Maria Maddalena De Lellis
Maria Maddalena De Lellis (San Gregorio Matese, 8 agosto 1835 – San Gregorio Matese, 7 marzo 1908) è stata una brigante italiana.
Alla macchia
Maria Maddalena De Lellis nacque l'8 agosto 1835 a S. Gregorio, l'attuale San Gregorio Matese in provincia di Caserta.Contadina, analfabeta, con un marito in galera per connivenza col brigantaggio ed un figlio piccolo, nella primavera del 1864 divenne l'amante di Andrea Santaniello. Ex soldato dell'esercito borbonico, dopo essere stato il braccio destro di Cosimo Giordano, capo di tutti i capibrigante del Matese, aveva formato una propria banda che aveva inquadrato secondo regole militari. Nel giro di pochi mesi la storia divenne nota, e quando i soldati andarono per arrestarla, Maddalena si dette alla macchia.
La banda era nascosta sui monti del Matese, ma con l'arrivo della neve si spostò verso S.Potito dove poteva contare sull'aiuto di vari massari, che li fornivano di cibo ed armi. Della banda facevano parte briganti di spicco quali Giovanni Civitillo detto “senza paura”, Giovangiuseppe Campagna detto “il rosso” ed i fratelli Antonio e Vincenzo Arcieri. Maddalena non era solo l'amante del capo: partecipava agli incendi delle case coloniche, alle rapine, ai sequestri ed aveva anche il suo fucile personale, svolgendo un ruolo di vero brigante che nessun uomo le contestò mai. Nella primavera del 1865 tutti i suoi parenti vennero incarcerati, per mesi, al fine di indurla alla costituzione.
Assalto di S.Potito
La sera del 22 luglio 1865 partecipò all'assalto di S.Potito. Le bande riunite di Cosimo Giordano, Andrea Santaniello e Antonio De Lellis volevano rapire don Enrico Sanillo, ricchissimo possidente della zona. Ma nella sparatoria avvenuta al caffè Riccitelli il Sanillo vi rimase misteriosamente ucciso. Tale omicidio fu motivo di discussione il giorno dopo tra Santaniello e Giordano, per cui le bande si divisero.Nel settembre 1865 la comitiva si trasferì sui monti di Cervinara, nell'avellinese, dove ebbero scontro a fuoco con la forza pubblica a Polvica e sequestri di persona a Talanico ed Arienzo. A loro si aggregarono briganti della zona quali Sabatiello Capuano detto “mascella” e Pasquale Miele detto “pulcinella”. Maddalena partecipò sempre ai combattimenti, vestita da uomo con abiti forniti da un sarto di Nola. Con l'inverno la banda tornò verso il Matese.
La cattura
La notte del 2 dicembre 1865 i briganti erano in una masseria di Sant'Angelo d'Alife quando furono attaccati dalla Guardia Nazionale. Ferita da un colpo di fucile, Maddalena De Lellis fu catturata e trasportata nel carcere di Piedimonte Matese. Sottoposta a diversi interrogatori raccontò della sua vicenda, dichiarando anche la aperta protezione che la banda riceveva da Achille Del Giudice, sindaco di S.Gregorio e consigliere provinciale. I soldati che la catturarono intascarono di mille ducati[non si usava la lira?] il premio della sua taglia.Nel maggio 1868 la Corte d'Appello di Napoli la riconobbe colpevole della strage di S. Potito, venendo quindi condannata ai lavori forzati a vita dalla Corte d'Assise Ordinaria di S. Maria Capua Vetere. Durante il processo lei fu sempre presente in aula nella gabbia degli imputati. Il suo giovane avvocato d'ufficio, Giacinto Bosco, presentò ricorso alla sentenza, per cui nel 1871 fu condannata a 25 anni di lavori forzati, interdizione legale e dai pubblici uffici, oltre a 10 anni di sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza dopo la conclusione della pena. Probabilmente scontò la pena nel carcere femminile della Giudecca a Venezia.
Ritorno al paese
Alla fine del secolo tornò a San Gregorio. Qui è ricordata mentre si recava in chiesa zoppicando appoggiata ad un bastone, seguita di un codazzo di bambini che esclamavano: “La Padovella, la brigantessa, la Padovella!”.La memoria popolare racconta che, nei suoi ultimi anni di vita, la gente del paese che andava a lavorare la terra le lasciava in custodia i propri bambini. E questo asilo infantile ante litteram è il segno che la comunità di S. Gregorio accettò la brigantessa. È la riabilitazione di un proprio membro, da parte di una società che ha visto passare briganti, piemontesi, spie, liberatori, deputati e nuovi re.
A San Gregorio Maddalena De Lellis morì di morte naturale a 72 anni, il 7 marzo 1908.
Maria Maddalena De Lellis
Padovella
Faceva freddo, quel venerdì di novembre del 1864. Maddalena, come
sempre, si era levata all'alba per andare a mungere le poche capre del
fratello e racimolare un po' di legna per il fuoco.
Nella piccola
casa in via Elci, a San Gregorio, c'era sua madre Carolina, i cui
problemi di vista peggioravano sempre più, ed il suo unico figlio,
Angelantonio, di sette anni.
Il marito, Giuseppe Mallardo, che di
mestiere faceva il carbonaio, proprio quell'anno era finito in carcere a
S. Maria Capua Vetere per connivenza col brigantaggio. Un'accusa uguale
a quella di tanti altri paesani, che non riuscivano a capire quella
legge spietata che impediva loro di portarsi appresso un po' di pane,
quando andavano al lavoro nei campi.
Connivenza col brigantaggio,
molte volte, significava dividere quel pezzo di pane con un paesano,
magari cresciuto insieme nello stesso vicolo, magari parente, che in
qualche maniera si era messo contro la legge e stava nascosto in
montagna.
Antico panorama di San Gregorio
La legge poi, a San Gregorio, era una sola: la parola di don Achille Del
Giudice. Sue le terre, sue le mandrie e le greggi. Don Achille, agli
occhi della povera gente, era l'incarnazione del potere: era Sindaco,
consigliere provinciale a Caserta, e suo fratello stava a Torino a fare
il Deputato.
Faceva venire i soldati a Matese per catturare i
briganti, ma contemporaneamente pagava una sua personale squadriglia di
uomini, che aveva il controllo assoluto del territorio. Dunque o si era
con lui o contro di lui.
Per Maddalena, come per la maggior parte
dei paesani, tutto quanto accadeva in quegli anni era poco
comprensibile. Non c'era più il re, ma c'era un nuovo re, e la guerra di
Garibaldi non aveva cambiato le cose: don Achille comandava prima, e
don Achille comandava adesso.
Così chi piegava la testa al "piccolo rre" poteva avere di che sfamarsi.
