Domenico Rizzo
Domenico Rizzo, soprannominato Taccone (Laurenzana, ... – 1810), è stato un brigante italiano.Biografia
Partecipò ai moti antinapoleonici in Basilicata nel 1806 ma si costituì il 7 settembre dello stesso anno a San Severino Lucano. Ottenuta l'amnistia, rientrò al proprio paese e venne assunto come mugnaio da Domenico Asselta, ricco galantuomo di Laurenzana fedele ai Borbone. Su incitazione di Asselta, Taccone riprese la lotta contro i francesi e i notabili che li sostenevano. Divenuto capo di una banda di 300 briganti, Taccone diffuse il terrore con saccheggi e grassazioni, proclamandosi "Re di Calabria e Basilicata".L'episodio più noto della sua attività brigantesca accadde ad Abriola nel 1809, dove la sua masnada assaltò il castello trucidando l'intera famiglia dei baroni Federici; solo uno dei figli, Carlo, riuscì a sopravvivere. Il governo francese pose una taglia di 1000 ducati sulla sua testa ed inviò il generale Charles Antoine Manhès per fermare la sua banda. Catturato, Taccone fu condannato a morte tramite impiccagione nel 1810.
Trattasi di un passato non molto lontano e la sua
vita, così come quella degli altri briganti spesso analfabeti e vissuti
alla macchia, è ricca di storia infarcita di leggenda giunta fino a noi
sia attraverso documenti sia racconti orali.
Laurenzana nel 1809 contava settemila anime che vivevano nel centro antico del paese sorto ai piedi delle rupi su cui sorgono il castello e la Chiesa Madre.
Grande importanza rivestiva l´artigianato con i mastri ferrai, argentai, i lavoratori del cotone e del baco da seta, oltre ai falegnami e mastri intagliatori che traevano materia prima dai ricchi boschi circostanti.
Il castello era il rifugio sicuro per la feudalità oltre che sede per complotti, intensificatesi dopo il 27 dicembre del 1805, giorno in cui Napoleone dichiarò decaduta la dinastia borbonica.
Accampata appena fuori l´abitato, vi era la banda di oltre 300 briganti guidati da Domenico Rizzo detto Taccone che era rientrato in loco in seguito ad amnistia, ottenuta dopo essersi costituito il 7 settembre del 1806, a San Severino Lucano, per aver partecipato ai moti antinapoleonici.
Era stato assunto come mugnaio da Domenico Asselta, ricco galantuomo di Laurenzana fedele ai Borboni e, proprio su incitazione di Asselta, Taccone riprese la lotta contro i francesi e i notabili che li sostenevano.
Audace, impavido e capace di comando, si proclamò "Re di Calabria e Basilicata" e diffuse, con la sua banda, terrore con saccheggi e grassazioni. L´episodio più noto, della sua attività brigantesca, accadde ad Abriola nel 1809 dove la sua masnada assaltò il castello trucidando l´intera famiglia dei Baroni Federici. Carlo, figlio del barone, e di appena 10 anni, riuscì a sopravvivere ed il Governo Francese pose una taglia di 1000 ducati sulla testa di Taccone ed inviò il generale Charles Antoine Manhès per fermare la sua banda. Catturato, fu condannato a morte tramite impiccagione nel 1810.
Altra figura importante del periodo è Domenico Dell´Orco, Uomo ed Arciprete dottissimo in ogni umana scienza, di liberali sentimenti, di intemerati costumi. Venne barbaramente trucidato il 19 agosto del 1809, per mano di un commando di briganti, fomentati dai Borboni e dalla locale vendetta feudale, per essersi fortemente impegnato nella difesa dei diritti del popolo meno abbiente. Tre assassini, fra cui la "belva" Domenico Noia (a quel tempo agente del feudatario), dopo avergli sottratto del denaro nella sua abitazione, trascinarono il povero arciprete lungo il popoloso rione di "San Giacomo" fin sotto le mura del castello feudale dove , in un letamaio, il corpo dell´arciprete fu straziato con tre colpi di fucile, sotto lo sguardo attento e soddisfatto del feudatario. ..
Laurenzana nel 1809 contava settemila anime che vivevano nel centro antico del paese sorto ai piedi delle rupi su cui sorgono il castello e la Chiesa Madre.
Grande importanza rivestiva l´artigianato con i mastri ferrai, argentai, i lavoratori del cotone e del baco da seta, oltre ai falegnami e mastri intagliatori che traevano materia prima dai ricchi boschi circostanti.
Il castello era il rifugio sicuro per la feudalità oltre che sede per complotti, intensificatesi dopo il 27 dicembre del 1805, giorno in cui Napoleone dichiarò decaduta la dinastia borbonica.
Accampata appena fuori l´abitato, vi era la banda di oltre 300 briganti guidati da Domenico Rizzo detto Taccone che era rientrato in loco in seguito ad amnistia, ottenuta dopo essersi costituito il 7 settembre del 1806, a San Severino Lucano, per aver partecipato ai moti antinapoleonici.
Era stato assunto come mugnaio da Domenico Asselta, ricco galantuomo di Laurenzana fedele ai Borboni e, proprio su incitazione di Asselta, Taccone riprese la lotta contro i francesi e i notabili che li sostenevano.
Audace, impavido e capace di comando, si proclamò "Re di Calabria e Basilicata" e diffuse, con la sua banda, terrore con saccheggi e grassazioni. L´episodio più noto, della sua attività brigantesca, accadde ad Abriola nel 1809 dove la sua masnada assaltò il castello trucidando l´intera famiglia dei Baroni Federici. Carlo, figlio del barone, e di appena 10 anni, riuscì a sopravvivere ed il Governo Francese pose una taglia di 1000 ducati sulla testa di Taccone ed inviò il generale Charles Antoine Manhès per fermare la sua banda. Catturato, fu condannato a morte tramite impiccagione nel 1810.
Altra figura importante del periodo è Domenico Dell´Orco, Uomo ed Arciprete dottissimo in ogni umana scienza, di liberali sentimenti, di intemerati costumi. Venne barbaramente trucidato il 19 agosto del 1809, per mano di un commando di briganti, fomentati dai Borboni e dalla locale vendetta feudale, per essersi fortemente impegnato nella difesa dei diritti del popolo meno abbiente. Tre assassini, fra cui la "belva" Domenico Noia (a quel tempo agente del feudatario), dopo avergli sottratto del denaro nella sua abitazione, trascinarono il povero arciprete lungo il popoloso rione di "San Giacomo" fin sotto le mura del castello feudale dove , in un letamaio, il corpo dell´arciprete fu straziato con tre colpi di fucile, sotto lo sguardo attento e soddisfatto del feudatario. ..
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