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domenica 5 agosto 2018

Helios - Sol Invictus/Sol

Helios

Helios (in italiano anche Elio o Elios; in greco antico: Ἥλιος, Hḗlios, in latino: Hēlĭus,-i o Sol,-is) è una divinità della religione greca, più precisamente il dio dell'astro solare, figlio dei titani Teia e Iperione.  

Il mito di Helios

Helios era figlio del titano Iperione e di Teia e fratello di Selene, dea legata alla luna. Ogni mattina egli si solleva ad oriente sulle acque del fiume Oceano che circonda tutta la Terra, per guidare nel cielo il carro splendente del Sole, trainato da quattro cavalli che gettano fuoco dalle narici.Durante il dì percorre il cielo da oriente a occidente fin quando arriva la sera, poi si immerge nuovamente nel fiume Oceano. Per arrivare nuovamente ad oriente, utilizza una barchetta d'oro girando attorno all'emisfero boreale. Una volta giunto a destinazione riposa nel suo magnifico palazzo. Helios possedeva sull'isola di Trinacria sette mandrie di buoi,rappresentanti i sette giorni di una settimana, e sette greggi di pecore,rappresentanti le sette notti di una settimana. Ogni mandria e ogni gregge era composto da cinquanta capi, ovvero il numero, secondo il computo antico, delle settimane dell'anno solare. Elios ebbe due figli, Fetonte ed Eete, nonchè varie figlie, tra cui Circe, Merope, Faetusa, Pasifae, chiamate le Heliadi.
In un mito corinzio del II secolo d.C. si raccontava che Briareo, uno degli Ecatonchiri, fece da arbitro in una disputa tra Poseidone ed Elio (il mare ed il Sole): egli stabilì che l'Istmo sarebbe toccato a Poseidone, mentre l'acropoli di Corinto ad Elio
« Dicono pertanto i Corintj, che Nettuno venne a contesa col Sole per la loro terra; ma il loro mediatore Briareo decise, che l’istmo, e la terra a quello confinante fosse di Nettuno, e che la rupe, la qua- le domina la città appartenesse al sole. Da quel tempo dicono, che l’istmo appartenga a Nettuno. »
(Pausania, II 1.6)

Helios nell'Iliade

La più antica attestazione greca del dio Helios è nel III canto dell'Iliade dove viene indicato come colui che "tutti vede e tutto ascolta":
(GRC) « Ζεῦ πάτερ Ἴδηθεν μεδέων κύδιστε μέγιστε,
Ἠέλιός θ', ὃς πάντ' ἐφορᾷς καὶ πάντ' ἐπακούεις,
καὶ ποταμοὶ καὶ γαῖα, καὶ οἳ ὑπένερθε καμόντας
ἀνθρώπους τίνυσθον ὅτις κ' ἐπίορκον ὀμόσσῃ,
ὑμεῖς μάρτυροι ἔστε, φυλάσσετε δ' ὅρκια πιστά »
(IT) « Zeus padre, signore dell'Ida, grande e glorioso,
Sole che tutti vedi e tutto ascolti,
fiumi e terra, e voi che sotto terra
punite da morti coloro che giurano il falso,
siate testimoni, e custodite i patti. »
(Iliade III, 276-280. Traduzione di Guido Paduano. Milano, Mondadori, 2007, p.91)
La facoltà di onniveggenza lo fa invocare nei giuramenti.

Helios nella Teogonia di Esiodo

Nella Teogonia di Esiodo (vv.371-374) i titani Teia (Θεία, anche Teia o Tia) e Iperione (Ύπέριον) generano Helios insieme a Selene (Σελήνη, Luna) e Eós (Ἠώς, Aurora).
Mentre ai versi 956-957 Helios e l'oceanina Perseis (Περσηίς, anche Perseide) generano Circe (Κίρκη) e Aiete (Αἰήτης, anche Eeta).

Helios nelle altre tradizioni

  • Negli Inni omerici, la possibilità di vedere e ascoltare ovunque (così come testimoniato nell'Iliade) consentì a Helios di assistere al rapimento di Persefone (Περσεφόνη) da parte di Ade (Ἅιδης).
  • In Pindaro, Helios è lo sposo della ninfa Rodo (Ῥόδη, anche Rodi) e sull'isola di Rodi ebbe sette figli. Sempre in Pindaro, Zeus assegna a Helios l'isola di Rodi in quanto, assente al momento della spartizione del mondo tra gli dèi, ottiene Rodi appena emersa dal mare.
  • Platone, nel suo Simposio (220 D) cita la lirica di Socrate dedicata a Helios che sorge.
  • In Ateneo (469c e sgg.) viene raccontato il modo in cui Helios dopo aver attraversato il cielo da oriente verso occidente, tornasse al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversava l'oceano.
  • In Diodoro Siculo Helios risulta particolarmente venerato a Rodi che è l'isola a lui sacra, in quanto inizialmente non era che una palude divenendo fiorente grazie ai raggi del sole che la prosciugarono.
  • In Pausania Helios è genitore di Pasifae (Πασιφάη) da intendersi questa come un appellativo di Selene.
  • Il mitografo romano Igino narra la vicenda di Fetonte (Φαέθων) il quale figlio di Climeno (Κλύμενος), a sua volta figlio di Helios e della ninfa Merope (Μερόπη), venne a sapere dal padre che suo nonno era Helios, ma adoperò in modo errato il cocchio solare in quanto si avvicinò troppo alla terra incendiando dove passava finché un fulmine lo colpì facendolo precipitare nel fiume Po che i Greci chiamano Eridano (Ferecide fu il primo a indicarlo in questo modo). Le sorelle di Fetonte piansero in tal modo il fratello che furono trasformate in pioppi. Queste loro lacrime (narra Esiodo) rapprendendosi si trasformarono in ambra, e per questa ragione sono chiamate Eliadi (Ἡλιάδες): Merope, Elie, Egle, Lampezia, Febe, Eteria e Diossipe.
  • Il dio viene normalmente rappresentato alla guida del carro del sole che conduce da oriente verso occidente. Il poeta romano Ovidio, riprendendo Pindaro, indica questo carro in una quadriga tirata da quattro cavalli che soffiano fuoco dalle narici: (Eòo, Etone, Flegone e Piroide).

Culto

Il culto di Helios non era regolare in Grecia in quanto questo dio non risiedeva né nelle città, né nelle campagne, ed essendo un astro era considerato lontano dagli uomini che comunque gli prestavano debito onore. Il suo culto risulta invece particolare nell'isola di Rodi dove gli era consacrata una colossale statua rappresentante un giovane con una folta chioma cinta da una corona a raggiera conosciuta con il nome di Colosso di Rodi, a dimostrazione dei tratti propriamente non greci della sua civiltà.
A Helios erano dedicate, sempre a Rodi, le Hēliaîa (Ἡλιαῖα), festività comprendenti gare atletiche e un sacrificio di quadrighe gettate in mare.