Ma
c'erano pure le teste calde, specialmente i più giovani, e coloro che
si erano lasciati affascinare da quella voce che diceva di darsi alla
montagna per fare una nuova guerra e far tornare Francesco, il re
napoletano.
l senatore Achille Del Giudice
© modif. da "Briganti e senatori", 1997
addalena aveva 29 anni quel novembre del '64. Che mangiare? Come fare un
po' di fuoco la sera per scaldare il bambino? Aveva il marito in
galera, e già da qualche mese era l'amante di un brigante: un forestiero
che stava nascosto sul Matese dall'estate.
Il suo nome era
Andrea Santaniello, un ex soldato dell'esercito borbonico giunto su
quelle montagne l'anno prima da Civitavecchia. Dapprima braccio destro
di Cosimo Giordano, aveva poi costituito una sua formazione di pochi ma
sicuri uomini, che aveva inquadrato secondo regole militari, fornendoli
perfino di una divisa di panno turchino.
Brutto di viso, ma
alto, indossava la divisa con i galloni dorati ed al gilet aveva
appuntata, come una medaglia, una piastra di 12 carlini d'argento.
Insomma un uomo di fascino al quale Maddalena non sa resistere.
Un uomo che, a differenza di altri, è animato da un vero sentimento di fedeltà alla casa borbonica.
Sorgente al lago Matese
Sono mesi ormai che la loro storia va avanti: quel pomeriggio di
novembre, quando Maddalena torna a casa i vicini l'avvisano che la forza
pubblica è venuta ad arrestarla.
In un attimo la decisione è
presa. Dà un bacio al figlio e senza troppe chiacchiere riprende la
strada della montagna. Cammina per ore, da sola, fino al Taglio di
Letino, dove la banda è nascosta. Da quel giorno Maddalena è alla
macchia.
Nella banda è in compagnia di briganti famosi, che segneranno la zona con le loro azioni.
Tra
gli altri ci sono Giovanni Civitillo detto "senza paura", un uomo che
gira a cavallo tutto vestito di bianco e Giovangiuseppe Campagna detto
"il rosso", che sul braccio porta una fascia di seta rossa: sono gli
uomini che pochi mesi prima hanno condotto a Piedimonte il clamoroso
sequestro del giudice Nicola Coppola e che hanno tenuto in scacco la
forza pubblica ottenendo un cospicuo riscatto.
I tetti di San Gregorio Matese
Un salto nel buio. Maddalena scompare nei boschi, con la comitiva
guidata dal suo uomo, che proprio in quelle settimane si afferma come
uno dei più temuti capibanda nel casertano.
L'inverno latitante,
sui monti del Matese, è duro da passare. Presto Maddalena impara i
trucchi del brigante: camminare nascosto, cancellare le impronte,
evitare le mulattiere.
Come tutti anche lei ha un soprannome, e da allora sarà per sempre Padovella, la brigantessa Padovella.
Ma il freddo si fa più intenso, nevica, e la banda si sposta sui monti sopra S.Potito, dove più fitta è la rete di manutengoli.
Uno
dei più fidati è il massaro Luigi Melillo: per non far insospettire i
suoi garzoni ha spiegato a Santaniello che, quando ha bisogno, deve
venire di sera e tirare una pietra alla finestra della sua camera da
letto.
Ogni volta lui scende e li fa entrare. C'è poi Pietro De
Rienzo che gli manda il pranzo per quindici giorni consecutivi, ed una
volta gli regala pure un revolver ed una pistola.
Il vallone dell’Inferno sul Matese
Dopo aver incendiato una masseria a Sepicciano, la banda si ripara in
una casa poco distante, dove mangiano vino, salsicce ed un'insalata di
peperoni: durante la cena Arcieri si sfila dal dito un anello d'oro che
regala, quale pegno di nozze, alla figlia del massaro che li ospita.
Maddalena
viene a sapere che suo marito a febbraio è morto nel carcere di S.Maria
Capua Vetere. Ma ormai il legame con Santaniello è saldo.
Non
sono solo amanti: lei gli ha dimostrato di avere coraggio, e lui la
ripaga con la fiducia, mettendola al corrente dei nomi di alcuni
manutengoli, che restano sconosciuti agli altri membri della banda.
Egli, praticamente, condivide con lei il comando, e nessuno degli uomini
se ne lamenta.
La raccolta di informazioni è importante per la
banda, ma entrare nei paesi è rischioso. Eppure non mancano di inventiva
e coraggio. Giovangiuseppe Campagna un giorno si veste da donna e se ne
va in giro per Piedimonte: va a trovare la sua amante, si compra i
tubetti, e poi torna tranquillo alla macchia.
Casella sul Matese
© www.boiano.org
Marzo 1865. Mentre l'intera banda è nascosta in un pagliaio passano lì
vicino cinque uomini della Guardia Nazionale di S. Potito: stanno
scortando un gruppo di donne che vanno a raccogliere legna in montagna. I
briganti escono veloci dal pagliaio e senza colpo ferire si prendono i
fucili, qualche moneta, il permesso d'armi del guardaboschi e pure le
scarpe di una della Guardie, allontanandosi poi indisturbati.
Una
volta al sicuro Santaniello assegna i fucili e, tra lo stupore degli
uomini, uno lo affida a Maddalena. Non è più la femmina del capo, non è
più un manutengolo ma, da quel momento, è un vero brigante, anzi
brigantessa. E nessun uomo ha qualcosa in contrario.
Il sabato santo,
15 aprile, un massaro di Alife manda alla banda dieci rotoli di
maccheroni che vengono cucinati da Francescantonio Tartaglia nella sua
casa rurale. Costui è il più fidato degli amici di Santaniello, e spesso
li ospita nella masseria dove Nicoletta, che lì vive, fa il bucato per i
briganti. Ma la repressione è pronta.
La piazza di Piedimonte alla fine del XIX secolo
© cartolina d'epoca
La sera dopo, notte di Pasqua, a San Gregorio la truppa arresta tutti i
parenti più stretti di Maddalena: sua madre Carolina, il fratello
Arcangelo e la sorella Filomena col marito Michelangelo Iameo vengono
portati in carcere a Piedimonte. Tutti negano e la rinnegano. Che altro
possono fare?
Ma soltanto dopo due mesi di prigione
ingiustificata, i quattro vengono rimessi in libertà così, con la
massima tranquillità, senza che nulla sia emerso a loro carico.
Per
sfamare i briganti un certo Agostino, di San Gregorio, un mercoledì
mattina uccide una pecora, facendola cuocere in una grossa caldaia.
Ma
poiché è giorno consacrato alla Vergine Santissima, i briganti non la
mangiano e se la portano per consumarla nei giorni seguenti, dopo aver
comprato per 14 carlini due cappelli bianchi: uno è per Maddalena e
l'altro, guarnito di penne, se lo compra Nicola Vassallo.
Reparto di bersaglieri in perlustrazione
© modif. dal sito www.firstworldwar.com
Intanto la banda Santaniello non si è mai mossa dalla zona. Domenica 23
aprile i briganti Vassallo e Senza Paura rapiscono una giovane di Alife.
