023.

    14. (EN) Roberto Adinolfi, Italian Nuclear Firm CEO, Shot In Genoa, su HuffPost. URL consultato il 24 gennaio 2023.

    15. (EN) A Profile of the Informal Anarchist Federation in Italy, su Combating Terrorism Center. URL consultato il 22 December 2022 (archiviato dall'url originale il 9 febbraio 2021).
    16. ^ (EN) Italian anarchists kneecap nuclear executive and threaten more shootings. URL consultato il 26 gennaio 2023.
    17. ^ Agguato Adinolfi, arrestati due anarco-insurrezionalisti, su Attualissimo. URL consultato il 24 gennaio 2023.
    18. ^ Cospito interrotto dalle urla al processo Adinolfi nel 2013. Nel documento scrive: sparare è stata 'una gioia', su Repubblica TV - Repubblica, 30 gennaio 2023. URL consultato il 4 febbraio 2023.
    19. ^ Adinolfi: Confermate condanne ad Alfredo Cospito, Nicola Gai |, su Blitz quotidiano, 30 aprile 2015. URL consultato il 16 febbraio 2023.
    20. ^ Anarchici: scarcerato Nicola Gai, condannato per l'attentato a Roberto Adinolfi, su la Repubblica. URL consultato il 24 gennaio 2023.
    21. ^ Citato in Adinolfi: Confermate condanne ad Alfredo Cospito, Nicola Gai, blitzquotidiano.it, 1 maggio 2015.
    22. ^ Chi è Alfredo Cospito, l'anarchico detenuto con il 41 bis in sciopero della fame, su tg24.sky.it. URL consultato il 25 gennaio 2023.