Teologia

In età successive il culto di Helios assunse vie più un'importanza centrale, dapprima fu identificato con altri dèi, ad esempio l'identificazione con il dio Apollo risulta già attestata nel V secolo a.C., successivamente, in epoca tardo-imperiale, a partire da Aureliano, il suo culto divenne il principale culto dell'impero romano; in Macrobio sono riassunte le motivazioni teologiche:
(LA) « Tum Vettius: Cave aestimes, mi Aviene, poetarum gregem, cum de dis fabulantur, non ab adytis plerumque philosophiae semina mutuari. Nam quod omnes paene deos, dumtaxat qui sub caelo sunt, ad solem referunt, non vana superstitio sed ratio divina commendat. 3 Si enim sol, ut veteribus placuit, dux et moderator est luminum reliquorum, et solus stellis errantibus praestat, ipsarum vero stellarum cursus ordinem rerum humanarum, ut quibusdam videtur, pro potestate disponunt, ut Plotino constat placuisse, significant: necesse est ut solem, qui moderatur nostra moderantes, omnium quae circa nos geruntur fateamur auctorem. 4 Et sicut Maro, cum de una Iunone diceret: Quo numine laeso, ostendit unius dei effectus varios pro variis censendos esse numinibus, ita diversae virtutes solis nomina dis dederunt: unde ἓν τὸ πᾶν sapientum principes prodiderunt. 5 Virtutem igitur solis quae divinationi curationique praeest Apollinem vocaverunt: quae sermonis auctor est Mercurii nomen accepit. Nam quia sermo interpretatur cogitationes latentes, Ἑρμῆς ἀπὸ τοῦ ἑρμηνεύειν propria appellatione vocitatus est. » (IT) « Allora Vettio: 2 Non credere, caro Avieno, che la schiera dei poeti, quando parla degli dèi, non tragga per lo più ispirazione dai recessi della filosofia. Infatti non è vana superstizione quella che fa loro ricondurre al Sole tutti gli dèi, o per lo meno quelli celesti, ma divina saggezza. 3 Se il Sole, secondo l'opinione degli antichi, regge e governa tutti gli altri astri e presiede esso solo al movimento dei pianeti, e se è vero che le stelle con le loro orbite regolano, come taluni ritengono, l'ordine degli eventi umani, o, secondo la teoria di Plotino, lo preannunciano, dobbiamo necessariamente considerare il Sole, in quanto governa i governatori del nostro destino, come origine di tutto ciò che accade intorno a noi. 4 E come Virgilio Marone dicendo a proposito della sola Giunone "per quale suo nome offeso", intese significare che le varie manifestazioni di un solo dio si devono considerare come altrettante divinità, così le diverse proprietà del Sole diedero origine a nomi degli dèi. Di qui i primi sapienti proclamarono il principio hèn tò pan (il tutto è unico). 5 Dunque chiamarono Apollo la proprietà divinatrice e curatrice del Sole, mentre quella che presiede al linguaggio ricevette il nome di Mercurio. In effetti, poiché il linguaggio interpreta i pensieri nascosti, con denominazione appropriata fu chiamato in greco Hermes da hermenèuein (interpretare). »
(Macrobio. Saturnali I, 17, 2-5. Traduzione di Nino Marinone; Torino, Utet, 1987)
Così già l'imperatore Flavio Claudio Giuliano nel suo Inno a Helios re:
« Questo universo divino e assolutamente splendido, che si estende dalla sommità della volta celeste fino all’infimo della terra, tenuto insieme dalla continua provvidenza del dio, esiste increato dall’eternità e in eterno esisterà nel futuro, conservato da nient’altro se non direttamente dal quinto elemento il cui vertice è il raggio del Sole; a un secondo livello, per dir così, è sostenuto dal mondo intelligibile e quindi, in forma ancora più nobile, dal re del cosmo, centro di tutto quel che esiste. Quest’ultimo, comunque lo si voglia designare, come ciò che sta oltre l’intelletto o come l’idea dell’essere, oppure come l’intero mondo intelligibile, o ancora come l’Uno, poiché l’Uno sembra preesistente a tutte le cose, o come il Bene, per usare l’espressione favorita di Platone; questo principio unitario del tutto che è fonte primaria, per ogni essere esistente, di bellezza, di perfezione, di unità e di potenza irresistibile, in virtù della sua sostanza creatrice e permanente, ha originato da sé, quale mediatore, al centro delle cause mediatrici, intelligenti e demiurgiche, Helios, dio potentissimo, in tutto simile a sé. Così pensa anche il divino Platone, quando dice: "Questo è appunto quello che chiamo figlio del Bene, che il Bene generò simile a sé: ciò che nel mondo intelligibile è il Bene rispetto all’intelletto pensante e all’oggetto pensato, questo è Helios nel mondo visibile rispetto alla vista e alle cose vedute". Mi sembra, dunque, che tra la sua luce e il mondo visibile ci sia un rapporto identico a quello che esiste tra la verità e il mondo intelligibile. Ma lo stesso Helios nella sua totalità, dal momento che è figlio dell’idea, che è il primo e massimo Bene, esiste dall’eternità nell’ambito della sua sostanza permanente, avendo ricevuto il dominio fra gli dei intelligenti e avendo elargito agli dei intelligenti quanto il Bene produce per gli dei intelligibili. Il Bene, credo, è per gli dei intelligibili fonte di bellezza, sostanza, perfezione e unità, riunendo e irradiando questi benefici con la potenza che è espressione della sua natura. Questi, dunque, sono i doni dispensati agli dei intelligenti da Helios, preposto dal Bene a comandare e regnare su di loro, benché siano apparsi e abbiano avuto origine insieme a lui, allo scopo, io penso, che anche per gli dei intelligenti ci fosse una causa, dotata della natura del Bene e promotrice di benefici, che regolasse ogni cosa per tutti in conformità con l’intelletto. »
(Giuliano imperatore Inno a Helios re, 5-6. In Giuliano imperatore. Inno alla Madre degli dei e altri discorsi (a cura di Jacques Fontaine, Carlo Prato e Arnaldo Marcone). Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 1997, pp.105-7)

Nella letteratura moderna

Helios appare nella saga Le sfide di Apollo di Rick Riordan.

 Metopa raffigurante Helios che esce dal mare. Rinvenuta all'angolo Nord-Est del tempio di Atena a Troia da Heinrich Schliemann nel 1872, e risalente al IV secolo a.C., è oggi conservata presso il Pergamonmuseum di Berlino. La raffigurazione di Helios che esce dal mare può riprendere quanto riportato in Ateneo (469c e sgg.) dove viene raccontato il modo in cui Helios, dopo aver attraversato il cielo da oriente verso occidente, torni col suo cocchio al suo punto di origine: entro un'enorme coppa attraversa l'oceano.

Sol Invictus

Sol Invictus ("Sole invitto") o, per esteso, Deus Sol Invictus ("Dio Sole invitto") era un appellativo religioso usato per diverse divinità nel tardo Impero romano, quali Helios, El-Gabal, Mitra, che finirono per essere assimilate, nel periodo della dinastia dei Severi, all'interno di un monoteismo "solare".
Al contrario del precedente culto agreste di Sol Indiges ("Sole nativo" o "Sole invocato" - l'etimologia e il significato del termine indiges sono dubbie), il titolo Deus Sol Invictus fu formato per analogia con la titolatura imperiale Pius, Felix, Invictus (Devoto, Fortunato, Invitto).

Storia

In Egitto e Siria

Il culto del Sol Invictus ha origine in Oriente: ad esempio le celebrazioni del rito della nascita del Sole in Siria ed Egitto erano di grande solennità e prevedevano che i celebranti ritiratisi in appositi santuari ne uscissero a mezzanotte, annunciando che la Vergine aveva partorito il Sole, raffigurato come un infante. In particolare, è l'apologeta cristiano Epifanio di Salamina  a segnalare che in alcune città d'Arabia e d'Egitto i pagani celebravano una festa dedicata al trionfo della luce sulle tenebre, e incentrata sulla nascita del dio Aîon, generato dalla vergine Kore, con un evidentissimo rimando alla dottrina dell'eterno ritorno: si noti che nella tradizione cosmologica greca "Aîon" era uno degli aspetti del Tempo, inteso nella sua valenza di eterno presente; in greco, inoltre, "kore" è la parola che designa genericamente la "fanciulla" ossia il femminile nelle sue infinite potenzialità, e Kore è anche il nome con cui è nota la figura mitologica di Persefone. La testimonianza di Epifanio è confermata anche da Cosma di Gerusalemme, che ancora nel sec. VII d.C. menziona la celebrazione di analoghe cerimonie nella notte tra il 24 e il 25 dicembre.

Eliogabalo e Mitra

Il culto acquisì importanza a Roma per la prima volta con l'imperatore Eliogabalo (sebbene vi siano emissioni monetali antecedenti del Sole, almeno dell'epoca di Caracalla), che tentò prematuramente di imporre il culto di Elagabalus Sol Invictus, il Dio-Bolide solare della sua città natia, Emesa, in Siria. Eliogabalo fece costruire un tempio dedicato alla nuova divinità sul Palatino. Con la morte violenta dell'imperatore nel 222 questo culto cessò di essere coltivato a Roma, anche se molti imperatori continuarono a essere ritratti sulle monete con l'iconografia della corona radiata solare per quasi un secolo.
Il Sol Invictus, inoltre, compare come divinità subordinata associata al culto di Mitra. Il termine Invictus compare anche riferito a Mitra stesso e al dio Marte nelle iscrizioni private dei dedicanti e dei devoti.