Mentre fuggono con l'ostaggio incontrano un venditore ambulante
di tessuti, e poiché la ragazza piange lo rapinano di un pacco di
fazzoletti.
La trattano bene, e pur non avendo ottenuto il riscatto sperato la rilasciano dopo pochi giorni.
A
Piedimonte una sera di fine maggio giungono alla masseria di un loro
manutengolo per ritirare del pane ordinato giorni prima: Giovanni Senza
Paura bussa alla porta, ma dall'interno parte una fucilata che lo manca e
poi subito altre, sparate dai soldati che erano nascosti lì dentro. I
briganti fuggono senza rispondere al fuoco.
Evidentemente la
stretta della repressione si è fatta più forte. Da pochi giorni,
infatti, sono entrate in azione delle squadre di militi che battono il
territorio per la cattura dei briganti.
Il capobanda Cosimo Giordano
© modif. da “Memorie storiche di Piedimonte d’Alife”, 1926
Nei pressi di Sepicciano i briganti intimano ad un contadino di far
allontanare gli avventori seduti fuori al caffè perché vogliono passare
indisturbati. Maddalena non sa cosa stia per accadere, ma nota che
Santaniello in quei giorni è nervoso.
Nel caldo pomeriggio del 21
luglio la banda prende il fresco sotto gli alberi: una voce li chiama.
Si allarmano, ma dalla boscaglia spunta Cosimo Giordano, il capo di
tutti i briganti del Matese. Alto e magro, con il viso scavato, Giordano
ha due occhi neri, profondi, che quando ti guardano ti scavano.
Un
passo dietro di lui c'è il capobanda Antonio De Lellis, il parente di
Maddalena, con i suoi uomini. Giordano ha la sicura tracotanza del capo:
dice di essere venuto a bella posta da Roma per catturare e ricattare
sia don Achille Del Giudice che don Enrico Sanillo, e chiede a
Santaniello la disponibilità della banda per compiere quelle azioni.
Santaniello non si fa intimorire da quegli occhi: sa che Del Giudice
protegge la banda.
Si oppone al progetto perchè anche Sanillo è
un loro benefattore. Una parola tira l'altra e la discussione si
accende; gli uomini sono tesi, le mani pronte alle armi e poco ci manca
che si prendano a fucilate. Ma infine Santaniello accetta la proposta.
Antica veduta di San Potito Sannitico
© modif. da “Memorie storiche di Piedimonte d’Alife”, 1926
Cosimo Giordano, dunque, spiega il piano: la sera seguente le bande
riunite dovranno attaccare la bottega da caffè di Nicola Riccitelli,
sulla consolare a S.Potito, per rapire Sanillo e quanti altri si fossero
parati loro innanzi, così da chiedere un cospicuo riscatto.
Quando
Giordano ed i suoi uomini si allontanano Santaniello resta pensieroso.
Questa storia di prendersela con Sanillo non gli scende, ma non può fare
la figura del pauroso davanti agli altri briganti.
Anche
Maddalena ha qualche dubbio: solo pochi giorni prima il brigante Antonio
Arcieri aveva detto che un giorno o l'altro avrebbe ucciso il sindaco
di S.Potito, don Simeone Pietrosimone, perché non gli aveva voluto dare
il lasciapassare per andare a lavorare in campagna.
E Maddalena sa che il sindaco lo avrebbero sicuramente trovato lì al caffè, con gli altri galantuomini del paese.
Vicolo di San Potito di notte
© www.boiano.org
Sabato sera, 22 luglio, c'è la luna nuova e dunque è buio pesto. Le
bande, riunite, sono appostate fuori dal paese, e verso mezzanotte
arrivano Cosimo Giordano e Vincenzo Arcieri: da un loro confidente hanno
appena avuto conferma che Sanillo è nel caffè Riccitelli.
Dunque
la banda entra in paese e, quando passano, porte e finestre si chiudono
rapide. Poco più avanti un contadino, sull'uscio di casa, sta fumando
la pipa, ma appena vede la banda, subito rincasa chiudendo la porta.
Alla fontana una donna che sta lavando i panni raccoglie lesta le sue
cose e si allontana a passi rapidi. Un brigante che si accosta per bere
viene bruscamente richiamato da Giordano che gli intima di proseguire, e
quello subito ubbidisce.
La banda, 33 persone, circonda l'intero
paese sul lato della montagna. A passi felpati Giordano, Santaniello,
De Lellis, Arcieri ed altri quattro si avviano al caffè. Tutto è
silenzio, le finestre serrate, nemmeno i cani abbaiano.
Maddalena
è nel buio quando si sentono le fucilate dal centro del paese. Strilli e
fucilate. Poi silenzio, e subito vede avvicinarsi due persone: è
Giovangiuseppe Campagna, che trascina il sindaco Pietrosimone, catturato
da Giordano. Il sindaco piange "Uccidetemi! uccidetemi!". Il quartetto
si avvia a passo rapido, e vengono presto raggiunti dagli altri
briganti.
Sequestro di persona
© Non definito
Camminano veloci, e quelli rimasti di guardia chiedono agli altri come
siano andate le cose, ma l'affanno e la fretta spezzano le parole in
gola. Man mano che si allontanano dal paese gli altri delle bande si
ricongiungono a loro.
Si cammina veloci, col fiatone, e giù dal
paese vengono urla e chiasso. Giordano fa complimenti a qualcuno per il
coraggio mostrato, ed ha parole di scherno per altri che sono rimasti in
disparte.
Oltre al sindaco, si portano dietro anche un altro
ostaggio. Giordano d'un tratto si ferma, si para davanti al sindaco e
gli chiede quanti soldi avrà per il suo riscatto: Pietrosimone,
terrorizzato, risponde che più di cento scudi non può.
Silenzio
di gelo. "Allora si ammazza" dice Vincenzo Arcieri e Giordano,
voltandosi a Giuseppe, brigante di Cerreto, ordina di ucciderlo. Senza
esitazione l'uomo estrae uno stiletto e colpisce più volte il sindaco,
che stramazza in un mare di sangue.
Giordano nemmeno guarda la
scena, perché intanto sta confabulando con Vincenzo Arcieri. Costui si
avvicina all'altro ostaggio e lo lascia andar via.
Il caffè Riccitelli a San Potito Sannitico
© modif. da “Brigantaggio sul Matese 1860 - 1880”, 1983
L'intera banda riprende la marcia nel buio della montagna, nessuno li
insegue. E quando finalmente si fermano per dormire, spuntano i racconti
su come è andato l'assalto.
Uno dei guardiani di Sanillo fuori
al caffè ha gridato "Alto. Chi va là?" e dal buio Giordano ha risposto
"Pattuglia di carabinieri". Dopo qualche minuto di silenzio assoluto i
briganti hanno immobilizzato i guardiani e si sono parati a cerchio
dinanzi alla porta del caffè. Sentendo il tramestio il sindaco ha aperto
l'uscio ed i briganti lo hanno subito afferrato trascinandolo via.
