La garçonne
di Victor Margueritte
Sonzogno, 2014
Curioso destino editoriale quello toccato in sorte a La garçonne e al suo autore, il celebre romanziere francese Victor Margueritte: scrittore apprezzato dalla critica e insignito della Legion d’onore, autore di saggi, drammi teatrali, romanzi, attento indagatore della società a lui contemporanea, la pubblicazione nel 1922 della storia della spregiudicata Monique gli portò enorme fama presso il pubblico – e La garçonne divenne un vero e proprio best seller dell’epoca – ma contemporaneamente lo scandalo di una protagonista tanto disinvolta causò la perdita dell’onorificenza; una storia che ha visto più di una trasposizione cinematografica (di cui si ricorda la versione del 1936 che segna il debutto, in un piccolo ruolo, della grande Edith Piaf) ma su cui negli ultimi decenni era caduto il velo d’oblio. Da qualche mese tuttavia, l’interessante recupero ad opera della casa editrice Sonzogno che ripropone al pubblico italiano un romanzo che vale la pena recuperare, sforzandosi di leggere la storia immaginando l’epoca in cui è stata ideata e il significato che la garçonne Monique ha assunto nella costruzione di un nuovo ideale femminile nel pieno degli Anni Ruggenti.
Giovane, bella, ingenua e un poco viziata, Monique è l’emozionata
promessa sposa dell’affascinante Lucien di cui è tanto profondamente
innamorata e sicura da concedersi– contro ogni regola morale per la
società del tempo – poco prima delle nozze. Un matrimonio che la giovane
attende con crescente trepidazione e sul quale anche la famiglia di lei
ripone importanti aspettative economiche. Come inevitabile però, il
mondo di illusioni della dolce Monique crolla di fronte alla scoperta
della crudele natura degli uomini: Lucien, del cui amore si fidava
completamente, non è che un traditore incapace di ammettere le proprie
colpe perfino di fronte all’evidenza. Impossibile per lei perdonare
l’infedeltà dell’uomo cui aveva affidato il proprio destino, ma ancor di
più brucia il freddo calcolo della famiglia che cerca in ogni modo di
forzarla a mettere da parte l’inutile orgoglio e rispettare i patti.
Qualcosa però si è ormai rotto per sempre in Monique:
Francamente? Non sai nemmeno che cosa voglia dire quella parola! Ebbene, si! Francamente fra noi tutto è finito. […] Non mi mariterò mai! Né con te né con un altro! Ieri sera, uscendo da quel ristorante, ho lasciato fra le tue mani, per sempre, la ragazza che fui! Che la sua spoglia ti sia leggera! Ora non è più una ragazza, è una donna che ti parla.La giovane ingenua lascia il posto ad una donna ferita che, nella vivace Parigi di inizio secolo, sfida la morale comune nel nome di un’indipendenza che tenacemente cerca di conquistare, incurante dei giudizi e delle critiche. Monique diventa la garçonne: taglia i lunghi capelli e dice addio per sempre all’innocenza della ragazza sprovveduta che era, vive in piena libertà assaporando ogni esperienza e capriccio che la città – sempre più notturna e corrotta- le offre. Reciso ogni legame con la vecchia vita, rinnegata dalla famiglia e incurante delle chiacchiere, è una donna libera, spregiudicata, che si muove con disinvoltura da un’amante all’altro, uomini o donne; la conquista dell’indipendenza passa naturalmente dall’emancipazione economica, che l’eroina di Margueritte si costruisce con relativa facilità sfruttando il proprio talento artistico per diventare infine un’apprezzata decoratrice, chiamata per arredare stanze lussuose o per allestire la scena dell’ultimo successo teatrale.