Culto solare romano

Nel 272 Aureliano sconfisse la principale nemica dell'impero (riunificandolo), la Regina Zenobia del Regno di Palmira, grazie all'aiuto provvidenziale della città stato di Emesa (arrivato nel momento in cui le milizie romane si stavano sbandando). L'imperatore stesso dichiarò di aver avuto la visione del dio Sole di Emesa, che interveniva per rincuorare le truppe in difficoltà nel corso della battaglia decisiva.
In seguito, nel 274, Aureliano trasferì a Roma i sacerdoti del dio Sol Invictus e ufficializzò il culto solare di Emesa, edificando un tempio sulle pendici del Quirinale e creando un nuovo corpo di sacerdoti (pontifices solis invicti). Comunque, al di là dei motivi di gratitudine personale, l'adozione del culto del Sol Invictus fu vista da Aureliano come un forte elemento di coesione dato che, in varie forme, il culto del Sole era presente in tutte le regioni dell'impero. Anche molte divinità greco-romane, come Giove e Apollo, erano identificate con il sole. Inoltre, come riferisce l'apologista cristiano Tertulliano, molti credevano erroneamente che gli stessi cristiani adorassero il sole.
Sebbene il Sol Invictus di Aureliano non sia ufficialmente identificato con Mitra, richiama molte caratteristiche del mitraismo, compresa l'iconografia del dio rappresentato come un giovane senza barba.
Aureliano consacrò il tempio del Sol Invictus in una data ignota verso la fine del 274, facendo del dio-Sole la principale divinità del suo impero e indossando egli stesso una corona a raggi. Si presume che a lui risalga la festa solstiziale del Dies Natalis Solis Invicti, "Giorno di nascita del Sole Invitto". La scelta di questa data poteva rendere più importante la festa, in quanto la innestava, concludendola, sulla festa romana più antica, i Saturnali.
La celebrazione del Sole Invitto proprio il 25 dicembre è tuttavia testimoniata solo nel Cronografo del 354 insieme alla testimonianza del Natale. Durante il regno di Licinio la celebrazione del Sol Invictus si svolse il 19 dicembre, data forse più prossima al solstizio astronomico nel calendario allora in vigore. La festa, inoltre, del Sole Invitto era celebrata anche in altre date, ad esempio dal 19 al 22 ottobre.
La prima testimonianza della celebrazione del Natale cristiano successiva al Cronografo del 354 risale al 380, grazie ai sermoni di san Gregorio di Nissa. La festa del Natale di Cristo, infatti, non è riportata nei più antichi calendari delle festività cristiane in quanto i cristiani prediligevano altre feste fra cui oltre alla Pasqua anche l'Epifania/Battesimo di Gesù e il concepimento, ipotizzato 33 anni esatti prima della morte di Gesù. Fra le date festive più antiche figurano proprio il 6 gennaio e il 28 marzo (o altra data pasquale per il presunto anno di nascita di Gesù).

"Al compagno Sole Invitto"

Anche l'imperatore Costantino sarebbe stato un cultore del Dio Sole, in qualità di Pontifex Maximus dei romani. Egli, infatti, raffigurò il Sol Invictus sulla sua monetazione ufficiale, con l'iscrizione SOLI INVICTO COMITI, "Al compagno Sole Invitto", definendo quindi il dio come un compagno dell'imperatore.
Con un decreto del 7 marzo 321 Costantino stabilì che il primo giorno della settimana (il giorno del Sole, Dies Solis) doveva essere dedicato al riposo:
(LA) « Imperator Constantinus.Omnes iudices urbanaeque plebes et artium officia cunctarum venerabili die solis quiescant. ruri tamen positi agrorum culturae libere licenterque inserviant, quoniam frequenter evenit, ut non alio aptius die frumenta sulcis aut vineae scrobibus commendentur, ne occasione momenti pereat commoditas caelesti provisione concessa. * const. a. helpidio. * <a 321 pp. v non. mart. crispo ii et constantino ii conss.> » (IT) « Nel venerabile giorno del Sole, si riposino i magistrati e gli abitanti delle città, e si lascino chiusi tutti i negozi. Nelle campagne, però, la gente sia libera legalmente di continuare il proprio lavoro, perché spesso capita che non si possa rimandare la mietitura del grano o la semina delle vigne; sia così, per timore che negando il momento giusto per tali lavori, vada perduto il momento opportuno, stabilito dal cielo. »
(Codice giustinianeo 3.12.2)
Natale
Letteralmente natale significa "nascita". La festività del Dies Natalis Solis Invicti ("Giorno di nascita del Sole Invitto") veniva celebrata nel momento dell'anno in cui la durata del giorno cominciava ad aumentare dopo il solstizio d'inverno: la "rinascita" del sole. Il termine solstizio viene dal latino solstitium, che significa letteralmente "sole fermo" (da sol, "sole", e sistere, "stare fermo").
Infatti nell'emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all’equatore). In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il dì più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell’oscurità, ma poi ritorna vitale e "invincibile" sulle stesse tenebre. E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo "Natale". Questa interpretazione "astronomica" può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.
Dopo aver abbracciato la fede cristiana, nel 330 l'imperatore ufficializzò per la prima volta il festeggiamento cristiano della natività di Gesù, che con un decreto fu fatta coincidere con la festività pagana della nascita di Sol Invictus. Il "Natale Invitto" divenne il "Natale" Cristiano (v. sotto, Sol Invictus e il Cristianesimo).
Verso la metà del IV secolo papa Giulio I ufficializzò la data del Natale da parte della Chiesa cattolica, come tramandato da Giovanni Crisostomo nel 390:
« In questo giorno, 25 dicembre, anche la natività di Cristo fu definitivamente fissata in Roma. »
(Giovanni Crisostomo)

L'editto di Teodosio

La religione del Sol Invictus restò in auge fino al celebre editto di Tessalonica di Teodosio I del 27 febbraio 380, in cui l'imperatore stabiliva che l'unica religione di Stato era il Cristianesimo di Nicea, bandendo di fatto ogni altro culto.
Il 3 novembre 383 il Dies Solis, che era chiamato anche Dies Dominicus, giorno del Signore, in accordo con l'uso cristiano attestato da quasi tre secoli (cfr. Apocalisse 1, 16), fu dichiarato giorno di riposo obbligatorio per le liti giuridiche, per gli affari e per la riscossione dei debiti, comandando che fosse considerato sacrilego chi non ottemperava all'editto:
« Idem aaa. ad Principium praefectum praetorio. Solis die, quem dominicum rite dixere maiores, omnium omnino litium et negotiorum quiescat intentio; debitum publicum privatumque nullus efflagitet; ne aput ipsos quidem arbitros vel e iudiciis flagitatos vel sponte delectos ulla sit agnitio iurgiorum. Et non modo notabilis, verum etiam sacrilegus iudicetur, qui a sanctae religionis instinctu rituve deflexerit. Proposita III non. nov. Aquileiae Honorio n. p. et Evodio conss. »
(Codice teodosiano, xi.7.13)

Sol Invictus e cristianesimo

La terminologia relativa alla luce e alle sue fonti: lucerna, fuoco, stelle, Luna e -primo fra tutti- Sole si riferisce innanzitutto alla loro realtà fisica. In seguito all'esperienza umana questi termini si caricarono di ulteriori significati e divennero metafora o simbolo, assumendo significati più ampi e complessi. Ad es. la luce si contrappone all'oscurità, il giorno alla notte e per questo motivo la luce diventa simbolo di verità, di conoscenza, di consapevolezza che si contrappone all'oscurità dell'ignoranza e della menzogna. Questo processo è molto antico e ha portato per esempio i popoli mesopotamici ad attribuire al dio sole Šamaš il compito di garantire la giustizia e il rispetto degli accordi. Già nella stele di Hammurabi il re babilonese è ritratto mentre riceve da Shamash le leggi, che promulgherà.

Il Sole come simbolo ebraico del Messia

Un legame tra il Sole e la figura del Messia atteso dal popolo ebraico compare nella seguente profezia biblica:
« la mia giustizia sorgerà come un Sole e i suoi raggi porteranno la guarigione...il giorno in cui io manifesterò la mia potenza, voi schiaccerete i malvagi... »
(Libro di Malachia, 3, 20-21.)
Questa immagine della giustizia di Dio come un astro splendente risale al libro di Isaia (Is 30, 26 e Is 62, 1) ed è ripreso anche nel libro della Sapienza (Sap 5, 6).
L'utilizzo del Sole come simbolo messianico nel periodo immediatamente precedente la nascita del giudeo-cristianesimo si ritrova nei manoscritti del Mar Morto:
« La sua parola è come parola del cielo; il suo insegnamento è secondo la volontà di Dio. Il suo eterno Sole splenderà e il suo fuoco sarà fulgido in tutti i confini della terra; sulla tenebra splenderà. Allora la tenebra sparirà dalla terra, l'oscurità dalla terraferma. »
(Apocrifo di Levi (4Q541), frammento 9, colonna 1, righe 2-6.)