A
quel punto gli uomini nel caffè hanno cercato di chiudere la porta, ma
Giordano ha infilato il fucile ed ha sparato un colpo. Sull'uscio è nata
una colluttazione. Ma anche col portone serrato, sono continuate le
fucilate, da dentro e da fuori: il Calabrese, centrato alla testa, ci è
rimasto secco sul colpo.
Poi qualcuno ha strillato che Sanillo
era morto, e il portone si è aperto. E' uscito Luigi Melillo, che tante
volte aveva fornito cibo ai briganti, una mano sanguinante, che implora
di non sparare. Dentro ci sono altri due uomini feriti, l'oste ha un
braccio spappolato.
Sanillo è lì per terra in una pozza di sangue: Giordano gli ha dato uno sguardo, ed ha ordinato ai suoi di andare via.
Strade deserte
© riprod. da Giovanni Fattori, Galleria d’Arte Moderna Milano
Al mattino seguente le strade sono deserte, solo cani e cicale. La gente
è terrorizzata. A Piedimonte un massaro manda un suo garzone che
consegna alle bande pane, prosciutti e dieci caraffe di vino.
Gli
uomini scendono poi fino al bosco di S.Simeone. Giordano vuole fare
subito un altro sequestro ad Alvignano. Ma tra lui e Santaniello nasce
un nuovo litigio. Questi è risentito perché Sanillo non meritava di
essere ucciso: non solo era un borbonico, ma era soprattutto un vero
amico dei briganti. Quante volte avevano avuto munizioni, cibo e, pochi
mesi prima, si rammarica Santaniello, gli aveva mandato perfino dieci
napoleoni d'oro.
Due capi sono troppi, ormai la convivenza è
impossibile. E Giordano decide di andarsene verso Cerreto, con Antonio
De Lellis e gli uomini a lui fedeli. Santaniello rimarrà in questa parte
del Matese, o dove diavolo gli pare. L'importante, si raccomanda
Giordano, è continuare a compiere sequestri.
Santaniello sfoga la sua rabbia con Vincenzo Arcieri, che ha visto
troppo in intimità con Giordano: lui continua a sentirsi un militare e
come capitano della banda non può tollerare insubordinazioni. Ma il
vecchio Arcieri incassa e resta comunque al suo fianco.
I dubbi,
invece, non lasciano Santaniello. Non capisce perché Giordano è venuto
fin là, apposta da Roma, per sequestrare uno dei finanziatori più sicuri
del brigantaggio. Con tanti liberali, garibaldini e benestanti, perché
prendersela proprio con il borbonico Sanillo?
E poi c'è la dinamica
dell'omicidio: Santaniello era lì, sparavano basso per evitare di
uccidere qualcuno. Allora come ha fatto Sanillo a prendersi una sola
palla giusto in testa e morire sul colpo? La cosa non quadra. Quando il
portone s'è aperto nel caffè c'erano feriti, Sanillo già morto e
Melillo, amico di Arcieri e loro manutengolo, è uscito a mani alzate.
No. Santaniello si convince che qualcuno ha ispirato l'azione, qualcuno
cui la morte di Sanillo faceva comodo. E poi quel povero sindaco ucciso
così, a sangue freddo: anche il più fesso dei briganti sa che un
ostaggio morto non frutta denari. Come se quel sangue servisse a coprire
e confondere.
Lontro sul lago Matese
© www.boiano.org
Maddalena gli si siede a fianco e lo distoglie dai dubbi. Santaniello è
stufo di quelle montagne, del perfido Arcieri, di questi quattro
delinquenti che manco si ricordano di re Francesco.
Resta in zona
ancora per qualche settimana. Così vengono a sapere che Giordano, il
giorno dopo l'assalto al caffè, è tornato proprio a S.Potito dove ha
cercato di sequestrare il medico don Vincenzo Coppola, giunto per fare
le condoglianze alla vedova Sanillo: ma la banda era stata presa a
fucilate dalla forza pubblica e se l'erano data a gambe.
Ormai il
Matese pullula di bande, di soldati e persino di quelle squadriglie
private autorizzate dal governo: uomini comandati dal delegato di
Pubblica Sicurezza, ma in realtà veri e propri cacciatori di taglie
pagati da don Achille Del Giudice.
Così finalmente decide di
andarsene in luoghi più tranquilli. Arcieri, Campagna, Giovanni Senza
Paura non lo vogliono seguire, fanno banda a parte. La cosa non dispiace
a Santaniello, che con pochi fidati e Maddalena se ne va verso il
beneventano.
Brigantessa in azione
© Non definito
Oltrepassato il Taburno, Santaniello decide di fermarsi sui monti
avellinesi della valle Caudina. Anche quella è zona di briganti e con
Maddalena si aggrega alla banda di Giuseppe Passariello, nella quale ci
sono anche sue vecchie conoscenze come Mascella e Pasquale Pulcinella.
Sui
monti sopra Arienzo a settembre la banda sequestra contemporaneamente
sette uomini. Qualcuno riesce subito a pagare qualcosa, altri vengono
rilasciati perché nullatenenti. Nelle loro mani resta Francescantonio
Guadagnino, di Talanico, per il quale chiedono al padre un riscatto di
1000 ducati. Per convincerlo al pagamento il brigante Mascella taglia un
orecchio al ragazzo, che viene rilasciato dopo 15 giorni.
Un giorno
Santaniello e Maddalena scendono dalla montagna, e vanno vicino Nola da
un certo Pietro, che dà loro da mangiare e tramite un sarto del paese
gli vende abiti maschili, nuovi, per Maddalena. Restano in quella zona, e
una notte di novembre la banda viene intercettata dalla forza pubblica
tra Cicciano e Cancello: la stessa Maddalena prende parte allo scontro a
fuoco e riescono a fuggire.
Monti del Matese
© www.boiano.org
A fine novembre Santaniello decide di lasciare i monti sopra Paolisi e
fa ritorno verso il Matese. Nell'attraversare il Volturno Maddalena
perde il suo fucile.
Si riuniscono con i vecchi compagni
dell'estate passata. Fa già freddo, e nelle lunghe ore di pioggia si
raccontano gli avvenimenti accaduti in quei mesi. Storie di sangue, di
banditi senza ideali, che a Santaniello non piacciono.
Sabato due
dicembre 1865. Il brigante Pietro De Cesare vuole scendere a S. Angelo
per incontrare la moglie. Santaniello e Maddalena, forse per restare un
pò da soli, decidono di accompagnarlo. In contrada Petraro vengono ben
accolti in una masseria dove restano a dormire.
Il mattino
seguente la proprietaria, tornata dalla messa, prepara le tagliatelle e
due polli. Un vero pranzo domenicale è quello che ci vuole per rifarsi
dei tanti pasti asciutti racimolati in montagna.
