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giovedì 4 ottobre 2018

Domenico Amorotto (Carpineti ?, ... – Corneto, 5 luglio 1523) brigante italiano.

Domenico Amorotto

BRETTI (Amorotto, d'Amorotto), Domenico. - Nato nell'ultimo ventennio del sec. XV a Carpineti (Reggio Emilia) da un oste di nome Amorotto, era guardiano di pecore allorché in una rissa uccise, giovanissimo, un suo coetaneo. Si rifugiò allora sulle montagne che dividono la Garfagnana dai territori di Modena, di Reggio e di Parma, dove per il suo coraggio e la sua ferocia divenne il capo di una numerosa banda di montanari che spargevano il terrore nella regione, dominando incontrastati i transiti appenninici e non astenendosi neppure dal compiere rapide e feroci incursioni nei paesi della pianura. La guerra tra Giulio II e il duca di Ferrara Alfonso I, per gli immancabili disordini civili che si accompagnarono al conflitto, potenziò notevolmente il banditismo della zona e chi se ne avvantaggiò più di ogni altro fu il B. che divenne potentissimo, alleato e protettore di numerose bande minori dell'Emilia e della Toscana. Tale era questa potenza che il governo pontificio decise di avvalersene nel 1512 durante le vicende della dedizione di Reggio e della conquista di Modena. Dell'aiuto prestato alla S. Sede assieme al padre e ai fratelli Vitale e Alessandro il B. fu compensato da Giulio II il 10 settembre di quel medesimo anno con la donazione dei proventi dei dazi, gabelle e ospizi che la Camera apostolica riscuoteva nel distretto di Carpineti. Anche Leone X volle garantirsi attraverso il B. il dominio del confine con lo Stato estense e confermò la donazione con breve del 6 maggio 1513. I governatori pontifici di Reggio, Giovanni Matteo Sertori e Giovanni Gozzadini, si servirono del B. per tenere a bada la fazione cittadina favorevole agli Estensi, e per incarico del Gozzadini il B. distrusse nel 1513 il castello della famiglia Bebbio. Tuttavia a questa sua attività di "ecclesiastico", il B. continuava ad accompagnare quella del brigantaggio e si faceva molto spesso strumento ben retribuito delle vendette dei vari signori della regione, senza troppa distinzione di guelfi e di ghibellini: così si guadagnò il favore dei Correggio, dei Pio da Carpi, di Giovanni Boiardo da Scandiano, degli Scaioli e dei Manfredi di Reggio, del capitano Melchiorre Ramazzotto di Bologna. Naturalmente le stragi, gli incendi, il quotidiano turbamento dell'ordine di cui il B. era responsabile non potevano non impensierire le autorità pontificie, ma averlo come alleato piuttosto che come nemico sui confini col duca era di troppa importanza perché le autorità di Roma e quelle dell'Emilia non chiudessero volentieri tutti e due gli occhi sulle gesta del Bretti. Anzi nel 1516, per intercessione dei Gozzadini, Leone X gli concesse in feudo il castello di Carpineti che divenne da allora il centro delle sue imprese. La situazione cambiò radicalmente allorché nei primi del luglio 1517 entrò come governatore in Reggio Francesco Guicciardini.
Il B. poco dopo il suo arrivo, allo scopo di impressionare con una dimostrazione di forza il nuovo governatore, scese una notte al piano e si presentò davanti a Reggio con circa quattrocento montanari, si aggirò a lungo intorno alla città e poi finì per ritornarsene tra i suoi monti. Il Guicciardini non si lasciò intimorire e, rafforzata la guarnigione di Reggio, chiese a Roma che fosse tolta al B. la rocca di Carpineti. A questa richiesta, come ad altre successive che il Guicciardini avanzò per ottenere mano libera contro il B. che impediva l'esercizio dell'autorità del governatore e non permetteva che si riscuotessero imposte nel territorio di cui si considerava signore, le autorità romane risposero negativamente. Ma il Guicciardini non si stancò di insistere con lettere che non esitavano a definire scandalosa la protezione concessa dalle autorità della Chiesa a un brigante e finalmente nel dicembre del 1520 ottenne l'allontanamento del B., che fu arruolato con buona provvigione nella guardia di Bologna. Nello stesso mese però il Guicciardini scoprì una congiura ordita contro la sua vita dal cardinale Ippolito d'Este, in cui risultava implicato anche il Bretti. Questi probabibnente ignorava che l'intrigo aveva origine alla corte di Ferrara, ma il Guicciardini ritenne di avere finalmente la possibilità di sbarazzarsi del B., dimostrando quanto fosse infido anche sul piano politico: lo accusò quindi a Roma, con una lettera al cardinale de' Medici, e il B. cadde immediatamente in disgrazia, fu bandito dallo Stato ecclesiastico e i suoi beni furono confiscati. Non era però uomo da subire senza reagire: nel gennaio 1521 ritornò tra i suoi monti e ricostituì la banda, ricominciando le sue imprese brigantesche. il Guicciardini promulgò subito una grida con la quale imponeva sul B., sul figlio Bartolomeo e sul fratello Vitale una taglia di 200 ducati e inviò una spedizione sulla montagna agli ordini dei capitani Pelino Orsetti e Niccolò Cimicelli. Furono arse le case del B. e dei suoi, ma la conoscenza dei luoghi e soprattutto il favore dei Montanari rendevano il bandito imprendibile, sicché il Guicciardini fu costretto, sia pure a malincuore, e non senza un certo sentimento di umiliazione, a venire a patti con lui concedendogli di ritirarsi indisturbato nelle terre del suo protettore Gianfrancesco da Correggio.