Simbolismo solare associato a Gesù

L'annuncio dell'arrivo di un Sole di giustizia presente nel libro di Malachia, che conclude il Tanakh, è stato interpretato dai cristiani come un annuncio profetico della nascita di Gesù. La presenza di un importante annuncio era resa ancora più verosimile dal fatto che Malachia non è il nome dell'autore del libro, ma significa messaggero. Questa interpretazione è implicita già nel primo capitolo del vangelo secondo Luca (Lc 1, 79-79), in cui Zaccaria, quando preannuncia che Giovanni Battista andrà "dinanzi al Signore a preparargli la via", profetizza che la misericordia di Dio "ci verrà incontro dall'alto come luce che sorge", e infatti nel capitolo successivo Gesù è presentato come "luce per illuminare le nazioni" (cfr. Lc 2, 32).
Il simbolismo teologico "Cristo-Luce" è caratteristico del Vangelo secondo Giovanni (cfr. Gv 1, 4-9 e Gv 8, 12), che mette spesso in evidenza la contrapposizione tra luce e tenebra. Nelle epistole paoline la simbologia della luce è molto presente con una grande ricchezza di sfumature e significati (ad es. Ef 5, 8-14), tra i quali viene associato anche il Messia citato in modo simile nella letteratura rabbinica.
Se la simbologia della luce è ben presente nel Nuovo Testamento, il Sole non viene quasi mai associato esplicitamente a Cristo. Il Sole come termine ricorre 22 volte e solo due volte viene usato come paragone per lo splendore del volto di Gesù. La prima circostanza è la trasfigurazione, durante la quale il volto di Gesù splendeva come il Sole (Mt 17, 2). Anche nell'Apocalisse di Giovanni, quando Cristo appare all'apostolo: "il suo volto somigliava al sole quando splende in tutta la sua forza" (Ap 1, 16).
Il simbolismo solare è invece molto comune fra i primi scrittori cristiani, che distinsero il "vero Sol iustitiae da quello venerato dai pagani e dai manichei". Il simbolismo era anche stimolato dal racconto della risurrezione, di cui il risorgere quotidiano del Sole può essere considerato una metafora.

Il simbolismo solare nell'iconografia cristiana

L'iconografia cristiana delle origini utilizzò sistematicamente temi iconografici pagani, soprattutto nei primi tre secoli, quando il rischio delle persecuzioni impediva l'utilizzo di simboli troppo esplicitamente cristiani in luoghi come le catacombe. Furono perciò utilizzati anche attributi solari per alludere a Cristo come la corona radiata del Sol Invictus o, in alcuni casi, il carro solare. Un mosaico forse raffigurante Gesù come Apollo-Helios è stato scoperto in un mausoleo sotto la basilica di San Pietro e datato circa al 250, nel periodo cioè delle persecuzioni di Valeriano. La valenza cristiana del mosaico si dedurrebbe dai tralci di vite che circondano l'immagine del dio Helios.
Fin dagli albori del cristianesimo le chiese cristiane - dove era possibile - furono orientate con l'abside a Oriente. Ciò potrebbe avere un'interpretazione solare dato che l'Oriente può essere considerato simbolicamente il punto dove sorge il sole (invitto dopo la lotta contro le tenebre) e sale nel cielo. La presenza di affreschi del Cristo Pantocratore nell'abside delle prime chiese rafforzerebbe l'identificazione del Risorto con il Sole. Tuttavia, già secoli prima del culto del Sol invictus, il Tempio di Salomone era orientato lungo l'asse Est-Ovest (ma con l'ingresso a Est). Anche le sinagoghe dovevano essere orientate a Est tutte le volte che non era possibile orientarle verso Gerusalemme.
L'utilizzo del sole come simbolo cristologico è durata nei secoli sino a oggi. Anche nell'abside esterna del Duomo di Milano vi è la raffigurazione della Trinità, in cui il Cristo è raffigurato non come una persona umana ma come un sole fiammeggiante di pietra. Il monogramma IHS sormontato da una croce e posto dentro una razza fiammante è uno dei più comuni cristogrammi (ripreso come simbolo della Compagnia di Gesù, per esempio). Gli ostensori, che avevano inizialmente una forma di teca (ostensori architettonici) hanno per lo più la forma di disco solare. La razza (o raggiera) fiammante è considerata uno dei simboli più tipici del sole.

Sovrapposizione fra culto solare e culto cristiano

Molto prima che Eliogabalo e i suoi successori diffondessero a Roma il culto siriaco del Sol invictus, molti romani ritenevano che i cristiani adorassero il sole:
« Gli adoratori di Serapide sono cristiani e quelli che sono devoti al dio Serapide chiamano se stessi Vicari di Cristo »
(Adriano)
« …molti ritengono che il Dio cristiano sia il Sole perché è un fatto noto che noi preghiamo rivolti verso il Sole sorgente e che nel Giorno del Sole ci diamo alla gioia »
(Tertulliano, Ad nationes, apologeticum, de testimonio animae)
Questa confusione era senz'altro favorita dal fatto che Gesù era risorto nel primo giorno della settimana, quello dedicato al sole, e perciò i cristiani avevano l'abitudine di festeggiare proprio in quel giorno (oggi chiamato domenica):
« Nel giorno detto del Sole si radunano in uno stesso luogo tutti coloro che abitano nelle città o in campagna, si leggono le memorie degli apostoli o le scritture dei profeti, per quanto il tempo lo consenta; poi, quando il lettore ha terminato, il presidente istruisce a parole ed esorta all'imitazione di quei buoni esempi. Poi ci alziamo tutti e preghiamo e, come detto poco prima, quando le preghiere hanno termine, viene portato pane, vino e acqua, e il presidente offre preghiere e ringraziamenti, secondo la sua capacità, e il popolo dà il suo assenso, dicendo Amen. Poi viene la distribuzione e la partecipazione a ciò che è stato dato con azioni di grazie, e a coloro che sono assenti viene portata una parte dai diaconi. Coloro che possono, e vogliono, danno quanto ritengono possa servire: la colletta è depositata al presidente, che la usa per gli orfani e le vedove e per quelli che, per malattia o altre cause, sono in necessità, e per quelli che sono in catene e per gli stranieri che abitano presso di noi, in breve per tutti quelli che ne hanno bisogno. »
(Giustino, II secolo d.C.)
Questa scelta liturgica era inevitabile. Il giorno del sole, infatti, non solo era proprio il primo della settimana, quello in cui Gesù era risorto, ma anche aveva una valenza metaforica teologicamente e scritturalmente corretta. L'abitudine di chiamare tale giorno "giorno del Signore" (dies dominica, da cui, appunto il nome domenica) compare per la prima volta alla fine del primo secolo (Apocalisse 1, 10) e poco dopo nella didaché, prima cioè che il culto del Sol Invictus prendesse piede.
Anche la decisione di celebrare la nascita di Cristo in coincidenza col solstizio d'inverno ha dato origine a molte controversie, dato che le date di nascita di Gesù fornite dai Vangeli sono imprecise e di difficile interpretazione. Le prime notizie di feste cristiane per celebrare la nascita di Cristo risalgono circa all'anno 200. Clemente Alessandrino riporta diverse date festeggiate in Egitto, che sembrano coincidere con l'Epifania o col periodo pasquale (cfr. Data di nascita di Gesù). Nel 204 circa, invece, Ippolito di Roma propone il 25 dicembre (e la correttezza storica di tale scelta sembrerebbe essere stata approssimativamente confermata da recenti scoperte). La decisione delle autorità romane, tuttavia, di uniformare la data delle celebrazioni proprio il 25 dicembre potrebbe essere stata stabilita in buona parte per motivi "politici" in modo da congiungersi e sovrapporsi alle feste pagane dei Saturnali e del Sol invictus.
La confusione delle date liturgiche fra i culti continuò per un certo periodo , anche perché ovviamente l'editto di Tessalonica, che proibiva i culti diversi dal cristianesimo, non determinò la conversione immediata dei pagani. Ancora ottanta anni dopo, nel 460, il papa Leone I sconsolato scriveva:
« È così tanto stimata questa religione del Sole che alcuni cristiani, prima di entrare nella Basilica di San Pietro in Vaticano, dopo aver salito la scalinata, si volgono verso il Sole e piegando la testa si inchinano in onore dell’astro fulgente. Siamo angosciati e ci addoloriamo molto per questo fatto che viene ripetuto per mentalità pagana. I cristiani devono astenersi da ogni apparenza di ossequio a questo culto degli dei. »
(Papa Leone I, 7° sermone tenuto nel Natale del 460 - XXVII-4)
La sovrapposizione fra culto solare e culto cristiano ha dato origine a molte controversie, tanto che alcuni hanno sostenuto che il cristianesimo sia stato pesantemente influenzato dal mitraismo e dal culto del Sol invictus o addirittura trovi in essi la sua radice vera. Questa ipotesi si forma durante il Rinascimento, ma si è diffusa negli ultimi decenni del sec. XX , tanto da essere considerata (se non accettata) perfino negli ambienti più progressisti delle chiese cristiane. Un esempio di questa ipotesi ce lo fornisce il vescovo siriano Jacob Bar-Salibi che, alla fine del XII secolo, scrive::
« Era costume dei pagani celebrare al 25 dicembre la nascita del Sole, in onore del quale accendevano fuochi come segno di festività. Anche i Cristiani prendevano parte a queste solennità. Quando i dotti della Chiesa notarono che i Cristiani erano fin troppo legati a questa festività, decisero in concilio che la "vera" Natività doveva essere proclamata in quel giorno. »
(Jacob Bar-Salibi)
Anche l'allora cardinale Joseph Ratzinger (poi papa Benedetto XVI) parla della cristianizzazione della festa antico romana dedicata al sole e agli dei che lo rappresentavano.