Trascorrono così
una giornata tranquilla, seduti sull'aia, a guardar da lontano le cime
innevate di Matese. A sera Maddalena e Santaniello vanno a dormire
tranquilli.
Pattuglia di militi
© riprod. da Giovanni Fattori, Galleria d’Arte Moderna Firenze
Alle due di notte il latrare dei cani li allarma: subito fuori sentono
alle loro spalle i soldati che si avvicinano lungo la mulattiera.
Scappano in direzioni diverse, ma è luna piena stanotte, il buio non li
protegge. Maddalena corre verso la masseria, sfiora il pozzo: c'è una
siepe poco più avanti, e Maddalena corre, corre. Venti metri, forse
trenta, ma una fucilata lacera il silenzio della notte. Un solo colpo le
trapassa la natica sinistra.
Dà ancora qualche passo, poi
crolla, riversa, la faccia nell'erba bagnata. I soldati la raggiungono
contenti di averne preso uno, ma lei con scherno gli rinfaccia di essere
stati capaci di sparare solo ad una femmina. Così, a dispetto degli
abiti maschili che indossa, rivela subito la sua identità. Ma è ferita,
perde sangue e Felice Stocchetti, il capo della Guardia Nazionale, la fa
caricare su un carretto che la trasporta in caserma a Piedimonte.
Viene
identificata, ma la ferita è grave, e di peso la trascinano
nell'infermeria, dove viene spogliata e messa a letto. Una notte
infernale: nel silenzio di quella stanzetta la febbre ed il dolore
agitano Maddalena, insieme all'ansia di non sapere che fine ha fatto
Santaniello, né il destino che l'aspetta.
Il cadavere di Andrea Santaniello
© modif. da “Brigantaggio sul Matese 1860 - 1880”, 1983
Il lunedì mattina dalla piccola finestra della stanza entra il chiasso
del mercato. Quando apre gli occhi attorno al suo lettino i militari la
sottopongono al primo, lungo interrogatorio.
E Maddalena parla, parla e descrive luoghi e persone, fa i nomi dei manutengoli e dei briganti. Chissà perché parla tanto.
Chissà
quanto dice di suo e quanto risponde a domande precise: un si o un no,
mentre la ferita e la febbre confondono le parole di quegli uomini, tre
forestieri, che manco capiscono il suo dialetto. Chissà quante cose
dette non vengono neppure verbalizzate, o travisate per proteggere il
vero burattinaio delle vicende politiche locali: Achille Del Giudice.
Eccola
qui la sanguinaria brigantessa del Matese, che a stento traccia un
segno di croce sul verbale d'interrogatorio. Soltanto una donna
innamorata, che ha provato a fuggire da una misera vita di stenti,
appresso ad un uomo che sapeva comandare e che aveva visto il mare.
E'
tutto finito. Sola, dolorante, avvilita e sfinita, ripensa a
quell'anno, così pericolosamente vissuto da brigante. Ripensa al suo
Andrea, che non vedrà mai più. Ripensa alle cose che ha visto e che
manco pensava esistessero.
Antico carcere di S. Maria Capua Vetere
© cartolina d'epoca
Due giorni dopo i medici che la visitano verbalizzano la presenza di una
ferita d'arma da fuoco "pericolosa di vita, ed ove ci fosse frattura
delle ossa, pure di debilitamento permanente dell'arto".
Ma
subito dopo Maddalena viene sottoposta ad un nuovo interrogatorio. E poi
altri, ed altri ancora nei giorni seguenti. Intanto i soldati che
l'avevano catturata intascano una taglia di mille ducati.
E lei resta lì, chiusa nel carcere, a combattere contro quella ferita che la lascerà zoppa per tutta la vita.
Dopo
oltre due anni viene trasferita nel carcere di S. Maria Capua Vetere:
ha 32 anni quando entra per la prima volta in un'aula del tribunale. Nel
maggio 1868 la Corte d'Appello di Napoli la riconosce colpevole della
strage di S. Potito. Nella gabbia degli imputati ascolta la sentenza:
condanna ai lavori forzati a vita.
Ma ci sono altri processi a
suo carico. Altri interrogatori, deposizioni, trasferimenti da un
carcere all'altro. E la sua condanna viene trasformata in 25 anni di
lavori forzati, interdizione legale e dai pubblici uffici, oltre a 10
anni di sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza dopo la
conclusione della pena.
Il giovane avvocato d'ufficio di Maddalena, Giacinto Bosco, fa ricorso
alla Corte di Cassazione di Napoli, che lo accoglie e rinvia la causa
alla Corte d'Assise Straordinaria di S. Maria Capua Vetere, dove
finalmente si conclude la vicenda giudiziaria di Maddalena, che nel
gennaio 1872 lascia il carcere di S. Maria Capua Vetere e viene
trasferita alla casa di Aversa.
A 36 anni la brigantessa
Maddalena De Lellis inizia a scontare la sua pena. Scompare dalla faccia
del mondo, inghiottita in qualche bagno penale femminile. Alcuni dicono
che sconta la pena nel penitenziario della Giudecca a Venezia, dove
viene confessata dal patriarca Sarto, che sarebbe poi divenuto papa Pio
X.
Poi, un bel giorno di fine secolo, Maddalena tornò a San
Gregorio. Qui è ricordata mentre si recava in chiesa zoppicando ed
aiutandosi con un bastone, seguita di un codazzo di bambini che
esclamavano: "La Padovella, la brigantessa, la Padovella!".
La memoria popolare racconta che, nei suoi ultimi anni di vita, la gente
del paese che andava a lavorare la terra le lasciava in custodia i
propri bambini.
E questo asilo infantile ante litteram è il
segno che la comunità di S. Gregorio accettò la brigantessa. E' la
riabilitazione di un proprio membro, da parte di una società che ha
visto passare briganti, piemontesi, spie, liberatori, deputati e nuovi
re, ma non è ancora affrancata dalla terra.
A San Gregorio Maddalena morì di morte naturale a 72 anni, il 7 marzo 1908.
Questo
arzillo vecchietto è il nipote della brigantessa. Dopo avermi
raccontato (ormai sono passati trent'anni) molte delle cose che vi ho
narrato, accettò di farsi fotografare nella sua stanzetta, la stessa
dove era morta sua nonna, "nonna Maddalena la Padovella".
Alfonso Mallardo
© www.boiano.org
Nella piccola casa in via Elci, a San Gregorio, c'era sua madre Carolina, i cui problemi di vista peggioravano sempre più, ed il suo unico figlio, Angelantonio, di sette anni.
Il marito, Giuseppe Mallardo, che di mestiere faceva il carbonaio, proprio quell'anno era finito in carcere a S. Maria Capua Vetere per connivenza col brigantaggio. Un'accusa uguale a quella di tanti altri paesani, che non riuscivano a capire quella legge spietata che impediva loro di portarsi appresso un po' di pane, quando andavano al lavoro nei campi.
