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venerdì 14 settembre 2018

Eros - Cupido/Eros - Cupid

Eros

Eros (Ἔρως) è, nella religione greca, il dio dell'amore fisico e del desiderio.
Nella cultura greca ἔρως (ὁ) (eros (ho), l'amore) è ciò che fa muovere verso qualcosa, un principio divino che spinge verso la bellezza. In ambito greco, quindi, non vi era una precisa distinzione tra «la passione d'amore e il dio che la simboleggiava»
.

Etimologia

Il greco ἔρως, che significa "desiderio", deriva da ἔραμαι "per desiderare, amare", dall'etimologia incerta. R. S. P. Beekes ha suggerito un'origine pre-greca.

Culto e rappresentazione

Eros appare in antiche fonti greche sotto diverse forme. Nelle prime fonti (le cosmogonie, i primi filosofi e i testi che si riferiscono alle religioni misteriche), egli è una delle divinità primordiali coinvolte nella venuta all'essere nel cosmo. Ma nelle fonti successive, Eros è rappresentato come il figlio di Afrodite, i cui maliziosi interventi negli affari di dei e mortali fanno sì che si formino legami di amore, spesso illecitamente. In definitiva, nei successivi poeti satirici, è rappresentato come un bambino bendato, il precursore del paffuto Cupido rinascimentale, mentre nella prima poesia e arte greca, Eros era raffigurato come un maschio adulto che incarna il potere sessuale e un artista profondo.
Un culto di Eros esisteva nella Grecia pre-classica, ma era molto meno importante di quello di Afrodite. Tuttavia, nella tarda antichità, Eros era adorato da un culto della fertilità a Tespie. Ad Atene, condivideva un culto molto popolare con Afrodite, e il quarto giorno di ogni mese era sacro per lui.

Dio primordiale

Secondo Esiodo (700 a.C. circa), una delle più antiche fonti greche, Eros (il dio dell'amore) fu il quarto dio ad essere creato, dopo il Caos, Gaia (la Terra) e il Tartaro (il Abisso o Inferi).
Omero non menziona Eros. Tuttavia, Parmenide (circa 400 a.C.), uno dei filosofi presocratici, fa di Eros il primo di tutti gli dei a nascere.
I Misteri Orfici mostravano Eros come un dio delle origini, ma non del tutto primordiale, poiché era il figlio della Notte (Nyx).Aristofane (circa 400 a.C.), influenzato dall'orfismo, racconta la nascita di Eros:
«All'inizio c'erano solo Chaos, Notte (Nyx), Oscurità (Erebus) e Abisso (Tartarus). La Terra, l'Aria e il Cielo non avevano esistenza. In primo luogo la Notte oscura posò un uovo senza germe nel seno delle profondità infinite delle Tenebre, e da questo, dopo la rivoluzione dei lunghi secoli, scaturì il grazioso Amore (Eros) con le sue scintillanti ali dorate, rapide come i turbini della tempesta. Si accoppiò nel profondo Abisso con il caos oscuro, alato come lui, e così nacque la nostra razza, che fu la prima a vedere la luce.»
(Aristofane, Gli uccelli vv 690–699)

Figlio di Afrodite e Ares

Nei miti successivi, era il figlio delle divinità Afrodite e Ares: è l'eros di questi miti successivi che diviene uno degli eroti. L'eros era associato con l'atletismo, con statue erette nei gymnasia e "era spesso considerato il protettore dell'amore omosessuale tra gli uomini". Eros è stato spesso raffigurato come colui che porta una lira o un arco e una freccia. Era anche raffigurato accompagnato da delfini, flauti, galli, rose e torce.
«[Hera rivolta ad Athena] Dobbiamo avere una parola con Afrodite. Andiamo insieme e chiediamo a lei di persuadere il suo ragazzo [Eros], se è possibile, di lanciare una freccia alla figlia di Aeetes, Medea dei tanti incantesimi, e farla innamorare di Giasone...»
(Apollonio di Rodi, Argonautica 3. 25)
«[Eros] colpisce il seno delle domestiche con calore sconosciuto, e ordina agli stessi dei di lasciare il paradiso e dimorare sulla terra secondo forme prese a prestito.»
(Seneca, Fedra 290 vv)
«Una volta, quando il figlio di Venere [Eros] la stava baciando, la sua faretra penzolava, una freccia sporgente, a sua insaputa, le aveva sfiorato il seno, spingendo via il ragazzo, infatti la ferita era più profonda di quanto sembrava, anche se inizialmente non percepita [e lei divenne] rapita dalla bellezza di un uomo [Adone].»
(Ovidio Metamorfosi 10. 525)
«Eros ha fatto impazzire Dioniso per la ragazza [Aura] con la deliziosa ferita della sua freccia, poi curvando le sue ali ha volato leggermente verso l'Olimpo e il dio vagava sulle colline flagellato da un fuoco più grande.»
(Nonno di Panopoli, Dionysiaca 48. 470)

La nozione di Eros in Omero e nei lirici


La prima apparizione della nozione di Eros è nelle opere attribuite ad Omero. In tale contesto Eros non viene personificato, quanto piuttosto come principio divino corrisponde all'irrefrenabile desiderio fisico come quello vissuto da Paride nei confronti di Elena:
(GRC) «ἀλλ' ἄγε δὴ φιλότητι τραπείομεν εὐνηθέντε
οὐ γάρ πώ ποτέ μ' ὧδέ γ' ἔρως φρένας ἀμφεκάλυψεν»
(IT) «Ma ora andiamo a letto e facciamo l'amore:
non mi ha mai preso il cuore un desiderio (ἔρως ) tanto possente»
(Iliade III, 441-442. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.)
o ancora lo stesso desiderio provato da Zeus nei confronti di Era:
(GRC) «Ἥρη δὲ κραιπνῶς προσεβήσετο Γάργαρον ἄκρον
Ἴδης ὑψηλῆς· ἴδε δὲ νεφεληγερέτα Ζεύς.
ὡς δ' ἴδεν, ὥς μιν ἔρως πυκινὰς φρένας ἀμφεκάλυψεν,
οἷον ὅτε πρῶτόν περ ἐμισγέσθην φιλότητι
εἰς εὐνὴν φοιτῶντε, φίλους λήθοντε τοκῆας.»
(IT) «Era raggiunse rapidamente la cima del Gargano,
sull'alto Ida, e la vide Zeus che raduna le nubi,
e quando la vide la passione (ἔρως) invase il suo animo saggio,
come quando per la prima volta s'unirono nell'amore
e andarono a letto, all'insaputa dei genitori»
(Iliade XIV, 293-295. Traduzione di Guido Paduano in Omero Iliade. Milano, Mondadori, 2007.)
o, infine, ciò che rende tremanti le membra dei proci di fronte a Penelope:
(GRC) «τῶν δ' αὐτοῦ λύτο γούνατ', ἔρῳ δ' ἄρα θυμὸν ἔθελχθεν,
πάντες δ' ἠρήσαντο παραὶ λεχέεσσι κλιθῆναι.»
(IT) «Ed ecco i ginocchi dei proci si sciolsero, furono sedotti da amore (ἔρω)
bramarono tutti di giacere al suo fianco nel letto»
(Odissea XVIII, 212-3. Traduzione di Aurelio Privitera in Omero Odissea. Milano, Mondadori, 2007)
Tale desiderio irrefrenabile si spiritualizza nei lirici greci del VII/VI a.C. ma presenta comunque delle caratteristiche crudeli e ingestibili. Manifestandosi improvvisamente, Eros agita in modo cupo le sue vittime:
«Ma per me Eros non dorme
in nessuna stagione:
come il vento di Tracia infiammato di lampi
infuria accanto a Cipride
e mi riarde di folli passioni,
cupo, invincibile,
con forza custodisce l'anima mia.»
(Ibico VI. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 369)
(GRC) «Ἔρος δηὖτέ μ' ὀ λυσιμέλης δόνει,
γλυκύπικρον ἀμάχανον ὄρπετον»
(IT) «Eros che scioglie le membra mi scuote nuovamente:
dolceamara invincibile belva»
(Saffo 61. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 273)
«Eros tremendo, le Follie ti furono nutrici:
per te cadde la rocca di Troia,
per te il grande Teseo, l'Egide, cadde, e Aiace Oileo,
il valoroso per la loro follia.»
(Teognide II, 1231. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 181)
«non è Afrodite, ma il folle e insolente Eros che come fanciullo gioca,
sfiorando il sommo dei fiori - ma che non me li tocchi - del cipero.
Eros di nuovo, a causa di Cipride, dolce mi invade, riscalda il cuore.»
(Alcmane 147-8. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 617-619)
In Anacreonte questo vissuto viene presentato come colui che colpisce violentemente:
«Ancora Eros m'ha colpito:
con un gran maglio, come un fabbro,
e mi ha temprato tuffandomi
in una fiumana invernale.»
(Anacreonte 19. Traduzione di Marina Cavalli, in Lirici greci. Milano, Mondadori, 2007, pag. 335)