Leaf disc dedicated to Sol Invictus. Silver, Roman artwork, 3rd century AD. From Pessinus (Bala-Hissar, Asia Minor).
 
Helios (/ˈhliɒs/; Ancient Greek: Ἥλιος Hēlios; Latinized as Helius; Ἠέλιος in Homeric Greek) is the god and personification of the Sun in Greek mythology. He is the son of the Titan Hyperion and the Titaness Theia (according to Hesiod), also known as Euryphaessa (in Homeric Hymn 31) and brother of the goddesses Selene, the moon, and Eos, the dawn.
Helios was described as a handsome young man crowned with the shining aureole of the Sun, who drove the chariot of the sun across the sky each day to earth-circling Oceanus and through the world-ocean returned to the East at night. In the Homeric Hymn to Helios, Helios is said to drive a golden chariot drawn by steeds (HH 31.14–15); and Pindar speaks of Helios's "fire-darting steeds" (Olympian Ode 7.71). Still later, the horses were given fire related names: Pyrois, Aeos, Aethon, and Phlegon.
The equivalent of Helios in Roman mythology was Sol.

Etymology

The Greek ἥλιος is the inherited word for the Sun, from Proto-Indo-European *seh₂u-el, which is cognate with Latin sol, Sanskrit surya, Old English swegl, Old Norse sól, Welsh haul, Avestan hvar, etc. The name Helen is thought to share this etymology, and may express an early alternate personification of the sun among Hellenic peoples.
The female offspring of Helios were called Heliades. The Greek sun god had various bynames or epithets, which over time in some cases came to be considered separate deities associated with the Sun. Most notably, Helios is closely associated with, and sometimes consciously identified with, Apollo.
Among these is Hyperion (superus, "high up"), Elektor (of uncertain derivation, often translated as "beaming" or "radiant", especially in the combination elektor Hyperion), Phaëton "the radiant", Hekatos (of Apollo, also Hekatebolos "far-shooter", i.e. the sun's rays considered as arrows).
Diodorus Siculus of Sicily reported that the Chaldeans called Cronus (Saturn) by the name Helios, or the sun, and he explained that this was because Saturn was the most conspicuous of the planets.

Greek mythology

The best known story involving Helios is that of his son Phaethon, who attempted to drive his father's chariot but lost control and set the earth on fire. If Zeus had not interfered by throwing a thunderbolt at Phaethon, killing him instantly, all mortals would have died.
Helios was sometimes characterized with the epithet Panoptes ("the all-seeing"). In the story told in the hall of Alcinous in the Odyssey (viii.300ff.), Aphrodite, the consort of Hephaestus, secretly beds Ares, but all-seeing Helios spies on them and tells Hephaestus, who ensnares the two lovers in nets invisibly fine, to punish them.
In the Odyssey, Odysseus and his surviving crew land on Thrinacia, an island sacred to the sun god, whom Circe names Hyperion rather than Helios. There, the sacred red[citation needed] cattle of the Sun were kept:
You will now come to the Thrinacian island, and here you will see many herds of cattle and flocks of sheep belonging to the sun-god. There will be seven herds of cattle and seven flocks of sheep, with fifty heads in each flock. They do not breed, nor do they become fewer in number, and they are tended by the goddesses Phaethusa and Lampetia, who are children of the sun-god Hyperion by Neaera. Their mother when she had borne them and had done suckling them sent them to the Thrinacian island, which was a long way off, to live there and look after their father's flocks and herds.
Though Odysseus warns his men, when supplies run short they impiously kill and eat some of the cattle of the Sun. The guardians of the island, Helios' daughters, tell their father about this. Helios appeals to Zeus telling them to dispose of Odysseus' men or he will take the Sun and shine it in the Underworld. Zeus destroys the ship with his lightning bolt, killing all the men except for Odysseus.
In one Greek vase painting, Helios appears riding across the sea in the cup of the Delphic tripod which appears to be a solar reference. Athenaeus in Deipnosophistae relates that, at the hour of sunset, Helios climbed into a great golden cup in which he passes from the Hesperides in the farthest west to the land of the Ethiops, with whom he passes the dark hours. While Heracles traveled to Erytheia to retrieve the cattle of Geryon, he crossed the Libyan desert and was so frustrated at the heat that he shot an arrow at Helios, the Sun. Almost immediately, Heracles realized his mistake and apologized profusely, in turn and equally courteous, Helios granted Heracles the golden cup which he used to sail across the sea every night, from the west to the east because he found Heracles' actions immensely bold. Heracles used this golden cup to reach Erytheia.
By the Oceanid Perse, Helios became the father of Aeëtes, Circe, Perses (brother of Aeetes) and Pasiphaë. His other children are Phaethusa ("radiant") and Lampetia ("shining").

Helios and Apollo

Helios is sometimes identified with Apollo: "Different names may refer to the same being," Walter Burkert observes, "or else they may be consciously equated, as in the case of Apollo and Helios."
In Homeric literature, Apollo is clearly identified as a different god, a plague-dealer with a silver (not golden) bow and no solar features.
The earliest certain reference to Apollo identified with Helios appears in the surviving fragments of Euripides' play Phaethon in a speech near the end (fr 781 N²), Clymene, Phaethon's mother, laments that Helios has destroyed her child, that Helios whom men rightly call Apollo (the name Apollo is here understood to mean Apollon "Destroyer").
By Hellenistic times Apollo had become closely connected with the Sun in cult. His epithet Phoebus, Phoibos "shining", was later also applied by Latin poets to the sun-god Sol.
The identification became a commonplace in philosophic texts and appears in the writing of Parmenides, Empedocles, Plutarch and Crates of Thebes among others, as well as appearing in some Orphic texts. Pseudo-Eratosthenes writes about Orpheus in Catasterismi, section 24:
"But having gone down into Hades because of his wife and seeing what sort of things were there, he did not continue to worship Dionysus, because of whom he was famous, but he thought Helios to be the greatest of the gods, Helios whom he also addressed as Apollo. Rousing himself each night toward dawn and climbing the mountain called Pangaion, he would await the sun's rising, so that he might see it first. Therefore, Dionysus, being angry with him, sent the Bassarides, as Aeschylus the tragedian says; they tore him apart and scattered the limbs."
Dionysus and Asclepius are sometimes also identified with this Apollo Helios.
Classical Latin poets also used Phoebus as a byname for the sun-god, whence come common references in later European poetry to Phoebus and his car ("chariot") as a metaphor for the sun but, in particular instances in myth, Apollo and Helios are distinct. The sun-god, the son of Hyperion, with his sun chariot, though often called Phoebus ("shining") is not called Apollo except in purposeful non-traditional identifications.
Despite these identifications, Apollo was never actually described by the Greek poets driving the chariot of the sun, although it was common practice among Latin poets. Therefore, Helios is still known as the "sun god" – the one who drives the sun chariot across the sky each day.

Helios and Zeus

Helios is also sometimes conflated in classical literature with another Olympian god, Zeus. Helios is referred either directly as Zeus' eye, or clearly implied to be. For instance, Hesiod effectively describes Zeus's eye as the sun. This perception is possibly derived from earlier Proto-Indo-European religion, in which the sun is believed to have been envisioned as the eye of *Dyḗus Pḥatḗr (see Hvare-khshaeta).

Cult of Helios

L. R. Farnell assumed "that sun-worship had once been prevalent and powerful among the people of the pre-Hellenic culture, but that very few of the communities of the later historic period retained it as a potent factor of the state religion". Our largely Attic literary sources tend to give us an unavoidable Athenian bias when we look at ancient Greek religion, and "no Athenian could be expected to worship Helios or Selene", J. Burnet observes, "but he might think them to be gods, since Helios was the great god of Rhodes and Selene was worshiped at Elis and elsewhere". James A. Notopoulos considers Burnet's an artificial distinction: "To believe in the existence of the gods involves acknowledgment through worship, as Laws 87 D, E shows" (note, p. 264). Aristophanes' Peace (406–413) contrasts the worship of Helios and Selene with that of the more essentially Greek Twelve Olympians, as the representative gods of the Achaemenid Persians (See also: Hvare-khshaeta, Mah); all the evidence shows that Helios and Selene were minor gods to the Greeks.
"The island of Rhodes is almost the only place where Helios enjoys an important cult", Burkert asserts (p. 174), instancing a spectacular rite, in which a quadriga, a chariot drawn by four horses, is driven over a precipice into the sea, with its overtones of the plight of Phaethon noted. Their annual gymnastic tournaments were held in his honor. The Colossus of Rhodes was dedicated to him. Helios also had a significant cult on the acropolis of Corinth on the Greek mainland.
However, the Dorians seem to have revered Helios, offering the central mainland cultus for Helios. The scattering of cults of the sun god in Sicyon, Argos, Ermioni, Epidaurus and Laconia, and his holy livestock flocks at Taenarum, seem to suggest that the deity was considerably important in Dorian religion, compared to other parts of ancient Greece. Additionally, it may have been the Dorians to import his worship to Rhodes.
The tension between the mainstream traditional religious veneration of Helios, which had become enriched with ethical values and poetical symbolism in Pindar, Aeschylus and Sophocles, and the Ionian proto-scientific examination of Helios the Sun, a phenomenon of the study Greeks termed meteora, clashed in the trial of Anaxagoras c. 450 BC, a forerunner of the culturally traumatic trial of Socrates for irreligion, in 399 BC.
In Plato's Republic (516 B), Helios, the Sun, is the symbolic offspring of the idea of the Good.
While the predominance of Helios in Sparta is currently unclear, it seems Helen was the local solar deity.