Poco dopo Leone X, in vista dell'imminente guerra contro i Francesi, pensò di servirsi nuovamente del B., sicché concesse il perdono a lui e ai suoi (18 maggio 1521). Quando alla morte di Leone X (1º dic. 1521), per istigazione di Alfonso d'Este che, appoggiava le bande formate nel Frignano da Cato da Castagneto, e per la pesante pressione tributaria esercitata dai pontifici, si scatenò nell'Appennino Tosco-Emiliano la feroce guerriglia detta "guerra dei montanari", Alberto Pio, che in assenza del Guicciardini, allora a Parma, provvedeva alla difesa di Reggio, affidò al B. il comando della Montagna e gli lasciò mano libera perché, con i metodi che gli erano propri, sedasse rinsurrezione.
Il B. si mise con grande impegno all'opera e con i saccheggi e gli incendi ridusse all'obbedienza i montanari ribelli, facendosi anche scrupoloso esattore dei tributi imposti dall'autorità pontificia. Riuscì anche a sorprendere Cato di Castagneto a Fanano e fece strage di lui e dei suoi seguaci, ma sopraggiunti i Panciatichi, montanari del Pistoiese alleati di Cato, fu costretto a chiudersi in Cometo di dove fu liberato dalle milizie inviategli in soccorso da Bologna dal capitano Ramazzotto.
In riconoscimento dei servigi del B. il pontefice Adriano VI gli restituì il feudo di Carpineti e nominò il fratello Vitale pretore di Castelnovo ne' Monti. Tornato al governo di Reggio nel settembre del 1522, il Guicciardini fu costretto a riconoscergli il comando della Montagna, ma non smise il pensiero di eliminare il masnadiero, la cui posizione ufficiale esasperava il suo orgoglio. Compì allora un passo presso il duca di Ferrara, attraverso rincaricato d'affari estense a Firenze, per procedere di comune accordo contro i banditi. Alfonso I, per inimicizia al Guicciardini, non aderì, pur non rinunziando per suo conto ai tentativi contro il B.: mandò infatti il capitano Masino dal Forno con seicento militi in aiuto a Virgilio di Castagneto, fratello di Cato, ma il 10 nov. 1522 a Mocogno il B., assieme alla banda del suo alleato Cantello da Frassinoro, inflisse una dura sconfitta alla banda rivale e alle milizie estensi. Allora il duca cominciò a dare ascolto ai consigli di Ludovico Ariosto, che, come governatore della Garfagnana, aveva avuto qualche contatto con il B. e gli suggeriva "di tenere Domenico, se non amico, almeno non inimico" (Lettere, p. 102), considerato anche che il B. si professava "buon servitore" del duca, asserendo di perseguire contro gli uomini di Castagneto soltanto una vendetta privata. Ma quando il B. discese nuovamente in territorio estense e a Riva incendiò quaranta casolari compiendo una strage atroce, Alfonso I decise di farla finita e inviò contro il B. da Ferrara un corpo di militi che, unitisi a Virgilio di Castagneto, affrontarono il brigante tra Riva e Monforte il 5 luglio 1523. Sulle rive dello Scoltenna si svolse una battaglia sanguiosa in cui il B. fu gravemente ferito; mentre i suoi seguaci lo portavano fuori della mischia e cercavano di raggiungere Cometo, sopraggiunse da Reggio il ghibellino Tebaldo Sessi, nemico personale del B., forse inviato dal Guicciardini: gli uomini di Carpineti furono sgominati e il B. venne ucciso.
Fonti e Bibl.: F. Guicciardini, La legazione della Emilia,Carteggio, in Opere inedite, a cura di G. Canestrini e M. Cellini, VII, Firenze 1865, passim; L. Ariosto, Lettere, a cura di A. Stella, Milano 1965, pp. 101 s., 142 s., 177, 185 s.; C. Campori, Di alcuni capi di fazione nelle montagne di Modena,di Reggio e di Bologna nel secolo XVI, in Atti e memorie delle R. R. Deputazioni di storia Patria Per le Province modenesi e Parmensi, VI (1872), pp. 18-24; G. Livi, Il Guicciardini e Domenico Amorotto, Reggio Emilia 1879; L. Chiesi, Reggio nell'Emilia sotto i Pontefici Giulio II,Leone X,Adriano VI, Reggio Emilia 1892, pp. 39 s., 61, 85, 87-90; A. Balletti, Storia di Reggio nell'Emilia, Reggio Emilia 1925, pp. 286-288, 294-298; G. Fusai, Lodovico Ariosto poeta e commissario in Garfagnana, Arezzo 1933, pp. 34, 36-42, 122 s.