Il dio Eros e il suo culto

Nell'opera teogonica di Esiodo sono due i passaggi che riguardano Eros qui attestato per la prima volta come quel dio primordiale in grado di domare con la passione sia gli dèi che gli uomini:
(GRC) «Ἦ τοι μὲν πρώτιστα Χάος γένετ᾽, αὐτὰρ ἔπειτα
Γαῖ᾽ εὐρύστερνος, πάντων ἕδος ἀσφαλὲς αἰεὶ
ἀθανάτων, οἳ ἔχουσι κάρη νιφόεντος Ὀλύμπου,
Τάρταρά τ᾽ ἠερόεντα μυχῷ χθονὸς εὐρυοδείης,
ἠδ᾽ Ἔρος, ὃς κάλλιστος ἐν ἀθανάτοισι θεοῖσι,
λυσιμελής, πάντων δὲ θεῶν πάντων τ᾽ ἀνθρώπων
δάμναται ἐν στήθεσσι νόον καὶ ἐπίφρονα βουλήν.»
(IT) «Orbene, innanzitutto venne all'esistenza lo Spazio beante, poi a sua volta
la Terra dal largo petto, sede per sempre sicura di tutti
gli immortali che abitano le cime del nevoso Olimpo,
e il Tartaro nebbioso nel fondo della Terra dalle larghe strade,
poi Eros che è il più bello tra gli dei immortali
e scioglie le membra, e di tutti gli dei, come di tutti gli uomini,
doma nel petto il pensiero e la saggia volontà.»
(Teogonia 120-122. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 121)
A tal proposito Ilaria Ramelli e Carlo del Grande evidenziano come:
«La Teogonia Esiodea sembra riflettere la dottrina teogonica dei sacerdoti di Apollo delfico. In origine sarebbe stato il Χάος, il "vuoto primordiale" e poi αῖα, la Terra, ed Ἔρως o amore, come attrazione reciproca e principio di unione ed armonia»
(Ilaria Ramelli e Carlo del Grande. Teogonia in Enciclopedia filosofica vol. 11. Milano, Bompiani, 2006, pag. 1416)
In un secondo passaggio Esiodo evidenzia Eros come quel dio che, insieme ad Himeros, accompagna Afrodite appena nata:
(GRC) «Τῇ δ᾽ Ἔρος ὡμάρτησε καὶ Ἵμερος ἕσπετο καλὸς
γεινομένῃ τὰ πρῶτα θεῶν τ᾽ ἐς φῦλον ἰούσῃ.»
(IT) «L'accompagnò Eros e il bel Desiderio la seguì
non appena venuta alla luce e avviata a raggiungere la razza degli dei»
(Teogonia 201-202. Traduzione di Cesare Cassanmagnago, in Esiodo. Tutte le opere e i frammenti con la prima traduzione degli scolii. Milano, Bompiani, 2009, pag. 127)
Connesso all'opera di Esiodo vi è il richiamo nella Biblioteca di Apollodoro dove, riferendosi a Io:
«Esiodo e Acusilao affermano che era figlia di Pirene. Io era sacerdotessa di Era, e Zeus la violentò. Scoperto da Era, toccò la fanciulla, la trasformò in una bianca giovenca e giurò che non si era unito a lei. Perciò Esiodo dice che i giuramenti fatti per amore (ἔρωτος) non attirano l'ira degli dei.»
(Biblioteca II,6. Traduzione di Maria Grazia Ciani, in Apollodoro I Miti greci (a cura di Paolo Scarpi. Milano, Fondazione Lorenzo Valla/Mondadori, 2008, pag. 87)
Il culto di Eros è attestato da Pausania in Beozia, segnatamente a Tespi:
«Il dio che i Tespiesi onorano fin dai tempi antichi e più di ogni altro dio è Eros e di Eros hanno una statua antichissima, costituita da una pietra grezza. Chi abbia istituito presso i Tepiesi l'usanza di anteporre Eros a tutti gli dei, io non so.»
(Pausania. Periegesi IX, 22, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Beozia. Milano, Rizzoli, 2011, pag.225)
L'origine mitica di tale culto, culto forse di origini preistoriche, è così spiegata da Conone:
«A Tespi, in Beozia (la città non è molto lontana dall'Elicona), c'era un ragazzo di nome Narciso, molto bello, ma che disdegnava Eros e i suoi amanti. Tutti quelli che l'amavano finirono per rassegnarsi, a eccezione di Amenia che si ostinava a corteggiarlo. Ma Narciso non cedeva alle sue preghiere e perfino gli inviò una spada. Amenia allora si uccise davanti alla porta di Narciso, implorando la vendetta del dio. E Narciso, vedendo il proprio viso e la propria bellezza riflessi nell'acqua di una fonte, divenne, stranamente, amante di se stesso: il primo e l'unico. Alla fine spinto dalla disperazione e avendo compreso che soffriva giustamente per aver respinto l'amore di Amenia, si uccise. A seguito di ciò gli abitanti di Tespi decisero di onorare e di servire Eros, e di rendergli sacrifici sia in pubblico che in privato. E la gente del paese pensa che il fiore del narciso è nato dal loro suolo, laddove fu versato il sangue di Narciso»
(Conone Racconti XXIV, tramandato da Fozio, III, 134b.)
Pausania riporta anche di un altare ad Eros posto di fronte all'ingresso dell'Accademia:
«Davanti all'ingresso dell'Accademia c'è un altare di Eros la cui epigrafe attesta che Carmo fu il primo degli Ateniesi che abbia dedicato un altare ad Eros»
(Pausania. Periegesi I, 30, 1. Traduzione di Salvatore Rizzo, in Pausania Viaggio in Grecia - Attica e Magaride. Milano, Rizzoli, 2011, pag. 269)
Tuttavia, come nota Gerard Krüger:
«a questa venerazione mancano realmente la piena dignità ed il valore di un servizio religioso: Eros non è un dio del culto statale.»
(Gerard Krüger. Ragione e passione: l'essenza del pensiero platonico. Milano, Vita e Pensiero, 1996, pag. 34)
Tanto che così ci si lamenta nell'Ippolito di Euripide:
«Invano, invano, sull'Alfèo,
nei templi di Febo a Delfi, addensa
la Grecia ecatombi se d'Amore
tiranno dell'uomo, ch'è custode
dei letti figliolo
d'Afrodite, non c'è riguardo, e non si venera
il dio che tutto rovina
e dà calamita
all'uomo, se giunge.»
(Euripide. Ippolito 535 sgg. Traduzione di Maria Pontari, in Euripide, Le tragedie vol. 1, Milano, Mondadori, 2007, p.279)

Eros nelle teogonie orfiche

Eros possiede un ruolo fondante in alcune teogonie orfiche. Questo emerge già nella teogonia di tipo "parodistico", ma di derivazione orfica, presente in Aristofane (V-IV secolo a.C.) negli Uccelli (vv. 693-702):
  • in principio vi sono Chaos, Nyx (Notte), Erebo e Tartaro;
  • nel buio Erebo, Nyx genera un Uovo "pieno di vento";
  • da questo Uovo emerge Eros dalle ali d'oro;
  • unitosi durante la notte al Chaos, Eros genera la stirpe degli "uccelli";
  • quindi genera Urano (Cielo) e Oceano, Gea (Terra) e gli dèi.
Tale brano è ritenuto il testo più antico attribuibile all'orfismo, «esso riproduce sinteticamente la forma scritta più antica delle teogonie orfiche, evocata anche da Platone, da Aristotele e trasmessa da Eudemo».
Un frammento, che richiama Eudemo da Rodi (IV secolo a.C.) riprende la Notte come origine di tutte le cose e Eros al terzo posto:
«La teologia esposta nell'opera del peripatetico Eudemo come se fosse di Orfeo ha taciuto tutto ciò che è intelligibile, in quanto totalmente indicibile e inconoscibile [...] ha posto come principio la Notte, dalla quale inizia pure Omero, anche se non ha reso continua la genealogia. Infatti non si deve accogliere l'affermazione di Eudemo che inizi da Oceano e Teti: infatti egli sembra essere consapevole che pure la Notte è una divinità grandissima, a tal punto che anche Zeus la venera: "Infatti egli temeva di compiere azioni sgradite alla Notte veloce". Ma Omero stesso deve cominciare dalla Notte; invece mi pare di capire che sia stato Esiodo per la prima volta, narrando del Caos ad aver chiamato il Caos la natura inconoscibile dell'intelligibile e compiutamente indifferenziata e a far derivare da lì la Terra come il principio primo, se così si può dire, dell'intera generazione degli dei; a meno che il Caos non sia il secondo dei due principi, mentre la Terra, il Tartaro e Eros i tre oggetti dell'intuizione ed Eros è al terzo posto, in quanto contemplato secondo un ritorno. Questa espressione è impiegata pure da Orfeo nelle rapsodie: la Terra è al primo posto, in quanto per prima si è solidificata in una massa solida e stabile, il Tartaro a quello intermedio, perché già mosso verso una differenziazione.»
(Eudemo da Rodi. Frammento 150, in Orfici. Testimonianze e frammenti nell'edizione di Otto Kern, 28 [1]; traduzione di Elena Verzura. Milano, Bompiani, 2011, p.227)
Nel complesso queste teogonie presentano un inizio caratterizzato da una sfera perfetta nella Notte cosmica, quindi una totalità rappresentata da Phanes (Φάνης, Luce, "vengo alla Luce", anche Fane, Protogono Πρωτογόνος, Erichépaio Ἠρικεπαῖος) androgino e con le ali dorate, completo in sé stesso ma dai lineamenti irregolari, e, infine, da questa unità ancora perfetta un insieme di accadimenti conducono a dei processi di differenziazione. Quindi emerge Zeus in cui tutto viene riassorbito e rigenerato nuovamente per una seconda processione, dalla quale emerge Dioniso che, tuttavia, per una macchinazione di Era, sposa di Zeus, verrà divorato dai Titani. Zeus irato scaglia contro costoro il fulmine: dalla fuliggine provocata dalla combustione dei Titani sorgono gli uomini composti dalla materia di questa, mischiata con la parte dionisiaca frutto del loro banchetto.
E «Primo nel governare il mondo, Fane-Protogono-Erichépaio si chiama anche Eros».