Usil, the Etruscan Helios

The Etruscan god of the Sun, equivalent to Helios, was Usil. His name appears on the bronze liver of Piacenza, next to Tiur, the moon. He appears, rising out of the sea, with a fireball in either outstretched hand, on an engraved Etruscan bronze mirror in late Archaic style, formerly on the Roman antiquities market. On Etruscan mirrors in Classical style, he appears with a halo.

Helios Megistos

In Late Antiquity a cult of Helios Megistos ("Great Helios") (Sol Invictus) drew to the image of Helios a number of syncretic elements, which have been analysed in detail by Wilhelm Fauth by means of a series of late Greek texts, namely: an Orphic Hymn to Helios; the so-called Mithras Liturgy, where Helios rules the elements; spells and incantations invoking Helios among the Greek Magical Papyri; a Hymn to Helios by Proclus; Julian's Oration to Helios, the last stand of official paganism; and an episode in Nonnus' Dionysiaca. Helios in these works is frequently equated not only with deities such as Mithras and Harpocrates, but even with the monotheistic Judaeo-Christian god.
In this texts, he is given a variety of cosmical attributes, such as being the creator of life, the lord of the heavens and the god of the sea. He can take the form of all animals of the zodiac.

Consorts and children

Notes

  • Listed above are the most common versions of the myths considering mothers of Helios' children; other ones are known as well, for instance:
    • Rhode or the Nereid Prote were possible mothers of Phaethon
    • Ephyra, of Aeetes
    • Antiope, of Aeetes and Aloeus
    • Asterope, of Aeetes and Circe
    • Crete, of Pasiphae
    • Hyrmine, of Augeas
  • According to Ovid's Metamorphoses, Clytie, sister of Leucothoe, also loved Helios, but didn't have her feelings answered
  • Anaxibia, an Indian Naiad, was lusted after by Helios according to Pseudo-Plutarch

Horses of Helios

Some lists, cited by Hyginus, of the names of horses that pulled Helios' chariot, are as follows.
• According to Homer - late 8th/ early 7th century BC: Abraxas, *Therbeeo.
• According to Eumelus of Corinth - late 7th/ early 6th century BC: The male trace horses are Eous (by him the sky is turned) and Aethiops (as if faming, parches the grain) and the female yoke-bearers are Bronte ("Thunder") and Sterope ("Lightning").
• According to Ovid - Roman, 1st century BC Phaethon's ride: Pyrois ("the fiery one"), Eous ("he who turns the sky"), Aethon ("blazing"), and Phlegon ("burning").

Epithets

  • Terpsimbrotos
The god of island of Rhodes. Holes on the periphery of the cranium are for inserting the metal rays of his crown. The characteristic likeness to portraits of Alexander the Great alludes to Lysippan models.

Sol

Sol was the solar deity in ancient Roman religion. It was long thought that Rome actually had two different, consecutive sun gods. The first, Sol Indiges, was thought to have been unimportant, disappearing altogether at an early period. Only in the late Roman Empire, scholars argued, did solar cult re-appear with the arrival in Rome of the Syrian Sol Invictus, perhaps under the influence of the Mithraic mysteries. Recent publications have challenged the notion of two different sun gods in Rome, pointing to the abundant evidence for the continuity of the cult of Sol, and the lack of any clear differentiation—either in name or depiction—between the "early" and "late" Roman sun god.

Etymology

The Latin sol for "Sun" is the continuation of the PIE heteroclitic *Seh2ul- / *Sh2-en-, cognate to Germanic Sol, Sanskrit Surya, Greek Helios, Lithuanian Saulė. Also compare Latin sol to Etruscan usil. Today, sol (or variations of it, such as Italian sole or French soleil) is still the main word for "sun" in Romance languages. Sol is used in contemporary English by astronomers and many science fiction authors as the proper name of the Sun to distinguish it from other stars which may be suns for their own planetary systems.

In the Roman Republic

According to Roman sources, the worship of Sol was introduced by Titus Tatius shortly after the foundation of Rome In Virgil he is the grandfather of Latinus, the son of Sol's daughter Circe who lived not far from Rome at Monte Circeo. A shrine to Sol stood on the banks of the Numicius, near many important shrines of early Latin religion. In Rome Sol had an "old" temple in the Circus Maximus according to Tacitus (AD 56 – 117), and this temple remained important in the first three centuries AD. There was also an old shrine for Sol on the Quirinal, where an annual sacrifice was offered to Sol Indiges on August 9 to commemorate Caesar's victory at Pharsala (48 BC). The Roman ritual calendars or fasti also mention a feast for Sol Indiges on December 11, and a sacrifice for Sol and Luna on August 28. Traditionally, scholars have considered Sol Indiges ("the native sun" or "the invoked sun"—the etymology and meaning of the word "indiges" is disputed) to represent an earlier, more agrarian form in which the Roman god Sol was worshipped, and considered him to be very different from the late Roman Sol Invictus, whom they believed was a predominantly Syrian deity. Neither the epithet "indiges" (which fell into disuse sometime after Caesar) nor the epithet "invictus" are used with any consistency however, making it impossible to differentiate between the two (see Sol Invictus, see also Di indigetes).

Sol Invictus

Sol Invictus ("Unconquered Sun") was long thought to have been a foreign state-supported sun god introduced from either Emesa or Palmyra in Syria by the emperor Aurelian in 274 and overshadowing other Eastern cults in importance, until the abolition of Classical Roman religion under Theodosius I. However the evidence for this is meager at best, and the notion that Aurelian introduced a new cult of the sun ignores the abundant evidence on coins, in images, in inscriptions, and in other sources for a strong presence of the sun god in Rome throughout the imperial period. Tertullian (died AD 220) writes that the Circus Maximus was dedicated primarily to Sol. During the reign of Aurelian, a new college of pontiffs for Sol was established.[citation needed]
There is some debate over the significance of the date December 21 for the cult of Sol. According to a single, late source, the Romans held a festival on December 21 of Dies Natalis Invicti, "the birthday of the unconquered one." Most scholars assume Sol Invictus was meant, although our source for this festival does not state so explicitly. December 25 was commonly indicated as the date of the winter solstice, with the first detectable lengthening of daylight hours. There were also festivals on other days in December, including the 11th (mentioned above), as well as August. Gordon points out that none of these other festivals are linked to astronomical events. When the festival on December 25 was instituted is not clear, which makes it hard to assess what impact (if any) it had on the establishment of Christmas.
The official status of the cult of Sol after Aurelian was significant, but there is no evidence that it was the supreme cult of the state. Hoey exaggerates the importance of an inscription from Salsovia that supposedly indicates an official empire-wide cult-prescription for Sol on December 19. It actually simply states that at the command of the emperor Licinius the commanding officer of the detachment at Salsovia was to burn incense annually for a newly erected statue of Sol on November 18 (Hoey misread the date). This simply means that Licinius accepted the erection of the statue in his honour.
Throughout the 4th century the cult of Sol continued to be maintained by high-ranking pontiffs, including the renowned Vettius Agorius Praetextatus.

Identification with other deities

The Greek assimilation of Apollo and Helios was already established in Rome by the end of the republic. Various Roman philosophers speculated on the nature of the sun, without arriving at any consensus. A typical example is Nigidius, a scholar of the 1st century BC. His works have not survived, but writing five centuries later, Macrobius reports that Nigidius argued that Sol was to be identified with Janus and that he had a counterpart, Jana, who was Moon. As such, they were to be regarded as the highest of the gods, receiving their sacrifices before all the others. Such views appear to have been restricted to an erudite elite—no ancient source aside from Macrobius mentions the equation of Sol with Janus—and had no impact on the well-attested cult of Sol as independent deity.

