Alfonso Failla (Siracusa, 1906 – Carrara, 1986) è stato un politico e anarchico italiano.
Biografia
Anarchico e antifascista militante combattente, compagno di lotta di Umberto Marzocchi, Emilio Canzi, ed Armando Borghi, subito dopo la Liberazione, nel 1945, fu nominato presidente della Federazione Comunista Libertaria dell'Alta Italia durante il Congresso Nazionale di Carrara che si svolse dal 15 al 19 settembre 1945.
Conseguentemente alle riunioni di riorganizzazione, Alfonso Failla fu tra i costituenti della FAI. Resterà poi su posizioni anarchiche negli anni cinquanta, durante il periodo della riorganizzazione della sinistra libertaria e comunista e delle scissioni dei Gruppi Anarchici di Azione Proletaria che saranno poi una matrice di Lotta Comunista. Negli anni settanta, infine, la visione libertaria dello sviluppo sociale del Failla, si attesta anche su posizioni pacifiste e, assieme a Carlo Cassola, sarà lui a dare vita alla Lega per il Disarmo Unilaterale dell'Italia.
Dal carcere alla Resistenza
La ricostruzione di questa importante fase storica è stata possibile soprattutto tramite la stessa testimonianza di Failla, confinato per antifascismo a Ventotene, che descrive gli avvenimenti sia da un punto di vista cronologico che analitico relativamente al periodo storico e alle vicissitudini politiche. Tale analisi è comparsa come lungo articolo su “L'Agitazione del Sud”. Parecchi anarchici del suo gruppo, o comunque detenuti insieme a lui, saranno protagonisti sia della Resistenza che delle lotte operaie degli anni cinquanta. La testimonianza di Failla, che ha un valore intrinseco perché attesta le disparità di trattamento fra gli antifascisti di altra ideologia e quelli di fede anarchica nonché le angherie ed i rischi patiti a fascismo già caduto, assume ulteriore importanza perché dimostra come, nonostante gli anni di confino, le vicissitudini della guerra di Spagna e il carcere fascista, gli anarchici non si persero mai d'animo e continuarono a progettare la riorganizzazione e la ripresa della lotta appena liberi.
La partenza da Ventotene
Dopo la chiusura del confino di Ventotene, i primi detenuti posti in libertà furono quelli non compromessi con le idee comuniste, socialiste o anarchiche; questi ultimi, infatti, rimasero ancora temporaneamente a Ventotene. Successivamente, quando Pietro Badoglio fece entrare nel governo Giovanni Roveda, comunista e Bruno Buozzi, socialista, i due imposero immediatamente la liberazione dei compagni di partito ancora confinati ma non spinsero per la liberazione degli anarchici, dei nazionalisti sloveni e dei partigiani jugoslavi. Molti sostengono che questo fatto provocò la rottura del fronte antifascista, che nonostante le enormi divisioni teoriche aveva sempre dimostrato eccezionale solidarietà sia in carcere che al confino, e ancora oggi è oggetto di dure discussioni.
Diversi militanti di partiti della sinistra tentarono di rifiutarsi di partire senza i compagni anarchici e jugoslavi ma non riuscirono nel proprio intento. Successivamente anche i prigionieri rimasti abbandonarono Ventotene ma solo per essere trasportati nel campo di Renicci, ad Arezzo. Insieme a loro a Renicci furono portati i partigiani jugoslavi e molti minorenni, che in parte moriranno a causa dello scarso vitto fornito ai detenuti nel campo. Failla ricorda come dopo la partenza gli anarchici salutarono gridando l'ardito Gino Lucetti, segregato nell'Isola di Santo Stefano, passando con la nave davanti al luogo in cui era detenuto, annota alcuni tentativi di fuga non riusciti e testimonia la solidarietà della popolazione aretina che si esprimeva nelle soste del viaggio. Durante una di queste soste Enrico Zambonini rifiutò di proseguire e venne direttamente portato in carcere e in seguito fucilato dai nazifascisti. A lui venne dedicato un distaccamento "Garibaldi" a Reggio Emilia
L'arrivo al campo e l'inizio delle proteste
All'arrivo al campo i detenuti si scontrarono subito con le autorità e furono chiusi in segregazione e gli anarchici, guidati tra gli altri proprio da Failla, furono l'anima della protesta e degli scontri con poliziotti e carabinieri. La protesta che proseguirà durante tutto il periodo di internamento a Renicci incominciò alla stazione di Anghiari quando due anarchici, Marcello Bianconi e Arturo Messinese, essendosi accorti che poliziotti e carabinieri stavano mettendo il colpo in canna ai fucili, li invitarono vivacemente a sparare e farla finita. Appena giunti al campo vengono quindi posti in isolamento ma il gruppo di Failla, formato in gran parte da reduci della guerra di Spagna e dei carceri fascisti e quindi ben addestrato alla difficoltà, non si fa intimidire e protesta animatamente.