Eros filosofo

Il tema di Eros/Amore è citato in Parmenide (V sec. a.C.)  ma in Empedocle (V sec. a.C.) acquisisce un ampio impianto teologico quando il filosofo siceliota pone accanto alle quattro "radici" (ριζώματα), poste a fondamento del cosmo, e motore del loro divenire nei molteplici oggetti della realtà, due ulteriori principi: Φιλότης (Amore) e Νεῖκος (Odio, anche Discordia o Contesa); avente il primo la caratteristica di "legare", "congiungere", "avvincere" (σχεδύνην δὲ Φιλότητα «Amore che avvince» ), mentre il secondo possiede la qualità di "separare", "dividere" mediante la "contesa". Così Amore nel suo stato di completezza è lo Sfero (Σφαῖρος), immobile (μονίη) uguale a sé stesso e infinito (ἀλλ' ὅ γε πάντοθεν ἶσος 〈ἑοῖ〉 καὶ πάμπαν ἀπείρων ). Egli è Dio. Significativo è il fatto che Empedocle appelli Amore con il nome di Afrodite (Ἀφροδίτη), o con il suo appellativo di Kýpris (Κύπρις), indicando qui la «natura divina che tutto unisce e genera la vita». Tale accostamento tra Amore e Afrodite ispirò al poeta romano Lucrezio l'inno a Venere, collocato nel proemio del De rerum natura. In questa opera Venere non è la dea dell'amplesso, quanto piuttosto «l'onnipotente forza creatrice che pervade la natura e vi anima tutto l'essere», venendo poi, come nel caso di Empedocle, opposta a Marte, dio del conflitto.
Con Platone (V-IV sec. a.C.) si compie il fondamentale passo filosofico e teologico inerente a Eros. Nel Fedro l'anima (ψυχή, psyché) umana decade dal mondo perfetto e intelligibile nel corpo fisico, durante il suo esilio prova un'irresistibile nostalgia per la condizione perduta. Nel Simposio Eros è un demone figlio di Indigenza (Πενία Penia, la madre) e Espediente (Πόρος , Poros, il padre). Povero come la madre, Eros aspira alla ricchezza del padre: Eros è quindi anche una tendenza, una mania (μανία), uno stato emotivo provocato dalla bellezza terrestre che stimola il ricordo di quella perfetta e intelligibile, celeste, da cui l'anima è caduta . Non è tuttavia la "bellezza" l'oggetto del desiderio dell'anima ma la sua fecondità. A questo punto il filosofo ateniese individua due tipi di Eros: l'amore sensuale (πάνδημος ἔρως, pandemos eros) attratto dalla bellezza dei corpi provocante la fecondità fisica, e l'amore celeste (ουράνιος ἔρως , oruanios eros) attratto dall'amore spirituale e provocante al fecondità spirituale: «E malvagio è quell'amante che è volgare e ama il corpo più dell'anima». Il vero amante si eleva quindi per sei gradi di attrazione che lo conducono dall'attrazione fisica alla realizzazione spirituale : amore per un corpo bello; amore per la bellezza fisica in sé; amore per la bellezza delle attività, delle condotte; amore per la bellezza del sapere; amore per la Bellezza in sé: «È questo il momento della vita, o caro Socrate -disse la straniera di Mantinea-, che più di ogni altro è degno di essere vissuto da un uomo, ossia il momento in cui un uomo contempla il Bello in sé. E se mai ti sarà possibile vederlo, ti sembrerà ben superiore all'oro, alle vesti, e anche ai bei ragazzi e ai bei fanciulli [...] Che cosa, dunque, noi dovremmo pensare -disse- se ad uno capitasse di vedere il Bello in sé assoluto, puro, non affatto contaminato da carni umane e da colori e da altre piccolezze mortali, ma potesse contemplare come forma unica lo stesso Bello divino?».
Il filosofo ed esegeta di Platone, Plotino (III sec. d.C.), continuatore coerente dell'opera del filosofo ateniese, riprende, nelle Enneadi, le conclusioni dello stesso inserendo tuttavia tra le tre entità/persone da lui indicate con il termine di hypostasis (ὑπόστᾰσις): Hen (ἕν, l'Uno), il Nous (νοῦς, l'Intelletto) e la Psyche (ψυχὴ, Anima) una relazione di "processione" (πρόοδος). Dal che l'unica "realtà" consiste in queste tre hypostasis che procedono una dall'altra: dall'Uno (il Bene, il primo, inconoscibile e ineffabile mistero dell'unità, intuibile solo per mezzo dell'esperienza religiosa) procede l'Intelletto (altro dall'Uno, è la prima molteplicità che "pensa", il mondo eterno delle Idee, è il logos dell'Uno che contempla l'Uno e da questa contemplazione deriva la sua generazione delle Idee), dall'Intelletto procede l'Anima universale (Afrodite celeste) che intermedia fra l'essere costituito dalle tre hypostasis e il mondo sensibile. Se l'Uno rende conto dell'unità del reale, e l'Intelletto della sua intelligibilità, l'Anima universale rende conto della vita e del movimento contemplando l'Intelletto con la sua parte superiore, mentre rende conto delle forme sensibili con la sua parte inferiore (Afrodite terrestre). Al di fuori di queste tre ipostasi eterne tutto il resto, quindi il mondo sensibile, è privo di realtà, è pura apparenza, inganno e non-Essere. Dall'Anima universale (Afrodite celeste) procedono l'Anima del mondo (Afrodite terrena) e le anime individuali dei viventi. Ma se l'Anima del mondo essendo vincolata al corpo dell'universo con un legame non dissolubile risulta eterna nelle sue caratteristiche sensibili, le anime individuali sono in qualche modo destinate a "ribellarsi" alle leggi dell'universo, oppure ad armonizzarsi alle stesse. Nel primo caso sono destinate alla corruzione, trasmigrando di esistenza in esistenza, cambiando corpi fisici ma potendo, se lo vogliono, riconquistare la condizione dell'unità perduta. Nella teologia plotiniana ciò che è relativo ai sensi non solo riguarda quell'ambito, ma rimanda sempre alla realtà intellegibile da cui procede. Quindi ciò che è "bello" per i sensi rimanda sempre all'"Idea" del Bello assoluto di cui l'arte ne è una rivelazione. Quindi l'artista non produce da sé, ma rivela l'Essere di cui intuisce la portata. Chi contempla l'opera d'arte esce da sé per vivere l'esperienza dell'opera solo apparentemente, in realtà è l'opera stessa con la sua bellezza che lo mette in contatto con la sua vera natura, con l'anima che è in lui. Allo stesso modo nella vita affettiva il bello corporeo può avere la funzione di rivelare ciò che è vero in noi stessi. Ne consegue che se l'uomo ricerca i beni o le bellezze sensibili lo fa innanzitutto perché questi lo richiamano all'Uno, al Bene, alla sua vera natura di cui sono immagine. Così Eros è sia una divinità che aiuta l'uomo a ricongiungersi al Bene, sia un diverso essere, un demone, che lo spinge a mischiare l'anima con la materia. Essendo molteplici gli Eros delle anime, Plotino li intende come Eroti (Erotes).
Il filosofo tardo platonico Proclo (V sec. d.C.) è, tra l'altro, autore di un inno ad Afrodite che riassume poeticamente la teologia platonica sul tema:
(GRC) «῾Υμνέομεν σειρήν πολυώνυμον ’Αφρογενείης
καί πηγήν μεγάλην βασιλήιον, ής άπο πάντες
αθάνατοι πτερόεντες ανεβλάστησαν ’’Ερωτες,
ών οι μέν νοεροίσιν οιστεύουσι βελέμνοις
ψυχάς, όφρα πόθων αναγώγια κέντρα λαβούσαι
μητέρος ισχανόωσιν ιδείν πυριφεγγέας αυλάς:
οι δέ πατρός βουλήσιν αλεξικάκοις τε προνοίαις
ιέμενοι γενεήσιν απείρονα κόσμον αέξειν
ψυχαίς ίμερον ώρσαν επιχθονίου βιότοιο.
άλλοι δέ γαμίων οάρων πολυειδέας οίμους
αιέν εποπτεύουσιν, όπως θνητής από φύτλης
αθάνατον τεύξωσι δυηπαθέων γένος ανδρών:
πάσιν δ’ έργα μέμηλεν ερωτοτόκου Κυθερείης.
αλλά, θεά, πάντη γάρ έχεις αριήκοον ούας,
είτε περισφίγγεις μέγαν ουρανόν, ένθα σέ φασι
ψυχήν αενάοιο πέλειν κόσμοιο θεείην,
είτε καί επτά κύκλων υπέρ άντυγας αιθέρι ναίεις
σειραίς υμετέραις δυνάμεις προχέουσ’ αδαμάστους,
κέκλυθι, καί πολύμοχθον εμήν βιότοιο πορείην
ιθύνοις σέο, πότνα, δικαιοτάτοισι βελέμνοις
ουχ οσίων παύουσα πόθων κρυόεσσαν ερωήν.»
(IT) «Cantiamo la stirpe onorata di Afrogenia
e l'origine grande, regale, da cui tutti
nacquero gli immortali alati Amori,
dei quali alcuni con dardi intellettivi saettano
le anime, affinché punte da stimoli sublimanti di desideri,
agognino vedere le sedi d'igneo splendore della madre;
altri, invece, in obbedienza ai voleri e ai previggenti, salutari consigli del padre,
desiderosi d'accrescere con nuove nascite il mondo infinito,
eccitano nelle anime il dolce desiderio della vita terrena.
Altri ancora sui vari sentieri degli amplessi nuziali
incessantemente vigilano, onde da stirpe mortale
immortale rendere il genere degli uomini oppressi dai mali
e a tutti stanno a cuore le opere di Citerea, madre d'amore.
Ma, o dea, poiché tu dovunque porgi orecchio attento,
o che circondi il vasto cielo, dove dicono che tu
sia l'anima divina del mondo eterno,
o che risiedi nell'etere al di sopra dell'orbite dei sette pianeti,
riversando su di noi, che da te discendiamo, indomite energie,
ascolta, e il doloroso cammino della mia vita
guida coi tuoi santissimi strali, o veneranda,
placando l'impeto gelido dei desideri non pii.»
(Proclo, Inno ad Afrodite. Traduzione di Davide Giordano, in Proclo, Inni, Firenze, Fussi, 1957, pp. 26-29)