Quadriga di Helios, VI sec. a.C., Tempio C, Selinunte.
G.dallorto - Opera propria
Dal Tempio C di Selinunte: quadriga di Helios (il Sole). Sec. VI a.C. Museo archeologico regionale di Palermo, 28 settembre 2006. Foto di Giovanni Dall'Orto.

Moneta dell'imperatore Marco Aurelio Probo (ca. 280), con Sol Invictus alla guida di una quadriga, con iscrizione SOLI INVICTO, "Al Sole Invitto". Notare come l'imperatore porti una corona radiata, attributo del dio.


Illustrations of Odyssey 1810
John Flaxman

Caracalla. AD 198-217. AR Antoninianus (23mm, 4.95 g, 7h). Rome mint. Struck AD 216. ANTONINVS PIVS AVG GERM Radiate and draped bust right P M TR P XVIII COS IIII P P Sol standing facing, head left, holding globe and raising hand. RIC IV 281a; RSC 358 Cohen 358. Choice EF.
Classical Numismatic Group, Inc.
 "Zahnrad" der Zeit...(Heidelberg HBF / Mainstation) 
Besenbinder
Mitra al centro e il Sol Invictus in alto a sinistra, Musei Vaticani
Lalupa - Opera propria
Roma, Musei Vaticani: Roman Mithras, described as sol invictus (the unconquered sun god). Reference: CIL VI 721= VI, 30820 cf. p. 3757 (ILS 1615).

 Kupferstich (1795) von Tommaso Piroli (1752 – 1824) nach einer Zeichnung (1793) von John Flaxman (1755 – 1826).
H.-P.Haack - Antiquariat Dr. Haack Leipzig

Mosaico del III secolo nella Necropoli vaticana sotto la basilica di San Pietro, nella volta nel Mausoleo dei Giulii: è stata avanzata l'ipotesi che sia una raffigurazione di Gesù nelle vesti del dio-sole Apollo-Helios/Sol Invictus alla guida del carro.
User:Leinad-Z
Ceiling Mosaic - Christus helios, the mosaic of Sol in Mausoleum M, which is interpreted as Christ-Sol (Christ as the Sun). Detail of vault mosaic in the Mausoleum of the Julii. From the necropolis under St. Peter's Mid-3rd century Grotte Vaticane, Rome. Mosaic of the Vatican grottoes under St. Peter's Basilica, on the ceiling of the tomb of the Julii. Representation of Christ as the sun-god Helios or Sol Invictus riding in his chariot. Dated to the 3rd century AD. "Early Christian and pagan beliefs are combined in this third century mosaic of Christ as a sun-god. The triumphant Christ/god, with rays shooting from his head, is pulled aloft by two rearing horses in his chariot. The Dionysian vines in the background become the vines of Christ." Title: Christ as Sol Invictus Late 3rd century "The First Apology" by St. Justin Martyr, an early Christian, quotes Psalm 19:5-6, a verse that was very popular with early Christians. It was associated with the ancient Christian custom of praying toward the East, the direction of Christ's Ascension and second coming, instead of toward Jerusalem as Jews did: "And hear how it was foretold concerning those who published His doctrine and proclaimed His appearance, the above-mentioned prophet and king [David] speaking thus by the Spirit of prophecy. "....In the sun has He set His tabernacle, and he as a bridegroom going out of his chamber shall rejoice as a giant to run his course." Christ was also associated with "the Sun of justice with its healing rays", a Messianic image from Malachi 3:20. From "THE BONES OF ST. PETER : The First Full Account of the Search for the Apostle's Body (Doubleday, 1982) by John Evangelist Walsh"; plate 7 shows a larger black-and-white image; p.26 says that three other mosaics in the tomb on the walls show (a) Jonah falling from a ship and being swallowed by the whale, (b) a fisherman standing on rocks fishing (c) the good shepherd with a sheep across his shoulders. The mosaic on the dome comes half-way down the walls. The rays of light "strongly suggest the form of a cross." The tomb was decorated about 250 with these motifs. The damage to the mosaic on the left is in fact a hole in the centre of the ceiling. The tomb was accessed from the street of pagan Roman tombs, and the access covered by a slab. When this was lifted, the hole in the middle of the dome was accessible. The tomb is described, not as a papal tomb, but as the "tomb of the golden mosaic." Originally it contained a pagan burial of a child and no adornment. Around 250 the family had converted to Christianity, and redecorated it. Three Christian burials were located under the floor. A story from 1574 relates how workmen had opened "a tomb with golden mosaics and two white horses", and found a body on a slab on the floor covered with quicklime; the body was not present when the tomb was located again during the 1941 excavations.


 Plaque de Cybèle. Afghanistan, Aï Khanoum, Sanctuaire du temple à niches indentées. IIIe siècle av.n.è. Argent doré, D: 25 cm. Musée National d'Afghanistan, Kaboul. Visible lors de l'exposition temporaire: Afghanistan : Les trésors retrouvés : Collections du Musée National de Kaboul, Pierre Cambon, dir. Musée national des arts asiatiques - Guimet, 2006-2007, éditions de la Réunion des musées nationaux, Paris, 300 pages. ISBN 978-2-7118-5218-5. N° 23, page 156

 Sol Invictus presso il Museo nazionale romano
Raymac - Opera propria
Sol Invictus and Jupiter Dolichenus. 2nd century. Museum of Dioclecian Baths (Rome)

Alessandro Magno come Helios. Marmo, copia romana da un originale ellenistico del III-II sec. a.C.
sconosciuto - Jastrow (2006)
Altar dedicated to the god Malakbel (Sun) and the gods of Palmyra by Tiberius Claudius Felix, Claudia Helpis and their son, Tiberius Claudius Alypus, Marble, Roman artwork.
inconnu - User:Jean-Pol GRANDMONT (2011)
Antalya Archaeological Museum. Figurine of Helios.
Wolfgang Sauber - Opera propria
Detail of the left side of the altar dedicated to the god Malakbel (Sun)and gods of Palmyra decorated with a bas-relief depicting a young man crowned by Victory on a chariot drawn by four griffins, Roman artwork.
inconnu - User:Jean-Pol GRANDMONT (2011)  
Illustration of central band from the Blacas krater of "Sunrise", British Museum E466. The figures generally combine mythical personages and astronomical objects. From right to left, the figures are Helios (the Sun), four boys representing setting stars, Endymion, Eos (the dawn), Cephalus, a dog, and Selene (the Moon). It has been suggested that here Cephalus is an avatar of Orion, as he seems to take the general shape of the constellation, and that the dog at his foot represents Sirius.
Unidentified ancient Greek painter - Jane Ellen Harrison's 1890 Manual of Mythology, In Relation to Greek (enlarged translation of Collignon's French edition), pg. 180
  Model of the 2017 Sol Invictus Electric Vehicle for the Bridgestone World Solar Challenge.
 Sol Invictus - Opera propria
 Dome of the entrance hall of the Széchenyi Bath, Budapest, Northern Hungary 
Zairon - Opera propria
 Ancient Roman mosaic (ca. 250 AD) found in the ruins of the Roman villa of Münster-Sarmsheim (Bad Kreuznach), now in the Rheinisches Landesmuseum in Bonn, Germany. The mosaic was part of the floor of the entrance hall of the villa and depics Sol Invictus, the sun god. 
Kleon3 - Opera propria
 Ancient Roman bronze statuettes in the Museo archeologico nazionale (Florence)
 Sailko - Opera propria
Busto di sol, età giulio-claudia

 Grafik aus dem Klebeband Nr. 15 der Fürstlich Waldeckschen Hofbibliothek Arolsen "Ballet von Zusammenkunft und Wirkung der VII Planeten" , aufgeführt am 3. Februar 1678 im Komödienhaus Dresden, anlässlich der „Durchlauchtigsten Zusammenkunft“ "Der vierdte Planet" ("Als Theatrum eine Stadt. Sol auf ihrer Maschine")
Johann Oswald Harms
1678
Busto di Helios entro clipeo, dettaglio di un sarcofago strigilato a lenos. Marmo bianco, inizi del III sec. d.C. Rinvenuto a Roma, via Belluzzo, tomba D.
sconosciuto - Jastrow (2006)

