La Vera Storia degli Zombie
“Tutte le grandi verità iniziano sempre con un’idea blasfema” G. B. Shaw.
Zombie: Leggenda o realtà? L’esistenza è come un reticolo d’illusioni sospeso a metà tra realtà e finzione. Tutte le cose, visibili e invisibili, tracimano, silenti, dalla realtà e si dipanano oltre i confini dell’irrealtà, in uno spazio intermedio e solerte di quasi esistenza, ossia in una sorta di Purgatorio sospeso tra bene e male. La fede, ossia l’accettazione della realtà, è il collirio che lubrifica i sensi, vanifica i dolori, e traspone l’uomo al di là dell’irrealtà, in un mondo ovattato, caustico, celebrativo, verde come l’assenzio.
Al di là dei sette veli della conoscenza e di ogni altra ancora di salvezza, la purificazione dell’uomo consiste nel ricongiungimento con la realtà perduta e nell’abnegazione dell’apparenza. La ricerca della verità trae origine da un sentimento di ribellione verso la realtà. Il dubbio è rivolta. La scrittura è un revolver per la libertà; una requie di luce eterna. Una nemesi beffarda e pungente per la narcisistica umanità. Gli esploratori della verità, invece, sono i ribelli che cercano di liberare l’uomo dalle oscure ed impervie prigioni di plexiglas, per ricondurlo fuori dalle tenebre, verso la luce.
Ciò che chiamiamo mistero, non è altro che verità obnubilata, inghiottita o sepolta dalla realtà. Il mistero è un puzzle dai tasselli smarriti, la cui effige è tale da ricordarci ciò che eravamo o quel che saremo. Se la vita è un mistero, l’uomo è quel tassello smarrito a cui fu concesso l’arbitrio di ricomporre il puzzle. Opera ardua, e per tale motivo, egli è l’unico essere in grado di porsi dei quesiti e di avanzare delle ipotesi sull’enigma della vita.
Esistono molti, forse troppi misteri insoluti. Il più ostico è senza ombra di dubbio quello degli zombie. Sullo sfondo di antiche e moderne produzioni letterarie, la leggenda dei morti viventi continua ad aleggiare imperterrita e lungi dai fiumi d’oblio, nei più reconditi antefatti dell’immaginario collettivo, ad imporsi nei più solerti salotti della neogioventù, ed, infine, a caldeggiare, ghignante, il culto dell’orrore. Gli zombie hanno sempre evocato manieristici ed eterei parallelismi con i più sublimi morti viventi dell’Apocalisse di Giovanni. Per certi versi, entrambe le effigi raffigurano esseri inclini alla morte, non vivi e in ogni modo, terribilmente diversi da un uomo normale. Ma in realtà, nella locuzione biblica potrebbe celarsi la metafora sociale dell’apoteosi decadentista che oggi in parte stiamo vivendo, e che domani forse ci annienterà.
La leggenda degli zombie, invece, trae origine da un’inquietante realtà. Haiti è un’incantevole isola caraibica. Le spiagge dorate, il colore cristallino dell’oceano e i variopinti colori della natura la rendono meta ideale per vacanzieri e naturalisti. Tuttavia, Haiti ha delle radici storiche piuttosto tormentate. Alla brutale colonizzazione del XVI sec., ed alla pingue povertà, di recente si è aggiunta l’ecatombe naturale del terremoto. In realtà, Haiti deve gran parte del proprio fascino al vessillo indiscusso della sua tradizione culturale: la figura degli zombie. Entrati nell’immaginario collettivo grazie alle opere di cineasti e scrittori come Romero, Wes Craven, S. King e Wade Davis, questi esseri terrificanti, privi di meta e senza volontà devono le proprie origini ad un’osmosi reticolare metafisico-culturale.
Gli storici caraibici sostengono che alla base della leggenda vi sia la fusione tra due religioni: quella indigena e quella cattolica. Fu così che nacque la religione afro-americana Vodoo. Vediamo di capire quale sia l’anatomia degli zombie. In origine, Haiti era abitata dai soli nativi. Scoperta da Cristoforo Colombo nel 1492, divenne base strategica dei coloni solo in seguito, quando la Spagna prima e la Francia poi, decisero di sfruttarla importandovi gli schiavi neri africani. Per gli stregoni vodoo, l’uomo ha due anime: il piccolo angelo buono (ti bon ange) e il grande angelo buono (gros bon ange). La prima dirige la volontà plasmando la personalità ed il carattere degli uomini. La seconda, invece, ipostasi della forza vitale, inizia a fluttuare fin dalla nascita dell’individuo per poi scomparire con la morte. Per gli studiosi voduisti, esistono due tipi di zombie: quello astral o ti bon ange, generato dalla cattura di una parte di anima ad opera dello stregone; e quello jardin o corps cadavre. Quest’ultimo è il classico zombie dei cult-movie, con la testa china, le braccia penzolanti ed il volto insanguinato.