Eros che incorda l'arco - Copia romana in marmo dall'originale di Lisippo conservata nei Musei Capitolini di Roma. In un frammento di una tragedia perduta di Euripide, da lui scritta prima del 422 a.C., Stheneboia (Σθενέβοια) si sostiene che esistano due Eros. Così come nella sua Ifigenia in Aulide (406 a.C.) compaiono due ambiti del dio Eros e, per la prima volta, l'immagine del dio armato di arco e di frecce: .mw-parser-output .citazione-table{margin-bottom:.5em;font-size:95%}.mw-parser-output .citazione-table td{padding:0 1.2em 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang{vertical-align:top}.mw-parser-output .citazione-lang td{width:50%}.mw-parser-output .citazione-lang td:first-child{padding:0 0 0 2.4em}.mw-parser-output .citazione-lang td:nth-child(2){padding:0 1.2em} «Avventurato chi prova fa della dea dell'amore con temperanza e misura, e con grande placidità lungi dagli estri folli, perché duplice è l'arco della beltà che l'Amore (Eros) tende su di noi: l'uno ci porta felicità, l'altro la vita torbida fa.» (Euripide Ifigenia in Aulide 542-50. Traduzione di Filippo Maria Pontani in Euripide Le tragedie. Milano, Mondadori, 2007) Uno degli Amori provoca la sophia, mentre l'altro distrugge l'anima dell'uomo .
Marie-Lan Nguyen e un altro autore - Opera propria

Cupido

Cupìdo (Desiderio, pl. Cupidines) o Amor (Amore, pl. Amores) sono le denominazioni in lingua latina di Eros, dio dell'amore divino e del desiderio sessuale appartenente al pantheon della religione e della mitologia greca.
Da tener presente che:
«Un tale dio non ha niente a che fare con la religione romana, né per quanto riguarda un suo culto (salvo, talora, come paredro della propria madre Venere o in pratiche private): deriva piuttosto dalla poesia e dall'arte greca, e in particolare dalla rappresentazione che di esso aveva diffuso la cultura ellenistica (un fanciullo alato, spesso capriccioso, con arco e frecce).»
(Dizionario della civiltà classica ( a cura di F.Ferrari, M. Fantuzzi, M.C. Martinelli, M.S. Mirto). Milano, Rizzoli, 2001, vol.1, p. 719)

Nella letteratura latina

Riprendendo miti di origine greca, Cicerone riporta che:
(LA) «Cupido primus Mercurio et Diana prima natus dicitur, secundus Mercurio et Venere secunda, tertius qui idem Anteros Marte et Venere tertia» (IT) «Il primo Cupido si dice che sia figlio di Mercurio e della prima Diana, il secondo di Mercurio e della seconda Venere, il terzo che è lo stesso che Antero, di Marte e della terza Venere.»
(Cicerone, De natura deorum, III, 23. Traduzione di Cesare Marco Calcante, pp. 356-359)
Riguardo ad Amor e riprendendo Esiodo  Igino  e Virgilio , sempre Cicerone evidenzia:
(LA) «qui si est deus, patrem quoque eius Caelum esse deum confitendum est. Quod si ita est, Caeli quoque parentes di habendi sunt Aether et Dies eorumque fratres et sorores, qui a genealogis antiquis sic nominantur Amor, Dolus, Metus, Labor, Invidentia, Fatum, Senectus, Mors, Tenebrae, Miseria, Querella, Gratia, Fraus, Pertinacia, Parcae, Hesperides, Somnia; quos omnis Erebo et Nocte natos ferunt.» (IT) «E se Saturno è un dio, bisogna ammettere che anche suo padre, il Cielo, sia un dio. Ma se è così, anche Etere e Giorno, i genitori di Cielo, devono essere considerati dei, e anche i loro fratelli e le loro sorelle chiamati nelle antiche genealogie Amore, Inganno, Timore, Fatica, Invidia, Fato, Vechiaia, Morte, Tenebre, Miseria, Lamento, Favore, Frode, Pertinacia, Parche, Esperidi, Sogni, e tutti costoro, secondo la tradizione, nacquero da Erebo e da Notte.»
(Cicerone, De natura deorum, III, 18. Traduzione di Cesare Marco Calcante, pp. 340-341)

Araldica

In araldica Cupido, detto anche amorino, è rappresentato come un bambino, con due ali sulla schiena, munito di un arco e di una faretra piena di frecce.