Il capo del campo, colonnello Pistone, per evitare ulteriori scontri fisici concede il permesso che i gruppi sistemati in vari alloggiamenti del campo si possano incontrare liberamente, nel contempo Emilio Canzi frena i militanti anarchici per evitare che arrivino allo scontro debilitati da una rigida prigionia. In questo periodo lo stesso Canzi incomincia ad ragionare coi compagni sugli sviluppi della lotta di Resistenza nel piacentino.
La ritrovata libertà e la Resistenza
Le intimidazioni per voler imporre il comando assoluto ed il regime militare duro agli anarchici continuano con raffiche di mitragliatrice a salve nei momenti cruciali della protesta. Venne infine deciso di ricondurre il gruppo di Failla ad Arezzo malgrado questi facciano notare ai militari che ciò avrebbe significato farli fucilare dai nazisti che controllavano la città. Risolutorio fu l'intervento dell'ufficiale accompagnatore, l'alpino tenente Rouep, che pur essendo ancora vicino al fascismo non era convinto che il gruppo dovesse cadere in mano nazista e quindi a pochi chilometri da Arezzo bloccò il trasferimento e rimise tutti in libertà.
Successivamente alcuni di questi anarchici, come Emilio Canzi e Mario Perelli raggiungeranno con sforzi e fatica le bande partigiane per organizzare e proseguire la lotta contro i nazifascisti, mentre altri saranno catturati e fucilati. Alcuni si unirono alla Resistenza in Valdarno, collaborando con i CLN locali. Nello specifico della Valtiberina è ben conosciuto Beppone Livi, nome di battaglia "Unico" ed agente di collegamento fra le Bande Partigiane chiamate Bande Esterne e i CLN aretino e toscano, il Livi già dall'ottobre del 1943, assieme ad Angiola Crociani, la moglie, si occupò del sostentamento di 300 circa slavi evasi ed armati che trovarono rifugio nella zona boscosa di Ponte alla Piera e di Pieve Santo Stefano.
Alfonso Failla, in particolare, combatterà nella Resistenza in Toscana, Liguria e Lombardia.La città di Siracusa ha omaggiato il suo figlio illustre dedicandogli una strada.
Alfonso FaillaArturo Messinese e Alfonso Failla.
Alfonso Failla (1906-1986) Italian anarchist
Alfonso Failla (1906-1986), Sicilian-born anarchist who resisted the fascist goon squads and was interned in 1930 and was not freed (except for a short period under close police surveillance in Syracuse) until 1943. Whereas other antifascist factions were freed in July 1943, the anarchists were not. Many of them escaped while being transferred to a camp in Renicci d’Anghiari in a mass break-out led by Failla. He then joined the resistance before resuming his activities after the war and helping to refloat the Italian Anarchist Federation.Alfonso Failla (1906-1986)
Born in Syracuse, Sicily in 1906, Alfonso Failla was drawn to anarchism from a very early age, throwing himself into the life of the movement and into social struggles in his home city and throughout eastern Sicily. These were the years of the rising tide of fascism which in Syracuse took the shape of marauding bands of armed fascist goons, mostly from outside the district. Failla, not quite 20, spearheaded a number of operations against the violence of these goons; on more than one occasion he was obliged to go on the run. Along with older and younger comrades, Failla set up an underground antifascist propaganda network heavily reliant upon bicycle couriers between Syracuse and a number of towns in eastern Sicily.