La torre dell'Amorotto





 foto Lucia e Willer Barbieri

L'immaginario popolare

Termina così la movimentata vita di Domenico Amorotto che, assieme alla torre da lui un tempo occupata, da origine a diverse leggende intrise di mistero, ferocia e ammirazione.
Per sottolineare l'astuzia di questo famoso montanaro si dice che un giorno, rifugiatosi nella torre, venne sorpreso da due guardie; così per intimorirli chiamò ad alta voce venti persone, invitandole ad uscire per affrontare i militi. Le guardie impaurite dalla presenza di tanti uomini, preferirono scappare, non sapendo che in quel momento il brigante si trovava completamente solo.
Secondo un'altra leggenda le ragazze - si dice solo quelle belle - che venivano portate sulla torre, finivano poi per essere uccise dal bandito e lì sepolte.
Il racconto più conosciuto è tuttavia quello che narra di un tesoro nascosto personalmente dall'Amorotto in una buca nelle vicinanze della torre e che sarebbe stato scoperto solamente da chi avesse trascinato fin lassù una mucca per la coda.
Altre narrazioni infine parlano di efferatezze tali da accostare addirittura Amorotto alla figura del diavolo. 



Domenico Amorotto (Carpineti? … – Toano, July 5, 1523) was an Italian brigand. It was one of the most notorious bandits of the sixteenth century. and he worked mainly in the Apennines of Modena and Reggio Emilia and the Garfagnana. Born Domenico de’Bretti, it is considered a figure almost legendary in the mountains of Reggio Emilia, and for many years was the obsession of Francesco Guicciardini, at the time the papal governor of Reggio. He went into hiding in his youth, according to some chronicles, after killing an enemy with a knife in the square in Carpineti, and gathered a band of men with outstanding accounts with justice. His “career” started at the local squires service that made use of it for small revenges, then with his father and brothers and Alessandro Vitale, went to Pope Julius II service when, in 1512, they took possession of Reggio. Had the castle of Carpineti with the right to recover the duties in the country, and these privileges were also confirmed by the Pope Leo X. Guicciardini, rose in 1517 to the government of Reggio, despite repeated diplomatic and military efforts, had to fight for several years without obtaining the removal from office of the mountaineer. main enemy of Domenico Amorotto was for many years Cato from Castagneto, a partisan of the Duke Alfonso I d’Este and other figure midway between the bandit and mercenary. On the death of the Pope, all the bands that were operating in Modena and Reggio Emilia mountain rose. So the last war broke out between the From Castagneto and Amorotto that killed the rival treacherously in Fanano castle. He broke so bloody revenge between the two bands, with frignanesi led by Virgilio from Castagneto, brother of the deceased leader, and assisted by the Este on one side and the Amorotto and his brothers on the other. The massacres and looting continued until the Amorotto was wounded by Virgil in a clash at Montese and, while trying to repair Carpineti, was killed in the village of Corneto, as Tybalt Sessi and Antonio Pacchioni, allies from Castagneto. His head and one hand were exposed in Spilamberto fortress and Guicciardini (whose role in the affair is not clear) took advantage of this death to eradicate the gangs in the Reggio mountains. Just outside Civago, a hamlet of Villa Minozzo (RE) a ruin, badly damaged by the earthquake of 1920, is called Torre dell’Amorotto because it probably was one of his shelters.
From Encyclopedia Treccani: Bretti, Domenico           Biographical Dictionary of Italians – Volume 14 (1972) Gaspare De Caro