    23. Corte d'assise d'appello di Torino (PDF), su giurisprudenzapenale.com. URL consultato il 2 febbraio 2023.
    24. ^ Dall'attentato alla scuola carabinieri alle bombe alla Crocetta: quei nove mesi di paura firmati Fai. Gli inquirenti: "Volevano uccidere", su torino.repubblica.it, 6 settembre 2016. URL consultato il 28 gennaio 2023.
    25. ^ A Torino c’era la culla del terrorismo anarchico, su La Stampa, 26 aprile 2019. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    26. ^ Attentato alla scuola allievi carabinieri di Fossano: dalla Granda partì la stagione degli attentati anarchici, su Targatocn.it, 6 settembre 2016. URL consultato il 22 marzo 2023.
      «La mano che le ha posizionate aveva l'intenzione di colpire, di uccidere e non solo per la quantità dell'esplosivo utilizzato, ma anche per i bulloni, le viti, le pietre contenute all'interno della bomba e che al momento della deflagrazione sono stati scagliati con violenza a oltre cento metri di distanza. Gli ordigni erano di tipo rudimentale ma, come ha detto il colonnello Mario Simeoni del comando provinciale di Cuneo, «chi li ha realizzati doveva essere uno con molta dimestichezza».»
    27. ^ Processo ad Alfredo Cospito, chiesto l'ergastolo. Corteo degli anarchici: ferito un barista, su Corriere della Sera, 5 dicembre 2022. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    28. ^ Il caso di Alfredo Cospito: chi è l’anarchico detenuto al 41bis che rischia l’ergastolo ostativo, su Fanpage. URL consultato il 22 marzo 2023.
    29. ^ Il caso di Alfredo Cospito: chi è l’anarchico detenuto al 41bis che rischia l’ergastolo ostativo, su Fanpage. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    30. ^ Caso Cospito, Nordio alle Camere, Cassazione, Consulta: le prossime date - Politica, su Agenzia ANSA, 9 febbraio 2023. URL consultato il 13 febbraio 2023.
    31. ^ La Consulta apre la via per lo sconto di pena a Cospito Incostituzionale la norma che vincolava all'ergastolo, su ansa.it.
    32. ^ Il caso dell’anarchico Alfredo Cospito, dall'inizio, in Il Post, 28 dicembre 2022.
    33. ^ “Cospito deve restare al carcere duro, ecco perché”, il parere del procuratore di Torino, su ilriformista.it, 3 febbraoo 2023. URL consultato il 3 febbraio 2023.
    34. ^ L'anarchico Cospito, da 3 mesi in sciopero della fame: "Mi opporrò al Tso, dovranno legarmi al letto", su la Repubblica, 20 gennaio 2023. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    35. ^ Difensore dell'anarchico Alfredo Cospito: sta male, ha perso 35 kg, su TGLA7. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    36. ^ Anarchici in corteo contro il carcere duro ad Alfredo Cospito. Scritte e vetrine danneggiate in centro | VIDEO, su BolognaToday. URL consultato il 4 febbraio 2023.
    37. ^ (EN) Violence, vandalism at anarchist demonstration in Turin, ansa.it, 5 dicembre 2022. URL consultato il 4 febbraio 2023.
    38. ^ Per la vita di Cospito, appello al ministro della Giustizia e all’amministrazione penitenziaria, in Il Manifesto. URL consultato il 12 febbraio 2023.
    39. ^ Giuristi e intellettuali a Nordio,via il 41 bis a Cospito - Ultima Ora, su Agenzia ANSA, 7 gennaio 2023. URL consultato il 25 gennaio 2023.
    40. ^ Amnesty International: “Le autorità devono difendere i diritti umani di Alfredo Cospito e tutelare il suo diritto alla salute”, su amnesty.it, 27 gennaio 2023. URL consultato il 13 febbraio 2023.
    41. ^ F. Q., Cospito resta al 41-bis: respinto il ricorso. Lui annuncia lo stop agli integratori: “Spero che dopo di me qualcuno continui la lotta”, in Il fatto quotidiano, 24 febbraio 2023. URL consultato il 24 febbraio 2023.
    42. ^ F.Q., Alfredo Cospito, Nordio respinge l’istanza di revoca del 41bis: “Ha istigato dal carcere e c’è il rischio che comunichi con l’esterno”, in Il fatto quotidiano, 9 febbraio 2023. URL consultato il 12 febbraio 2023.
    43. ^ Adnkronos, Cospito, rigettata richiesta domiciliari: resta al 41 bis, su Adnkronos, 27 marzo 2023. URL consultato il 27 marzo 2023.
    44. ^ F.Q., Cospito, Nordio dice no alla revoca del 41-bis: “Deciderà la Cassazione a marzo”. L’anarchico trasferito a Opera: “Proseguirà lo sciopero”, in Il Fatto quotidiano, 30 gennaio 2023. URL consultato il 30 gennaio 2023.
    45. ^ Cospito ricoverato all'ospedale San Paolo, su ansa.it. URL consultato l'11 febbraio 2023.
    46. ^ Cospito torna in carcere, trasferito da ospedale Milano, su ansa.it, 27 febbraio 2023. URL consultato il 28 febbraio 2023.
    47. ^ Alfredo Cospito è stato di nuovo trasferito in ospedale, su ilpost.it, 6 marzo 2023. URL consultato il 6 marzo 2023.
    48. ^ Cospito, comitato Onu: "Italia rispetti diritti civili e politici", su adnkronos.com, 3 marzo 2023. URL consultato il 3 marzo 2023.
    49. ^ Viola Giannoli, Cospito, l'Onu: "L'Italia rispetti la dignità e l’umanità della pena", in La Repubblica, 3 marzo 2023. URL consultato il 3 marzo 2023.
    50. ^ Sigarette e gratta&vinci a 10 centesimi per liberare Cospito, su Agi. URL consultato il 27 marzo 2023.
    51. ^ Sky TG24, Attacco hacker pro Cospito ai distributori di sigarette, su tg24.sky.it. URL consultato il 26 marzo 2023.
    52. ^ Alfredo Cospito interrompe lo sciopero della fame, su adnkronos.com. URL consultato il 20 aprile 2023.