Citazioni su Cupido

  • Chiamami Cupìdo, junior. Non ho mai sbagliato. (Justice League Unlimited)
  • Cupido invecchiando somiglia al nano Bagonghi. (Marcello Marchesi)
  • Cupìdo non spreca una seconda freccia per lo stesso cuore. (Jerome K. Jerome)
  • Durante gli scavi eseguiti in presenza del re di Napoli, al tempo della Restaurazione del 1815, in una delle stanze della casa d'Atteone fu trovato un grande affresco di una bellezza molto particolare, che rappresentava un gruppo di ninfe con gli occhi rivolti verso la figura più significativa. Dietro di lei un giovane Cupìdo, chino sul suo orecchio con posa galante, aveva l'aria di bisbigliarle qualche mistero. (Charles Baudelaire)
  • E chi avrebbe mai detto, chi avrebbe anche solo pensato che magari Cupìdo poteva spararmi un altro di quei maledetti dardi. È vero che sono stato trafitto al cuore ma se qualcosa sembra troppo bello per essere vero, di solito lo è. (Eminem)
  • Il giorno di San Valentino, più precisamente Cupido. Un bimbetto corpulento che sembra un arciere va in giro a lanciare frecce sulla gente che d'improvviso s'innamora?! E per dimostrare quell'amore le coppie si regalano... cioccolatini e altri dolci... Ma vogliono diventare grassi come quel bimbetto?! (Jarod il camaleonte)
  • L'amore può dar forma e dignità a cose basse e vili, e senza pregio; ché non per gli occhi Amore guarda il mondo, ma per sua propria rappresentazione, ed è per ciò che l'alato Cupido viene dipinto col volto bendato. (William Shakespeare)
  • Ma una cosa era certa: nella vita, per quanto Cupìdo si dia da fare per renderle romantiche, le cose dell'amore non succedono mai come nei libri o come nei film. (Bianca Pitzorno)
  • Non so chi ha inventato la storia delle frecce di Cupìdo, ma non c'è nulla di più vero. (Boileau-Narcejac)
  • Ogni amante è un guerriero, e Cupìdo ha il suo accampamento. (Ovidio)
  • Vengono dalla dote le saette, | non dall'arco sognato di Cupìdo. (Scipione Maffei)
  • Vogliamo ancora parlare d'amore? Oggi la gente ha il cuore talmente duro e la faccia coperta di strati di ipocrisia che invece di arco e frecce, Cupido dovrebbe armarsi di una 44 magnum. (Giovanni Scafoglio)

"Eros con delfino", opera romana del II secolo d.C. in marmo bianco a grana fine, utilizzata come ornamento di una fontana: dalla bocca del delfino fuorusciva l'acqua. Già appartenente alla Collezione Farnese è oggi conservata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La presenza di immagini di Eros accompagnato da un delfino è testimoniata da pitture vascolari risalenti fin dal V secolo a.C. e origina dalle iconografie proprie del "giovane sul delfino".
Salento81 & Barrosh.m - Opera propria
Eros su un delfino, Museo Archeologico Nazionale di Napoli

Eros

In Greek mythology, Eros (UK: /ˈɪərɒs, ˈɛrɒs/, US: /ˈɛrɒs, ˈɛrs/; Greek: Ἔρως, "Desire") was the Greek god of attraction. His Roman counterpart was Cupid ("desire"). Some myths make him a primordial god, while in other myths, he is the son of Aphrodite. He was one of the winged love gods, Erotes.

Etymology

The Greek ἔρως, meaning "desire," comes from ἔραμαι "to desire, love", of uncertain etymology. R. S. P. Beekes has suggested a Pre-Greek origin.

Cult and depiction

Eros appears in ancient Greek sources under several different guises. In the earliest sources (the cosmogonies, the earliest philosophers, and texts referring to the mystery religions), he is one of the primordial gods involved in the coming into being of the cosmos. But in later sources, Eros is represented as the son of Aphrodite, whose mischievous interventions in the affairs of gods and mortals cause bonds of love to form, often illicitly. Ultimately, in the later satirical poets, he is represented as a blindfolded child, the precursor to the chubby Renaissance Cupid, whereas in early Greek poetry and art, Eros was depicted as an adult male who embodies sexual power, and a profound artist.
A cult of Eros existed in pre-classical Greece, but it was much less important than that of Aphrodite. However, in late antiquity, Eros was worshiped by a fertility cult in Thespiae. In Athens, he shared a very popular cult with Aphrodite, and the fourth day of every month was sacred to him (also shared by Herakles, Hermes and Aphrodite).

Primordial god

According to Hesiod (c. 700 BC), one of the most ancient of all Greek sources, Eros (the god of love) was the fourth god to come into existence, coming after Chaos, Gaia (the Earth), and Tartarus (the Abyss or the Underworld).
Homer does not mention Eros. However, Parmenides (c. 400 BC), one of the pre-socratic philosophers, makes Eros the first of all the gods to come into existence.
The Orphic and Eleusinian Mysteries featured Eros as a very original god, but not quite primordial, since he was the child of Night (Nyx). Aristophanes (c. 400 BC), influenced by Orphism, relates the birth of Eros:
At the beginning there was only Chaos, Night (Nyx), Darkness (Erebus), and the Abyss (Tartarus). Earth, the Air and Heaven had no existence. Firstly, blackwinged Night laid a germless egg in the bosom of the infinite deeps of Darkness, and from this, after the revolution of long ages, sprang the graceful Love (Eros) with his glittering golden wings, swift as the whirlwinds of the tempest. He mated in the deep Abyss with dark Chaos, winged like himself, and thus hatched forth our race, which was the first to see the light.

Son of Aphrodite and Ares

In later myths, he was the son of the deities Aphrodite and Ares: it is the Eros of these later myths who is one of the erotes. Eros was associated with athleticism, with statues erected in gymnasia,[verification needed] and "was often regarded as the protector of homosexual love between men."[verification needed] Eros was depicted as often carrying a lyre or bow and arrow. He was also depicted accompanied by dolphins, flutes, roosters, roses, and torches.[verification needed]
[Hera addresses Athena:] “We must have a word with Aphrodite. Let us go together and ask her to persuade her boy [Eros], if that is possible, to loose an arrow at Aeetes’ daughter, Medea of the many spells, and make her fall in love with Jason . . .” (Apollonius of Rhodes, Argonautica 3. 25 ff – a Greek epic of the 3rd century BC)
"He [Eros] smites maids’ breasts with unknown heat, and bids the very gods leave heaven and dwell on earth in borrowed forms." (Seneca, Phaedra 290 ff.)
"Once, when Venus’ son [Eros] was kissing her, his quiver dangling down, a jutting arrow, unbeknown, had grazed her breast. She pushed the boy away. In fact the wound was deeper than it seemed, though unperceived at first. [And she became] enraptured by the beauty of a man [Adonis]." (Ovid, Metamorphoses 10. 525 ff.)
"Eros drove Dionysos mad for the girl [Aura] with the delicious wound of his arrow, then curving his wings flew lightly to Olympus. And the god roamed over the hills scourged with a greater fire.” (Nonnus, Dionysiaca 48. 470 ff – a Greek epic of the 5th century AD)

Eros and Psyche

The story of Eros and Psyche has a longstanding tradition as a folktale of the ancient Greco-Roman world long before it was committed to literature in Apuleius' Latin novel, The Golden Ass. The novel itself is written in a picaresque Roman style, yet Psyche retains her Greek name. Eros and Aphrodite are called by their Latin names (Cupid and Venus), and Cupid is depicted as a young adult, rather than a child.
The story tells of the struggle for love and trust between Eros and Psyche. Aphrodite was jealous of the beauty of mortal princess Psyche, as men were leaving her altars barren to worship a mere human woman instead, and so she commanded her son Eros, the god of love, to cause Psyche to fall in love with the ugliest creature on earth. But instead, Eros falls in love with Psyche himself and spirits her away to his home. Their fragile peace is ruined by a visit from Psyche's jealous sisters, who cause Psyche to betray the trust of her husband. Wounded, Eros leaves his wife, and Psyche wanders the Earth, looking for her lost love. Eventually she approaches Aphrodite and asks for her help. Aphrodite imposes a series of difficult tasks on Psyche, which she is able to achieve by means of supernatural assistance.
After successfully completing these tasks, Aphrodite relents and Psyche becomes immortal to live alongside her husband Eros. Together they had a daughter, Voluptas or Hedone (meaning physical pleasure, bliss).
In Greek mythology, Psyche was the deification of the human soul. She was portrayed in ancient mosaics as a goddess with butterfly wings (because psyche was also the Ancient Greek word for 'butterfly'). The Greek word psyche literally means "soul, spirit, breath, life or animating force".
Amor e Psyche. Scultura romana su modello greco risalente al II secolo d.C. conservata all'Altes Museum di Berlino. La vicenda di Amor e Psyche è narrata nelle Metamorfosi di Apuleio (II d.C.). Il dio Amor (Eros) si innamora della bellissima fanciulla Psyche e le fa visita ogni notte con il patto che ella non cerchi mai di vedere il suo volto. Psyche tradisce il patto e Amor si allontana da lei. Per riconquistare l'amato, Psyche si sottopone a durissime prove impostegli da Venere (Afrodite) finché lo stesso dio Giove (Zeus), mosso a compassione, non l'aiuta facendogli così conquistare l'immortalità e quindi accogliendola sull'Olimpo come sposa di Amor. Amor e Psyche rappresentano l'amore umano e quello divino, inteso come il percorso spirituale che l'anima umana (Psyche) deve intraprendere per tornare ad essere puramente "divina" dopo aver scontato i propri errori. Il tema è spesso raffigurato nei sarcofaghi come immagine della felicità nell'oltretomba.
Anagoria - Opera propria
Amor and Psyche; Roman Copy around 150 AD, Original 1rst century BC Altes Museum    Nome in lingua locale Altes Museum Ente principale Musei statali di Berlino Localizzazione Berlino Coordinate 52° 31′ 10″ N, 13° 23′ 54″ E Istituito 1828 Pagina web www.smb.museum Controllo di autorità : Q156722 VIAF: 202689698 ISNI: 0000 0001 0940 5889 LCCN: n83197241 GND: 4506837-9 WorldCat Section: Roman Sculpture and Greek Model, Sk 151