È una libertà che Monique vive completamente, dedita al solo piacere che
asseconda in ogni suo aspetto, finendo anche per cedere alla moda
dell’oppio in una spirale autodistruttiva tra fumerie, orge e
travagliati legami sentimentali che somigliano ad una discesa infernale
prima di trovare forse, alla fine, serenità ed equilibrio. Resisto alla
tentazione di svelare al lettore l’epilogo delle vicende di Monique,
conclusione che in parte mi ha lasciata un poco perplessa e
insoddisfatta; perché ciò su cui vale in questa sede soffermarsi è il
viaggio dell’eroina, questa sua poco ortodossa educazione sentimentale
che rompe lo schema del perbenismo dilagante dell’epoca, mettendo a nudo
sentimenti e pulsioni di una giovane donna emancipata.
La narrativa francese d’altra parte non era nuova ad esperimenti
letterari di questo genere, ma pur nella strada già percorsa, per fare
un solo esempio, da Colette e dalla sua Claudine, il romanzo di
Margueritte si spinge ancora oltre. E nonostante qualche difetto formale
o alcune scelte strutturali discutibili, si è fatto sicuramente
interprete di un sentimento a lungo celato ma diffuso, del desiderio di
rottura con le rigide regole del passato; Monique è, amplificata, la
ragazza di buona famiglia che rifiuta un matrimonio di interesse e in
cui diritti e indipendenza sono tristemente impari per moglie e marito, è
la giovane che si interroga sulla nuova morale sentimentale e sessuale e
sul nascente modello femminile simbolicamente identificato nel famoso
look alla garçonne, capelli corti e modi sfrontati. Margueritte non ha
inventato questa nuova donna più libera ed emancipata, ma senza dubbio
la popolarità del romanzo ha contribuito ad accendere il dibattito
intorno alla sua figura, portando a riflettere sui cambiamenti sociali
in atto in netto contrasto con lo schema di valori tradizionali.
Che poi ancora oggi leggere queste pagine possa per certi versi spingere ad interrogarsi sulla condizione femminile
attuale, è, a mio avviso, bene e male insieme: è qualcosa di positivo
trovare in un romanzo scritto quasi un secolo fa spunti di riflessione
sulla realtà contemporanea, la sua voce, il suo messaggio non ancora del
tutto esauriti; ma è anche piuttosto triste riflettere sul fatto che,
nell’epoca delle innumerevoli sfumature cromatiche, sia ancora attuale
il dibattito sull’emancipazione femminile non ancora completamente
raggiunta.
Monique dimenticò la propria sofferenza. Era soltanto una delle tante vittime dell’immenso dramma che da secoli opponeva la schiavitù delle donne al despotismo degli uomini.
Certo non gridiamo più allo scandalo di fronte alle avventure erotiche
così minuziosamente rappresentate, siano anche quelle di una giovane
donna; ma tra esperienze saffiche e un susseguirsi di legami disinvolti,
sono le riflessioni di Monique e della sua cerchia di amici
intellettuali a scuotere forse più profondamente le certezze dei lettori
di ieri e di oggi. È soprattutto quel desiderio di indipendenza e
libertà che molto spesso la società ancora oggi sembra incapace di
comprendere quando ad inseguirle è una donna, la sfrontatezza con cui
affronta la vita e i rapporti. Monique che profondamente ferita dal
fidanzato dichiara a voce alta l’intenzione di non mettere mai più tutta
la sua vita nelle mani di un uomo e sceglie di vivere libera da
costrizioni, da ruoli prestabiliti, per assecondare solo i propri
desideri, sfuggente e volubile:
Quell’inversione delle abitudini e dei ruoli – poiché Monique non lasciava alcun dubbio circa la loro utilità secondaria – era fonte di un’umiliazione o di un’irritazione che i suoi amanti non riuscivano a nascondere. Dovevano rassegnarsi a confessare che quella sfuggente avversaria li aveva sconfitti, rimpiangendo la preda dopo averla perduta. Piccole vendette, che all’inizio avevano lusingato il suo tenace rancore. Monique divideva la propria esistenza tra gli svaghi, che costituivano la parte più breve e meno importante, e il lavoro, la sua vera vita. E ogni sera rincasava invariabilmente da sola in rue de La Boétie.