    Andrea Costa (Imola, 30 novembre 1851 – Imola, 19 gennaio 1910) è stato inzialmente anarchico protagonista di numerose iniziative inssurrezionali in Italia (Bologna, Banda del Matese ecc.), successivamente passò al socialismo parlamentare diventando il primo deputato socialista della storia d'Italia. 

    Biografia

    Andrea Costa nacque ad Imola il 30 novembre 1851. Si mise in evidenza durante il congresso di Rimini (1872) della sezione dell'Internazionale dei lavoratori e nel 1873 fu arrestato e trattenuto nel carcere di Bologna per quattro mesi. Il 1 settembre 1873 divenne presidente del IV congresso dell'Internazionale anarchica di Ginevra e si scagliò contro tutte le fazioni moderate che si opponevano alle agitazioni per il carovita:

    «... la reazione ci vuole morti, mostriamoci vivi! Alla reazione trionfante che ci calpesta, alla monarchia di diritto divino, alla repubblica borghese, al capitale, alla Chiesa, allo Stato, a tutte le manifestazioni della vita attuale dichiariamo guerra. Noi abbiamo il diritto ed avremo la forza! Convinti che la propaganda pacifica delle idee rivoluzionarie abbia fatto il suo tempo e che debba sostituirla la propaganda rumorosa, solenne dell'insurrezione e delle barricate, non lasceremo intentato alcun mezzo. Se potremmo fare che della presente società non rimanga pietra su pietra, guai a Voi, vincitori e sfruttatori di oggi.» 

    Partecipò all'insurrezione rivoluzionaria di Bologna (1874), insieme a Errico Malatesta e Michail Bakunin, e a quella della cosiddetta Banda del Matese (1877). Nel 1878 Costa espatriò in Svizzera per sfuggire alle persecuzioni repressive orchestrate contro gli anarchici, successivamente si trasferì a Parigi dove fu arrestato e condannato a 2 anni di prigione.

    Il 5 giugno 1879 Costa fu espulso dalla Francia e ritornò in Svizzera dove si legò sentimentalmente ad Anna Kuliscioff. Nello stesso anno sulla «Plebe», del 3 agosto, Andrea Costa, in una lettera intitolata Ai miei amici di Romagna, critica duramente l'impostazione insurrezionalista e settaria data alla attività dell'Internazionale in Italia. In pratica abbandonò il movimento anarchico a favore del socialismo parlamentarista, suscitando un vero e proprio vespaio di polemiche tra gli'anarchici italiani. I due ebbero una figlia, Andreina, ma col tempo il rapporto si incrinò a causa della gelosia di Costa verso la compagna e si lasciarono nel 1885. Alla gelosia di Costa, Anna rispose in questo modo:

    «Io alla fine vedo una cosa: agli uomini come sempre è permesso tutto, la donna deve essere di loro proprietà. La frase è vecchia, banale, ma ha le sue ragioni d'essere e l'avrà chissà per quanto tempo ancora». 

    Fondò la «Rivista internazionale del socialismo» (1880) a Milano e, a Imola, il settimanale «Avanti!» (1881) che divenne il giornale storico del PSI. Nel 1882 fondò il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano (aperto a tutte le scuole del pensiero socialista, quindi anche a quello anarchico) e fu eletto in Parlamento, divenendo il primo deputato socialista della storia d'Italia.

    Andrea Costa, quanto meno a parole, continuò ad auspicare la realizzazione del comunismo-anarchico, mediante l'organizzazione partitica e parlamentare, che preparasse le masse all'azione rivoluzionaria. Durante la sua attività parlamentare criticò duramente l'impresa coloniale africana del governo Crispi (1887), dell'autoritarismo umbertino e della repressione poliziesca. In seguito fu eletto sindaco di Imola nel 1893. Dal 25 marzo 1909 fu anche vicepresidente della camera.

    Morì il 19 gennaio 1910 a Imola senza essere riuscito a concretizzare realmente le proprie idee rivoluzionarie che anzi, nel corso del tempo, persero la radicalità iniziale (prova concreta fu la "convergenza" del suo partito socialista rivoluzionario all'interno del più moderato e tendenzialmente riformista PSI- 1893).