Bretti (Amorotto, of Amorotto), Domenico. – Born in the last two decades of the century. XV in Carpineti (Reggio Emilia) from a named Amorotto innkeeper, was kept sheep killed when a very young fight, his own age. Then took refuge in the mountains that divide the Garfagnana from the territories of Modena, Reggio and Parma, where for his courage and ferocity became the head of a large band of mountaineers who spread terror in the region, dominating undisputed the Apennine transits and not even refraining from taking swift and fierce raids in the lowland countries. The war between Julius II and the Duke of Ferrara Alfonso I, for the inevitable civil unrest that accompanied the conflict considerably strengthened the banditry in the area and who am taking advantage of it more than any other was the B. who became powerful, ally and protector several minor bands of Emilia and Tuscany. It was this power that the papal government decided to rely on them in 1512 during the events of the dedication to the conquest of Modena and Reggio. Aid paid to the Holy See together with his father and brothers and Alessandro Vitale B. was offset by Julius II on September 10 of that same year with the donation of the proceeds of duties, the gabelles and hospices that the Apostolic Chamber received at his district Carpineti. Even Leo X wanted to secure the border through the B domain with the Este state and confirmed the donation on short of 6 May 1513. The papal governors of Reggio, Giovanni Matteo Sertori and Giovanni Gozzadini, made use of B. to hold off the favorable faction to the Este town, and on behalf, of the Gozzadini B. destroyed in 1513 the castle of Bebbio family. However this its “ecclesiastical” activities, B. continued to accompany that of brigandage and was often well-paid instrument of revenge of the various lords of the region, without much distinction of Guelph and Ghibellines: so he earned the favor of Correggio, the Pio da Carpi, John Boiardo Scandiano, the Scaioli and Manfred of Reggio, captain Melchiorre Ramazzotto of Bologna. Of course the massacres, fires, disruption of daily order where B. was responsible could not help but worry about the pontifical authority, but having it as an ally rather than an enemy on the borders with the Duke was of too much importance because the authorities in Rome and Emilia those not willingly shut both eyes on the Bretti deeds. Indeed in 1516, through the intercession of Gozzadini, Leo X granted him in fief the Carpineti castle then became the center of his business. The situation changed radically when in early July 1517 he became a governor in Reggio Francesco Guicciardini. B. shortly after his arrival, in order to impress with a show of force the new governor, came down one night to the floor and stood in front of Reggio with about four hundred mountaineers, wandered around the city for a long time and then ended up ritornarsene among its mountains. Guicciardini was not to be intimidated and, strengthened the garrison of Reggio, churches in Rome that it was removed at B. The Carpineti fortress. In this request, such other subsequent that G. advanced to get a free hand against B. that prevented the exercise of authority of the governor and did not allow you were receiving taxes in the territory of which he considered himself lord, the Roman authorities responded negatively . But Guicciardini never tired of insisting with letters that did not hesitate to define the outrageous protection granted by the Church authorities to a robber, and finally in December 1520 he obtained the removal of B., which was drafted with good commission in the guard of Bologna . But in the same month Guicciardini found conspiracy against his life by Cardinal Ippolito d’Este, in which even resulted involved the Bretti. These probabibnente not know that the plot originated at the court of Ferrara, but the Guicciardini thought of finally having the chance to get rid of B., showing how treacherous on the political level: the then accused in Rome, in a letter to Cardinal de ‘Medici, and B. immediately fell into disgrace, was banished from the ecclesiastical state and its goods were confiscated. But he was not man to suffer without reacting: in January 1521 he returned among its mountains and reconstituted the band, starting his brigands companies. Guicciardini immediately promulgated a proclamation with which imposed on B., the son and brother Bartolomeo Vitale a size of 