Connivenza col brigantaggio, molte volte, significava dividere quel pezzo di pane con un paesano, magari cresciuto insieme nello stesso vicolo, magari parente, che in qualche maniera si era messo contro la legge e stava nascosto in montagna.
Faceva venire i soldati a Matese per catturare i briganti, ma contemporaneamente pagava una sua personale squadriglia di uomini, che aveva il controllo assoluto del territorio. Dunque o si era con lui o contro di lui.
Per Maddalena, come per la maggior parte dei paesani, tutto quanto accadeva in quegli anni era poco comprensibile. Non c'era più il re, ma c'era un nuovo re, e la guerra di Garibaldi non aveva cambiato le cose: don Achille comandava prima, e don Achille comandava adesso.
Così chi piegava la testa al "piccolo rre" poteva avere di che sfamarsi.
Ma c'erano pure le teste calde, specialmente i più giovani, e coloro che si erano lasciati affascinare da quella voce che diceva di darsi alla montagna per fare una nuova guerra e far tornare Francesco, il re napoletano.
© modif. da "Briganti e senatori", 1997
Il suo nome era Andrea Santaniello, un ex soldato dell'esercito borbonico giunto su quelle montagne l'anno prima da Civitavecchia. Dapprima braccio destro di Cosimo Giordano, aveva poi costituito una sua formazione di pochi ma sicuri uomini, che aveva inquadrato secondo regole militari, fornendoli perfino di una divisa di panno turchino.
Brutto di viso, ma alto, indossava la divisa con i galloni dorati ed al gilet aveva appuntata, come una medaglia, una piastra di 12 carlini d'argento. Insomma un uomo di fascino al quale Maddalena non sa resistere.
Un uomo che, a differenza di altri, è animato da un vero sentimento di fedeltà alla casa borbonica.
In un attimo la decisione è presa. Dà un bacio al figlio e senza troppe chiacchiere riprende la strada della montagna. Cammina per ore, da sola, fino al Taglio di Letino, dove la banda è nascosta. Da quel giorno Maddalena è alla macchia.
Nella banda è in compagnia di briganti famosi, che segneranno la zona con le loro azioni.
Tra gli altri ci sono Giovanni Civitillo detto "senza paura", un uomo che gira a cavallo tutto vestito di bianco e Giovangiuseppe Campagna detto "il rosso", che sul braccio porta una fascia di seta rossa: sono gli uomini che pochi mesi prima hanno condotto a Piedimonte il clamoroso sequestro del giudice Nicola Coppola e che hanno tenuto in scacco la forza pubblica ottenendo un cospicuo riscatto.
L'inverno latitante, sui monti del Matese, è duro da passare. Presto Maddalena impara i trucchi del brigante: camminare nascosto, cancellare le impronte, evitare le mulattiere.
Come tutti anche lei ha un soprannome, e da allora sarà per sempre Padovella, la brigantessa Padovella.
Ma il freddo si fa più intenso, nevica, e la banda si sposta sui monti sopra S.Potito, dove più fitta è la rete di manutengoli.
Uno dei più fidati è il massaro Luigi Melillo: per non far insospettire i suoi garzoni ha spiegato a Santaniello che, quando ha bisogno, deve venire di sera e tirare una pietra alla finestra della sua camera da letto.
Ogni volta lui scende e li fa entrare. C'è poi Pietro De Rienzo che gli manda il pranzo per quindici giorni consecutivi, ed una volta gli regala pure un revolver ed una pistola.
Maddalena viene a sapere che suo marito a febbraio è morto nel carcere di S.Maria Capua Vetere. Ma ormai il legame con Santaniello è saldo.
Non sono solo amanti: lei gli ha dimostrato di avere coraggio, e lui la ripaga con la fiducia, mettendola al corrente dei nomi di alcuni manutengoli, che restano sconosciuti agli altri membri della banda. Egli, praticamente, condivide con lei il comando, e nessuno degli uomini se ne lamenta.
La raccolta di informazioni è importante per la banda, ma entrare nei paesi è rischioso. Eppure non mancano di inventiva e coraggio. Giovangiuseppe Campagna un giorno si veste da donna e se ne va in giro per Piedimonte: va a trovare la sua amante, si compra i tubetti, e poi torna tranquillo alla macchia.
© www.boiano.org
Una volta al sicuro Santaniello assegna i fucili e, tra lo stupore degli uomini, uno lo affida a Maddalena. Non è più la femmina del capo, non è più un manutengolo ma, da quel momento, è un vero brigante, anzi brigantessa. E nessun uomo ha qualcosa in contrario.
Il sabato santo, 15 aprile, un massaro di Alife manda alla banda dieci rotoli di maccheroni che vengono cucinati da Francescantonio Tartaglia nella sua casa rurale. Costui è il più fidato degli amici di Santaniello, e spesso li ospita nella masseria dove Nicoletta, che lì vive, fa il bucato per i briganti. Ma la repressione è pronta.
© cartolina d'epoca
Ma soltanto dopo due mesi di prigione ingiustificata, i quattro vengono rimessi in libertà così, con la massima tranquillità, senza che nulla sia emerso a loro carico.
Per sfamare i briganti un certo Agostino, di San Gregorio, un mercoledì mattina uccide una pecora, facendola cuocere in una grossa caldaia.
Ma poiché è giorno consacrato alla Vergine Santissima, i briganti non la mangiano e se la portano per consumarla nei giorni seguenti, dopo aver comprato per 14 carlini due cappelli bianchi: uno è per Maddalena e l'altro, guarnito di penne, se lo compra Nicola Vassallo.
© modif. dal sito www.firstworldwar.com
Mentre fuggono con l'ostaggio incontrano un venditore ambulante di tessuti, e poiché la ragazza piange lo rapinano di un pacco di fazzoletti.
La trattano bene, e pur non avendo ottenuto il riscatto sperato la rilasciano dopo pochi giorni.
A Piedimonte una sera di fine maggio giungono alla masseria di un loro manutengolo per ritirare del pane ordinato giorni prima: Giovanni Senza Paura bussa alla porta, ma dall'interno parte una fucilata che lo manca e poi subito altre, sparate dai soldati che erano nascosti lì dentro. I briganti fuggono senza rispondere al fuoco.
Evidentemente la stretta della repressione si è fatta più forte. Da pochi giorni, infatti, sono entrate in azione delle squadre di militi che battono il territorio per la cattura dei briganti.
© modif. da “Memorie storiche di Piedimonte d’Alife”, 1926
Nel caldo pomeriggio del 21 luglio la banda prende il fresco sotto gli alberi: una voce li chiama. Si allarmano, ma dalla boscaglia spunta Cosimo Giordano, il capo di tutti i briganti del Matese. Alto e magro, con il viso scavato, Giordano ha due occhi neri, profondi, che quando ti guardano ti scavano.