Cupid

In classical mythology, Cupid (Latin Cupīdō [kʊˈpiː.doː], meaning "desire") is the god of desire, erotic love, attraction and affection. He is often portrayed as the son of the love goddess Venus and the war god Mars. He is also known in Latin as Amor ("Love"). His Greek counterpart is Eros.
Although Eros is generally portrayed as a slender winged youth in Classical Greek art, during the Hellenistic period, he was increasingly portrayed as a chubby boy. During this time, his iconography acquired the bow and arrow that represent his source of power: a person, or even a deity, who is shot by Cupid's arrow is filled with uncontrollable desire. In myths, Cupid is a minor character who serves mostly to set the plot in motion. He is a main character only in the tale of Cupid and Psyche, when wounded by his own weapons, he experiences the ordeal of love. Although other extended stories are not told about him, his tradition is rich in poetic themes and visual scenarios, such as "Love conquers all" and the retaliatory punishment or torture of Cupid.
In art, Cupid often appears in multiples as the Amores, or amorini in the later terminology of art history, the equivalent of the Greek erotes. Cupids are a frequent motif of both Roman art and later Western art of the classical tradition. In the 15th century, the iconography of Cupid starts to become indistinguishable from the putto.
Cupid continued to be a popular figure in the Middle Ages, when under Christian influence he often had a dual nature as Heavenly and Earthly love. In the Renaissance, a renewed interest in classical philosophy endowed him with complex allegorical meanings. In contemporary popular culture, Cupid is shown drawing his bow to inspire romantic love, often as an icon of Valentine's Day.

Origins and birth

The Romans reinterpreted myths and concepts pertaining to the Greek Eros for Cupid in their own literature and art, and medieval and Renaissance mythographers conflate the two freely. In the Greek tradition, Eros had a dual, contradictory genealogy. He was among the primordial gods who came into existence asexually; after his generation, deities were begotten through male-female unions. In Hesiod's Theogony, only Chaos and Gaia (Earth) are older. Before the existence of gender dichotomy, Eros functioned by causing entities to separate from themselves that which they already contained.
At the same time, the Eros who was pictured as a boy or slim youth was regarded as the child of a divine couple, the identity of whom varied by source. The influential Renaissance mythographer Natale Conti began his chapter on Cupid/Eros by declaring that the Greeks themselves were unsure about his parentage: Heaven and Earth, Ares and Aphrodite, Night and Ether, or Strife and Zephyr. The Greek travel writer Pausanias, he notes, contradicts himself by saying at one point that Eros welcomed Aphrodite into the world, and at another that Eros was the son of Aphrodite and the youngest of the gods.
In Latin literature, Cupid is usually treated as the son of Venus without reference to a father. Seneca says that Vulcan, as the husband of Venus, is the father of Cupid. Cicero, however, says that there were three Cupids, as well as three Venuses: the first Cupid was the son of Mercury and Diana, the second of Mercury and the second Venus, and the third of Mars and the third Venus. This last Cupid was the equivalent of Anteros, "Counter-Love," one of the Erotes, the gods who embody aspects of love. The multiple Cupids frolicking in art are the decorative manifestation of these proliferating loves and desires. During the English Renaissance, Christopher Marlowe wrote of "ten thousand Cupids"; in Ben Jonson's wedding masque Hymenaei, "a thousand several-coloured loves ... hop about the nuptial room".
In the later classical tradition, Cupid is most often regarded as the son of Venus and Mars, whose love affair represented an allegory of Love and War. The duality between the primordial and the sexually conceived Eros accommodated philosophical concepts of Heavenly and Earthly Love even in the Christian era.

Attributes and themes

Cupid is winged, allegedly, because lovers are flighty and likely to change their minds, and boyish because love is irrational. His symbols are the arrow and torch, "because love wounds and inflames the heart." These attributes and their interpretation were established by late antiquity, as summarized by Isidore of Seville (d. 636 AD) in his Etymologiae. Cupid is also sometimes depicted blindfolded and described as blind, not so much in the sense of sightless—since the sight of the beloved can be a spur to love—as blinkered and arbitrary. As described by Shakespeare in A Midsummer Night's Dream (1590s):
Love looks not with the eyes, but with the mind
And therefore is winged Cupid painted blind.
Nor hath love's mind of any judgement taste;
Wings and no eyes figure unheedy haste.
And therefore is love said to be a child
Because in choice he is so oft beguiled.
In Botticelli's Allegory of Spring (1482), also known by its Italian title La Primavera, Cupid is shown blindfolded while shooting his arrow, positioned above the central figure of Venus.
Particularly in ancient Roman art, cupids may also carry or be surrounded by fruits, animals, or attributes of the Seasons or the wine-god Dionysus, symbolizing the earth's generative capacity.

Cupid's arrows

Cupid carries two kinds of arrows, or darts, one with a sharp golden point, and the other with a blunt tip of lead. A person wounded by the golden arrow is filled with uncontrollable desire, but the one struck by the lead feels aversion and desires only to flee. The use of these arrows is described by the Latin poet Ovid in the first book of his Metamorphoses. When Apollo taunts Cupid as the lesser archer, Cupid shoots him with the golden arrow, but strikes the object of his desire, the nymph Daphne, with the lead. Trapped by Apollo's unwanted advances, Daphne prays to her father, the river god Peneus, who turns her into a laurel, the tree sacred to Apollo. It is the first of several unsuccessful or tragic love affairs for Apollo.
A variation is found in The Kingis Quair, a 15th-century poem attributed to James I of Scotland, in which Cupid has three arrows: gold, for a gentle "smiting" that is easily cured; the more compelling silver; and steel, for a love-wound that never heals.

Cupid and the bees

In the tale of Cupid the honey thief, the child-god is stung by bees when he steals honey from their hive. He cries and runs to his mother Venus, complaining that so small a creature shouldn't cause such painful wounds. Venus laughs, and points out the poetic justice: he too is small, and yet delivers the sting of love.
The story was first told about Eros in the Idylls of Theocritus (3rd century BC). It was retold numerous times in both art and poetry during the Renaissance. The theme brought the Amoretti poetry cycle (1595) of Edmund Spenser to a conclusion, and furnished subject matter for at least twenty works by Lucas Cranach the Elder and his workshop. The German poet and classicist Karl Philipp Conz (1762–1827) framed the tale as Schadenfreude ("taking pleasure in someone else's pain") in a poem by the same title. In a version by Gotthold Ephraim Lessing, a writer of the German Enlightenment, the incident prompts Cupid to turn himself into a bee:
Through this sting was Amor made wiser.
The untiring deceiver
concocted another battle-plan:
he lurked beneath the carnations and roses
and when a maiden came to pick them,
he flew out as a bee and stung her.
The image of Cupid as bee is part of a complex tradition of poetic imagery involving the flower of youth, the sting of love as a deflowering, and honey as a secretion of love.

Cupid and dolphins

In both ancient and later art, Cupid is often shown riding a dolphin. On ancient Roman sarcophagi, the image may represent the soul's journey, originally associated with Dionysian religion. A mosaic from late Roman Britain shows a procession emerging from the mouth of the sea god Neptune, first dolphins and then sea birds, ascending to Cupid. One interpretation of this allegory is that Neptune represents the soul's origin in the matter from which life was fashioned, with Cupid triumphing as the soul's desired destiny.
In other contexts, Cupid with a dolphin recurs as a playful motif, as in garden statuary at Pompeii that shows a dolphin rescuing Cupid from an octopus, or Cupid holding a dolphin. The dolphin, often elaborated fantastically, might be constructed as a spout for a fountain. On a modern-era fountain in the Palazzo Vecchio, Florence, Italy, Cupid seems to be strangling a dolphin.
Dolphins were often portrayed in antiquity as friendly to humans, and the dolphin itself could represent affection. Pliny records a tale of a dolphin at Puteoli carrying a boy on its back across a lake to go to school each day; when the boy died, the dolphin grieved itself to death.
In erotic scenes from mythology, Cupid riding the dolphin may convey how swiftly love moves, or the Cupid astride a sea beast may be a reassuring presence for the wild ride of love. A dolphin-riding Cupid may attend scenes depicting the wedding of Neptune and Amphitrite or the Triumph of Neptune, also known as a marine thiasos.