Arrested in 1930, Alfonso was sent into banishment, there to remain continually - with a very short interruption spent in Syracuse under strict police surveillance - up until 1943. He had occasion to ‘tour’ a number of islands used for the purpose (Ponza, Tremiti, Ventotene, etc) and was involved in all of the most significant battles which, in spite of the tough living conditions of the internees, illuminated those years; such as the campaign against the obligation placed upon all internees to deliver the Roman (fascist) salute. This led to the arrest of a hundred internees (of varying political outlooks), who were brought to Naples for ‘trial’ and received terms of imprisonment - on completion of which they were sent back to their internment locations.
Very few antifascists served such a lengthy period of internment as Alfonso: over those 13 years (he was 24 at the start, 37 by the end) Failla had occasion to know virtually every one of the thousands of people ‘processed’ through the internment system, including what were to become the future ruling class of the post-fascist era. In the heated arguments and savage debates typical of the internees (particularly as a result of the studied sectarianism of the then Stalinist Communists), inflamed even further by events in Spain, Failla became a rallying point for the sizeable (and substantial) anarchist community in confinement (where only the Communists outnumbered them).
When, after 25 July 1943, the political detainees were freed from the island of Ventotene (where most of them were held), only the anarchists were excluded for nearly two months from the release scheme. From Ventotene they were then transferred and held in the Renicci d’Anghiari concentration camp (in Arezzo), from where they mounted a mass escape, thanks - yet again - to the initiative of a few, including Failla.
That was in September of ‘43. Failla then threw himself headlong into the resistance against the Nazi-fascists, operating primarily in Lombardy (in concert with the ‘Bruzzi-Malatesta’ libertarian brigades), in Liguria and in Tuscany ( along with the ‘Lucetti’ anarchist battalion and other units - the most substantial specifically anarchist presence in the resistance). As a man of action, Failla was to the fore in countless episodes (including the liberation in the Modena district of dozens of people marked down for dispatch to the camps in Germany).
Following the Liberation, and although spending several periods in Sicily, (in Syracuse he launched the anarchist newspaper La Diana libertaria) and where he was involved in popular struggles, strikes, meetings, conferences, debates, etc., he moved to settle first in Rome and then in Carrara where he found work with the Cooperativo del Partigiano.
A leading light of the reorganisation of the anarchist movement, it was he who replied at the foundation congress of the Italian Anarchist Federation (FAI) to the greetings sent to the congress participants by the Socialist Party secretary, Sandro Pertini, a fellow-veteran of so many struggles in his confinement days. Failla reminded Pertini - surely the most prestigious of the socialist antifascists - of the battles they had fought together and of the battles they might yet fight together. But he made sure to emphasise that the institutional and parliamentary road that the socialists had embarked upon could not meet the interests of the exploited and indeed would drive an ever widening wedge between the Socialist Party and the anarchist movement.
Firmly persuaded of the need for a specifically anarchist organisation, Failla was extremely clear on this point (which was, as ever, one of the most hotly debated issues among anarchists) and was perfectly in line with the thinking and practice of Errico Malatesta. Thus he threw himself whole-heartedly into stimulating activities, co-ordination, the spreading of ideas and the distribution of the press, arguing the need to inject meaning into the specific organisation and taking issue with the anti- and ultra-organisationist tendencies. In his practical day to day organisational work on behalf of the FAI, he was at all times very careful to seize upon positive contributions from other tendencies and especially any articulated by individual militants, regardless of initials or personal frictions.
In the late 1940s he was editor of the weekly Umanita Nova and for a long time was the editor-in-chief, in which capacity he was brought to court a number of times. The heavy sentencing he had endured in the fascist era - in the case of many party political figures, these had provided a good springboard into positions of power - were not recognised as creditable in the case of the anarchist Failla and indeed, some years ago, provided the pretext for his not being held blameless and refusing to grant him bail in a libel case (Umanita Nova had referred to ‘Milan police being like Franco’s police’ following yet another police killing). A powerful orator, he gave hundreds of meetings and lectures.
From: (adapted) from A Rivista Anarchica No 135, March 1986. Translated by: Paul Sharkey.
Piacenza, 21 novembre 1945 Alfonso Failla porta il salutod'addio degli anarchici ai funerali di Emilio Canzi
(foto: archivio Anpi Piacenza)
Nessun commento:
Posta un commento