Un passo dietro di lui c'è il capobanda Antonio De Lellis, il parente di Maddalena, con i suoi uomini. Giordano ha la sicura tracotanza del capo: dice di essere venuto a bella posta da Roma per catturare e ricattare sia don Achille Del Giudice che don Enrico Sanillo, e chiede a Santaniello la disponibilità della banda per compiere quelle azioni. Santaniello non si fa intimorire da quegli occhi: sa che Del Giudice protegge la banda.
Si oppone al progetto perchè anche Sanillo è un loro benefattore. Una parola tira l'altra e la discussione si accende; gli uomini sono tesi, le mani pronte alle armi e poco ci manca che si prendano a fucilate. Ma infine Santaniello accetta la proposta.
© modif. da “Memorie storiche di Piedimonte d’Alife”, 1926
Quando Giordano ed i suoi uomini si allontanano Santaniello resta pensieroso. Questa storia di prendersela con Sanillo non gli scende, ma non può fare la figura del pauroso davanti agli altri briganti.
Anche Maddalena ha qualche dubbio: solo pochi giorni prima il brigante Antonio Arcieri aveva detto che un giorno o l'altro avrebbe ucciso il sindaco di S.Potito, don Simeone Pietrosimone, perché non gli aveva voluto dare il lasciapassare per andare a lavorare in campagna.
E Maddalena sa che il sindaco lo avrebbero sicuramente trovato lì al caffè, con gli altri galantuomini del paese.
© www.boiano.org
Dunque la banda entra in paese e, quando passano, porte e finestre si chiudono rapide. Poco più avanti un contadino, sull'uscio di casa, sta fumando la pipa, ma appena vede la banda, subito rincasa chiudendo la porta. Alla fontana una donna che sta lavando i panni raccoglie lesta le sue cose e si allontana a passi rapidi. Un brigante che si accosta per bere viene bruscamente richiamato da Giordano che gli intima di proseguire, e quello subito ubbidisce.
La banda, 33 persone, circonda l'intero paese sul lato della montagna. A passi felpati Giordano, Santaniello, De Lellis, Arcieri ed altri quattro si avviano al caffè. Tutto è silenzio, le finestre serrate, nemmeno i cani abbaiano.
Maddalena è nel buio quando si sentono le fucilate dal centro del paese. Strilli e fucilate. Poi silenzio, e subito vede avvicinarsi due persone: è Giovangiuseppe Campagna, che trascina il sindaco Pietrosimone, catturato da Giordano. Il sindaco piange "Uccidetemi! uccidetemi!". Il quartetto si avvia a passo rapido, e vengono presto raggiunti dagli altri briganti.
© Non definito
Si cammina veloci, col fiatone, e giù dal paese vengono urla e chiasso. Giordano fa complimenti a qualcuno per il coraggio mostrato, ed ha parole di scherno per altri che sono rimasti in disparte.
Oltre al sindaco, si portano dietro anche un altro ostaggio. Giordano d'un tratto si ferma, si para davanti al sindaco e gli chiede quanti soldi avrà per il suo riscatto: Pietrosimone, terrorizzato, risponde che più di cento scudi non può.
Silenzio di gelo. "Allora si ammazza" dice Vincenzo Arcieri e Giordano, voltandosi a Giuseppe, brigante di Cerreto, ordina di ucciderlo. Senza esitazione l'uomo estrae uno stiletto e colpisce più volte il sindaco, che stramazza in un mare di sangue.
Giordano nemmeno guarda la scena, perché intanto sta confabulando con Vincenzo Arcieri. Costui si avvicina all'altro ostaggio e lo lascia andar via.
© modif. da “Brigantaggio sul Matese 1860 - 1880”, 1983
Uno dei guardiani di Sanillo fuori al caffè ha gridato "Alto. Chi va là?" e dal buio Giordano ha risposto "Pattuglia di carabinieri". Dopo qualche minuto di silenzio assoluto i briganti hanno immobilizzato i guardiani e si sono parati a cerchio dinanzi alla porta del caffè. Sentendo il tramestio il sindaco ha aperto l'uscio ed i briganti lo hanno subito afferrato trascinandolo via.
A quel punto gli uomini nel caffè hanno cercato di chiudere la porta, ma Giordano ha infilato il fucile ed ha sparato un colpo. Sull'uscio è nata una colluttazione. Ma anche col portone serrato, sono continuate le fucilate, da dentro e da fuori: il Calabrese, centrato alla testa, ci è rimasto secco sul colpo.
Poi qualcuno ha strillato che Sanillo era morto, e il portone si è aperto. E' uscito Luigi Melillo, che tante volte aveva fornito cibo ai briganti, una mano sanguinante, che implora di non sparare. Dentro ci sono altri due uomini feriti, l'oste ha un braccio spappolato.
Sanillo è lì per terra in una pozza di sangue: Giordano gli ha dato uno sguardo, ed ha ordinato ai suoi di andare via.
© riprod. da Giovanni Fattori, Galleria d’Arte Moderna Milano
Gli uomini scendono poi fino al bosco di S.Simeone. Giordano vuole fare subito un altro sequestro ad Alvignano. Ma tra lui e Santaniello nasce un nuovo litigio. Questi è risentito perché Sanillo non meritava di essere ucciso: non solo era un borbonico, ma era soprattutto un vero amico dei briganti. Quante volte avevano avuto munizioni, cibo e, pochi mesi prima, si rammarica Santaniello, gli aveva mandato perfino dieci napoleoni d'oro.
Due capi sono troppi, ormai la convivenza è impossibile. E Giordano decide di andarsene verso Cerreto, con Antonio De Lellis e gli uomini a lui fedeli. Santaniello rimarrà in questa parte del Matese, o dove diavolo gli pare. L'importante, si raccomanda Giordano, è continuare a compiere sequestri.
I dubbi, invece, non lasciano Santaniello. Non capisce perché Giordano è venuto fin là, apposta da Roma, per sequestrare uno dei finanziatori più sicuri del brigantaggio. Con tanti liberali, garibaldini e benestanti, perché prendersela proprio con il borbonico Sanillo?
E poi c'è la dinamica dell'omicidio: Santaniello era lì, sparavano basso per evitare di uccidere qualcuno. Allora come ha fatto Sanillo a prendersi una sola palla giusto in testa e morire sul colpo? La cosa non quadra. Quando il portone s'è aperto nel caffè c'erano feriti, Sanillo già morto e Melillo, amico di Arcieri e loro manutengolo, è uscito a mani alzate. No. Santaniello si convince che qualcuno ha ispirato l'azione, qualcuno cui la morte di Sanillo faceva comodo. E poi quel povero sindaco ucciso così, a sangue freddo: anche il più fesso dei briganti sa che un ostaggio morto non frutta denari. Come se quel sangue servisse a coprire e confondere.
© www.boiano.org
Resta in zona ancora per qualche settimana. Così vengono a sapere che Giordano, il giorno dopo l'assalto al caffè, è tornato proprio a S.Potito dove ha cercato di sequestrare il medico don Vincenzo Coppola, giunto per fare le condoglianze alla vedova Sanillo: ma la banda era stata presa a fucilate dalla forza pubblica e se l'erano data a gambe.