Demon of fornication

To adapt myths for Christian use, medieval mythographers interpreted them morally. In this view, Cupid might be seen as a "demon of fornication". The innovative Theodulf of Orleans, who wrote during the reign of Charlemagne, reinterpreted Cupid as a seductive but malicious figure who exploits desire to draw people into an allegorical underworld of vice. To Theodulf, Cupid's quiver symbolized his depraved mind, his bow trickery, his arrows poison, and his torch burning passion. It was appropriate to portray him naked, so as not to conceal his deception and evil.

Sleeping Cupid

Cupid sleeping became a symbol of absent or languishing love in Renaissance poetry and art, including a Sleeping Cupid (1496) by Michelangelo that is now lost. The ancient type was known at the time through descriptions in classical literature, and at least one extant example had been displayed in the sculpture garden of Lorenzo de' Medici since 1488. In the 1st century AD, Pliny had described two marble versions of a Cupid (Eros), one at Thespiae and a nude at Parium, where it was the stained object of erotic fascination.
Michelangelo's work was important in establishing the reputation of the young artist, who was only twenty at the time. At the request of his patron, he increased its value by deliberately making it look "antique", thus creating "his most notorious fake". After the deception was acknowledged, the Cupid Sleeping was displayed as evidence of his virtuosity alongside an ancient marble, attributed to Praxiteles, of Cupid asleep on a lion skin.
In the poetry of Giambattista Marino (d. 1625), the image of Cupid or Amore sleeping represents the indolence of Love in the lap of Idleness. A madrigal by his literary rival Gaspare Murtola exhorted artists to paint the theme. A catalogue of works from antiquity collected by the Mattei family, patrons of Caravaggio, included sketches of sleeping cupids based on sculpture from the Temple of Venus Erycina in Rome. Caravaggio, whose works Murtola is known for describing, took up the challenge with his 1608 Sleeping Cupid, a disturbing depiction of an unhealthy, immobilized child with "jaundiced skin, flushed cheeks, bluish lips and ears, the emaciated chest and swollen belly, the wasted muscles and inflamed joints." The model is thought to have suffered from juvenile rheumatoid arthritis. Caravaggio's sleeping Cupid was reconceived in fresco by Giovanni da San Giovanni, and the subject recurred throughout Roman and Italian work of the period.

Love Conquers All

Earlier in his career, Caravaggio had challenged contemporary sensibilities with his "sexually provocative and anti-intellectual" Victorious Love, also known as Love Conquers All (Amor Vincit Omnia), in which a brazenly naked Cupid tramples on emblems of culture and erudition representing music, architecture, warfare, and scholarship.
The motto comes from the Augustan poet Vergil, writing in the late 1st century BC. His collection of Eclogues concludes with what might be his most famous line:
Omnia vincit Amor: et nos cedamus Amori.
Love conquers all, and so let us surrender ourselves to Love.
The theme was also expressed as the triumph of Cupid, as in the Triumphs of Petrarch.

Roman Cupid

The ancient Roman Cupid was a god who embodied desire, but he had no temples or religious practices independent of other Roman deities such as Venus, whom he often accompanies as a side figure in cult statues. A Cupid might appear among the several statuettes for private devotion in a household shrine, but there is no clear distinction between figures for veneration and those displayed as art or decoration. Roman temples often served a secondary purpose as art museums, and Cicero mentions a statue of "Cupid" (Eros) by Praxiteles that was consecrated at a sacrarium and received religious veneration jointly with Hercules. An inscription from Cártama in Roman Spain records statues of Mars and Cupid among the public works of a wealthy female priest (sacerdos perpetua), and another list of benefactions by a procurator of Baetica includes statues of Venus and Cupid.
Cupid became more common in Roman art from the time of Augustus, the first Roman emperor. After the Battle of Actium, when Antony and Cleopatra were defeated, Cupid transferring the weapons of Mars to his mother Venus became a motif of Augustan imagery. In the Aeneid, the national epic of Rome by the poet Vergil, Cupid disguises himself as Iulus, the son of Aeneas who was in turn the son of Venus herself, and in this form he beguiles Queen Dido of Carthage to fall in love with the hero. She gives safe harbor to Aeneas and his band of refugees from Troy, only to be abandoned by him as he fulfills his destiny to found Rome. Iulus (also known as Ascanius) becomes the mythical founder of the Julian family from which Julius Caesar came. Augustus, Caesar's heir, commemorated a beloved great-grandson who died as a child by having him portrayed as Cupid, dedicating one such statue at the Temple of Venus on the Capitoline Hill, and keeping one in his bedroom where he kissed it at night. A brother of this child became the emperor Claudius, whose mother Antonia appears in a surviving portrait-sculpture as Venus, with Cupid on her shoulder. The Augustus of Prima Porta is accompanied by a Cupid riding a dolphin. Cupids in multiples appeared on the friezes of the Temple of Venus Genetrix (Venus as "Begetting Mother"), and influenced scenes of relief sculpture on other works such as sarcophagi, particularly those of children. As a winged figure, Cupido shared some characteristics with the goddess Victoria. On coinage issued by Sulla the dictator, Cupid bears the palm branch, the most common attribute of Victory. "Desire" in Roman culture was often attached to power as well as to erotic attraction. Roman historians criticize cupido gloriae, "desire for glory," and cupido imperii, "desire for ruling power". In Latin philosophical discourse, cupido is the equivalent of Greek pothos, a focus of reflections on the meaning and burden of desire. In depicting the "pious love" (amor pius) of Nisus and Euryalus in the Aeneid, Vergil has Nisus wonder:
Is it the gods who put passion in men's mind, Euryalus, or does each person's fierce desire (cupido) become his own God?
In Lucretius' physics of sex, cupido can represent human lust and an animal instinct to mate, but also the impulse of atoms to bond and form matter. An association of sex and violence is found in the erotic fascination for gladiators, who often had sexualized names such as Cupido.
Cupid was the enemy of chastity, and the poet Ovid opposes him to Diana, the virgin goddess of the hunt who likewise carries a bow but who hates Cupid's passion-provoking arrows. Cupid is also at odds with Apollo, the archer-brother of Diana and patron of poetic inspiration whose love affairs almost always end disastrously. Ovid blames Cupid for causing him to write love poetry instead of the more respectable epic.

Cupid and Psyche

The story of Cupid and Psyche appears in Greek art as early as the 4th century BC, but the most extended literary source of the tale is the Latin novel Metamorphoses, also known as The Golden Ass, by Apuleius (2nd century AD). It concerns the overcoming of obstacles to the love between Psyche ("Soul" or "Breath of Life") and Cupid, and their ultimate union in marriage.
The fame of Psyche's beauty threatens to eclipse that of Venus herself, and the love goddess sends Cupid to work her revenge. Cupid, however, becomes enamored of Psyche, and arranges for her to be taken to his palace. He visits her by night, warning her not to try to look upon him. Psyche's envious sisters convince her that her lover must be a hideous monster, and she finally introduces a lamp into their chamber to see him. Startled by his beauty, she drips hot oil from the lamp and wakes him. He abandons her. She wanders the earth looking for him, and finally submits to the service of Venus, who tortures her. The goddess then sends Psyche on a series of quests. Each time she despairs, and each time she is given divine aid. On her final task, she is to retrieve a dose of Proserpina's beauty from the underworld. She succeeds, but on the way back can't resist opening the box in the hope of benefitting from it herself, whereupon she falls into a torpid sleep. Cupid finds her in this state, and revives her by returning the sleep to the box. Cupid grants her immortality so the couple can be wed as equals.
The story's Neoplatonic elements and allusions to mystery religions accommodate multiple interpretations, and it has been analyzed as an allegory and in light of folktale, Märchen or fairy tale, and myth. Often presented as an allegory of love overcoming death, the story was a frequent source of imagery for Roman sarcophagi and other extant art of antiquity. Since the rediscovery of Apuleius's novel in the Renaissance, the reception of Cupid and Psyche in the classical tradition has been extensive. The story has been retold in poetry, drama, and opera, and depicted widely in painting, sculpture, and various media.

Depictions

On gems and other surviving pieces, Cupid is usually shown amusing himself with adult play, sometimes driving a hoop, throwing darts, catching a butterfly, or flirting with a nymph. He is often depicted with his mother (in graphic arts, this is nearly always Venus), playing a horn. In other images, his mother is depicted scolding or even spanking him due to his mischievous nature. He is also shown wearing a helmet and carrying a buckler, perhaps in reference to Virgil's Omnia vincit amor or as political satire on wars for love or love as war.

 Cupid by Bertel Thorvaldsen. Located in the Thorvaldsen Museum, Copenhagen.