    Lettera "Ai miei amici di Romagna"

    «Miei cari amici, fin da che uscii dal carcere di Parigi e potei ritornare a me stesso e parlare e scrivere liberamente, pensai di rivolgervi alcune parole, che vi dimostrassero come io, nonostante la lunga separazione e le pratiche diverse della vita e gli avvenimenti, era pur sempre vostro e non domandava di meglio che di riprendere con voi l'opera della nostra comune emancipazione; ma le poche notizie che aveva del movimento attuale italiano, le tristi condizioni di buona parte dei nostri amici e un po'anche il mio stato di salute, mi trattennero dallo scrivervi.» 

    Nella lettera che segnò l'abbandono dell'anarchismo, Costa giustifica le motivazioni della sua scelta. Egli non rinnegò il suo passato e le tradizioni rivoluzionarie del popolo italiano, «la propagazione delle idee per mezzo dei fatti», che ispirò nel 1857 Carlo Pisacane e i suoi compagni, «noi sentiamo che dobbiamo rinnovarci, che dobbiamo tener conto delle lezioni che l'esperienza di sette o otto anni ci ha dato». Costa sosteneva che la lotta tra la borghesia e il proletariato non potrà risolversi che con la violenza, «ma essere un partito d'azione non significa voler l'azione ad ogni costo e ad ogni momento. La rivoluzione è una cosa seria». Ma se essa è inevitabile, non è affare né di un giorno né di un anno, pensava il Costa.

    «Il popolo è di natura sua idealista e non si solleverà se non quando le idee socialiste abbiano per lui il prestigio e la forza di attrazione che ebbe un tempo la fede religiosa». Nell'attesa del suo «avvenimento fatale» occorre fissare, a parere di Costa, «un programma generale», intorno al quale raccogliere tutte le forze vive e progressive, non solo quelle del proletariato ma anche quelle di una piccola parte della borghesia, i giovani soprattutto, a cui sono odiosi i privilegi della loro classe. Questo programma è il COLLETTIVISMO come mezzo, l'ANARCHIA come fine, in vista della realizzazione di quel comunismo anarchico, «che oggi apparisce come il più perfetto ordinamento sociale». «Per ora, secondo me – prosegue Costa – la cosa più importante da farsi quella di ricostituire il Partito Socialista Rivoluzionario Italiano, che continuerà l'opera incominciata dall'Internazionale e che, federandosi o prima o poi coi partiti simili esistenti negli altri paesi, ristabilirà su basi solide l'Internazionale».

    Reazioni degli anarchici al "tradimento"

    Quando Costa abbandonò l'anarchismo rivoluzionario in favore del parlamentarismo, molti anarchici si sentirono traditi da quello che era stato uno degli elementi di maggior rilievo dell'anarchismo italiano. Molti imputarono la “conversione” al riformismo alla sua amante, Anna Kuliscioff. Carmelo Palladino, uno degli storici compagni di Andrea Costa, espresse chiaramente lo stato d'animo suo e degli anarchici, con queste parole: «Ho sempre amato e stimato Costa più che un fratello, ma ora non esito un istante a ritenerlo il peggior nemico dei lavoratori». 

    Anna Kuliscioff (fotografia di Mario Nunes Vais nel 1908)

    Andrea Costa    Camera dei Deputati
     
     
    Andrea Costa

    Camera dei Deputati
     
     
    Emilio Covelli (Trani, 5 agosto 1846 – Nocera Inferiore, 15 agosto 1915) è stato un anarchico italiano. Fu insieme a Carlo Cafiero (di Barletta) uno dei più importanti esponenti italiani del movimento anarchico del Meridione, aderendo alla Federazione Internazionale dei Lavoratori. 