Ormai il Matese pullula di bande, di soldati e persino di quelle squadriglie private autorizzate dal governo: uomini comandati dal delegato di Pubblica Sicurezza, ma in realtà veri e propri cacciatori di taglie pagati da don Achille Del Giudice.
Così finalmente decide di andarsene in luoghi più tranquilli. Arcieri, Campagna, Giovanni Senza Paura non lo vogliono seguire, fanno banda a parte. La cosa non dispiace a Santaniello, che con pochi fidati e Maddalena se ne va verso il beneventano.
© Non definito
Sui monti sopra Arienzo a settembre la banda sequestra contemporaneamente sette uomini. Qualcuno riesce subito a pagare qualcosa, altri vengono rilasciati perché nullatenenti. Nelle loro mani resta Francescantonio Guadagnino, di Talanico, per il quale chiedono al padre un riscatto di 1000 ducati. Per convincerlo al pagamento il brigante Mascella taglia un orecchio al ragazzo, che viene rilasciato dopo 15 giorni.
Un giorno Santaniello e Maddalena scendono dalla montagna, e vanno vicino Nola da un certo Pietro, che dà loro da mangiare e tramite un sarto del paese gli vende abiti maschili, nuovi, per Maddalena. Restano in quella zona, e una notte di novembre la banda viene intercettata dalla forza pubblica tra Cicciano e Cancello: la stessa Maddalena prende parte allo scontro a fuoco e riescono a fuggire.
© www.boiano.org
Si riuniscono con i vecchi compagni dell'estate passata. Fa già freddo, e nelle lunghe ore di pioggia si raccontano gli avvenimenti accaduti in quei mesi. Storie di sangue, di banditi senza ideali, che a Santaniello non piacciono.
Sabato due dicembre 1865. Il brigante Pietro De Cesare vuole scendere a S. Angelo per incontrare la moglie. Santaniello e Maddalena, forse per restare un pò da soli, decidono di accompagnarlo. In contrada Petraro vengono ben accolti in una masseria dove restano a dormire.
Il mattino seguente la proprietaria, tornata dalla messa, prepara le tagliatelle e due polli. Un vero pranzo domenicale è quello che ci vuole per rifarsi dei tanti pasti asciutti racimolati in montagna.
Trascorrono così una giornata tranquilla, seduti sull'aia, a guardar da lontano le cime innevate di Matese. A sera Maddalena e Santaniello vanno a dormire tranquilli.
© riprod. da Giovanni Fattori, Galleria d’Arte Moderna Firenze
Dà ancora qualche passo, poi crolla, riversa, la faccia nell'erba bagnata. I soldati la raggiungono contenti di averne preso uno, ma lei con scherno gli rinfaccia di essere stati capaci di sparare solo ad una femmina. Così, a dispetto degli abiti maschili che indossa, rivela subito la sua identità. Ma è ferita, perde sangue e Felice Stocchetti, il capo della Guardia Nazionale, la fa caricare su un carretto che la trasporta in caserma a Piedimonte.
Viene identificata, ma la ferita è grave, e di peso la trascinano nell'infermeria, dove viene spogliata e messa a letto. Una notte infernale: nel silenzio di quella stanzetta la febbre ed il dolore agitano Maddalena, insieme all'ansia di non sapere che fine ha fatto Santaniello, né il destino che l'aspetta.
© modif. da “Brigantaggio sul Matese 1860 - 1880”, 1983
E Maddalena parla, parla e descrive luoghi e persone, fa i nomi dei manutengoli e dei briganti. Chissà perché parla tanto.
Chissà quanto dice di suo e quanto risponde a domande precise: un si o un no, mentre la ferita e la febbre confondono le parole di quegli uomini, tre forestieri, che manco capiscono il suo dialetto. Chissà quante cose dette non vengono neppure verbalizzate, o travisate per proteggere il vero burattinaio delle vicende politiche locali: Achille Del Giudice.
Eccola qui la sanguinaria brigantessa del Matese, che a stento traccia un segno di croce sul verbale d'interrogatorio. Soltanto una donna innamorata, che ha provato a fuggire da una misera vita di stenti, appresso ad un uomo che sapeva comandare e che aveva visto il mare.
E' tutto finito. Sola, dolorante, avvilita e sfinita, ripensa a quell'anno, così pericolosamente vissuto da brigante. Ripensa al suo Andrea, che non vedrà mai più. Ripensa alle cose che ha visto e che manco pensava esistessero.
© cartolina d'epoca
Ma subito dopo Maddalena viene sottoposta ad un nuovo interrogatorio. E poi altri, ed altri ancora nei giorni seguenti. Intanto i soldati che l'avevano catturata intascano una taglia di mille ducati.
E lei resta lì, chiusa nel carcere, a combattere contro quella ferita che la lascerà zoppa per tutta la vita.
Dopo oltre due anni viene trasferita nel carcere di S. Maria Capua Vetere: ha 32 anni quando entra per la prima volta in un'aula del tribunale. Nel maggio 1868 la Corte d'Appello di Napoli la riconosce colpevole della strage di S. Potito. Nella gabbia degli imputati ascolta la sentenza: condanna ai lavori forzati a vita.
Ma ci sono altri processi a suo carico. Altri interrogatori, deposizioni, trasferimenti da un carcere all'altro. E la sua condanna viene trasformata in 25 anni di lavori forzati, interdizione legale e dai pubblici uffici, oltre a 10 anni di sorveglianza speciale della Pubblica Sicurezza dopo la conclusione della pena.
A 36 anni la brigantessa Maddalena De Lellis inizia a scontare la sua pena. Scompare dalla faccia del mondo, inghiottita in qualche bagno penale femminile. Alcuni dicono che sconta la pena nel penitenziario della Giudecca a Venezia, dove viene confessata dal patriarca Sarto, che sarebbe poi divenuto papa Pio X.
Poi, un bel giorno di fine secolo, Maddalena tornò a San Gregorio. Qui è ricordata mentre si recava in chiesa zoppicando ed aiutandosi con un bastone, seguita di un codazzo di bambini che esclamavano: "La Padovella, la brigantessa, la Padovella!".
E questo asilo infantile ante litteram è il segno che la comunità di S. Gregorio accettò la brigantessa. E' la riabilitazione di un proprio membro, da parte di una società che ha visto passare briganti, piemontesi, spie, liberatori, deputati e nuovi re, ma non è ancora affrancata dalla terra.
A San Gregorio Maddalena morì di morte naturale a 72 anni, il 7 marzo 1908.
Questo arzillo vecchietto è il nipote della brigantessa. Dopo avermi raccontato (ormai sono passati trent'anni) molte delle cose che vi ho narrato, accettò di farsi fotografare nella sua stanzetta, la stessa dove era morta sua nonna, "nonna Maddalena la Padovella".
© www.boiano.org
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