Al di là della metafisica e dei racconti folcloristici, però, esiste una casistica tutt’altro che fantasiosa. Vi è chi sostiene che gli zombie non siano frutto di una mera finzione letteraria o metafisica, e che invece siano esseri dannati ritornati in vita a causa di potenti rituali. A cavallo tra il 1915 ed il 1934, durante l’occupazione degli Stati Uniti d’America, il mondo civilizzato iniziò a prendere coscienza della leggenda haitiana. I racconti degli abitanti ed i misteriosi reperti ritrovati dai primi pionieri, generarono un cospicuo interesse ed indussero diversi scienziati a recarsi sull’isola per compiere degli esperimenti.
Fu così che Wade Davis partorì l’idea di scrivere il serpente e l’arcobaleno, recandosi ad Haiti alla ricerca della verità. Ovviamente non trovò alcuna prova, ma rimase stupefatto dalla naturalezza e dalla placida narrazione dei fatti. Sembra, infatti, che gli haitiani non temano gli zombie, ma solo il processo di zombificazione, reo di ridurre l’individuo schiavo dello stregone. Davis racconta di aver conosciuto persone che affermavano di essere state ridotte allo stato di zombie e poi vendute come schiavi al miglior offerente. Sul finire del 1984, lo scrittore americano riuscì finalmente ad agguantare la verità. La comprò a caro prezzo da uno stregone e quando la fece analizzare rimase stupefatto, perché quella polvere misteriosa non era altro che tetrodotossina, ossia un veleno estratto dal comune pesce palla.
Che cosa sono dunque gli zombie? Secondo Davis, questi esseri non sarebbero altro che la conseguenza di una miscellanea simbiosi mistica tra riti vodoo e tetrodotossina.
Cosa ne pensa la scienza?
“La tetrodotossina è un veleno d’incredibile potenza che se assunto in dosi massicce può indurre al blocco della conduzione nervosa. Secondo la scienza ufficiale, questa sostanza è in grado di paralizzare il soggetto e di concitargli un distorto stato di coscienza. Si stima che circa il 65% degli intossicati muore nel giro di poche ore. Tuttavia, Davis sostiene che uno stregone potrebbe indurre il soggetto in uno stato di morte apparente per finalità non del tutto ortodosse. Così dopo la cerimonia funebre e la sepoltura, lo stregone potrebbe recuperare il corpo del non morto, risvegliarlo con stramonio e poi ridurlo definitivamente in schiavitù. In tal modo, con un rito vodoo, prenderebbero corpo gli zombie, che in definitiva trarrebbero origine da un climax alchemico dalle nefaste finalità, o meglio dal delirio di uno stregone.
Attraverso un’indagine condotta ai confini della realtà, entro i più impervi grovigli della leggenda e senza mai abbandonare fede e ragione, sono giunto alla conclusione che se gli zombie fossero davvero esisti o se per assurdo esistessero ancora oggi, non sarebbero altro che delle povere cavie da laboratorio.
Secondo la scienza moderna, al di là della tetrodotossina, esisterebbero almeno altre quattro sostanze in grado di indurre l’uomo in uno stato di morte apparente. La prima, la toxoplasmosa gondii è una sostanza parassitaria capace d’indurre, in particolare ratti e gatti, alla perdita dell’autocontrollo. Non è escluso che questa sostanza in futuro si evolva e riesca a concitare i medesimi sintomi anche nell’uomo. Da temere, infine sarebbero anche il virus della rabbia, le neurogenesi e i nanorobots.”
S. King nel romanzo Pet Sematary sostiene che gli zombie siano “quelle persone la cui morte non solo è stata appurata, ma che sono state sepolte da tempo e che improvvisamente ricompaiono, magari anche dopo anni, in una condizione di vita completamente obnubilata, come se fossero degli inconsapevoli idioti”.
Sarà vero? Ad ogni modo, semmai vi trovaste in un ristorante giapponese evitate d’ordinare il pesce palla. Potrebbe rivelarsi indigesto.
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