    Biografia

    Emilio Covelli nasce a Trani il 5 agosto 1846 in una famiglia borghese, suo padre (Francesco Paolo) era avvocato. Studia in una scuola religiosa (seminario) di Molfetta dove avrà Carlo Cafiero come compagno di classe che lo descrive con queste parole:

    «[...] al seminario, ove fummo educati insieme, egli riportò sempre il primo premio... Non solo non lo ricordo mai punito, ma mi sembra che egli imponesse una specie di rispetto e di riverenza ai superiori stessi. Parco nel parlare e nel gestire, egli possedeva la bella moderazione di un carattere mite, dolce, uguale, costante [...] La sua nera figura, angolosa e rannuvolata, il suo sguardo sospetto e scrutatore, e persino il mutismo delle sue labbra, son tutte cose che incutono soggezione». 

    Prosegue i suoi studi di diritto all'Università di Napoli poi va a perfezionarli a Heidelberg e a Berlino, frequentando le lezioni di Eugen Dühring, teorico di un socialismo non materialista e non classista e quindi in polemica con Marx e con Engels. Si interessa all'economia politica e al socialismo utopistico di Saint-Simon, Fourier e Owen. Di ritorno in Italia, aderisce all'Internazionale insieme a Cafiero e Malatesta; partecipa alla ricostruzione della sezione napoletana (dissolta dalla polizia nel 1871) e collabora al giornale La Campana.

    Nel 1877, implicato per complicità nel movimento insurrezionale del Matese, sarà imprigionato per un periodo.  Liberato, crea il giornale L'Anarchia, ma i primi numeri saranno sequestrati dalla polizia. Membro della Federazione italiana della A.I.T, è di nuovo arrestato e, l'11 luglio 1879, passa davanti il tribunale di Genova dove viene prosciolto.

    Liberato, si rifugia in Francia per sfuggire a un altro processo (dove sarà condannato in contumacia a 10 mesi di prigione). Ritrova Carlo Cafiero a Parigi, e partono insieme per Londra dove faranno uscire, il 17 novembre 1880, il giornale Redattori della Lotta! dove espone la sua critica al parlamentarismo:

    «Io credo che la rivoluzione non è l'organizzazione, in modo più o meno pacifico e legale, di un esercito che, all'ordine di uno o più capi, deve poi marciare all'assalto. In nessun paese la classe operaia è organizzata come in Inghilterra e non è meno preparata alla rivoluzione. La rivoluzione, per me, è l'azione continua di eccitamento e di perpetrazione di ogni specie di reati contro l'ordine pubblico». 

    Nel 1881, è in Svizzera e pubblica a Ginevra la rivista anarchica I Malfattori. Durante una manifestazione tenuta a Parigi il 30 ottobre 1883, inveisce contro Andrea Costa, divenuto parlamentare, definendolo «un rinnegato che ha accettato di essere deputato e triunviro della democrazia, mentre io ho rifiutato tutto, ed ho bramato la miseria, le persecuzioni, le calunnie per restare ciò che sono» .

    A partire dal 1885, inizia a dare segni di malattia psichiatrica. Viaggia in seguito a Corfù a Costantinopoli poi torna in Svizzera, fermandosi principalmente a Ouchy, dove prosegue la sua attività militante ed entrando in conflitto dialettico con il gruppo I ribelli futuri di Neuchâtel, «a proposito di due sue proposte: una relativa alla “socializzazione della terra” intesa come “rivendicazione parziale” da portare avanti indipendentemente dai fini ultimi e generali che restano il comunismo e l'anarchia; l'altra per una maggiore attenzione ai problemi della società italiana “proponendo qualche provvedimento d'immediata attuazione, qualche mezzo eroico che valga a far cessare lo spettacolo vergognoso dei poveri italiani divenuti i pezzenti del mondo”» 

    Inesorabilmente la sua malattia si aggrava, Covelli è internato dal 1892 al 1894 rimane nel manicomio di Aversa. nel 1908 rientra in Svizzera per incontrre i vecchi compagni, ma viene fermato a Locarno e nel gennaio seguente a Zurigo, dove gli viene contestato il mancato rispetto del decreto di espulsione di Locarno. Dal 1909 al 1913 si trova ricoverato a Como.  Come il suo amico Cafiero, finisce la sua vita all'ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore il 2 novembre 1915.