200 ducats and sent an expedition on the mountain to the orders of the captains Pelino Bears and Nicholas Cimicelli. They were burned the houses of B. and his, but the knowledge of the places and especially the favor of the bandit Montanari made clear, so that Guicciardini was forced, albeit reluctantly, and not without a certain feeling of humiliation, to come terms with him, allowing him to withdraw undisturbed in the lands of his patron, Gianfrancesco da Correggio. Shortly after Leo X, in view of the imminent war against the French, he thought to use again of B., so that the pardon granted to him and his (18 May 1521). When the death of Leo X (1st December 1521), for the instigation of Alfonso d’Este, supported bands formed in Frignano by Cato from Castagneto, and the heavy fiscal pressure from papal broke Apennines Tosco Emiliano fierce guerrilla-called “war of the mountain”, Alberto Pio, that in the absence of Guicciardini, then at Parma, saw to the defense of Reggio, B. entrusted to the command of the Mountain and left him a free hand because, by methods that they were their own, Ganga rinsurrezione. B. began with great commitment to the work and the looting and fires reduced to obedience the mountaineers rebel, becoming even scrupulous collector of taxes imposed by pontifical authority. He also managed to surprise Cato Castagneto in Fanano and smote him and his followers, but have appeared the Panciatichi, mountaineers of Pistoiese allies of Cato, was forced to close in COMETO to send him where he was freed from the militia to the rescue from Bologna by Captain Ramazzotto. In recognition of the service of the B. Pope Adrian VI he returned the Carpineti feud and made his brother Vitale magistrate of Castelnuovo ne ‘Monti. Returned to Reggio government in September 1522, Guicciardini was forced to grant him the command of the Mountain, but did not stop the thought of eliminating the robber, whose official position exasperated his pride. Then he made representations to the Duke of Ferrara, through rincaricato business Este in Florence, to act together against the bandits. Alfonso I, in enmity to Guicciardini, did not join, without renouncing on its behalf for attempts against the B .: In fact, he sent the captain Masino from the oven with six hundred soldiers to the aid of Virgil Castagneto, brother of Cato, but November 10 1522 to Mocogno B., together with the band of his ally Cantello from Frassinoro, inflicted a crushing defeat to the rival gang and militia Este. Then the duke began to listen to the advice of Ludovico Ariosto, who, as governor of Garfagnana, had had some contact with B. and told him “to keep Domenico, if not a friend, at least not an enemy” (Letters, p. 102 ), also it considered that the B. professed “good servant” of the Duke, claiming to pursue against the men of Castagneto only a private vendetta. But when the B. descended into the territory again Este and Riva burned forty farmhouses making an atrocious massacre, Alfonso I decided to end it, and sent against B. Ferrara a body that soldiers, who joined Virgil Castagneto confronted the robber in Riva and Monforte 5 July 1523. on the banks Scoltenna sanguiosa took place a battle in which the B. was severely wounded; while his followers carried him out of the fray and tried to reach COMETO, there came from the Reggio ghibellino Tybalt Sessi, personal enemy of B., perhaps sent by the Guicciardini: the Carpineti men were defeated and B. was killed.
Sources and Bibl .: F. G., The Legation of Emilia, Correspondence, in unpublished works, edited by G. Canestrini and M. Cellini, VII, Florence 1865, passim; L. Ariosto, Letters, edited by A. Stella, Milan 1965, pp. 101 s., 142 s., 177, 185 s .; C. Campori, Of some leaders of the faction in the mountains of Modena, Reggio and Bologna in the sixteenth century, in Acts and memories of R. R. Deputation of Homeland History for the Provinces of Modena and Parmesan, VI (1872), pp. 18-24; G. Livi, Guicciardini and Domenico Amorotto, Reggio Emilia 1879; L. Chiesi, Reggio Emilia under Popes Julius II, Leo X, Adrian VI, Reggio Emilia 1892, pp. 39 s., 61, 85, 87-90; A. Ballet, History of Reggio Emilia, Reggio Emilia, 1925, pp. 286-288, 294-298; G. Fusai, Lodovico Ariosto poet and Commissioner in Garfagnana, Arezzo 1933, pp. 34, 36-42, 122 s


Il Castello di Carpineti ricostruito dal disegnatore Tiziano Dorta

 




 

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