Arte romana, disco col sole invitto, 2 secolo
I, Sailko
Sol; one of a series of eight prints of Raphaelis Sanctii Urbinatis Planetarium by Nicolas Dorigny, 1695. Copy of Raphael's mosaic panel in the dome of the Chigi Chapel.
Nicolas Dorigny - Victoria&Albert Museum Prints & Drawings
 Silvered bronze, d. = 40 mm. Sol riding a quadriga l., constellation Ursa Major above, 2 lines curved below: "JAHRESREGENT SONNE"/ 1961 calendar showing the Sundays in sectors around 2 lines in the centre: "MÜNZE WIEN" (Vienna Mint). The date is divided by this, and around: "SONNTAGE DES JAHRES". The dates of the Christian public holidays that were celebrated in Austria are shown in 2 lines further out. Medallist: (Prof. Hans) Köttenstorfer, medallist in Vienna, 1911 Steyr - 1995 Steyr, Oberösterreich, Austria Condition : UNCIRCULATED 
Berlin-George - Opera propria
Reconstruction of the Garni temple, Armenia. The original building was from the late first century, and dedicated to Helios (in this context meaning the syncretic Helleno-Armenian cult of Helios-Mher). Following Armenia's conversion to Christianity, the building served as a summer residence of the Armenian monarchs. The structure was destroyed by an earthquake in 1679, and reconstructed from the ruins in the late 1960s-early 1970s.
Baldiri - Opera propria 
 Bas relief from Virunum, showing Mithras crowning the sun god with a halo, Mithras ascending to heaven in the solar chariot, water miracle.
 Franz Cumont - The Mysteries of Mithra, p 133
Synagogue in Hamat Tiberias, Israel.
Bukvoed - Opera propria 
Reconstruction drawing of the Sol Invictus Temple in Rome, based on a 16th century drawing
Hermann Bender (1844-1897) - Rom und römisches Leben im Alterthum (1879)
  Helios et Selene
 Hans Rathausky

 Head of Sol, found as the same time of the mithraeum in Sarrebourg, limestone, 3rd century. Kept in Musées de la Cour d'Or
Fab5669 - Opera propria
Sol und Venus, Relief am Haus zum Roten Ochsen, Fischmarkt, Erfurt
Photo: Andreas Praefcke - Fotografia autoprodotta

Edzell deities Sol
Edzell Castle, Angus, Scotland. One of the seven planetary deities carvings.
Jonathan Oldenbuck - Opera propria
Helios-four elements-phase of the moon-charm, designed by Ing. Ewald Friesacher, created by Mr. Herbert Arrich
Johann Jaritz - Fotografia autoprodotta
 Vienna ( Austria ). Kunsthistorisches Museum: Iupiter Dolichenus hoard ( 2nd/3rd century AD ) from Mauer an der Url - Votive standard - detail: Eagle of Iupiter above, Busts of Sol and Luna. 
Wolfgang Sauber - Opera propria

Torso of Helios wearing a sash with Zodiac symbols. Marble, Roman copy of the Hadrianic era after a Greek original of the 5th century BC. From the foundations of the Teatro Valle.
Marie-Lan Nguyen (2009)
 Sol 
Unknown illustrator - Konrad Kyeser: "Bellifortis" (Clm 30150)
 Creato: XV sec.
Helios LACMA
Holland, circa 1588-1589 Prints; woodcuts Chiaroscuro woodcut printed in black, ochre and brown Mary Stansbury Ruiz Bequest (M.88.91.106) Prints and Drawings
Hendrik Goltzius (Holland, Mülbracht [now Bracht-am-Niederrhein], 1558-1617)
The plaque contains a complex iconography of divine figures and symbols, probably to be associated with Thracian or Dacian beliefs of the Lower Danube region. Presiding over the whole scene is Sol Invictus (the invicible sun-god) in a quadriga (four-horse chariot). His cult originated in the Near East and gained increasing influence under imperial patronage during the third century A.D. The state worship of Sol was only supplanted by Constantine's adoption of Christianity in A.D. 312.
© Codrin.B
Helios with chlamys Louvre AO7530
Marie-Lan Nguyen e un altro autore - Opera propria 
Musées de la Cour d'Or in Metz im Département Moselle (Region Alsace-Champagne-Ardenne-Lorraine/Frankreich), gallorömische Abteilung, Relief des Sonnengottes Sol invictus
GFreihalter - Opera propria 
Busto di Helios, 50-150 dc ca., dall' Augusteo da Roselle (con foto del ritrovamento). Museo archeologico di Grosseto.
Sailko - Opera propria 
Mithraic banquet scene (with traces of polychromy) featuring Mithras and the Sun god banqueting on the hide of the slaughtered bull, dating to 130 AD, Lobdengau-Museum, Ladenburg, Germany
Carole Raddato from FRANKFURT, Germany - Mithraic banquet scene (with traces of polychromy) featuring Mithras and the Sun god banqueting on the hide of the slaughtered bull, dating to 130 AD, Lobdengau-Museum, Ladenburg, Germany Uploaded by Marcus Cyron
  "Helios" 
Сергей Панасенко-Михалкин - Opera propria
Clay oil lamp depicting Sol Invictus (Undefeated Sun), 2nd century AD, Staatliche Antikensammlungen, Munich.
Carole Raddato from FRANKFURT, Germany - Clay oil lamp depicting Sol, 2nd century AD, Staatliche Antikensammlungen, Munich Uploaded by Marcus Cyron
Eos, Phosphoros, Hesperos, Helios, black-coloured pencil drawing, The National Museum in Warsaw.
Stanisław Wyspiański 1897
Musei Capitolini
Johnbod - Opera propria   
M-Nymphenburg-SteinernerSaal
Godheads Sol, Diana, and Ceres. Woodcut from the Nuremberg Chronicle
Michel Wolgemut, Wilhelm Pleydenwurff  
1493
 One of an ensemble of four paintings with personifications of the times of day intended as supraportas for the boudoir of Maria Luisa of Parma, Princess of Asturia
.Anton Raphael Mengs - Steffi Roettgen, Anton Raphael Mengs 1728-1779, vol. 2: Leben und Wirken (Munich: Hirmer, 2003),
1765 circa
 Balustrade pillard with the head of Sol, Roman god of the Sun. Limestone, 4th century CE. From Carthage, Tunisia. 
sconosciuto - Jastrow (2007)
Helios und Eos, vom Morgentau getragen, darüber der Himmelsgott. Relief vom Harnisch der Augustusstatue im Vatikan
sconosciuto 1885
Cautes with a torch. Fragment of a relief, marble. Rome, c. 100-150.
McLeod - self-made @ National Museum, Copenhagen 
 Musée de Sens, Yonne, France: mosaïque dite des chevaux du soleil, IIIe siècle. 
Urban - Opera propria
Relief en calcaire représentant le dieu Hélios, conduisant le quadrige céleste, Provenance : Saint Mard, Virton, province du Luxembourg, Belgique. Musées royaux d'Art et d'Histoire, Bruxelles, Belgique
Michel wal - Opera propria 
 Schrein für Sol auf Denar des Markus Antonius', 42 v. Chr., Albert 1609 
Hermann Junghans - Opera propria
Neues Museum - Kolossalstatue des Sonnengottes Helios
Anonimo (Egitto) - Ophelia2 
Creato: 138 - 161 d.C. 



Fountain „Helios and Selene“ in Opatija by Johann Rathausky (sculptor)
Maestralno - Opera propria
Tankard (Siegburger Schnelle) with the imperial Eagle, Hannibal and roman god Sol; made by Peter Lövenich; about 1817-1845, Siegburg; heigh 8 inches, diameter 3 3/4 inches; Gift of Charles W. Nichols (2011-129-3), Philadelphia Museum of Art
Marcus Cyron - Pictures taken by Uploader
Parz castle ( Upper Austria ). Frescos ( 1580 ) at the facade - Allegory of the sun ( Sol, Helios ).
Wolfgang Sauber - Opera propria
Sol Invictus, detail from Mithras relief of Neuenheim. Badisches Landesmuseum Karlsruhe.
Aufnahme: Benutzer:Thomas Ihle - Eigene Aufnahme vom 12.06.2004.  
 Nicolas Poussin - Helios and Phaeton with Saturn and the Four Seasons
Creato: 1635 circa
 
M. Aburi Denarius 132 BC Obv: Helmeted head of Roma Rev: Sol in quadriga holding whip and reins; below, M·ABVRI. In exergue, ROMA
Otto Nickl - Opera propria
 Statuette Helios Louvre Br344 
 Marie-Lan Nguyen Attribuzione (richiesto dalla licenza) © Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons / CC-BY 2.5 © Marie-Lan Nguyen / Wikimedia Commons e un altro autore - Opera propria
 Sol Invictus statue in Milan Archeology Museum 
CristianChirita - Opera propria
A statue of the god Sunna, at the V&A.
Midnightblueowl
 Split Archaeological Museum 
Carole Raddato from FRANKFURT, Germany - Split Archaeological Museum Uploaded by Marcus Cyron

Sculpture of Surya at Bodh Gaya, and coin of Plato of Bactria (circa 130 BCE) with Helios on the reverse
Classical Numismatic Group, Inc. http://www.cngcoins.com
 


:iconhoihoisan:Helios Sun God by HoiHoiSan




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