Si, a tratti il romanzo di Margueritte pecca un poco della superata immagine della femminista ferita dagli uomini e di conseguenza incline all’odio nei loro confronti e la parte conclusiva della storia ci ricorda che dopotutto è, per quanto provocatorio e scandaloso, un romanzo del primo Novecento con tutto un apparato di convenzioni morali e sociali ancora difficile da superare del tutto. Ma qui e là nella trama spuntano anche – e proprio queste, si diceva, sono forse l’aspetto oggi più interessante del romanzo di Margueritte – profonde riflessioni su una società che va mutando di cui «questa donna emancipata […] la garçonne … la “maschietta” di domani» è l’affascinante portavoce.
di Debora Lambruschini
Dans le cercle mondain où gravitent ses parents, Monique Lerbier passe
pour originale, sinon même poseuse. En fait, c'est une idéaliste
qu'enchantent ses fiançailles avec l'industriel Lucien Vigneret, futur
associé de son père. Une déception que rend plus cruelle sa passion pour
la franchise et l'honnêteté l'atteint à deux semaines de son mariage.
Le choc est rude et la réaction vive. Monique rompt avec un milieu
hypocrite qui l’écœure, se fait un nom dans la décoration et organise sa
vie à sa fantaisie, goûtant avec indifférence à tous les plaisirs. Elle
se veut libre, comme un garçon ? En est-elle plus heureuse ? D'une
expérience à l'autre, la question , se pose plus aiguë. Elle se résout
quand Monique trouve enfin un partenaire à sa mesure. L'odyssée de La
Garçonne, histoire d'une émancipation dans le Paris des années 20, à une
époque où le féminisme était encore une nouveauté, provoqua des
colères. Ses audaces ont perdu de leur virulence, mais la satire des
mœurs et sa morale ont conservé leur actualité.
Source : Le Livre de Poche, LGF
Source : Le Livre de Poche, LGF
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Victor Margueritte, La garçonne, éd. Flammarion, 1922 ; illustrations de Kees Van Dongen (1877-1968), éd. Flammarion, 1922.
Victor Margueritte, La garçonne, éd. Flammarion, 1922 ; édition du 180e mille.
The Bachelor Girl (French: La Garçonne) is a novel by Victor Margueritte first published in 1922. An English translation was first published in 1923 by Alfred A. Knopf. It deals with the life of a young woman who, upon learning that her fiancé is cheating on her, decides to live life freely and on her own terms. Amongst other things, this included having multiple sexual partners. The title translates as The Tomboy. The title addresses the somewhat ambiguous realm between definite gender roles, e.g. where a Judeo-Christian patriarchal society might place a free-thinking, free-living woman in its social strata.
Although the theme is not particularly shocking in the present day, at the time it was considered quite scandalous; it even caused the author to lose his Legion of Honour. It has been adapted into a film four times, the most notably in 1936.
External links
- Full text online
La Garconne - Illustrated with 28 lithographs by Kees VAN DONGEN: Victor MARGUERITTE
Monique is an emancipated
French woman who leaves home to escape a marriage of convenience to a
man whom her parents have forced on her. She then succumbs to all sorts
of carnal temptations including a lesbian love affair with a singer. The
scandal provoked by Victor Margueritte's La Garconne (1922), here
translated as The Bacheloress, led to its author having his legion
d'honneur revoked, which only propelled this novel about a brazenly
independent "new woman" to best-seller status. What was shocking then
was not so much the reckless behavior of its heroine, who is depicted as
the victim of psychological torment, but the portrait of the corrupt
post-WWI society in which she lives. Authentic as Monique is, the types
of love she encounters, set against the hostile and contemptuous
portrayal of her peers, only amplifies her struggle. La Garconne was
translated in the U.S. in 1923 as The Bachelor Girl in a bowdlerized
edition, since the passages describing various sexual acts that had
caused offence in Paris could not be reproduced in America, so the
present edition is the first unexpurgated English-language edition. The
story was filmed four times, in 1923, 1936 (with Marie Bell and Edith
Piaf), 1957 and again in 1988.
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