    Trani lo ricorda con una targa commemorativa sulla facciata del Palazzo Covelli che riporta una sua frase: «Non mi vendo né ai governi né ai partiti. Ho bramato miserie persecuzioni calunnie. Ho rifiutato tutto. Resto ciò che sono. Così parlano gli anarchici.»

    Note


  • Treccani.it

  • Damiani, Franco, Carlo Cafiero nella storia del primo socialismo italiano, Jaca Book, Milano 1974.

    1. Cantiere biografico degli anarchici in Svizzera

    Opere

    • L'economia politica e la scienza, 1874
    • Economia e Socialismo (pubblicato nel 1908).
     



    Palazzo Covelli a Trani oggi. Emilio Covelli è nato qui

    Pompeo Crespi (Sestri Levante, Italia, 19 dicembre 1897 - Parigi, Francia, 29 settembre 1971) è stato un anarchico e antifascista italiano.

    Biografia

    Nato a Sestri Levante, Pompeo Crespi diventa militante della gioventù libertaria. Durante la Prima guerra mondiale è sottufficiale della Marina militare, ma durante uno scalo a Baku diserta e partecipa alla Rivoluzione russa rimanendo in Unione sovietica sino al dicembre del 1920.  

    Tornato in Italia, viene graziato dalla pena di morte che gli era stata comminata dal governo di Francesco Saverio Nitti. Con l'avvento del fascismo, Crespi partecipa attivamente alle attività degli Arditi del Popolo contro la violenza squadrista. Non appena Mussolini diventa capo del governo, l'anarchico decide di andare in esilio nel 1926 in Francia, a Marsiglia. Dietro richiesta di estradizione ottiene una moratoria rinnovabile mensilmente sino al settembre del 1934, data in cui si trasferisce in Spagna. Nel paese iberico si sposa con una spagnola nel luglio del 1936.

    Come membro del Comitato Anarchico Italiano, insieme ad altri compagni, come Enzo Luigi Fantozzi, combatte contro le truppe franchiste per le strade di Barcellona. In seguito combatte al fronte di Aragona come miliziano inquadrato nella Sezione Italiana della Colonna Ascaso. Il 22 novembre di quell'anno, ad Almudévar, dove comanda una batteria di artiglieria, viene ferito. Benché la pallottola si trovasse tra la scapola e il polmone e non potesse essere estratta, si reca nuovamente al fronte. Il 13 aprile è nuovamente ferito a Carrascal. Rifiuta di restare in ospedale per curarsi e fa ritorno al fronte il 22 luglio 1937, però pochi giorni dopo le ferite l'obbligano a tornare indietro. Dal 3 dicembre, lavora come cuoco.

    Nell'ottobre del 1937, a seguito della repressione anti-anarchica iniziata dopo gli avvenimenti del Maggio 1937, viene arrestato insieme ad altri compagni (Dante Armanetti, Carlo Cocciarelli, Santiago Pisani, Massimo Morisi ecc.), dagli stalinisti e accusato di spionaggio e di diserzione. Poco dopo, una campagna organizzata dalle organizzazioni libertarie si attiva per chiedere la loro liberazione. Alla fine del 1938, poiché non erano ancora stati liberati, il Comitato Anarchico Italiano di Parigi richiede la sua liberazione e quella di altri compagni (Ermanno Neri, Salvatore Fusari, Carlo Montresor, Gina Graziani, Giuseppe Checchi, Libero Mariotti, e altri). Il 26 gennaio 1939, quando i franchisti conquistano Barcellona, egli viene liberato e decide di trasferirsi in Francia, dove però viene internato in un campo di concentramento insieme a tanti altri esuli. Muore a Parigi il 29 settembre 1971. 

    Colonna Ascaso
     

    Pompeo Cresti (al centro) lavorava come cuoco a Ribes de Freser nel settembre 1937, quando fu arrestato dagli stalinisti.


    Nessun commento:

    Posta un commento