 Statua in marmo di Eros addormentato risalente al II d.C. di provenienza sconosciuta, è conservata al Museo archeologico nazionale di Atene. Il giovane Eros alato è addormentato su una roccia, il braccio sinistro funge da cuscino mentre un giovane leone fa la guardia al dio.
Xinstalker - Opera propria
Roman de la Rose
The Roman de la Rose manuscript contains one of the most popular romantic French poems of its time
14th century  
National Library of Wales  
 The god of love (Cupid) shoots an arrow at the lover. From a 14th Century text of Roman de la Rose
 Afrodite armata con Eros, copia del II sec., Museo del Louvre
Ricardo André Frantz - Opera propria
Vênus armada e Eros. Autor desconhecido, mármore,século II. Antiga coleção Borghese. Restaurada no século XVI.

Amor beklagt sich bei Venus
Cupid complaining to Venus
Lucas Cranach the Elder  (1472–1553) 
 circa 1525 

Athens Squat lekythos
Anonimo (Atene)
 420 circa a.C.
English: Herculaneum (deposit) - Cupids playing with a lyre. Roman fresco from Herculaneum (perhaps the Basilica) (detail).
Deutsch: Herculaneum (Depot) - Amoretten spielen mit einer Lyra. Römisches Fresko aus Herculaneum (vielleicht die Basilika) (Ausschnitt)
 Amore sulla Bilancia (Amor Sapientiae): tarsia lignea del coro della Basilica di Santa Maria Maggiore in Bergamo, opera di Giovan Francesco Capoferri su disegno di Lorenzo Lotto. Amore è in piedi su una bilancia in perfetto equilibrio, con le ali aperte ascendendo verso l'alto. Tre fiamme simboleggiano il fuoco sacro della purificazione. La scritta in basso, Nosce te ipsum ("Conosci te stesso") è il motto socratico che invita a ricercare la sapienza in se stessi.
 Sleeping Cupid
1635-1640
Signed 'F' under the base
Based on a marble ascribed to the ancient Greek sculptor Praxiteles, acquired by Charles I.
 Annibale Carracci, Volta Farnese, Eros e Anteros
 XVI sec.
 English: Cupid as Victor
Latina: Amor Vincit Omnia
Deutsch: Amor als Sieger
Caravaggio  (1571–1610)
 between 1602 and 1603 
 Faliscan red-figure kylix; Tondo: Artemis riding a deer, holding her bow in her left hand, in front of her kneeles a blin folded Eros with a cup in his hands, sites: groups of talking people; about 375/50 BC; former Collection Preuß, now Antikensammlung Würzburg
 Fragmentary base for an altar of Venus and Mars, showing cupids handling the weapons and chariot of the war god, from the reign of Trajan (98–117 AD)

 Die Amorettenverkäuferin, farbiges Fresko aus Stabiae bei Pompeji, jetzt Neapel, Museo Nazionale, gezeichnet von Wilhelm Zahn, für den Druck lithografiert von Rohn (vor 1859)
Wilhelm Zahn (1800-1871), Archäologe, Künstler - Zahn, Wilhelm: Die schönsten Ornamente und merkwürdigsten Gemälde aus Pompeji, Herculanum und Stabiae, Band 3, Berlin 1859, Heft 9, Tafel 85
Aeneas Introducing Cupid Dressed as Ascanius to Dido (1757) by Tiepolo
Giovanni Battista Tiepolo 


Eros pursuing a myth. (?) Skyphos Attic red figures. Wellcome Images
 Psyché et l'amour (1626–29) by Simon Vouet: Psyche lifts a lamp to view the sleeping Cupid
 Eros. 
Illustrated by Engravings on Wood. - Greek Mythology Systematized by Sarah Amelia Scull. Publisher: Porter & Coates. 1880. P.293
Lucas Cranach the Elder – Venus with Cupid Stealing Honey
1530
L'Amour et la folie
Lionel Royer
   Venus och Amor by Frans Floris, Hallwyl Museum

Frans Floris I - Jens Mohr -  LSH 86707 (hm_dig4485_3201)

Även om denna målning inte är inkluderad i Carl van de Veldes studie över Frans Floris (se nr 10) är den ett signerat arbete av betydande kvalitet. Några av draperingarna och bakgrunden kan vara elevarbeten, men huvudfigurerna förfaller vara av Floris hand. -*- Although this is not included in Carl van de Velde´s study of Frans Floris (see no. 10), it is a signed work of considerable quality and there is no reason to doubt the traditional attribution to Floris. Some of the draperies and the background may be the work of a studio assistant but the principal figures appear to be by Floris himself.


 Marble torso of Eros (1st or 2nd century A.D.) 

 Cupid the Honey Thief (1514) by Dürer

 Philipp Otto Runge (1777–1810): Triumph des Amor, Öl auf Leinwand, 1801. Kunsthalle Hamburg. Ausschnitt.

Cupid draws his bow as the river god Peneus averts his gaze in Apollo and Daphne (1625) by Poussin

 Detail of a pillar in chalk (ca. 100-50 B.C.) found at Sagalassos (Turkey) during the excavations under the direction of prof. Marc Waelkens.

Allegory with Venus, Mars, Cupid and Time (ca. 1625): in the unique interpretation of Guercino, winged Time points an accusing finger at baby Cupid, held in a net that evokes the snare in which Venus and Mars were caught by her betrayed husband Vulcan
Attributed to Guercino
 Placchetta dall'antico, eros alla guida di una biga, 1450 ca..
 Cupid Riding on a Dolphin (1630) by Erasmus Quellinus II
Specchio, decorato con una scena di Afrodite accanto ad Eros che suona il flauto di Pan, dalla "Tomba degli ori" di Canosa, datato al sec. III a.C. Oggi esposto nel Museo archeologico nazionale di Taranto, Stanza XII.
Berthold Werner
 Cupid in a Tree (1795/1805) by Jean-Jacques-François Le Barbier
 Au centre, Pan en lutte avec Eros. Les deux adversaires sont appuyés par leurs supporters. Symbole du combat entre laideur et beauté.
Vestibule d'Eros et de Pan
 Omnia Vincit Amor (1809) by Benjamin West
Metropolitan Museum of Art
 Villa salviati, cortile, tondi di g.f. rustici 13 eros e anteros
 I, Sailko
Data sconosciuta Unknown date

Cupid on a sea monster (c. 1857) by William Adolphe Bouguereau,
William-Adolphe Bouguereau - Own work Zaczek, Iaian, Angels, Star fire publishers (part of The Foundry Creative Media Co. Ltd.), London, 2007, ISBN 978-1-184451-870 Invalid ISBN-8, p. 158
 There are more than 300,000 hand-painted tin soldiers in the Plassenburg Zinnfiguren Museum in the Plassenburg Castle near Kulmbach, Germany 2012 
Thomas Quine - Wicked little Cupid

 A Valentine greeting card (1909)

Amorini naviganti
Sarcofago delle nereidi, sec. III d.C. - Museo Archeologico, Cagliari - Photo by Giovanni Dall'Orto

 Title: "A Token of Love."
Stecher Litho Company - Missouri History Museum 
1910
:iconmelzayas:Eros - God of Love by MelZayas 

 Title: "Cupid's Message."
sconosciuto - Missouri History Museum
The Divine Eros Defeats the Earthly Eros
Giovanni Baglione  (1566–1643) 
circa 1602 
 Holland, 1588 Prints; engravings Engraving Mary Stansbury Ruiz Bequest (M.88.91.334) Prints and Drawings
 A Satyr, Venus and Cupid 
 Eros And Psyche
Agostino Carracci - Cupid and Pan
XVI sec
  :iconnagiekkun39:Eros (Cupid), The God Of Love by Nagiekkun39

Exhibit in the Art Institute of Chicago, Chicago, Illinois, USA. This artwork is in the public domain because the artist died more than 70 years ago. Photography was permitted in the museum without restriction.
Daderot - Opera propria
Anacreon with the Infants Bacchus and Cupid, modeled 1878, by Jean-Leon Gerome, bronze - Art Institute of Chicago 
So-called Eros Farnese, statue of Eros of the Centocelle type. Farnesian statue, Naples Archeological Museum, inv. 6353.
Haiduc - Own work 
Psyche Revived by Cupid's Kiss (1787–1793) by Antonio Canova.
Antonio Canova (Italian, 1757–1822) - Eric Pouhier (May 2007)
Psyché ranimée par le baiser de l'Amour (Psyche revived by the kiss of Love). Marbre, 1793.

 Eros, God Of Love Poster

by Bridge and Elizabeth Beardslee
William-Adolphe Bouguereau (1825-1905) - Love's Resistance (1885)

  :iconduelist-drago:NWCD-EN192 God of Love - Eros by Duelist-Drago

 Titian-love-fortune-death-1520.

This painting is usually called Cupid with Wheel of Fortune. A festooned animal skull (bucranium) is depicted behind the winged Cupid, making the image an allegory of Love, Fortune, and Death.
Tiziano Vecellio - Kress Foundation
 
Venus and Eros
Daniel Hopfer - Private collection

  

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